Ieri il Pd è finito nel gorgo. Se la guardi in un altro modo Piazza San Giovanni è come un vortice, come un mulino. Alle sei di sera la piazza è così piena che la gente inizia a defluire dal lato alto, creando una fiumana in direzione dell’ospedale San Giovanni. Ma proprio mentre questo accade, succede che uscendo, i primi manifestanti espulsi dal circuito, gettino l’occhio verso via Merulana, lunghissima, che è ancora piena di bandiere rosse, e striscioni, e cori. Ma in quel momento, dopo quasi quattro ore dall’inizio della manifestazione, c’è ancora una coda di corteo che si trova a piazza Esedra. E allora si verifica il paradosso: quelli che escono che applaudono al serpentone di quelli che continuano a entrare. Proprio in quel momento Nichi Vendola, che sta uscendo, si affaccia a via Merulana, getta l’occhio sulla prospettiva in fuga ed esclama: “E’ un successo pazzesco”.
Pochi minuti dopo, in questo gioco di cortocircuiti impazziti, le agenzie iniziano a battere un comunicato di Francesco Boccia, centrista della Partito Democratico, uomo di Enrico Letta, che proprio Vendola sfidò in Puglia: “Basta con l’ipocrisia di sinistra, sono nauseato – dice Boccia quasi indignato – al corteo c’erano intellettuali milionari, politici in auto blu, ex parlamentari con il vitalizio”. A chi si riferisse Boccia non è dato di sapere. Però quelle parole infuocate, che costringevano Pier Luigi Bersani (il grande assente) a una raffica di dichiarazioni serali per correggere la rotta – “l’unità del mondo del lavoro è un’energia indispensabile per costruire un’alternativa di governo che metta al centro delle politiche economiche l’occupazione, assoluta priorità per il Paese” – erano il prodotto di questi vortici a due velocità. Quella della piazza che si riempie oltre ogni aspettativa per l’affluenza del popolo di sinistra, e quello della politica, dove Sinistra e libertà e Italia dei valori nuotavano nella corrente, mentre il Pd remava contro, intrappolato in un nuovo ossimoro.
Il partito non aderisce ufficialmente (proprio come per la manifestazione del Popolo viola) però alcuni dirigenti possono aderire individualmente. Alla fine ci va un solo leader di rango, Sergio Cofferati. “Sono qui per un motivo molto semplice: la piattaforma di questa manifestazione è giusta, le accuse che hanno lanciato contro la Fiom sono ridicole, il contratto nazionale è una conquista che va difesa, anche nell’interesse delle imprese”. Piccolo problema: Cofferati è in piazza, più che come dirigente del Pd, come ex leader carismatico della Cgil, l’uomo dell’articolo 18, come uno dei migliori alleati della Fiom di Landini in questi giorni. Il resto del Pd dov’era? Gli addetti ai lavori ti spiegano che in piazza c’erano un messo di Massimo D’Alema (Matteo Orfini) e un inviato speciale di Bersani (Stefano Fassina). Ma sono palliativi, e lo sanno tutti. Lo stesso Cofferati, a caldo, risponde in maniera feroce a Boccia: “Capisco che avrebbe desiderato un fallimento e deve essere deluso. Ma è assurdo che si metta ad attaccare persone perbene che si sono svegliate all’alba e hanno viaggiato un giorno per essere lì. Io mi chiedo – conclude con una stilettata – se per Bersani queste parole siano compatibili con l’adesione al partito”.
Un dirigente della corrente Ignazio Marino, Michele Meta, mentre abbandona la piazza si lascia sfuggire una imprecazione: “Noi siamo qui perché era naturale esserci, ma gli altri dove sono? Mi sembrano tutti impazziti. Questo significa consegnare una piazza da un milione di persone a Vendola e Antonio Di Pietro. E, a questo punto va detto, meritatamente”. Proprio Vendola è costretto a uscire dal corteo e a fermarsi, bloccato da fan, simpatizzanti, ragazzi che chiedono l’autografo. Dice il leader di Sinistra e Libertà: “Questa piazza è quella in cui si uniscono le battaglie di chi difende il lavoro e quella di chi combatte la precarietà. E la piazza dei padri e dei figli”. Gli chiedono. “Il Pd ha sbagliato?” E lui: “L’obiettivo è unire tutti, al più presto, per vincere”. Solo Di Pietro raccoglie tanto entusiasmo quanto lui. E quando parla del Pd va giù duro: “Noi non potevamo non esserci, perché qui si difendono i diritti. Loro perché non c’erano?”. Poi, con un aneddoto: “Sono venuti degli elettori del Pd e mi hanno detto: ci hanno lasciato soli, dateci una bandiera”. Ti allontani dai vortici di questa piazza, e scopri che dietro i padri, ci sono i figli, i ragazzi dei centri sociali, il Popolo viola. Un tempo avremmo scritto che ‘Il grande Pd ha lasciato sola la Fiom’. In realtà oggi è la grande Fiom che lascia solo un piccolo Pd.
Luca Telese (Il Fatto Quotidiano - 17 ottobre 2010)
Pochi minuti dopo, in questo gioco di cortocircuiti impazziti, le agenzie iniziano a battere un comunicato di Francesco Boccia, centrista della Partito Democratico, uomo di Enrico Letta, che proprio Vendola sfidò in Puglia: “Basta con l’ipocrisia di sinistra, sono nauseato – dice Boccia quasi indignato – al corteo c’erano intellettuali milionari, politici in auto blu, ex parlamentari con il vitalizio”. A chi si riferisse Boccia non è dato di sapere. Però quelle parole infuocate, che costringevano Pier Luigi Bersani (il grande assente) a una raffica di dichiarazioni serali per correggere la rotta – “l’unità del mondo del lavoro è un’energia indispensabile per costruire un’alternativa di governo che metta al centro delle politiche economiche l’occupazione, assoluta priorità per il Paese” – erano il prodotto di questi vortici a due velocità. Quella della piazza che si riempie oltre ogni aspettativa per l’affluenza del popolo di sinistra, e quello della politica, dove Sinistra e libertà e Italia dei valori nuotavano nella corrente, mentre il Pd remava contro, intrappolato in un nuovo ossimoro.
Il partito non aderisce ufficialmente (proprio come per la manifestazione del Popolo viola) però alcuni dirigenti possono aderire individualmente. Alla fine ci va un solo leader di rango, Sergio Cofferati. “Sono qui per un motivo molto semplice: la piattaforma di questa manifestazione è giusta, le accuse che hanno lanciato contro la Fiom sono ridicole, il contratto nazionale è una conquista che va difesa, anche nell’interesse delle imprese”. Piccolo problema: Cofferati è in piazza, più che come dirigente del Pd, come ex leader carismatico della Cgil, l’uomo dell’articolo 18, come uno dei migliori alleati della Fiom di Landini in questi giorni. Il resto del Pd dov’era? Gli addetti ai lavori ti spiegano che in piazza c’erano un messo di Massimo D’Alema (Matteo Orfini) e un inviato speciale di Bersani (Stefano Fassina). Ma sono palliativi, e lo sanno tutti. Lo stesso Cofferati, a caldo, risponde in maniera feroce a Boccia: “Capisco che avrebbe desiderato un fallimento e deve essere deluso. Ma è assurdo che si metta ad attaccare persone perbene che si sono svegliate all’alba e hanno viaggiato un giorno per essere lì. Io mi chiedo – conclude con una stilettata – se per Bersani queste parole siano compatibili con l’adesione al partito”.
Un dirigente della corrente Ignazio Marino, Michele Meta, mentre abbandona la piazza si lascia sfuggire una imprecazione: “Noi siamo qui perché era naturale esserci, ma gli altri dove sono? Mi sembrano tutti impazziti. Questo significa consegnare una piazza da un milione di persone a Vendola e Antonio Di Pietro. E, a questo punto va detto, meritatamente”. Proprio Vendola è costretto a uscire dal corteo e a fermarsi, bloccato da fan, simpatizzanti, ragazzi che chiedono l’autografo. Dice il leader di Sinistra e Libertà: “Questa piazza è quella in cui si uniscono le battaglie di chi difende il lavoro e quella di chi combatte la precarietà. E la piazza dei padri e dei figli”. Gli chiedono. “Il Pd ha sbagliato?” E lui: “L’obiettivo è unire tutti, al più presto, per vincere”. Solo Di Pietro raccoglie tanto entusiasmo quanto lui. E quando parla del Pd va giù duro: “Noi non potevamo non esserci, perché qui si difendono i diritti. Loro perché non c’erano?”. Poi, con un aneddoto: “Sono venuti degli elettori del Pd e mi hanno detto: ci hanno lasciato soli, dateci una bandiera”. Ti allontani dai vortici di questa piazza, e scopri che dietro i padri, ci sono i figli, i ragazzi dei centri sociali, il Popolo viola. Un tempo avremmo scritto che ‘Il grande Pd ha lasciato sola la Fiom’. In realtà oggi è la grande Fiom che lascia solo un piccolo Pd.
Luca Telese (Il Fatto Quotidiano - 17 ottobre 2010)
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