Incontro un pezzo grosso renziano (di cui non
farò il nome e capirete perché), discorriamo (stancamente) della nuova legge elettorale
poi il discorso cade sui difetti caratteriali e politici di Matteo Renzi
che, concordiamo, “non cambia mai”. Parliamo di quanto sia complicata l’ipotesi
di un governo del Pd con la sinistra di Bersani e D’Alema, a causa delle
reciproche e incrollabili inimicizie personali finché, sulla porta, lui mormora
qualcosa del tipo: se fosse necessario potremmo chiedere a Matteo di fare un passo indietro
per senso di responsabilità. Ovvero: anche se spettasse al Pd proporre la nuova
maggioranza di governo non è detto che l’incarico di premier toccherebbe
al discusso segretario.
Al di là del detto e dei non detti, ogni giorno
che passa il
partito del “Renzi Meglio No” cresce per le ragioni più
diverse, dando vita a una conventio ad exludendum di natura del tutto
inedita. Insomma: dall’uomo solo al comando si sta passando all’uomo solo punto e basta.
In pochi giorni il segretario bis ha collezionato le aspre critiche di
quattro padri nobili del centrosinistra: accanto alla radicata ostilità di Enrico Letta stai sereno,
pungono l’ex premier i fiori di cactus di Walter Veltroni (ha tradito
il Pd a vocazione maggioritaria), di Romano Prodi (pronto a piantare la sua tenda lontano dal
Nazareno) e di Giorgio Napolitano che ha rabbiosamente infilato l’ex
pupillo nel medesimo mazzo, opportunista (e populista) dei Berlusconi, Salvini e
Grillo.
Convinto che, per un basso calcolo di pura
convenienza, si eludano gli impegni europei, fissando abusivamente la data del voto a settembre,
il presidente emerito sembra dare voce ai piani alti di Bruxelles
dove mal si comprende come una nazione perennemente con il cappello in mano nel
chiedere più
flessibilità stia fremendo per dilapidare tempo e denaro sulla
giostra elettorale.
Con Renzi nella parte di Lucignolo.
Altrettanto pesante l’attacco mosso ieri sulle colonne di Repubblica
dall’ex direttore Ezio Mauro che accusa il politico più amato da Eugenio
Scalfari di aver concorso alla costruzione di un mostruoso marchingegno
elettorale al solo scopo di stringere “un patto abusivo e
suicida” con il pregiudicato di Forza Italia. “Cancellando l’ipotesi e la nozione
stessa di centrosinistra, dopo che già era stato abbondantemente picconato il
concetto di sinistra”.
Agli autorevoli colleghi verrebbe da dire benvenuti tra noi
se non fosse che sono tre anni almeno che lo statista di Rignano procede sulla
strada verso
lo strapiombo accompagnato dall’orchestrina festante dell’informazione unica,
e dallo stucchevole ritornello: non è certo perfetto ma l’alternativa qual è?
Un alibi che adesso non regge più. Come dimostra il sondaggio commissionato dal Fatto
Quotidiano sulla potenzialità di una lista unica a sinistra del Pd.
Nel caso i vari pezzi “picconati” da Renzi
decidessero una buona volta di mettere da parte protagonismi e ruggini per restituire un’alternativa
a un vasto elettorato, destinato altrimenti a rafforzare i Cinquestelle
o a ingrossare il già stracolmo serbatoio dell’astensione. Una forza
elettorale calcolata tra il 12 e il 16 per cento che nel nuovo Parlamento
potrebbe allearsi
o con Grillo (come vorrebbe la maggior parte degli
intervistati) o con il Pd. Non certo con il Pd renziano
assai poco sensibile ai temi del lavoro, dell’onestà, della lotta ai privilegi,
della cura dell’ambiente e che sulla malagestione delle banche ha vissuto la
sua Caporetto. Ecco perché prima di porre le basi per un nuovo centrosinistra
di governo sarebbe necessario trovare un altro candidato premier.
Condiviso.
Avrebbe potuto esserlo Giuliano Pisapia,
apprezzato sindaco di Milano ma che si porta dietro il peso del Sì al
referendum costituzionale e un atteggiamento un po’ troppo
schizzinoso nei confronti di tutta la sinistra che Pisapia non è. Il Pd
potrebbe proporre Paolo Gentiloni o altro candidato di mediazione mentre
alla lista unica non mancherebbero i nomi: da Rodotà a Bersani a Landini
fino all’outsider Saviano. Insomma molti possono essere i chiamati, tranne
uno. Quello stesso che quattro anni or sono salpava col vento in poppa al
massimo della popolarità e che oggi si è trasformato in un serio motivo d’imbarazzo.
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