Ha sollevato dibattito e qualche polemica la Mappa
pubblicata, nei giorni scorsi, dove ho segnalato quanto sia diffusa, fra i
cittadini, la domanda di un "Uomo Forte". D'altronde, da oltre 10
anni (per la precisione: dal 2004), i sondaggi dell'Osservatorio Demos
ricostruiscono la tendenza di questo orientamento. Che è sempre apparso
molto ampio. Ma, fino ad oggi, o meglio: fino a ieri (novembre 2016), non aveva
mai raggiunto una misura tanto estesa: 8 italiani su 10. Otto su dieci
significa, praticamente, (quasi) tutti i cittadini. Come (e forse più che)
nelle precedenti occasioni, i dati del sondaggio hanno suscitato reazioni
accese. Sono, infatti, stati considerati un segnale inquietante, che
richiamerebbe una minaccia "autoritaria". Alcuni hanno evocato
perfino Mussolini. In Italia, d'altronde, l'esperienza del ventennio non è così
lontana. E pesa ancora nella memoria nazionale. Forse più della resistenza.
Eppure, come (e forse più che) nelle precedenti occasioni,
occorre essere chiari. L'Uomo Forte, che ottiene tanti consensi fra gli
italiani, non è un nuovo Mussolini. Un Duce. Non manifesta una richiesta di
"autoritarismo". Piuttosto: di "autorità". Cioè: di una
leadership dotata di legittimità. Questa domanda, nel corso degli anni, si è
progressivamente "personalizzata". Indirizzata sulle persone. Perché
i partiti e le associazioni di rappresentanza hanno perduto i legami con la
società. Mentre le istituzioni di governo - locale, centrale, e ancor più,
europee - sono apparse sempre più lontane. "Ai" e "dai"
cittadini. Burocrazie anonime. Distanti e indistinte. Così, fra i cittadini è
cresciuto il distacco dalla dimensione pubblica. Al "senso civico" è
subentrato il "senso cinico". Mentre - per citare Bauman - si è
diffusa "la solitudine del cittadino globale".
Così, la prospettiva di "un Uomo Forte al governo"
è divenuta tanto "popolare". Che non significa "populista".
Ma lo può diventare, se non trova risposta nei partiti. Nelle istituzioni
democratiche, nelle organizzazioni di rappresentanza politica e sociale. Se i
cittadini restano soli. Davanti agli schermi. E dialogano, interagiscono e
reagiscono con il mondo soprattutto attraverso la rete. Mediante i PC, i tablet
e, soprattutto, gli smartphone. Basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici,
per trovarsi circondati da persone che camminano oppure stanno ferme, ma con
gli occhi fissi sullo smartphone. Mentre le dita battono sui tasti. Una
"folla solitaria" (per echeggiare il noto saggio di David Riesman,
pubblicato nel 1950).
"Affollata" di persone che sono sempre in
comunicazione con gli altri, con il mondo. Ma sono sempre sole.
Meglio non stupirsi, allora, se cresce la domanda di un Uomo
Forte. "Autorevole" non "autoritario". Un
"leader", non un "dittatore". Questa società è allergica ai
vincoli e alle regole. Figurarsi se accetterebbe figure troppo
"forti". Basta vedere che fine ha fatto Silvio Berlusconi. Le
difficoltà che incontra Matteo Renzi. La "forza" del leader sta nella
capacità di dare volto e voce ai cittadini. In cerca di valori, ma anche di
persone in cui riconoscersi. Per non sentirsi deboli. E disorientati.
Ilvo Diamanti (La Repubblica – 2 febbraio 2017)
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