Un danese ha perlustrato l’Abruzzo del dopo terremoto per
tre anni, ha visitato una spettrale città chiamata L’Aquila, poi ha steso un
report che è diventato un documento d’accusa contro la ricostruzione. Tutto
esasperatamente costoso. E per di più tutto fatto in nome della legge. Un
dossier della commissione di controllo del bilancio di Bruxelles racconta la
fiera dello spreco dopo la notte del 6 aprile 2009. Case troppo care, fondi
comunitari spesi male, norme violate, materiali scadenti, appalti sospetti.
Firmato Søren Søndergaard, deputato europeo della Sinistra unitaria, inviato in
Italia per verificare come è stato usato il denaro dei contribuenti
dell’Unione.
Ogni appartamento è costato il 158 per cento in più del
valore di mercato, il 42 per cento degli edifici è stato realizzato con i soldi
dei contribuenti europei (e non con quelli del governo italiano, come ha sempre
sostenuto l’ex premier Silvio Berlusconi), solo il calcestruzzo è stato pagato
4 milioni di euro in più del previsto. E 21 milioni in più i pilastri dei palazzi.
Cifre ufficiali della Corte dei Conti europea, tutte richiamate nel report di
Søndergaard. Dove si censura il silenzio dell’Europa che è stata a guardare
mentre qui si sperperava, dove si «deplora » l’invio di dati «apparentemente
non corretti» trasmessi a Bruxelles dal Dipartimento della Protezione Civile,
dove si elenca minuziosamente tutto ciò che lui stesso ha riscontrato nelle sue
missioni. Su prefabbricati, acciaio, ammortizzatori sismici, bagni chimici,
contratti a imprese. Sempre oltre icosti preventivati, soprattutto quelli
fissati dai «manuali». E anche di tanto.
Il suo dossier sarà discusso al Parlamento europeo giovedì 7
novembre e presentato questa mattina, in anteprima all’Aquila, nelle sale del
consiglio regionale. È la sintesi di una lunga «istruttoria» condotta in
Abruzzo da Søndergaard — membro della Cont, la commissione di controllo del
bilancio di Bruxelles — insieme al suo collaboratore Roberto Galtieri per
indagare su dove erano finiti gli stanziamenti comunitari dopo la potentissima
scossa di quella notte, trecentonove morti, decine di migliaia di sfollati e un
business infinito intorno ai cinquantasei comuni abruzzesi dentro il «cratere».
La prima volta sono arrivati all’Aquila l’8 ottobre del
2010. Poi hanno cominciato a investigare mese dopo mese, fino a ultimare questo
report che giovedì prossimo dovrà vagliare il Parlamento di Bruxelles.
Il dossier del deputato danese comincia dalla fine,
dall’ultima visita all’Aquila: «La situazione del centro storico rimane
sostanzialmente invariata. In quattro anni solo un paio di edifici (uno
pubblico e uno privato) sono stati ricostruiti nella cosiddetta zona rossa…».
Poi informa la sua commissione dei sopralluoghi negli edifici del progetto CASE
(Complessi Antisimici Sostenibili ed Ecocompatibili) e in quello dei MAP
(Moduli Abitativi Provvisori), dove ha verificato con il suo «ispettore»
Galtieri cosa c’era cosa e cosa non c’era: «Nelle case e nelle scuole non ci
sono pannelli a indicare che sono state costruite con i fondi Ue… ma al contrario
ci sono pannelli che specificano “edifici realizzati con donazioni da enti
privati e amministrazioni locali”. Ciò è in contraddizione con le norme
europee…».
Poi ancora segnala alla commissione la qualità delle
costruzioni dei MAP: «Il materiale è generalmente scarso… impianti elettrici
difettosi… intonaco infiammabile… alcuni edifici sono stati evacuati per ordine
della magistratura perché “pericolosi e insalubri”… Quello di Cansatessa è
stato interamente evacuato (54 famiglie) e la persona responsabile per
l’appalto pubblico è stato arrestato e altre 10 persone sono sotto inchiesta».
Un capitolo intero è dedicato alla criminalità organizzata e
alle infiltrazioni nei lavori della ricostruzione. Primo punto: «Un numero di
sub appaltatori non disponeva del certificato antimafia obbligatorio». Secondo
punto: «Il Dipartimento della Protezione civile ha aumentato l’uso del sub
appalto consentito dal 30 al 50 per cento». Terzo punto: «Un latitante è stato
scoperto nei cantieri della Edimo, che è una delle 15 imprese appaltatrici ».
Quarto punto: «Una parte dei fondi per i progetti CASE e MAP sono stati pagati
a società con legami diretti o indiretti con la criminalità organizzata… ma le
competenti autorità italiane non hanno ancora reso pubblici questi dati… «.
Quinto punto: «La commissione bilancio Ue ha dichiarato di avere scoperto casi
di frode, ha comunicato tali risultati al Dipartimento della Protezione Civile,
che successivamente ha scambiato questi progetti connessi con la frode con
progetti nei quali non è stata scoperta alcuna frode…».
Nel report Søren Søndergaard elenca le denunce
dell’associazione Libera e di Site. it (la testata online che ha sollevato fin
dai primi giorni lo scandalo della ricostruzione) e poi bacchetta il governo
europeo dopo l’ispezione di una delegazione in Abruzzo nel 2010: «Nella sua
relazione non menziona nessuno dei problemi che sono stati portati alla sua
attenzione da diversi deputati. Un caso di evidente negligenza». È un’accusa di
omesso controllo.
E infine, il deputato danese ricorda come la commissione
bilancio Ue abbia anche elaboratouna propria valutazione dei conti, teonendola
però segretissima. Solo i deputati della Cont l’hanno potuta conoscere — e solo
il 15 luglio del 2013 — con divieto di prendere appunti e divieto anche di
commentare citare il contenuto di quanto avete appena letto. Tutto top secret.
Per quattro anni, i contribuenti europei non hanno avuto il diritto di sapere
come era stato speso il loro denaro.
Nelle ultime pagine del dossier Søndergaard cita ampiamente
la relazione della Corte dei Conti con sede in Lussemburgo. «In questo
documento vengono fornite al Parlamento e ai cittadini europei risposte ad
alcune delle domande riguardanti la gestione dei fondi Ue in Abruzzo», scrive
il deputato danese. E riferendosi alla corte di giustizia europea, ribadisce
quale è stata la sua «raccomandazione » al governo di Bruxelles: «È la
richiesta all’Italia di rimborsare i fondi europei in caso, nel futuro,
derivasse profitto dai progetti finanziati dall’Ue».
È uno dei punti centrali del dossier. I regolamenti Ue
impongono che i soldi dirottati ai vari Stati non debbano «generare reddito»,
ma nelle case nuove dell’Abruzzo fra un po’ si pagherà l’affitto. È già in
corso un censimento per capire chi e quanto dovrà sborsare per abitare in
quegli edifici dopo il terremoto. Se accadrà, stando alle norme comunitarie,
l’Italia dovrebbe restituire all’Europa parte di quei fondi. Sono all’incirca
350 milioni sui 493,7 ricevuti dopo il terremoto.
La relazione della Corte dei Conti è finita alla Commissione
europea nel mese di febbraio di quest’anno. In un primo momento, Bruxelles ha
giustificato le scelte del governo italiano («Il progetto Case corrisponde
pienamente agli obiettivi Ue…»), ha ignorato le «violazioni» denunciate ma
giovedì sarà costretta a esaminarla con più cura quel documento insieme al
report del deputato danese. E questa volta, non in segreto. Ma in seduta
pubblica e con diretta streaming dal sito del Parlamento europeo. La Corte
aveva già fornito numeri espliciti. Aveva fatto una premessa la Corte, sul post
terremoto in Abruzzo: «Ai costi è stata assegnata scarsissima importanza
relativa». E aveva tirato le sue conclusioni: «A giudizio della Corte il
progetto Case non ha rispettato le specifiche disposizioni del regolamento
europeo… la Commissione dovrebbe anche riesaminare, alla luce dei criteri di
ammissibilità stabiliti dal regolamento, la domanda di assistenza presentata
dalle autorità italiane».
Attilio Bolzoni (Jack's Blog - 4 novembre 2013)
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