E’ uno spettacolo sconcio quello che va in scena al Senato, dove, in
nome di una riforma che rappresenta l’ultimo dei problemi del Paese, di
certo c’è che i "100" che sopravviveranno, grazie alla nomina di
segreterie dei partiti oggi ridotte a ristretta ciurma di compari
usurpatori di democrazia, godranno di un’immunità blindata da sbattere
in faccia a quei pochi magistrati che ancora avessero intenzione di
indagare. Bene che andrà passeremo dal Senato di Grasso al Senato dei
Grassatori, che tali, chi più chi meno, diventeranno i "100" una volta
indossata la corazza dell’immunità, dell’ impunibilità,
dell’improcessabilità. Serve a poco cercare di districare la giungla dei
distinguo, delle tattiche d’aula, del chi entra e del chi esce, del chi
"non sono d’accordo", del chi "sono d’accordo a malincuore", del chi
"sono a favore per principio". E’ il risultato che conta. Ed è un
risultato sconcio.
Nell’Italia che in questi ultimi anni ha visto una marea montante di
scandali e latrocinii, ci si ritrova felicemente d’accordo nel costruire
l’Arca di Noè del privilegio e del parassitismo. Ogni aggiunta sarebbe
superflua.
Il capo gruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, definì "lurido", in un passaggio d’aula, il comportamento dei 5 stelle. Non ce ne vorrà, dunque, se proprio al suo dizionario ci ispireremo definendo "lurida", questa sì, la sua definizione dell’immunità: "E’ un istituto voluto dai padri costituenti". E il caso vuole che, qualche giorno dopo, gli uomini della Dia avrebbero scoperto, nell’abitazione di Claudio Scajola, ex ministro dell’interno, ex presidente Copasir, un sistema di nicchie dentro le pareti per occultare i dossier con i quali – per sua stessa ammissione - "teneva tutti per le palle". E badate bene: alla prima perquisizione, l’archivio a muro non era stato scoperto. Tanto che i magistrati di Reggio Calabria, il P.M. Giuseppe Lombardo e l’aggiunto Francesco Curcio, avevano disposto un supplemento di perquisizione. E gli uomini della Dia questa volta hanno fatto bingo.
Conclusione? Di tal risma sono quelli che avranno tutto da guadagnare dalla Riforma del Senato. Allora capirà da solo, lo Zanda, perché è "lurido" il suo accostamento dei padri costituenti a un’immunità che ormai ha il solo scopo di mettere al sicuro i ceffi patentati.
Ma neanche le anime pie, quelle che avrebbero voluto un esito diverso della votazione sull’immunità, riescono a provocare in noi un sussulto di partecipazione al loro "dolore". I cronisti raccontano che Felice Casson avrebbe rilasciato commenti sull’accaduto "con voce sfumata di rassegnazione". Ci sarebbe di che restare, anche noi, contriti. Ma Casson, che in altra vita fu magistrato, credeva davvero che da questo parlamento sarebbe venuto il via libera per i suoi colleghi di oggi ancora posseduti dal "demone" della questione morale? E non aveva capito l’antifona del premier, che appartiene al suo partito, il Renzi, che incontra il pregiudicato Silvio Berlusconi una volta a settimana per ridisegnare insieme a lui "la nuova Italia"? O che è amico personale e di vecchia data di tal Verdini, né più né meno di come la Cancellieri lo era di tal Ligresti? Credeva davvero, il Casson, di mandare a carte quarantotto i piani del duo Zanda- Finocchiaro (anche lei, in altra vita, fu magistrato), puntellato dal Calderoli, e tutti appassionatamente a guardia di un Senato che andava simultaneamente resuscitato dopo averne certificato la morte legale?
E che fine hanno fatto gli Stefano Fassina, i Gianni Cuperlo, i Maurizio Landini, i Niki Vendola, ai quali, sin quando fu utile, fu concesso di usare la durlindana in prima serata televisiva?
Al cospetto dello spettacolo sconcio, nobili gli appelli, nobili le firme, nobili le campagne del "Fatto", o i travagli, anche questi contriti, di "Repubblica". Ma non servono a niente. Né gli uni, né gli altri. Diciamocelo fra noi, almeno prendiamone atto. Il gioco si è fatto duro. E duri e dure hanno da tempo cominciato a giocare. Ma che impressione vedere ministri e ministre parlare ai telefonini con le mani davanti alla bocca per non far leggere il labiale. Sembra la rappresentazione visiva di un’Italia di gangster che ha il timor panico dell’intercettazione. E i bookmakers inglesi a quanto darebbero l’eventualità che Renzi, prima di lasciare la poltrona di presidente del consiglio, pronunci, almeno una volta in vita sua, la parola "mafia"? La Dia teme che le mafie tornino a sparare. E chi se ne fotte?
Si è fatta stucchevole persino la lettura dei giornali. I pensatori continuano a pensare. Gli analisti continuano ad analizzare. Gli inchiestisti continuano a inchiedere. Ma che c’è ancora da scoprire? Se Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia, viene invitato alla Sapienza a tener lezione agli studenti su come "tenere a freno il panico", che c’è ancora da vedere? O magari saremo chiamati a firmare appelli per rimuovere il rettore dell’ Università della Capitale, Luigi Frati, e il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che ovviamente si dicono "indignati"? Cascano le braccia. E se Ruby fu davvero la nipote di Mubarak, come vorremmo cambiarla, almeno "sessualmente", quest’Italia? Osservazione: se il ladro di Montecitorio fosse stato un parlamentare, invece che un dipendente di Montecitorio, avrebbe goduto di quell’immunità "voluta dai padri costituenti", per dirla con quel mattacchione dello Zanda. Giusto?
E per carità, non soffermiamoci più di tanto su Giorgio Napolitano. Ora che l’Istat ha certificato ufficialmente che l’Italia è in recessione, qualcuno ci verrà a dire che i funzionari dell’Istat sono "gufi" e "nemici del governo Renzi"? Napolitano dirà qualche parolina sulla recessione? O è solo affaccendato in faccende di magistratura, qua tombando telefonate che lo riguardano, là procrastinando nomine di Procuratori che non gli scompinferano?
Speriamo che ci salvino almeno i "cinesi" e gli "arabi", acquistando un pezzo d’Italia dietro l’altro.
Il capo gruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, definì "lurido", in un passaggio d’aula, il comportamento dei 5 stelle. Non ce ne vorrà, dunque, se proprio al suo dizionario ci ispireremo definendo "lurida", questa sì, la sua definizione dell’immunità: "E’ un istituto voluto dai padri costituenti". E il caso vuole che, qualche giorno dopo, gli uomini della Dia avrebbero scoperto, nell’abitazione di Claudio Scajola, ex ministro dell’interno, ex presidente Copasir, un sistema di nicchie dentro le pareti per occultare i dossier con i quali – per sua stessa ammissione - "teneva tutti per le palle". E badate bene: alla prima perquisizione, l’archivio a muro non era stato scoperto. Tanto che i magistrati di Reggio Calabria, il P.M. Giuseppe Lombardo e l’aggiunto Francesco Curcio, avevano disposto un supplemento di perquisizione. E gli uomini della Dia questa volta hanno fatto bingo.
Conclusione? Di tal risma sono quelli che avranno tutto da guadagnare dalla Riforma del Senato. Allora capirà da solo, lo Zanda, perché è "lurido" il suo accostamento dei padri costituenti a un’immunità che ormai ha il solo scopo di mettere al sicuro i ceffi patentati.
Ma neanche le anime pie, quelle che avrebbero voluto un esito diverso della votazione sull’immunità, riescono a provocare in noi un sussulto di partecipazione al loro "dolore". I cronisti raccontano che Felice Casson avrebbe rilasciato commenti sull’accaduto "con voce sfumata di rassegnazione". Ci sarebbe di che restare, anche noi, contriti. Ma Casson, che in altra vita fu magistrato, credeva davvero che da questo parlamento sarebbe venuto il via libera per i suoi colleghi di oggi ancora posseduti dal "demone" della questione morale? E non aveva capito l’antifona del premier, che appartiene al suo partito, il Renzi, che incontra il pregiudicato Silvio Berlusconi una volta a settimana per ridisegnare insieme a lui "la nuova Italia"? O che è amico personale e di vecchia data di tal Verdini, né più né meno di come la Cancellieri lo era di tal Ligresti? Credeva davvero, il Casson, di mandare a carte quarantotto i piani del duo Zanda- Finocchiaro (anche lei, in altra vita, fu magistrato), puntellato dal Calderoli, e tutti appassionatamente a guardia di un Senato che andava simultaneamente resuscitato dopo averne certificato la morte legale?
E che fine hanno fatto gli Stefano Fassina, i Gianni Cuperlo, i Maurizio Landini, i Niki Vendola, ai quali, sin quando fu utile, fu concesso di usare la durlindana in prima serata televisiva?
Al cospetto dello spettacolo sconcio, nobili gli appelli, nobili le firme, nobili le campagne del "Fatto", o i travagli, anche questi contriti, di "Repubblica". Ma non servono a niente. Né gli uni, né gli altri. Diciamocelo fra noi, almeno prendiamone atto. Il gioco si è fatto duro. E duri e dure hanno da tempo cominciato a giocare. Ma che impressione vedere ministri e ministre parlare ai telefonini con le mani davanti alla bocca per non far leggere il labiale. Sembra la rappresentazione visiva di un’Italia di gangster che ha il timor panico dell’intercettazione. E i bookmakers inglesi a quanto darebbero l’eventualità che Renzi, prima di lasciare la poltrona di presidente del consiglio, pronunci, almeno una volta in vita sua, la parola "mafia"? La Dia teme che le mafie tornino a sparare. E chi se ne fotte?
Si è fatta stucchevole persino la lettura dei giornali. I pensatori continuano a pensare. Gli analisti continuano ad analizzare. Gli inchiestisti continuano a inchiedere. Ma che c’è ancora da scoprire? Se Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia, viene invitato alla Sapienza a tener lezione agli studenti su come "tenere a freno il panico", che c’è ancora da vedere? O magari saremo chiamati a firmare appelli per rimuovere il rettore dell’ Università della Capitale, Luigi Frati, e il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che ovviamente si dicono "indignati"? Cascano le braccia. E se Ruby fu davvero la nipote di Mubarak, come vorremmo cambiarla, almeno "sessualmente", quest’Italia? Osservazione: se il ladro di Montecitorio fosse stato un parlamentare, invece che un dipendente di Montecitorio, avrebbe goduto di quell’immunità "voluta dai padri costituenti", per dirla con quel mattacchione dello Zanda. Giusto?
E per carità, non soffermiamoci più di tanto su Giorgio Napolitano. Ora che l’Istat ha certificato ufficialmente che l’Italia è in recessione, qualcuno ci verrà a dire che i funzionari dell’Istat sono "gufi" e "nemici del governo Renzi"? Napolitano dirà qualche parolina sulla recessione? O è solo affaccendato in faccende di magistratura, qua tombando telefonate che lo riguardano, là procrastinando nomine di Procuratori che non gli scompinferano?
Speriamo che ci salvino almeno i "cinesi" e gli "arabi", acquistando un pezzo d’Italia dietro l’altro.
Saverio Lodato (Antimafia.com - 6 agosto 2014)
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