Non
è l'Italia che deve andarsene dall'Europa, come vorrebbero alcuni
partiti, ma l'Europa che dovrebbe cacciarci a pedate nel sedere. Perché
ci mancano gli standard minimi. Che non sono quelli economici e
finanziari, che sono recuperabili e in parte recuperati,
dall'odiatissimo, non a caso, governo Monti, ma etici, che sono
irrimediabili. Non c'è settore della vita pubblica, e anche privata, che
non sia corrotto. Parlamentari, presidenti di Regione, consiglieri
regionali, personale delle abolende Provincie, sindaci, assessori,
consiglieri comunali, Pubblica amministrazione, Guardia di Finanza, dai
più alti ai più bassi livelli, polizia, vigili urbani. Non c'è luogo in
cui la magistratura vada a ficcare il naso dove non salti fuori il
marcio. E non ci sono distinzioni regionali: il Nord, con la sua ex
'capitale morale', Milano, vale il Centro e il Sud. Ci si potrebbe
divertire come si fa nel gioco 'fiori e frutta', a stendere la carta
geografica della Penisola e, a occhi chiusi, puntare il dito a caso. A
meno che non si capiti su qualche cima delle Alpi o su qualche cucuzzolo
degli Appennini, non c'è città, cittadino, paese o paesello, insomma
non c'è agglomerato di italiani che sfugga al marciume generale.
Il
premier di questo Paese incontra più volte un pregiudicato, in stato
formale di detenzione, e con costui decide leggi fondamentali dello
Stato. Una cosa simile non si era vista mai, nemmeno nel più
sgangherato, misero e miserabile Paese del mondo. Il suo mandato era
scaduto da soli due giorni che Sarkozy ha subito una perquisizione in
casa propria (per essere precisi: in quella di Carla Bruni dove si era
stabilito) e un paio di settimane fa è stato trattenuto per un giorno e
una notte in stato di fermo. E non stiamo parlando della Germania, dove
un presidente della Repubblica si è dimesso in sette minuti perché
accusato, solo accusato, di aver ricevuto in anni lontani un mutuo
agevolato o dei Paesi scandinavi dove resiste ancora l'etica
protestante, ma della cugina Francia molto simile a noi in tanti
difetti. Ma anche da loro ci sono dei limiti. Non si può permettere a un
delinquente di determinare la politica di un Paese con la scusa,
ridicola, che «ha il consenso». Il Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, ha fatto resistenze inaudite per cercare di non rendere
testimonianza in un processo, mentre la testimonianza è un dovere civico
che riguarda tutti i cittadini (e se cerchi di sottrarti, i
carabinieri, dopo due richiami, ti portano in Tribunale in manette), che
non conosce guarentigie ne privilegi di sorta salvo quello, se si è una
carica Istituzionale, di ricevere i Pubblici ministeri nel proprio
ufficio e non nella sede del processo. Questi sono gli esempi che ci
vengono 'dall'alto', a tutti i livelli.
Secondo
una ricerca di Nando Pagnoncelli sette italiani su dieci ritengono che
la corruzione non riguardi episodi individuali, ma che sia l'intero
sistema ad essere corrotto, in ogni ganglio. E hanno ragione. Peccato
che nel frattempo si sia corrotto anche il cosiddetto 'cittadino
comune'. Io vado a nuotare in un'antica e prestigiosa Società milanese
che ha una bella piscina olimpionica, una delle poche a Milano, e il
costo dell'iscrizione è alto. Non ci sono rumeni. Ma basta lasciare
aperto l'armadietto che ti rubano gli asciugamani, i costumi, le mutande
sporche.
Siamo
l'unico Paese ad avere quattro mafie, quella propriamente detta, la
camorra, la 'ndrangheta, la Santa Corona Unita insieme alle loro varie
sottospecie che sono ben emerse negli scandali Mose ed Expo, con le
quali stiamo infettando il resto d'Europa. Perché dovrebbero tenerci? Se
fossi un europeo direi: via! Raus! Rimanete a marcire nel vostro
truogolo un tempo chiamato 'il Bel Paese'.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 12 luglio 2014)
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