Adesso abbiamo anche la Patagonia
italiana. C’è la Tierra del Fuego argentina, quella cilena e, finalmente,
quella napoletano-casertana. Ora che tutti sanno ufficialmente che esiste
(prima, da una ventina d’anni, lo sapevano solo carabinieri, polizia e magistratura
che arrestavano e processavano i fuochisti; e istituzioni varie dello Stato che
facevano finta di non saperlo) qualche furbetto più furbetto degli altri ci
costruirà sopra una brillante carriera politica promettendo pronte ed efficaci
soluzioni. Nel tentativo di evitare prese per i fondelli in aggiunta a
inquinamento delle falde acquifere, dell’atmosfera e della vegetazione; nonché
di ritornare a una produzione di mozzarelle di bufala che non facciano venire
il cancro (mi piace da morire ma preferirei sopravvivere per continuare a
mangiarla), propongo alcune riflessioni talmente banali da vergognarsene, ma
evidentemente poco frequentate.
Io vivo in un piccolo paese vicino Torino.
In un angolo della verandina di servizio ho 4 recipienti: organico, carta, metallo
e vetro; e un grande sacco per la plastica. Nei giorni previsti (con
puntualità) ritirano tutto e lo portano in una pubblica discarica dove viene
trattato secondo le regole. Pago una schioppettata di Tarsu (adesso non so più
come si chiama) ma intorno è tutto verde e pulito.
Domanda n. 1: perché questa organizzazione
non viene imposta per legge e chi non la rispetta (a cominciare dal cittadino,
passando per il sindaco e finendo al ministro per l’Ambiente) va in prigione?
Chi non ha soldi lo spiega al Comune, si fanno accertamenti e delle due l’una:
non li ha davvero e allora è esentato dalla Tarsu; li ha, e allora lo si mette
in prigione per frode fiscale e gli si sequestra quello che ha per tasse (tra
cui Tarsu) non pagate. Possibile variante: il cittadino ha soldi ma non tanti:
la Tarsu viene ridotta. Dal nord al sud la gestione della spazzatura va
peggiorando. È un fatto, non un’opinione razzista. Vero che le responsabilità
sono diffuse, dal vertice istituzionale alla base. Ma è anche vero che, se nessuno
raccoglie la spazzatura, i cittadini non sanno dove metterla. Dove i rifiuti si
accumulano nelle strade ha perfino poco senso la raccolta differenziata: che i
mucchi siano di plastica, di vetro, di organico, se nessuno li raccoglie, si
indifferenziano da soli, con il vento e la pioggia.
Domanda n. 2: dove i cittadini dovrebbero
portare la loro spazzatura? Alla fine, portandola dove ce n’è altra e perfino
incendiandola, si caricano di un servizio pubblico. L’inquinamento derivante
dall’abbandono dei rifiuti nelle strade cittadine non credo sia molto minore di
quello che deriva da una discarica artigianale. Se lo Stato non raccoglie ed
elimina i rifiuti è del tutto ovvio che qualcun altro lo farà. Tra la
spazzatura si vive male. E, alla fine, mafia, ’ndrangheta, camorra e altre
efficienti organizzazioni criminali non fanno altro che gestire un servizio
essenziale che lo Stato non può, non vuole, non è capace di gestire. Ovvio che
lo facciano all’insegna del massimo profitto e quindi del minimo costo e della
minima efficienza: sono criminali, mica benefattori. Ma nel mio paese e in
tantissimi altri questo tipo di imprenditori in questo tipo di settore, guarda
caso, non c’è. Perché non c’è questo mercato. Volete la prova provata di
questo?
Adesso lo Stato sa (meglio: non può dire
di non saperlo) che c’è la Terra dei fuochi. Cosa gli impedisce di circondarla
con carabinieri ed esercito, raccogliere tutti i rifiuti, portarli in luoghi
appositi, trattarli come si deve? Niente. Solo che non può: non ha i soldi. Non
è capace di farlo: le questioni di cui governo e parlamento si occupano
quotidianamente sono la decadenza di B, i sequestri di persona organizzati
dall’ambasciatore Kazako con la complicità del ministero degli Interni, le
dimissioni – sì/no – del ministro della Giustizia che si preoccupa di far
scarcerare i suoi amici, la rifondazione di partiti vecchi, la fondazione di
partiti nuovi, la riforma della Costituzione e insomma tutto quanto al Paese
non serve affatto o magari lo danneggia. Non vuole farlo perché una quota
significativa dei politici che dovrebbero occuparsene è a libro paga di quelli
che, se lo facesse, perderebbero il business; soldi e voti spariti. Il “non è
capace” e il “non vuole” potrebbero essere superati.
Vedete, la Terra dei fuochi è un colossale
corpo di reato. Si può, anzi si deve, sequestrare. Le Procure e i Gip
competenti potrebbero farlo. Poi si nomina un custode il quale, a sua volta,
nomina un amministratore che fa tutte quelle cose che dovrebbe fare lo Stato. I
magistrati ordinano alla forza pubblica di sorvegliare il comprensorio e di non
permettere ad alcuno di accedervi, l’amministratore gestisce i rifiuti e
consegna al custode le fatture delle aziende – italiane ed estere – che li
smaltiscono. Il custode le consegna ai magistrati che dispongono il pagamento
con i soldi allocati nel bilancio della giustizia al capitolo spese
giudiziarie. Il ministro la smette di occuparsi dei suoi amici in prigione e
cerca di trovare le risorse necessarie. Se non le trova, le aziende fanno causa
allo Stato, pignorano il Colosseo e se lo vendono. Noi restiamo senza Colosseo
(si fa per dire, sempre là resta, solo che è mantenuto e gestito come si deve)
e senza rifiuti. E ovviamente ci guadagniamo.
La cosa bella di questo sistema è che
potrebbe essere replicato. Per esempio con Ilva, con il litorale inquinato, con
le case abusive, con tutto quello che vi viene in mente. Magari, a forza di
fare la figura degli imbecilli, anche i nostri padri della Patria si danno una
mossa.
Bruno Tinti (Jack's Blog - Il Fatto Quotidiano, 7 novembre 2013)
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