E’ ormai certo che il flusso delle forniture dei vaccini farà registrare dei ritardi rispetto alle pianificazioni governative. Ciò comporterà un sostanziale rallentamento della campagna di vaccinazione nazionale. Ne consegue che il raggiungimento dell’immunità al Covid, specie per i soggetti esposti a maggiore rischio, potrà trovare attuazione con dei ritardi rispetto ai tempi previsti. Il tutto comporterà altresì la riprogrammazione dei piani e rallenterà il raggiungimento degli obiettivi predefiniti.
Quanto detto, ovviamente, prolungherà l’esposizione a maggiori rischi e quindi manterrà alta la possibilità di ulteriori infezioni e decessi nella popolazione, specie nelle fasce maggiormente esposte.
Facendo il punto della situazione nel suo complesso, stando ai dati del momento, i morti causa Covid 19 a oggi assommano a oltre 85 mila. Molti di questi hanno interessato soggetti sistemati in RSA.
In un esame di aspetto strettamente economico, ciò ha comportato che le pensioni di questi anziani deceduti – che magari talvolta erano pure implementate con corresponsioni di somme da parte dei figli, in caso di residenze più agiate - ha fatto venir meno una fonte di reddito per le strutture ospitanti (RSA) e per il relativo indotto.
Realisticamente si potrebbe ora anche stimare che un buon 50% dei defunti, con la loro pensione, probabilmente stavano magari assicurando un contributo economico non secondario alla famiglia, specie di questi tempi nei nuclei in crisi.
Con paghette ai nipotini e aiuti a figli sfortunati, com’è risaputo, è ancora alquanto ampia la compagine dei tanti pensionati che garantiscono e sostengono un welfare diretto e indiretto nell’economie familiari.
Da osservare anche che le lunghe degenze di anziani stanno altresì assorbendo molto dei loro risparmi; cioè molte di quelle disponibilità liquide accantonate che, nella disamina delle statistiche finanziarie sono assunte come oggetto di studio e che una certa parte della classe politica e degli economisti includono nelle generali risorse finanziarie del paese (includendo nei loro calcoli i risparmi della popolazione al netto del debito pubblico nazionale, così da ridurre il peso dell’indebitamento statale complessivo).
Se poi,
alla luce di quanto fin qui esposto, cinicamente qualcuno vuol ritenere un
beneficio il ritorno che ne viene alle casse dell’INPS a seguito di ogni decesso - per la mancata erogazioni dei ratei pensionistici da non più corrispondere
(quantificabili in non meno di 1,5 mld annui di euro circa) - in verità si sbaglia e non
di poco. Non ultimo per il fatto che, in assoluto e comunque, ogni decesso cancella anche un elemento attivo della catena consumistica del sistema capitalistico globalizzato in cui viviamo.
E’ certo, infatti, che questo apparente risparmio dell’onere sociale a carico dell’Istituto di previdenza, di fatto molto spesso determina uno squilibrio nelle spese familiari.
In molti casi, infatti, le disponibilità improvvisamente venute meno stanno generarando degli sconvolgimenti nei budgets familiari. Specie in quelle realtà più povere che, mantenendo in casa i propri anziani, riescono così a garantirsi una quantità di reddito in più, utile e necessaria per il bilancio complessivo di ogni fine mese.
Queste considerazioni potrebbero anche apparire marginali, ma di certo, e specie in quelle che sono nelle realtà dei più indigenti, costituiscono aspetti di cui occorre tenere conto attentamente, anche nell’ottica del raggiungimento di una efficace gestione delle politiche sociali e nell’attuazione delle azioni di sostegno da rivolgere alle famiglie meno abbienti.
In tempi non lontani queste attenzioni sarebbero state classificate tra gli obiettivi di una politica sociale orientata a sinistra, qualcuno potrebbe pure obiettare che attenzioni similari erano pure insite nella “politica sociale” di dx del ventennio.
In ogni caso, a prescindere da qualunque schieramento o appartenenza, e diversamente da quanto accade adesso, erano aspetti inseriti nei valori che ispiravano i partiti di un tempo.
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