Le immagini giunte da Oltreoceano, relative alla gita aziendale della ditta
Renzi in quel di Washington, suscitano
qualche turbamento al modesto palombaro in esplorazione delle viscere di questa
strana Italia, a una quarantina di giorni dalla show-down referendario.
E alquanto fastidio: non solo per l’ennesima, scontata, intromissione dei
reggitori dell’ordine mondiale nella nostra scassatissima sovranità nazionale;
bensì per l’effetto “cacicco del Bananas” prodotto dal nostro
premier (“facciamoci riconoscere”) in visita premio; mentre gli è concesso per
una volta di calcare la pelouse della magione padronale. Con
quell’espressione beata, tipo signor Porcone imbucato nel gran ballo della
Croce Rossa di Montecarlo; mentre danza inopinatamente con un’esterrefatta
Grace Kelly.
Sotto questo aspetto, gusti e disgusti personali di chi ha sempre trovato insopportabile la galleria di personaggi interpretati da Alberto Sordi, che riproponevano all’infinito il tema dell’italiano inadeguato e sopra le righe. Dunque notazioni insignificanti.
Sotto questo aspetto, gusti e disgusti personali di chi ha sempre trovato insopportabile la galleria di personaggi interpretati da Alberto Sordi, che riproponevano all’infinito il tema dell’italiano inadeguato e sopra le righe. Dunque notazioni insignificanti.
Più importanti le apprensioni,
determinate dalla sensazione – confermata dalla marchetta Obama
– che la potenza di fuoco guittesco-comunicativa messa in campo dal Renzi
rischia davvero di ribaltare le previsioni sull’esito
referendario. Ergo, l’impressione che lo svelto giovanotto stia riuscendo ad
aggregare quel blocco sociale, costituito da abbienti e impauriti,
su cui Berlusconi ha basato la propria ventennale avventura in politica;
coronata (ahinoi) da non pochi successi.
Ribadisco lo schema che ho già proposto in questa
sede: visto che quasi nessuno è realmente interessato alla materia
referendaria, la scelta tra No e Sì diventa quella tra “vaffa” e
“horror vacui”; tra chi non vede l’ora di mandare a quel paese
l’ingombrante giovanotto che, con la sua petulanza pari solo
all’inadeguatezza, ormai ha stufato e –invece – quanti paventano
comunque il vuoto che potrebbe determinarsi rottamando il rottamatore,
nella logica del “meglio Renzi che niente”. Alternativa ben
poco entusiasmante. Che in un Paese sfiduciato e sfinito quale il nostro
potrebbe spostare le prevalenze nella pubblica opinione verso il continuista
horror vacui del Sì.
Difatti, partita calcando il tasto
dell’eccezionalità superomistica renziana, presto la propaganda del premier è
virata di 180 gradi, attestandosi sul ricattatorio ma più efficace “dopo
di me il diluvio”. Insomma, quella Casta che il referendum intende
blindare, sta giocando a mezzo del suo proconsole venuto da Rignano la carta
della paura che l’alternativa sarebbe un salto nel buio. E in questo si vede la
mano degli spin-doctor Usa ingaggiati per vincere il referendum e assicurarsi qualche
decennio di inamovibilità. La straordinaria abilità della propaganda
americana di ribaltare a vantaggio del committente i termini della questione;
giocando sul mimetismo, l’infantilizzazione e
riflessi condizionati americanisti diffusi.
Per cui ci si chiede: siamo in tempo per correre
ai ripari? Certo, la partita ancora non è persa, anche se si continua a sbagliare
repertorio argomentativo. A partire dalla retorica della “Carta più
bella del mondo” che all’articolo 7 recepisce l’obbrobrio dei Patti
Lateranensi. E pure ci mette del suo l’adozione di toni terroristici
alla Grillo formato europee, che confortano i già convinti mettendo in
fuga i dubbiosi.
Che fare? A parere dello scrivente, una volta
aggiustato tiro e toni, magari con un minimo di coordinamento tra le
varie voci del No, intraprendere un rush finale evitando l’ennesima
tagliola che i renziani hanno piazzato sul terreno (e in cui è incappato il
povero Zagrebelsky): quel pretendere che la discussione si riduca a tecnicismi
da legulei. Il referendum è la tappa di un processo articolato, preceduto da
momenti in cui si è cancellato il soggetto lavoro abrogandone i diritti e
seguito da graduali contrazioni della democrazia elettorale
(spostamento della titolarità del voto dal corpo elettorale al ceto politico:
dalle assemblee delle città metropolitane all’ipotesi di senato in ballo). Un
disegno che va smascherato evidenziando le vere poste in
palio, controbattendo con la realtà le astuzie e gli imbrogli di questi
neo-democristiani post-democratici.
Pierfranco
Pellizzetti (Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2016)
ndr. frase da attenzionare: "l’impressione che lo svelto giovanotto stia riuscendo ad aggregare quel blocco sociale, costituito da abbienti e impauriti, su cui Berlusconi ha basato la propria ventennale avventura in politica; coronata (ahinoi) da non pochi successi". Se poi ci si aggiunge la paura di tagliare il condone ombelicale da parte di nostalgici di SX che credono che il PD renziano coltivi ancora quei vecchi ideali che furono del povero Berlinguer (Enrico) ..... il gioco è fatto ...... anzi la "frittata" è pronta: tutti a tavola!
ndr. frase da attenzionare: "l’impressione che lo svelto giovanotto stia riuscendo ad aggregare quel blocco sociale, costituito da abbienti e impauriti, su cui Berlusconi ha basato la propria ventennale avventura in politica; coronata (ahinoi) da non pochi successi". Se poi ci si aggiunge la paura di tagliare il condone ombelicale da parte di nostalgici di SX che credono che il PD renziano coltivi ancora quei vecchi ideali che furono del povero Berlinguer (Enrico) ..... il gioco è fatto ...... anzi la "frittata" è pronta: tutti a tavola!
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.