A chi impugna mitragliatrici per sterminare
matite, e a chiunque si sottometta a qualcosa di diverso dalla propria
coscienza, ci piacerebbe spiegare che avventura faticosa e fantastica
sia la libertà. Ma non lo faremo, perché la libertà non si può spiegare.
Si può soltanto respirare senza pensarci, come l’aria, e come l’aria
rimpiangerla quando non c’è più. A differenza dei dogmi, non reclama
certezze e non ne offre. I suoi mattoni sono i dubbi e gli errori, gli
slanci e gli abusi. I suoi confini sono labili, mobili. E la sua rovina è
l’assenza di confini, che le toglie il piacere sottile della
trasgressione.
La forma estrema, per molti incomprensibile, di libertà è la satira. Offensiva, provocatoria e irrispettosa per definizione, ribalta ostinatamente il punto di vista, perciò è detestata dai possessori di verità assolute e dai fautori delle religioni, categoria ideologica di cui fa ormai parte il Politicamente Corretto caro agli americani.
La satira non è mai blasfema, perché non si occupa dell’assoluto, ma del relativo. Non di spiritualità, ma di umanità. La satira non manca di rispetto a Dio, casomai agli uomini che usano Dio per dominare altri uomini.
La vignetta di Charlie Hebdo che più di ogni altra è costata la vita ai suoi autori raffigurava un Profeta disperato per il tasso di stupidità degli integralisti islamici. Non era un attacco a Maometto, ma a un gruppo di fanatici superstiziosi e ignoranti che in suo nome ammazza le donne che vogliono andare a scuola e i maschi che bevono e fumano.
L’attenuante della provocazione che è echeggiata in queste ore sul «Financial Times» – la bibbia di un’altra religione dogmatica, quella dei soldi – è il sintomo di quanto sia ancora lunga e avvincente la marcia verso la libertà. C’è stato un tempo non lontano in cui le corna erano considerate un’attenuante per l’uxoricida e la minigonna per lo stupratore. Arriverà il giorno in cui anche l’accettazione dell’uso, e persino dell’abuso, di satira diventerà qualcosa di scontato. Intanto la guerra continua, e si combatte dentro di noi.
La forma estrema, per molti incomprensibile, di libertà è la satira. Offensiva, provocatoria e irrispettosa per definizione, ribalta ostinatamente il punto di vista, perciò è detestata dai possessori di verità assolute e dai fautori delle religioni, categoria ideologica di cui fa ormai parte il Politicamente Corretto caro agli americani.
La satira non è mai blasfema, perché non si occupa dell’assoluto, ma del relativo. Non di spiritualità, ma di umanità. La satira non manca di rispetto a Dio, casomai agli uomini che usano Dio per dominare altri uomini.
La vignetta di Charlie Hebdo che più di ogni altra è costata la vita ai suoi autori raffigurava un Profeta disperato per il tasso di stupidità degli integralisti islamici. Non era un attacco a Maometto, ma a un gruppo di fanatici superstiziosi e ignoranti che in suo nome ammazza le donne che vogliono andare a scuola e i maschi che bevono e fumano.
L’attenuante della provocazione che è echeggiata in queste ore sul «Financial Times» – la bibbia di un’altra religione dogmatica, quella dei soldi – è il sintomo di quanto sia ancora lunga e avvincente la marcia verso la libertà. C’è stato un tempo non lontano in cui le corna erano considerate un’attenuante per l’uxoricida e la minigonna per lo stupratore. Arriverà il giorno in cui anche l’accettazione dell’uso, e persino dell’abuso, di satira diventerà qualcosa di scontato. Intanto la guerra continua, e si combatte dentro di noi.
Massimo Gramellini (Jack's Blog - La Stampa - 9 gennaio 2015)
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