Berlusconi ha dichiarato guerra alla democrazia liberale. Questo, e nulla di meno, rappresenta l’insieme di ingiurie che ha vomitato, prima a caldo e poi a freddo, contro la Corte Costituzionale, cioè il supremo arbitro della legalità repubblicana (e contro il presidente Napolitano). Se Obama si permettesse contro la Corte Suprema anche un decimo delle volgarità berlusconiane, l’impeachment scatterebbe dopo cinque minuti, richiesto a gran voce da maggioranza e opposizione e dal coro indignato dei media. La democrazia liberale, infatti, a differenza di quella giacobina, si basa sul “governo limitato”, cioè su un esecutivo che non può mai esondare i limiti della Costituzione, quale che sia il consenso popolare di cui gode. E l’argine contro ogni tentazione dispotica è appunto la Corte Suprema, la Corte Costituzionale, la sua autonomia e superiorità rispetto al governo.
Per Berlusconi tutto questo è ostrogoto. La divisione dei poteri, cioè l’autonomia della magistratura e dell’informazione, pilastri della moderna vita democratica, gli risulta incomprensibile. Pensa davvero che il voto o il sondaggio lo rendano padrone e signore dello Stato, che infatti non chiama Repubblica italiana ma “azienda Italia”. E ora, di fronte ad una Corte Costituzionale che non si è piegata né a lusinghe né a intimidazioni, ha deciso di lanciare l’attacco definitivo: una legge che metta al guinzaglio i magistrati (visto che i media al guinzaglio li ha già).
Berlusconi è posseduto da una incontenibile pulsione totalitaria. E ha deciso che è venuto il momento di soddisfare questo suo vizio fino in fondo, di emulare “l’amico Putin”, che resta il suo modello. Ma a differenza della Russia, asservita agli oligarchi, vuole l’Italia asservita ad un solo satrapo, se stesso. Gianfranco Fini ha “preso le distanze”, ma ci vuole ben altro, per fermare un progetto dichiarato di squadrismo anti-istituzionale. Il Partito democratico ha blaterato che “risponderà con le primarie”. Sarebbe farsesco, se non fosse una tragedia. Si gingillano con le figurine, mentre il piromane mette a fuoco la casa comune. Del resto, la forza di Berlusconi sta tutta nell’assenza di una opposizione. Resta il popolo. Quello vero, quello dei cittadini, non della massa anonima, ammaestrata e plaudente nello spurgo d’odio contro la garanzia delle libertà di tutti, le istituzioni liberali. Resta la società civile, insomma, che non ha rappresentanza politica e non ha canali televisivi. Ma dignità e coraggio. Finché c’è lotta c’è speranza.
L’attacco Finale di Paolo Flores d’Arcais (Il Fatto Quotidiano n°14 del 9 ottobre 2009)
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