Quiz. Chi è il sindaco di una grande città italiana che è iscritto
nel registro degli indagati, che ha avuto problemi con la nomina di
qualche suo assessore e polemiche feroci sulla scelta del suo staff? Virginia Raggi, direte voi. Sì, ma ce n’è un altro le cui vicende, a differenza di quelle del sindaco di Roma, non sono state raccontate da alcun giornale (tranne il Fatto Quotidiano): è Giuseppe Sala, primo cittadino di Milano. Raggi/Sala: due pesi e due misure.
L’indagato. Non era ancora stato eletto primo cittadino, e Sala era già iscritto nel registro degli indagati. Per aver mentito ai cittadini. Nel febbraio del 2015, da amministratore delegato di Expo, firma (“Sul mio onore dichiaro…”) un’autocertificazione in cui “dimentica” di segnalare, tra le sue proprietà e attività economiche, una casa in Svizzera, un’immobiliare in Romania e una società in Italia (Kenergy). Dopo un articolo del Fatto
ripreso dall’esposto di un politico di centrodestra, la Procura apre un
fascicolo, in gran segreto, “a modello 21”, cioè con iscrizione di
Giuseppe Sala nel registro delle notizie di reato a
carico di persone note. Ora la Procura milanese ha davanti due strade:
la prima è considerare il comportamento di Sala un possibile reato, falso in autocertificazione, pene fino a 2 anni di reclusione; oppure, più probabilmente, ritenerlo un illecito amministrativo. In questo caso, il pm chiederà al gip di archiviare
il procedimento e di trasmettere gli atti al prefetto di Milano,
l’autorità che ha il potere di comminare le sanzioni amministrative
previste. In ogni caso, un brutto inizio per il nuovo sindaco di Milano.
In precedenza, Sala era stato indagato per abuso d’ufficio, e poi archiviato, per l’appalto della ristorazione Expo concesso senza gara a Oscar Farinetti, grande amico e sostenitore di Matteo Renzi.
Il socio. Sala offre l’assessorato più “pesante”, quello al Bilancio, arricchito della delega al Demanio, a Roberto Tasca, professionista e professore universitario, presidente della vigilanza di Fondo Strategico Italiano e di Simest (entrambi di Cassa Depositi e Prestiti),
ma soprattutto socio negli affari privati di Sala. È sua una quota di
Kenergy, una delle società (produce energia elettrica) che Mr. Expo
ha “dimenticato” di dichiarare nell’autocertificazione giurata del
2015. “Ma non c’è alcun conflitto d’interessi”, ha tagliato corto Sala.
L’indagata. Chi nomina segretario generale del Comune di Milano? Sala sceglie una persona imputata per reati contro la Pubblica amministrazione, a cui deve revocare la nomina dopo soli cinque giorni. Antonella Petrocelli
era segretario generale del Comune di Como nel 2014, quando aveva
conferito gli incarichi per la progettazione della terza variante del
piccolo Mose comasco, il sistema di paratie che con i
suoi cantieri, bloccati da anni, deturpa il lungolago della città
lariana. Quella variante, oggetto di una inchiesta della Procura di Como,
è considerata illegittima. Dunque Petrocelli aveva ricevuto un avviso
di garanzia per turbativa d’asta. La notizia era nota, notissima. Eppure
Sala sceglie Petrocelli per metterla al vertice dell’amministrazione
comunale. Nominata venerdì 15 luglio 2016. Con una strana clausola:
“L’incarico sarà interrotto immediatamente nel caso in
cui l’autorità giudiziaria adotti provvedimenti ulteriori, quali la
richiesta di rinvio a giudizio o altro atto da cui risulti l’esistenza
di fondati indizi a carico dell’interessata”. In realtà, già il giorno
prima, giovedì 14 luglio, il giudice delle indagini preliminari di Como
aveva disposto per Petrocelli il giudizio immediato per turbativa d’asta,
processo fissato per il 24 novembre 2016. A Milano se ne accorgono solo
cinque giorni dopo e mercoledì 20 luglio cacciano la funzionaria:
l’incarico più breve nella storia di Palazzo Marino.
Doppio gabinetto. Come direttore generale del Comune, Sala sceglie Arabella Caporello, fondatrice di un circolo Pd di Milano e manager con in curriculum un passaggio importante: quello alla Leopolda di Renzi. Come capo di gabinetto, Sala chiama al volo Mario Vanni,
avvocato. È un premio per il lavoro fatto in campagna elettorale:
Vanni, tesoriere del Pd milanese, è stato il coordinatore della
comunicazione e della promozione politica, attività determinanti per la
vittoria di Sala. Il sindaco lo chiama con nomina diretta, senza gara,
con stipendio da dirigente. Ma Vanni non è dirigente e secondo la legge Madia non può fare il capo di gabinetto. Così il sindaco si deve tenere anche il vecchio capo di gabinetto di Giuliano Pisapia,
con il compito di firmare gli atti che Vanni non può firmare. Poi, per
sanare il pasticcio, confeziona una gara (su misura?): bando il 7 luglio
2016, presentazione domande entro il 18 luglio. Indovinate chi ha
vinto? Vanni.
Sala magica. I
collaboratori più fidati di Sala a Palazzo Marino vengono tutti da Expo e
sono passati per la campagna elettorale. Due consulenti d’oro: Roberto Arditti e Marco Pogliani,
uomini di pubbliche relazioni dell’esposizione, poi della campagna per
Sala sindaco, ora sono premiati con due ricchi contratti di consulenza.
Niente gara, ma due “selezioni con procedura comparativa per
professionisti esterni all’amministrazione”. Avviso aperto il 16 agosto,
chiuso il 26 senza graduatoria ma con i soli nomi dei vincitori. Stefano Gallizzi, paziente ed efficiente uomo-stampa di Expo e poi della gara elettorale, ora è portavoce del sindaco, affiancato da Valentina Morelli, che teneva l’agenda della campagna. Avete mai letto polemiche o dubbi su queste vicende?
Gianni Barbacetto (Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2016)
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