Berlusconi ha annunciato che vuole un governo balneare e che vuole cercare i voti uno per uno.
È una compravendita penosa e vergognosa. L’unico atto da compiere è
prendere atto che la maggioranza non c’è più e dimettersi”. Basta
sostituire il nome di Berlusconi con quello di Enrico Letta, e questa
dichiarazione potrebbe urlarla oggi il Cavaliere in faccia al nipote
dello zio Gianni. Invece la urlò Letta jr. in faccia a Berlusconi
esattamente tre anni fa, il 9 settembre 2010. Il terzo governo B. pareva
sul punto di cadere sotto i colpi dei transfughi finiani e lui aveva
iniziato il reclutamento per ricomprarsi qualche deputato. Un po’ come
sta avvenendo oggi a parti rovesciate per salvare le sempre meno larghe
intese, con la campagna acquisti last minute dei diversamente
berlusconiani. Gli Alfanidi.
Qualcuno dirà che ora è tutto diverso, l’Europa ci guarda, il Paese affonda, la casa brucia. Ma è il solito ritornello: la compravendita del vicino è sempre più sporca. La tua invece è pulita, profumata, per il bene del Paese. Per non offendere i voltagabbana del momento s’inventano nomi di fantasia: “responsabili” (se li compra B.) o frutti dello “scouting” (se il Pd va a pesca di 5Stelle, peraltro tornando a mani vuote). Ricordate Follini? Quando passò da vicepremier di B. a parlamentare Pd fu subissato di fischi e pernacchie dagli stessi che pochi mesi prima esaltavano il nobile tormento interiore di De Gregorio, trasvolato dall’Idv al Pdl in cambio della commissione Difesa e (si scoprì poi) di 3 milioni (2 in nero).
È una storia vecchia almeno come la Seconda Repubblica, iniziata nel ’94 col primo governo B. che ottenne la fiducia al Senato grazie alle piroette di Luigi Grillo, Tremonti, Cecchi Gori e altri due eletti col Centro di Segni e Martinazzoli. La sinistra restituì la pariglia nel ’98, quando D’Alema – caduto Prodi che non volle comprare nessuno – entrò a Palazzo Chigi sulle baionette degli “straccioni di Valmy”, come Cossiga nobilitò la truppa raccogliticcia degli ex centrodestri convertiti sulla via di Buttiglione e Mastella. “Governo Giuda!”, strillò Urbani. “Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi di Stato che strisciano come vermi”, tuonò Micciché, mentre Fini bollò quel “governo di rigattieri” con lo stesso epiteto usato decenni prima da Alberto Giovannini per squalificare i monarchici che avevano tradito Achille Lauro per la Dc: “Puttani”.
È vero: per il suo Mediashopping, il Cainano metteva pure mano al portafogli. Ma c’era pure chi veniva via per un posto di ministro o di sottosegretario, o una promessa di rielezione. Più o meno quel che accade ora fra i diversamente berlusconiani. E anche lo scambio politico, quando lo faceva B., veniva giustamente censurato dal Pd: “La campagna acquisti di Berlusconi – spiegò Bersani – deforma la democrazia: lui promette a chi è ‘ragionevole’ di rinominarlo in Parlamento grazie a una singolare legge elettorale” (17.9.2010) e “se uno promette la rinomina o comunque uno stipendio è corruzione, roba da magistratura” (28.9.2010). Ora manca soltanto che qualcuno si denunci da solo.
Poi naturalmente, ogni due per tre, destra e sinistra proponevano “leggi anti-ribaltone”, salvo poi ritirarle perché non si sa mai. Come scrisse Gian Antonio Stella, “c’è voltagabbana e voltagabbana: quello infame ti molla, quello buono ti soccorre”. Chissà se Enrico Letta, quando disse nel 2010 “è governicchio e sarà governicchio: Berlusconi si dimetta anziché cercare compravendite come al calciomercato, perché con la rottura di Fini la maggioranza non ha più il senso di esistere rispetto al voto del 2008”, avrebbe mai immaginato che tre anni dopo sarebbe toccato a lui tentare un governicchio coi transfughi Pdl e sentirsi chiedere le dimissioni da B. perché la sua maggioranza non ha più senso di esistere rispetto al voto di febbraio. Ora le sue parole di allora – “cercare parlamentari è solo mendicare una fiducia minima”, “lo spettacolo della compravendita è oltre la decenza” – gli tornano indietro come un boomerang.
Qualcuno dirà che ora è tutto diverso, l’Europa ci guarda, il Paese affonda, la casa brucia. Ma è il solito ritornello: la compravendita del vicino è sempre più sporca. La tua invece è pulita, profumata, per il bene del Paese. Per non offendere i voltagabbana del momento s’inventano nomi di fantasia: “responsabili” (se li compra B.) o frutti dello “scouting” (se il Pd va a pesca di 5Stelle, peraltro tornando a mani vuote). Ricordate Follini? Quando passò da vicepremier di B. a parlamentare Pd fu subissato di fischi e pernacchie dagli stessi che pochi mesi prima esaltavano il nobile tormento interiore di De Gregorio, trasvolato dall’Idv al Pdl in cambio della commissione Difesa e (si scoprì poi) di 3 milioni (2 in nero).
È una storia vecchia almeno come la Seconda Repubblica, iniziata nel ’94 col primo governo B. che ottenne la fiducia al Senato grazie alle piroette di Luigi Grillo, Tremonti, Cecchi Gori e altri due eletti col Centro di Segni e Martinazzoli. La sinistra restituì la pariglia nel ’98, quando D’Alema – caduto Prodi che non volle comprare nessuno – entrò a Palazzo Chigi sulle baionette degli “straccioni di Valmy”, come Cossiga nobilitò la truppa raccogliticcia degli ex centrodestri convertiti sulla via di Buttiglione e Mastella. “Governo Giuda!”, strillò Urbani. “Saltimbanchi, truffatori, massoni, boiardi di Stato che strisciano come vermi”, tuonò Micciché, mentre Fini bollò quel “governo di rigattieri” con lo stesso epiteto usato decenni prima da Alberto Giovannini per squalificare i monarchici che avevano tradito Achille Lauro per la Dc: “Puttani”.
È vero: per il suo Mediashopping, il Cainano metteva pure mano al portafogli. Ma c’era pure chi veniva via per un posto di ministro o di sottosegretario, o una promessa di rielezione. Più o meno quel che accade ora fra i diversamente berlusconiani. E anche lo scambio politico, quando lo faceva B., veniva giustamente censurato dal Pd: “La campagna acquisti di Berlusconi – spiegò Bersani – deforma la democrazia: lui promette a chi è ‘ragionevole’ di rinominarlo in Parlamento grazie a una singolare legge elettorale” (17.9.2010) e “se uno promette la rinomina o comunque uno stipendio è corruzione, roba da magistratura” (28.9.2010). Ora manca soltanto che qualcuno si denunci da solo.
Poi naturalmente, ogni due per tre, destra e sinistra proponevano “leggi anti-ribaltone”, salvo poi ritirarle perché non si sa mai. Come scrisse Gian Antonio Stella, “c’è voltagabbana e voltagabbana: quello infame ti molla, quello buono ti soccorre”. Chissà se Enrico Letta, quando disse nel 2010 “è governicchio e sarà governicchio: Berlusconi si dimetta anziché cercare compravendite come al calciomercato, perché con la rottura di Fini la maggioranza non ha più il senso di esistere rispetto al voto del 2008”, avrebbe mai immaginato che tre anni dopo sarebbe toccato a lui tentare un governicchio coi transfughi Pdl e sentirsi chiedere le dimissioni da B. perché la sua maggioranza non ha più senso di esistere rispetto al voto di febbraio. Ora le sue parole di allora – “cercare parlamentari è solo mendicare una fiducia minima”, “lo spettacolo della compravendita è oltre la decenza” – gli tornano indietro come un boomerang.
Marco Travaglio (Jack's Blog - Il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2013)
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