In attesa del nostro Sì al bicameralismo
incasinato che dovrà rimpiazzare quello perfetto (dunque brutto), Matteo
Renzi ha deciso di anticiparne un piccolo assaggio,
sempre nell’ottica della tanto attesa semplificazione: la
legislazione medianico-paranormale, a metà strada fra il surrealismo e il
situazionismo. Si tratta di un nuovo iter di approvazione delle leggi
fondato sulla nobile tradizione orale, da Omero ai giorni
nostri. Le norme non si scrivono più. Si annunciano in forma di comunicati
e conferenze stampa, slide, disegnini, schizzetti e ovviamente titoli
di telegiornali e giornali che le danno per lette e approvate. Segue
ampio e acceso dibattito. Poi, con comodo, si scopre che si è discusso sul
nulla, perché le leggi – almeno nella forma tradizionale,
quella dell’articolato stampato su carta e composto di articoli e commi – non
esistono. Era accaduto un anno fa con la seconda legge di Stabilità
del governo Renzi e ricapita ora con la terza. Sabato 15 ottobre, dopo il
Consiglio dei ministri riunito non si sa per fare cosa, Palazzo Chigi diffonde
una nota ufficiale per annunciare che l’insigne consesso ha approvato la “manovra
finanziaria” che “si compone del disegno di legge di Bilancio
e di un decreto legge che contiene misure aventi carattere
d’urgenza”.
Quali? Renzi spiega che “il decreto interviene
sui fondi 2016 e sull’obiettivo di chiudere la parentesi
di Equitalia”. Perbacco. A quel punto uno immagina i ministri riuniti
che compulsano pensosi i due testi, chiedono spiegazioni, propongono modifiche
e alla fine votano articolo per articolo. Ma la scena presuppone l’esistenza di
ministri, cioè di persone esperte delle materie cui sono rispettivamente
preposte. Non dunque di un Alfano, una Madia, una Boschi, una Giannini,
una Lorenzin, un Galletti. Infatti, sabato 15, Renzi ha detto due cose
alla svelta a Padoan, che ha preso disciplinatamente nota dopo
un lieve inchino, mentre gli altri, per non disturbare, attendevano fuori in
anticamera: “Aspettate qui, mettetevi comodi, ci sono delle riviste con tante
figure, c’è pure un vassoio di mentine. Poi, se proprio volete sapere qualcosa
della manovra che avete approvato, guardatevi i tg della sera. Tanto siamo
d’accordo sulla parola, no? Si chiama silenzio-assenso, così
si fa prima”. Il guaio è che il ddl-fantasma e il decreto-ectoplasma
erano attesi sia dal Quirinale (che dovrebbe autorizzare il
secondo e controfirmare il primo) sia dalla Commissione europea
(che dovrebbe avere almeno i macro-numeri per verificarne la compatibilità con
i noti parametri). All’Ue è giunto un documento, almeno quello
cartaceo.
E cioè il Draft budgetary plan,
che però contiene numeri diversi dalla Nota di aggiornamento al Def fatta
approvare dal governo al Parlamento. Al Colle invece, in sette giorni, non
è arrivato nulla. Tant’è che ieri Mattarella, coi
suoi fulminei riflessi, se n’è accorto e ha incaricato il
Segretario generale (che, diversamente da lui, parla) di chiedere lumi al
governo. Tesoro, hai per caso un testo? Se sì, che dice? Se no, lo sta
scrivendo qualcuno? E chi? E dove? Su fogli da formaggio, sulla lista della
spesa, su un messaggio in bottiglia, su un aeroplanino di carta? E cosa diavolo
ha approvato il Consiglio dei ministri? L’impressione è che se ne debba fare
un altro, di Cdm, visto che per legge è l’unica sede legittima
dell’azione di governo; e per regolamento i ministri, prima di
entrarvi, devono disporre di tutte le norme all’ordine del giorno
per discutere nel dettaglio e poi votarle
(“Il presidente del Consiglio dirige i lavori del Consiglio; precisa le
conseguenze delle varie proposte; pone ai voti, ove lo ritenga opportuno,
fissandone le modalità, le deliberazioni…”). Non solo: se c’è pure un
decreto, per giunta in materia fiscale, sarebbe buona norma approvarlo
di notte, senza lasciar trapelare niente prima, onde evitare che
qualcuno ne approfitti; e comunque non può essere prima annunciato e
poi scritto, altrimenti dove sono i requisiti di “necessità e
urgenza”? E non basta: se il decreto fiscale è quello annunciato da Renzi –
condono dei contanti e rottamazione delle cartelle Equitalia – il ddl di
bilancio deve recepirne gli effetti, dunque può essere fatto solo dopo che il
decreto è pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore. Invece sia il
ddl sia il dl sono ancora allo stato gassoso.
Il babbo Tiziano lo diceva sempre, al piccolo
Matteo: “Ricordati, figliuolo: verba volant, scripta manent. Non
firmare mai niente in vita tua, altrimenti se lasci tracce scritte prima o poi
ti tocca pagare, o almeno risponderne. Invece, se parli e basta, puoi
sempre negare. Guarda Omero e Socrate: non hanno
scritto una riga e sono passati alla storia”. Infatti Matteo, a scuola, i
compiti scritti li consegnava regolarmente in bianco; poi recuperava negli
orali, bravissimo a menare il can per l’aia anche senza studiare. Non a caso, i
compagni lo chiamavano “il Bomba”. E non è che sia cambiato
granché. Fedele alla tradizione orale, l’Omero di Rignano
sull’Arno annuncia, allarga, smagrisce e rettifica la legge di Bilancio e il
decreto fiscale senza averli mai scritti. E così – come diceva
Vergassola a proposito del suo maestro B. – mente sapendo di smentire (“Mai
chiesto flessibilità all’Ue”, “Nessun condono”, “Sempre stato contro
l’austerità”, “Obama teme più la Ue che la Siria”). Sempre in attesa che
qualcuno, sul Colle, ritrovi la favella e osi intimargli di rispettare
la legge: e cioè di convocare un nuovo Cdm e presentare ai ministri
leggi scritte, possibilmente non con l’inchiostro simpatico. Ma forse è troppo
sperare, da un presidente che non parla e da un
premier che non scrive (e intendiamoci: visto come gli è venuta la
nuova Costituzione, è meglio così).
Marco Travaglio (Il FattoQuotidiano, 22 ottobre 2016)
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