Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia,
davvero Davigo è rimasto solo? Niente affatto. Si può discutere sul suo gusto per la
battuta, ma sulla sostanza delle cose i magistrati sono quasi tutti
d’accordo. A cominciare dalle leggi per far funzionare i processi,
che non arrivano.
Vedi quella sulla prescrizione: se ne parla da anni e
in Parlamento non c’è mai la maggioranza. Guardi, se uno non vuole pensar male, rischia di
impazzire. Prima assurdità: la prescrizione inizia a decorrere non quando il
reato e il possibile autore vengono scoperti, ma quando il fatto viene
commesso. Cioè molto prima che il pm lo venga a sapere ed eserciti il diritto
punitivo dello Stato chiedendo il rinvio a giudizio.
E le altre assurdità? Quando il pm chiede il processo, di
solito, non c’è più il tempo di portarlo a termine perché i termini continuano
a decorrere fino alla Cassazione. Anche per la corruzione, malgrado la timida
riforma appena fatta. E poi l’ex Cirielli del 2005 ha di fatto dimezzato i
termini, già prima insufficienti, anche perché i tempi dei processi sono
eterni, con tre gradi di giudizio pressoché automatici (un sistema unico al
mondo).
Risultato? Si prescrive il 30-40% dei reati, specie i più
difficili da scoprire e puniti con pene basse e prescrizione breve: quelli
contro la PA, finanziari, ambientali, urbanistici, le lesioni e gli omicidi
colposi. Perlopiù quelli dei colletti bianchi che – ha ragione Davigo – fanno
molti più danni di quelli da strada. Con due effetti collaterali: aumenta il
senso di impunità fra i criminali, che si sentono incoraggiati a delinquere per
il calcolo costi-benefici (fai molti soldi e non rischi nulla); e cresce la
frustrazione degli onesti: è sempre raro che denuncino e testimonino.
Renzi dice che le sentenze non arrivano mai. Non mi faccia polemizzare, ma le
sentenze arrivano sempre: il guaio è che sono troppo spesso di prescrizione. E
mica è colpa nostra. Basterebbero poche norme semplici. 1) La prescrizione
decorre dalla scoperta del reato e si blocca alla richiesta di rinvio a
giudizio, o al rinvio a giudizio, al massimo alla prima sentenza, poi non se ne
parla più. 2) Una delle prime cause di prescrizione è la legge che di fatto
annulla tutti gli atti dei processi dove cambia un giudice del collegio: un
codicillo che salvi gli atti quando cambia il collegio eviterebbe di ripartire
da capo, con scarcerazioni per decorrenza termini e prescrizione. 3) Nel
processo accusatorio, col dibattimento nel contraddittorio delle parti,
l’appello-fotocopia del primo grado è un assurdo doppione, un’altra fonte di
prescrizione: niente più appello, salvo per il rito abbreviato. Almeno sui
punti 1 e 2, basterebbe prendere uno dei ddl presenti in Parlamento e inserirlo
nella corsia preferenziale della riforma del processo. A parole, tutti sono
d’accordo su questi rimedi, ma poi le leggi non arrivano mai.
Chissà perché. Gratteri dice che il partito della
prescrizione blocca tutto per salvare dal carcere i potenti. Purtroppo, dentro e fuori dal
Parlamento e delle amministrazioni c’è troppa gente che non ha alcun interesse
a una giustizia che funziona o che ha il preciso interesse a una giustizia che
non funziona. Gratteri parla di ‘ndrangheta, ma la tendenza è di tutte le mafie:
non sono più i mafiosi a cercare i politici, ma i politici a cercare i mafiosi.
Il camorrista pentito Carmine Alfieri mi raccontò che già negli anni 80 a ogni
elezione aveva la fila di politici di tutti i colori alla sua porta per
offrirgli favori in cambio di voti, e lui selezionava e appoggiava chi più gli
conveniva. Oggi la vera svolta è il salto della mediazione: le mafie mandano in
Parlamento e nelle istituzioni i loro uomini, le loro proiezioni.
E i partiti, ricorda Davigo, non fanno il repulisti al
proprio interno sulla base dei fatti emersi dalle indagini. Questo è il vero problema. A chi ci
obietta che non siamo i depositari dell’etica pubblica perchè anche tra noi ci
sono corrotti e collusi, rispondo che certo, nessuno è immune: ma noi non
aspettiamo che un magistrato colluso venga condannato in Cassazione per
rimuoverlo. C’è un giudizio etico-deontologico che in politica non esiste: si
delega tutto alle sentenze definitive, come se certi fatti non fossero
abbastanza gravi e chiari per fare pulizia subito. L’autonomia del politico dal
giudiziario passa proprio di qui.
Renzi e altri invocano la presunzione di innocenza. Ma che c’entra? Come dice Davigo,
quella è un fatto tecnico del processo che impedisce di considerare colpevole
chi non ha condanne definitiva. Ma non impedisce di mandare a casa chi fa cose
gravi, anche se non sono reati.
L’inchiesta di Potenza, coordinata dalla sua Dna, è
stata attaccata dal premier perchè avrebbe trascritto intercettazioni su
gossip, pettegolezzi, fatti privati. Non posso entrare nel merito perchè un nostro pm è
applicato all’indagine. Ma tutto è stato fatto nel pieno rispetto della legge
vigente.
Ecco, ce la spiega? Il pm è responsabile delle intercettazioni che fa
trascrivere o meno dalla polizia e che inserisce o meno nelle ordinanze. In
base al principio-cardine sancito dall’art. 268 Cpp: negli atti vanno le
intercettazioni “che non appaiano manifestamente irrilevanti”. Poi il Gip,
nell’udienza-filtro, in base allo stesso principio decide cosa stralciare e
lasciare. E alla luce degl’interessi non solo del pm, ma pure dell’indagato:
ciò che è irrilevante per l’accusa può essere rilevante per la difesa.
Per Davigo non occorre riformare le intercettazioni. Totalmente d’accordo. La disciplina
va benissimo così. C’è il controllo del pm, del difensore e del giudice. E se
un giornalista diffama o viola la privacy, è già punibile. Ma se racconta
intercettazioni depositate, desegretate, non manifestamente irrilevanti per le
parti e di interesse pubblico, perchè impedirglielo?
Ora qualcuno intimerà anche a lei di parlare solo con
le sentenze. Già, tanto
non le legge nessuno… È un’ipocrisia per levarci il diritto di parola. Io
invece penso che i magistrati dirigenti, oltre ovviamente ai rappresentanti
dell’Anm, non solo possono, ma devono informare i cittadini.
C’è una guerra tra magistrati e politici? Ma quale guerra. Io vengo
continuamente interpellato dal Parlamento e dal ministro Orlando. C’è un
dialogo costante. Parliamo di prescrizione, di corruzione (la riforma appena
fatta è troppo blanda: mancano gli agenti sotto copertura), Codice antimafia,
Agenzia dei beni confiscati. A parole sono sempre tutti d’accordo. Poi però
quelle riforme non arrivano mai. Perchè?
Marco Travaglio ((il Fatto Quotidiano del 25 aprile 2016)
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