Non è vero
che gli svedesi sono contenti di pagare le tasse. Non è vero che gli evasori in
America finiscono in galera come capitò ad Al Capone. Non è vero che il
contribuente italiano in ordine si sente felice: si considera invece un
minorato, perché a lui manca il privilegio che hanno masse enormi di suoi
compatrioti, che riescono a imbrogliare il fisco.
La
ricevuta di un riparatore d’auto o di uno che aggiusta il televisore è rara e
preziosa come un francobollo dei Ducati.
Dopo anni
di prediche e di minacce, siamo arrivati al punto che metà della popolazione
vive con redditi poco al di sopra dell'Uganda: questo non è il Terzo Mondo, è
il Quarto. Quello dei dritti.
Risulta
che coloro che, in media, stanno meglio, sono gli operai: quasi nove milioni di
reddito, questi ricchi sfondati, che pretendono anche la scala mobile, mentre
un povero macellaio, che deve nutrirsi di cotiche, arriva appena a sei.
E pensate
a quei disgraziati dei padroni dei bar, che tra poco i cappuccini non li
serviranno più, ma se li berranno tutti loro, magari con una brioscina perché
non arrivano a cinque, di milioni. Con quattrocentomila lire al mese come fanno
a cavarsela?
Qualche
fondo di caffè, un sorso d’acqua, non minerale, e via.
E gli
artigiani, che quando li cercate perché ne avete bisogno, non li trovate mai:
cosa credete, che siano impegnati in un altro lavoro? Nossignore.
Un piatto
di ravioli, scondito, quando a malapena raggiungono i sei, bisogna pure
metterlo insieme
E gli
imprenditori, così soli quando si tratta
decidere, di rischiare, e di non versare le imposte quando mandano i
figli al mare a Forte dei Marmi, a Santa Margherita, evidente che non sono ospiti di quegli altri
morti di fame che appaiono gli albergatori, ma delle colonie della «Charitas».
La vera
specialità di tutti i governi che abbiamo avuto è stata quella di far pagare
sempre di più coloro che già pagano molto, o abbastanza, e di implorare, ogni anno, la «vergogna nazionale»
costituita da folle che proprio di balzelli non ne vogliono sapere. Le
automobili che dilagano non vanno a benzina: ma a biglietti da diecimila
fregati allo Stato il quale deve poi assistere i falsi mutilati del Sud, mentre
si è rassegnato a farsi infinocchiare dai falsi indigenti del Nord.
Non c’è
scampo: qui c’è posto solo per due categorie: o imbroglioni o tartassati. A un
amico svizzero che mi chiedeva che cosa mi piace in particolare del suo paese,
ho risposto: «La cittadinanza». E capisce di più Prezzolini, che dopo infiniti
pellegrinaggi andò a rifugiarsi a Lugano.
Lasciamo
perdere la pulizia, che è una aspirazione, ma non sta in piedi neppure la
decenza. Mi fa pena Raffaella Carrà, se penso che sarà spremuta più lei di
mezza Confindustria.
E poi
dovremo anche ascoltare le sdegnate precisazioni delle varie categorie, attraverso
i loro fieri rappresentanti, che hanno dedicato un’esistenza per cercare di
evitare i registratori, che poi se uno non spinge i tasti non succede nulla. Mi
fanno venire in mente quel radiocronista, che una notte, nel deserto, voleva
registrare il silenzio. E’ vera.
Purtroppo,
sembra che gli unici capaci di capire dove sono i quattrini siano i
sequestratori, che andrebbero messi, dopo l’arresto e l’eventuale pentimento,
nelle esattorie. La competenza è fuori discussione.
Non c’è
proprio da scherzare: la beffa è già un fatto. E se uno ne prende nota, lo
accusano di fare del moralismo. Il ministro delle Finanze Bruno Visentini
commenta indignato: «E’ un vero schifo». Sembra quasi che sia rimasto sorpreso
dai conti paurosi che gli sono capitati tra le mani: scusi, professore, ma lei
di dov’è? Ed è convinto che i suoi colleghi appoggeranno i programmi severi? I
bilanci li fanno con i voti: e chi se la sente di andare contro il ceto medio,
laico, lievemente progressista, di ideali cristiani, di aspirazioni pagane, e
di scarsissime propensioni sociali? Ci hanno insegnato, fin da piccoli, a far
l’elemosina, non a sovvenire la comunità in proporzione ai guadagni. Date a
Cesare quello che è di Cesare, e sottintendevano: ma senza esagerare. Anche
perché, se ne sei capace, puoi consentirti degli sconti.
Enzo Biagi (Il Fatto - 1995 - Rizzoli)
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