Ma vi
rendete conto che un quivis de populo, un passante, un signor nessuno che non
ha neppure un mestiere e che l’ultima volta che fu eletto fu al Comune di
Firenze e poi basta, che non è più premier e neppure segretario del suo
partito, tiene in ostaggio un intero Paese, che incidentalmente è il nostro? Vi
rendete conto che questo noto frequentatore di se stesso ha appena nominato i vertici delle aziende di Stato,
controlla militarmente le tre reti e i tre tg della Rai, dà ordini al governo e
le pagelle ai ministri, pretende una punizione esemplare o meglio la
chiusura dell’unico programma di giornalismo investigativo rimasto (Report) e –
siccome l’unica qualifica che gli è rimasta è quella di figlio di papà Tiziano
– fa il diavolo a quattro affinché il Csm o il ministro della Giustizia o
magari i caschi blu dell’Onu radano al suolo la Procura di Napoli e il Noe che
hanno osato scoperchiare le tangenti e i traffici alla Consip per truccare il
più grande appalto d’Europa? Ieri abbiamo scritto che B. non sa più che
dire e fare perché i renziani gli rubano le parole, le leggi e le malefatte
di bocca. Ma c’è una differenza: pur con tutti i conflitti d’interessi, B. era
un premier e un leader eletto dal popolo. Renzi non ha mai sottoposto se stesso
né il suo programma (lo stesso di B.) agli elettori ed è improbabile che, se
l’avesse fatto, avrebbe avuto la maggioranza.
Figurarsi
quanti voti prenderebbe nel popolo del centrosinistra se li chiedesse per
attaccare i pm e gl’investigatori che indagano su suo padre e i giornalisti che
non gli chiedono il permesso. La canea scatenata dall’inchiesta di
Report sul vaccino contro il papilloma virus fa dubitare della legge
Basaglia. Prima di trasmetterla, il direttore Sigfrido Ranucci ha premesso che
“il servizio non è contro l’utilità dei vaccini. Parliamo di
farmaco-vigilanza. Di cosa succede quando ti inietti il vaccino e hai una
reazione avversa. La legge prevede che il medico informi l’ufficio di
farmaco-vigilanza entro 36 ore. Ma in quanti lo fanno?”. Poi il racconto di
alcune ragazze affette da Hpv che, dopo il vaccino, hanno subìto reazioni
avverse e faticato a segnalarle ai medici e alla vigilanza. Anche perché i dati
sugli effetti negativi sono discordanti, inattendibili, sottostimati per la
carenza di studi e istituti davvero indipendenti: forse per non creare
allarmismi fra la gente poco informata, più probabilmente per compiacere le
case farmaceutiche, che muovono capitali spaventosi, si comprano i media e
spesso la ricerca, la medicina e la vigilanza. Di che altro dovrebbe occuparsi
il “servizio pubblico”, se non della nostra salute?
Lo spiega bene al Fatto il farmacologo Silvio Garattini,
interpellato da Report con altri esperti internazionali: “Nessuno
scandalo, occorrono più trasparenza, più studi e più controlli indipendenti
sugli effetti di tutti i farmaci, non solo dei vaccini”. Quanto al papilloma,
“non esistono prove certe della sua correlazione col tumore alla cervice
uterina”. Ma noi conosciamo solo “il 10% di quel che dovremmo sapere sulle
sostanze che assumiamo” perché la gran parte degli studi sono “presentati dalle
industrie farmaceutiche”: come chiedere all’oste se il vino è buono. Ma salta
su tale Beatrice Lorenzin, del cui curriculum medico-scientifico nessuno può
dubitare: maturità classica, stage al Giornale di Ostia, dirigente di FI ed
Ncd, dunque ministra della Salute (senza laurea). Dall’alto di cotanta
cattedra, spiega a Report (e dunque pure a Garattini e agli altri esperti
intervistati) che chi non ha i titoli scientifici non deve parlare di vaccini,
altrimenti “diffonde paura con tesi antiscientifiche”. Ha parlato Marie Curie. Poi c’è il novello Albert
Einstein, al secolo Guelfo Guelfi, che sta nel Cda Rai perché scriveva i discorsi
a Renzi, quindi ha la laurea ad honorem in farmacologia. Infatti discetta di
vaccini e, già che c’è, chiede la testa di Ranucci e Berlinguer, e pure di Campo Dall’Orto che non li ha ancora
decapitati. Il resto lo fanno i telegiornaloni e i giornaloni aggreppiati alla lobby
del farmaco, che non ammette discussioni sui medicinali (ripetiamo: dibattiti
tra scienziati sui pro e i contro, non inviti di ciarlatani a non vaccinarsi),
e alla politica mainstream, che s’è autoproclamata Partito dei Vaccini contro
il fantomatico Partito dei Virus, cioè – nella narrazione fumettistica della
banda del buco – i 5Stelle.
Dopo 20 anni
di difesa strenua, La Repubblica unisce i suoi fuciletti a quelli del Pd
contro Report. Il tutore dell’ordine Sebastiano Messina disperde con gl’idranti
l’ultimo fiore all’occhiello della Rai perché nomina Benigni invano e, “anziché
smascherare il grande imbroglio di chi vuole impedire agli italiani di
vaccinarsi, sostiene la tesi opposta”. In attesa di svelarci chi vuole impedire
agli italiani di vaccinarsi (la Papilloma Spectre? le Forze Oscure della
Scarlattina in Agguato? la Morbillobby?), il gendarme chiede la cacciata di
Ranucci che avrebbe tradito la lezione di Milena Gabanelli (peccato che fosse
il suo braccio destro, che lei l’abbia scelto come suo successore e l’abbia
difeso ancora ieri). Il tutto, beninteso, per “salvare Report da se stesso,
allontanandolo velocemente dal sinistro latrato degli spacciatori di bufale”.
Dunque Ranucci, nella prosa stilnovista di questo fuochista della macchina del
fango, sarebbe un cane che latra bufale (e quali? Messina si scorda di
indicarne una). Nasce così un nuovo reato: il leso vaccino. E un nuovo dogma di
fede: l’Immacolata Vaccinazione. Il tutto, quando si dice la combinazione,
pochi giorni dopo che Report ha smascherato i conflitti d’interessi fra l’Unità
del figlio di Tiziano e il costruttore Pessina. Ma davvero questi impuniti
pensano di farci credere che sparano su Report per difendere i vaccini? Ma
pensano che siamo tutti fessi?
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