Ormai non si può più mentire. L'unica salvezza è ammettere l'atroce verità e confessare: «Nonna cara, so che la mia cartolina non ti è ancora arrivata e ho fondatissimi dubbi che non ti arriverà mai. E sai perché? Perché non te l'ho mai spedita. Fattene una ragione. Sempre tua... eccetera eccetera». Che questa purga delle cartoline cessi (mai due parole hanno fatto più pendant). La questione è che ogni anno chi va in ferie si scolla di dosso amici e parenti pronunciando una frase rischiosa: «Stammi bene, ti mando una cartolina». Poi parte e la promessa gli evapora dalla mente. Perché la vacanza è un allenamento a scordare. Si fa il possibile per allungare le gomene e allontanarsi dal tedioso quotidiano. E tutto procede per il meglio fino a che non si raggiunge il capolinea e si piomba inesorabilmente nell'inferno della cartolina da mandare. Che poi anche lì. Se la cartolina la spedisci appena arrivato, ha un senso. E cioè: ti mando il mio saluto caro perché sono lontano e, nonostante tutto, ti penso. Ma se la spedisci alla stazione prima di salire sul treno sei un emerito pida. Fai prima a salutare di persona e risparmi pure i soldi. Poi la cartolina è un impegno mentale e si sa che in vacanza la testa serve solo per tenere separate le orecchie. In spiaggia i neuroni si riducono visibilmente, nuotano solitari nel cervello come particelle di sodio nell' acqua Lete e persino scrivere due righe con il soccorso dei compagni di merengue richiede uno sforzo ciclopico. È vero anche che le cartoline sono di una bruttezza urticante. Le più gettonate sono quelle anatomiche dove ci trovi piogge di culi, ombelichi del mondo, pettorali bisunti, piedi piatti che tra i due occhi di pernice portano scritto «Saluti da Riccione». Altrimenti puoi optare per le cartoline tristi che di solito sono divise in quattro quadratini, ciascuno con uno scorcio di paesaggio: la stazione, il municipio, la fontana degli alpini e il tramonto sul palazzo dell'Enel. Oppure per quelle artistiche. Con paesaggi e tramonti, grosse più o meno come la cartina dell'Africa, con un costo che potrebbe risolvere il debito pubblico dell'Africa medesima. E tutto questo spreco di soldi e di energia, per che cosa? Devo dire che mia madre, che in fatto di riciclo la sa lunghissima, ha scovato per la cartolina un uso strepitoso: la adopera come paletta per raccogliere le briciole appena scopate. E tanti saluti da Riccione.
Luciana Littizzetto (da "La principessa sul pisello")
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