Il confronto sul referendum dl 4 dicembre va depurato di ogni furore
ideologico. Noi votiamo NO per motivi di merito non avendo nulla di
personale contro il presidente del consiglio.
Innanzitutto non è stata una congiunzione astrale sfavorevole a determinare la contestualità tra la riforma della costituzione e la legge elettorale. Entrambe, infatti, rispondono ad un disegno politico preciso ed hanno un comune impianto che se dovesse vincere il SI spingerà la democrazia italiana verso una progressiva deriva autoritaria chiunque ne esca vincente. Partiamo dalla riforma.
Innanzitutto non è stata una congiunzione astrale sfavorevole a determinare la contestualità tra la riforma della costituzione e la legge elettorale. Entrambe, infatti, rispondono ad un disegno politico preciso ed hanno un comune impianto che se dovesse vincere il SI spingerà la democrazia italiana verso una progressiva deriva autoritaria chiunque ne esca vincente. Partiamo dalla riforma.
Quasi tutti ritengono possibile superare il bicameralismo
perfetto. Questa riforma, però, non lo abolisce ma lo trasforma
pasticciando. Infatti pochi ricordano che al di là della riduzione delle
competenze bicamerali che restano in capo al Senato, c’è quella norma
che sembra quasi una comica d’antan per cui ogni legge che la Camera
approva prima di essere promulgata deve, non può, deve essere inviata al
Senato che ha 10 giorni di tempo per decidere, su richiesta di un terzo
dei senatori se esaminare o meno il testo della Camera avendo poi 30
giorni di tempo per “suggerire” modifiche ai deputati. Si passa cioè da
un bicameralismo perfetto ad un bicameralismo “suggeritore” alla faccia
della velocità del processo legislativo e della moderna razionalità. Noi
vorremmo abolirlo per davvero il bicameralismo paritario e perciò
votiamo NO.
Inoltre i senatori non possono essere nominati dai consigli
regionali, un collegio fatto cioè di 40-60-80 componenti e non possono
essere ad un tempo consiglieri o sindaci e senatori. In Francia, esempio
spesso citato dagli amici del SI, i senatori, molto più numerosi dei
100 previsti, sono eletti per davvero da una platea di 150mila
amministratori e non nominati con accordi tra i partiti come avverrà nei
consigli regionali.
La legittimità democratica è un bene non
negoziabile. Si può ridurre la platea degli elettori ma non al punto di
trasformare la elezione in una nomina. Questo è un altro motivo per cui
votiamo NO.
Nelle leggi bicamerali che danno attuazione all’articolo 117 (competenze regionali) le deliberazioni del Senato possono non essere accolte sempre quando siano respinte dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera, e cioè 316, numero che solo il partito che riceverà lo scandaloso premio del 15% potrà raggiungere.
Nelle leggi bicamerali che danno attuazione all’articolo 117 (competenze regionali) le deliberazioni del Senato possono non essere accolte sempre quando siano respinte dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera, e cioè 316, numero che solo il partito che riceverà lo scandaloso premio del 15% potrà raggiungere.
Altro elemento
che mina nel profondo il processo legislativo democratico perché in casi
nei quali resta il bicameralismo paritario, si dà la prevalenza ad una
Camera e ad una maggioranza di deputati costruita non con il consenso
degli elettori ma con una tecnicalità elettorale (il premio di
maggioranza). Altro elemento per cui votiamo NO. La più volte richiamata
abolizione delle province viene smentita dal consolidamento, come
organo costituzionale, delle città metropolitane. L’unica cosa che resta
abolita è l’elezione diretta dei consiglieri provinciali da parte dei
cittadini. Elemento purtroppo ricorrente.
Concludendo dopo la doppia
approvazione (costituzione e legge elettorale) il paese verrebbe
affidato alla migliore minoranza del paese che diventerà maggioranza con
lo scandaloso premio del 15% e il cui segretario politico si nominerà
la maggioranza dei propri parlamentari, e verrà eletto direttamente dal
popolo nel ballottaggio modificando così surrettiziamente anche la forma
di governo (senza introdurre un chiaro presidenzialismo con pesi e
contrappesi) ponendo, almeno a chi ha la vista lunga, un enorme problema
costituzionale: un premier eletto direttamente dal popolo anche se nel
ballottaggio potrà poi essere sfiduciato da un parlamento costituito in
maggioranza da componenti nominati?
Rifletteteci e vi accorgerete che
con questo quadro riassuntivo descritto chiunque dovesse vincere sarà
inevitabilmente attratto da una selezione cortigiana della classe
dirigente nel mentre gli italiani verranno privati del voto perché non
eleggeranno più la maggioranza dei propri parlamentari.
Questa è una
deriva autoritaria. Gli incolti criticano la unità di diverse culture
nel fronte del NO che invece fa quel che avrebbe dovuto fare il
parlamento e dimenticano che la costituzione deve essere scritta da
“diversi” come fecero quasi 70 anni fa De Gasperi e Togliatti, Croce e
Nenni, Calamandrei e Fanfani.
Paolo Cirino Pomicino (Il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2016)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.