Una storia ricca di invasioni, conquiste e migrazioni,
di ricchezze e di povertà, tra intolleranza e comprensione, battaglie e intensi
commerci. La storia dei popoli del Mediterraneo. Medius – Terraneus, dove il
mare è il centro ed i continenti da esso bagnati, Asia, Africa ed Europa,
sembrano periferie.
Un mare che ha sempre favorito lo scambio di culture, che trasporta gli stessi sentimenti in lingue diverse, talvolta anche con le stesse parole. Gesti nei quali ci riconosciamo, parole comuni, musica con le stesse sonorità, stessi sapori, nei fiori gli stessi odori, sulla pelle solo sfumature della stessa luce.
Una magia: puoi chiudere gli occhi per riaprirli dentro un mercato e chiederti se sei in Sicilia o in Marocco, in Tunisia o addirittura in Turchia o in Israele. Dentro una medina, in una casbah, fra banchi e bancarelle di un mercato dove si sente lo stesso vocìo, le stesse “banniate” da secoli incomprensibili e famigliari, le stesse merci e gli stessi volti.
Ed io ho vissuto questa magia.
Con tre amici partiamo sul nostro piccolo fuoristrada per un Capodanno in Tunisia. Avevamo deciso di fermarci a Tunisi solo un giorno, giusto il tempo di ambientarci e pianificare questo tour day-by-day, con la nostra guida turistica per viaggiatori indipendenti come unico riferimento.
Così stabiliamo di risalire verso nord-ovest sulla costa, decisi a fermarci a Bizerte, conosciuta per essere la città più antica e più francese della Tunisia.
Lasciamo in custodia il nostro mezzo e girovaghiamo per strade e vicoli cercando di scoprire tutto di quel luogo in cui ci troviamo per la prima volta.
La primissima cosa che mi colpisce è il porticciolo circondato da piccole costruzioni a schiera color sabbia, dalle porte e finestre celesti, e la sua somiglianza con la mia amata Marettimo.
Ci avviciniamo curiosi alle barche ancorate. C’è un giovane pescatore seduto sul bordo interno della sua imbarcazione, che discute probabilmente con un cliente in piedi sul molo. In un turbine di gesti gli indica il suo pescato.
Vengo catturata da un particolare e non sconosciuto movimento: dopo aver segnato dei numeri su un quadrato di cartone, il marinaio, con un rapido gesto, ripone la biro sul lobo superiore dell’orecchio continuando ad indicare la somma con un dito ed insistendo più volte su alcune cifre – si tira sul prezzo? Un sorriso suscitato dalla familiarità del gesto: lo stesso dei nostri venditori di pesce al mercato, che probabilmente scelgono quella collocazione così pratica per riporre e ritrovare velocemente la penna, la sigaretta, l’ago per cucire le reti. Un gesto, un piccolo segno che rimbalza sul Mediterraneo.
Proseguiamo verso la casbah alla nostra sinistra, andiamo a zonzo, senza consultare la guida; c’è tanto da vedere e non voglio perdermi la sorpresa di girare un angolo e trovarmi davanti uno spettacolo mai visto.
Imbocco un vicolo, e ad ogni passo si fanno sempre più forti suoni di voci concitate. gli odori di spezie e di cibo che l’aria tiepida porta con sé. Sono di certo vicina al mercato, e infatti, girato l’angolo, il mercato è lì: colori, suoni, odori… frastornata chiudo gli occhi per un istante, assaporo i profumi, ascolto le voci dei venditori che con enfasi o con le consuete cantilene esaltano le loro mercanzie.
E riaprendo gli occhi mi si svelano colori che mi sono familiari. Per un attimo penso di non essere mai partita, di trovarmi al mercato di Ballarò o al Capo. Il banco del pesce di fronte a me ha in bella mostra sarde, orate, spigole, piccoli merluzzi e triglie di scoglio… Il pesce azzurro. Il pesce pescato nello stesso mare della mia città. No, non sto sognando, sono proprio a Bizerte, ma non sono “straniera”, sono a casa.
Nei nostri dialetti vivono le parole di questi popoli, nei nostri gesti le stesse loro espressioni: quelle del popolo mediterraneo.
Un mare che ha sempre favorito lo scambio di culture, che trasporta gli stessi sentimenti in lingue diverse, talvolta anche con le stesse parole. Gesti nei quali ci riconosciamo, parole comuni, musica con le stesse sonorità, stessi sapori, nei fiori gli stessi odori, sulla pelle solo sfumature della stessa luce.
Una magia: puoi chiudere gli occhi per riaprirli dentro un mercato e chiederti se sei in Sicilia o in Marocco, in Tunisia o addirittura in Turchia o in Israele. Dentro una medina, in una casbah, fra banchi e bancarelle di un mercato dove si sente lo stesso vocìo, le stesse “banniate” da secoli incomprensibili e famigliari, le stesse merci e gli stessi volti.
Ed io ho vissuto questa magia.
Con tre amici partiamo sul nostro piccolo fuoristrada per un Capodanno in Tunisia. Avevamo deciso di fermarci a Tunisi solo un giorno, giusto il tempo di ambientarci e pianificare questo tour day-by-day, con la nostra guida turistica per viaggiatori indipendenti come unico riferimento.
Così stabiliamo di risalire verso nord-ovest sulla costa, decisi a fermarci a Bizerte, conosciuta per essere la città più antica e più francese della Tunisia.
Lasciamo in custodia il nostro mezzo e girovaghiamo per strade e vicoli cercando di scoprire tutto di quel luogo in cui ci troviamo per la prima volta.
La primissima cosa che mi colpisce è il porticciolo circondato da piccole costruzioni a schiera color sabbia, dalle porte e finestre celesti, e la sua somiglianza con la mia amata Marettimo.
Ci avviciniamo curiosi alle barche ancorate. C’è un giovane pescatore seduto sul bordo interno della sua imbarcazione, che discute probabilmente con un cliente in piedi sul molo. In un turbine di gesti gli indica il suo pescato.
Vengo catturata da un particolare e non sconosciuto movimento: dopo aver segnato dei numeri su un quadrato di cartone, il marinaio, con un rapido gesto, ripone la biro sul lobo superiore dell’orecchio continuando ad indicare la somma con un dito ed insistendo più volte su alcune cifre – si tira sul prezzo? Un sorriso suscitato dalla familiarità del gesto: lo stesso dei nostri venditori di pesce al mercato, che probabilmente scelgono quella collocazione così pratica per riporre e ritrovare velocemente la penna, la sigaretta, l’ago per cucire le reti. Un gesto, un piccolo segno che rimbalza sul Mediterraneo.
Proseguiamo verso la casbah alla nostra sinistra, andiamo a zonzo, senza consultare la guida; c’è tanto da vedere e non voglio perdermi la sorpresa di girare un angolo e trovarmi davanti uno spettacolo mai visto.
Imbocco un vicolo, e ad ogni passo si fanno sempre più forti suoni di voci concitate. gli odori di spezie e di cibo che l’aria tiepida porta con sé. Sono di certo vicina al mercato, e infatti, girato l’angolo, il mercato è lì: colori, suoni, odori… frastornata chiudo gli occhi per un istante, assaporo i profumi, ascolto le voci dei venditori che con enfasi o con le consuete cantilene esaltano le loro mercanzie.
E riaprendo gli occhi mi si svelano colori che mi sono familiari. Per un attimo penso di non essere mai partita, di trovarmi al mercato di Ballarò o al Capo. Il banco del pesce di fronte a me ha in bella mostra sarde, orate, spigole, piccoli merluzzi e triglie di scoglio… Il pesce azzurro. Il pesce pescato nello stesso mare della mia città. No, non sto sognando, sono proprio a Bizerte, ma non sono “straniera”, sono a casa.
Nei nostri dialetti vivono le parole di questi popoli, nei nostri gesti le stesse loro espressioni: quelle del popolo mediterraneo.
Attorno a questo mare nessuno è estraneo. Anche se i
confini tra gli Stati possono essere rigidi, quelli culturali sono fluttuanti e
intrecciano un’identità in continua evoluzione, cambiamento. Inarrestabile come
il mare.
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