Le
donne hanno fatto un altro passo avanti sulla strada della parità.
Prima morivano sette anni dopo gli uomini, adesso questo scarto si è
dimezzato: 3,8. Ben gli sta. Hanno voluto entrare nel mondo del lavoro
maschile e ne hanno assunto tutto lo stress, fumano, bevono, si fanno di
coca. Eppoi nella competitività sul lavoro – altra fucina di nevrosi-
non hanno rivali. O, per essere più precisi, li hanno: sono le loro
colleghe, soprattutto le cesse. Per non retrocedere allo status di cesse
sono costrette ad acrobazie faticosissime. Già la manutenzione del
corpo di una donna impegna un paio di ore al giorno, fra maquillage,
capelli, depilazioni, abluzioni accuratissime. Adesso si sono aggiunte
la palestra, l'acquagym, lo jogging (pratica particolarmente insensata:
nessuno ha mai pensato seriamente che le gambe delle donne siano fatte
per camminare tantomeno per correre).
Le
donne sono le prime vittime della modernizzazione. Fanno un doppio
lavoro. Quello in ufficio e quello a casa. L'antropologia non si può
ingannare, l'accudimento dei figli spetta a lei e per un periodo
piuttosto lungo perché il cucciolo dell'uomo è il più tardivo a
svezzarsi. Forse per questo riluttano a farli. Ma arrivate vicino alla
quarantina sentono che manca loro qualcosa e sono prese dall'angoscia.
Perché i figli non vengono quando ti pare. In linea di massima ci
vorrebbe un partner stabile, ma anche lasciando perdere questo
trascurabile particolare l'età della massima fecondità della donna sono i
27 anni, a 37, 38, 40 le cose si fanno più difficili. Eppoi quegli ex
feti, quegli esseri misteriosi sparati fuori dalla loro inquietante
vagina hanno una vitalità impressionante, che per essere governata ha
bisogno di una vitalità altrettale, che a vent'anni si ha, a quaranta
molto meno.
Sono
perennemente insoddisfatte. A parte quelle che lamentano 'depressioni
cupissime', 'solitudini infinite', non ce n'è una fra le mie amiche,
quelle comprese fra i 25 e i 55 anni (oltre diventa inutile discutere,
perché nessuno le scopa più, se non per dovere d'ufficio) che non sia
attratta da esoterismi, Osho, Milarepa e altre stronzate orientali.
Segno che manca loro qualcosa, qui in Occidente. Il maschio. Mentre
infatti la donna si mascolinizzava (guardatele camminare: non camminano,
marciano su tacco 12) l'uomo si femminilizzava. Peraltro
all'uomo sono venute a mancare le situazioni per far valere la propria
virilità. Non c'è più la guerra, non ci sono più ideologie un po'
truculente come il comunismo o il fascismo, la tecnologia ha reso
superflua la forza fisica. E l'uomo ha bisogno di dimostrare se non la
forza almeno il proprio coraggio. La donna no, preparata ai dolori del
parto il coraggio ce l'ha, ma quando serve, altrimenti è capace di
svenire se un topolino di campagna le passa fra le gambe (e questo la
rendeva deliziosa). Ma anche in questo campo assistiamo ad un
rovesciamento straordinario, in particolare nel mondo musulmano: le
donne vanno a fare la guerra come ci raccontano le cronache dall'Iraq
(prima gli mettevano il burqa, adesso gli permettono di combattere). E'
una distorsione totate dell'universo femminile. La donna, che dà la
vita, ha sempre avuto orrore di queste carneficine ai suoi occhi
insensate, per l'uomo la guerra è sempre stata il grande gioco, 'il
gioco di tutti i giochi', che gli permetteva di appagare il suo oscuro
istinto di morte.
Infine
se dovessimo dare un minimo credito di intelligenza ai 'padroni delle
ferriere' dovremmo pensare che l'emancipazione femminile l'hanno
inventata e foraggiata loro. Prima lavorava uno solo e ci manteneva
tutta la famiglia. Adesso devono lavorare tutti e due e spesso non
basta. Ergo: paghi uno e prendi due. Elementare Watson.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 18 ottobre 2014)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.