Come
hanno reagito le leadership occidentali alla crisi iniziata col
tracollo dei ‘subprime’ americani del 2008, poi estesasi rapidamente in
mezzo mondo e che peraltro bolliva rumorosamente in pentola da molto
tempo (collasso del Messico, 1996, delle ‘piccole tigri’, 1997, default
dell’Argentina, 1999)? Immettendo nel sistema altro denaro attraverso
una serie di triangolazioni fra Fed, Fmi, banche, Bot, che altro non
sono che una partita di giro.
Tradizionalmente
le funzioni del denaro sono quattro: 1) Misura del valore; 2)
Intermediario nello scambio; 3) Mezzo di pagamento; 4) Deposito di
ricchezza. Niente da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che
il denaro sia ricchezza o che la rappresenti. Da questo punto di vista
il denaro non è nulla, un puro nulla. Se ne accorsero gli spagnoli agli
albori del XVII secolo quando, dopo aver rapinato agli indios d’America
tutto quanto potevano d’oro e d’argento (la moneta dei tempi in Europa),
si trovarono più poveri di prima. Nel suo Memorial
del 1600 Gonzales de Collerigo scrive con icastica lucidità: “Se la
Spagna è povera è perché è ricca”. E Pedro de Valencia nel 1608 “Il male
è venuto dall’abbondanza di oro, argento e moneta, che è stato sempre
il veleno distruttore delle città e delle repubbliche. Si pensa che il
denaro è quello che assicura la sussistenza e non è così. Le terre
lavorate di generazione in generazione, le greggi, la pesca, ecco quel
che garantisce la sussistenza. Ciascuno dovrebbe coltivare la sua
porzione di terra e quelli che vivono oggi della rendita e del denaro
sono gente inutile e oziosa che mangia quello che gli altri seminano”.
Si
dirà che sono balbettii di economisti alle prime armi, ancora
culturalmente ed emotivamente legati al mondo medioevale in cui il
denaro, oltre ad avere scarsa circolazione, fu sempre tenuto in gran
sospetto. Ma Sismondi, che è attivo due secoli dopo, quando l’economia
classica, con Smith, con Ricardo, con Malthus, con Say, ha già fatto
irruzione nella Storia e si è imposta come scienza, scrive: “ Aumentando
il numerario di un paese senza aumentarne il capitale, senza aumentarne
il reddito, senza aumentarne il consumo, non lo si arricchisce, non se
ne stimola il lavoro”. E per capitale Sismondi intende terra, bestiame,
strumenti, lavoro, abitazioni, cioè beni materiali.
Nel
1929 gli americani che avevano investito nella Borsa di New York si
credevano ricchissimi ma bastò che qualcuno non credesse più nel valore
di quelle azioni (che, in quanto credito, sono denaro a tutti gli
effetti), trascinando a valanga gli altri, perché quella ricchezza si
rivelasse per ciò che era: carta straccia. Il valore di una mucca
invece, per quanto possa variare, non può essere ridotto a zero, ci
ricaverò sempre del latte o, alla mala parata, ne farò bistecche.
Dell’inconsistenza del denaro si era già reso conto Aristotele che nella Politica
scrive: “La moneta… è una semplice convenzione legale senza alcun
fondamento in natura, perché cambiato l’accordo fra quelli che se ne
servono, non ha più valore alcuno e non è più utile per nessuna delle
necessità della vita e un uomo ricco di denaro può mancare del cibo
necessario. Strana davvero sarebbe una ricchezza che pur se posseduta in
abbondanza lascia morire di fame, come il mito tramanda di quel famoso
Mida”.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 20 ottobre 2012)
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