Certe volte taluni panegirici appaiono dispersivi. Ci si trova sempre più spesso a leggere ridondanze letterarie che, più che focalizzare aspetti particolari, inducono a perdersi nei giri di valzer continui, talvolta descrittivi di contorni inconcludenti, altre volte incentrati a mostrare una cultura nozionistica e saccente da sbattere deliberatamente in faccia al lettore.
In questi casi si tratta, quasi sempre, di tecniche di scrittura che, a lungo andare, inducono però a far desistere e ad abbandonare presto ogni lettura della prosa dello specifico scrittore, anche quella superficiale e meglio nota come “lettura veloce”.
Per chi ha voglia di avventurarsi a scrivere, dovrebbe valere in ogni caso il sistema della scaletta-canovaccio, degli appunti sintetici buttati giù preventivamente per preparare al succo del discorso, ma a ciascuno appare bello quel che piace ed è per questo che l’oggettività anche di affermati critici talvolta si perde.
La cultura con la C maiuscola presuppone, infatti e sempre più spesso, un pizzico di prosopopea, che rappresenta il sale da addizionare sapientemente ad ogni minestra.
Citazioni e aneddoti impreziosiscono di certo ogni scritto, ma – alla fine della fiera - occorre sempre saper dire ciò che si vuol veramente far intendere con le tante parole usate. Ed è per questo che può tornare utile predisporre una sintesi schematica preventiva, necessaria anche a noi stessi, quando ci accingiamo all'intrapresa.
I dictat sono sempre efficaci per la loro estrema sintesi, anche i proverbi non si perdono mai in tanti giri di parole. Ma è altrettanto vero che una certa loquacità filosofica qualche volta induce a perdersi, vuoi perché rivolta a una cerchia ristretta di lettori abilitati al lessico, vuoi per le forme espressive e i termini concettuali ad uso dei soli addetti ai lavori.
E’ anche vero che la prosa di taluni riesce sempre ad affascinare, anche se in fondo quegli stessi vogliono dire poco.
In fondo, poi, la fluidità nello scrivere corrisponde sempre all’analoga esigenza del lettore medio, che vuol trovare sempre piacevole perdersi anche in dissertazioni che, pur prendendo spunto da piccoli particolari per articolare vari argomenti, spaziano e vagano riuscendo a sfiorare tante altre cose.
Di certo scrivere è un dono, anche se – in ogni luogo – rimane costantemente e fortemente legato alle mode e alla cultura del tempo.
Questa pretestuosa "apologia" letteraria è un po’ la dimostrazione pratica di voler trattare la questione della scrittura senza avere a monte un vero spunto specifico e concreto, se non fosse per il puro “cazzeggio”, che mi piace praticare e che potrebbe tornare utile in molti casi anche ad altri.
Non saprei dire come tecnicamente può costruirsi al meglio un articolo o un trattato, o se forse scrivere romanzi potrebbe costituire una soluzione per mettere a proprio agio chi è portato a delle estenuanti maratone letterarie.
Il dubbio e ogni incertezza valgono per entrambe le sponde del fiume che scorre. Indifferente comunque: al praticante della scrittura in un caso e al semplice osservatore lettore che dovrebbe esserne il vero fruitore.
Chissà?
Buona luce a tutti!
© Essec
P.S. - Il mio "Amico P." dopo aver letto ha trasmesso il commento che riporto di seguito e che introduce - peraltro - alcune ulteriori considerazioni sociologiche che caratterizzano il nostro modo di essere italici.
"Da sempre si dice che gli italiani sono un popolo di scrittori, anche se amano poco leggere. Forse è questo che voleva evidenziare Massimo Troisi con la sua nota battuta “Io non leggo, perché io sono solo a leggere, mentre loro sono tanti a scrivere!” Oggi con l’uso diffuso dei social media è ulteriormente aumentato il numero di chi vuole esprimere in forma scritta le proprie opinioni e considerazioni. Basta un cellulare o un computer per diffondere in forma scritta i propri pensieri; come qualcuno ha fatto notare, il cellulare consente a tutti di sentirsi anche fotografi, ma sono pochi quelli che conoscono le elementari tecniche per fare fotografie.
Ogni libro (ben scritto) deve molto alle letture precedenti dell’autore.
Insomma, ribadirei sempre la ben nota regola fondamentale: prima di (imparare a) scrivere, bisogna (imparare a) leggere."
Mi pare proprio che ci sia poco altro da aggiungere, o no?
Che dire OTTIMO.
RispondiEliminaMaurizio