Praticare e predicare.
Al G8 è stato detto quello che è stato detto in ordine ai paradisi fiscali e alle società off shore, che riconosco essere il problema principale della grande evasione internazionale. Ma gli Stati Uniti nei giorni scorsi hanno chiesto 71.000 conti correnti all'UBS della Banca lugana della Svizzera, perché vogliono sapere chi sono i titolari delle migliaia di conti correnti all'estero che i cittadini statunitensi hanno in Svizzera. Lo vogliono sapere, perché vogliono controllare perché li hanno messi in Svizzera. In Italia, abbiamo detto: basta che ce li riportiate, dando l'1 per cento all'anno per cinque anni, ci date la tangentina di Stato e noi vi diciamo che non ci serve sapere e non ci interessa dove li avete nascosti, perché li avete nascosti e perché li avete portati in Svizzera! Questa è la differenza tra praticare e predicare! Ecco perché noi contrastiamo l'azione di questo Governo, che quanto a lotta all'evasione fiscale sa fare solo condoni
Testo interpellanza:
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, con questa interpellanza intendiamo parlare di fisco, o, meglio ancora, di evasione fiscale, o, meglio ancora, di strumenti per combattere l'evasione fiscale e per assicurare che chi deve pagare il fisco paghi il fisco al nostro Paese. Crediamo che la strada tracciata dal Governo Berlusconi, sia in questa legislatura sia nelle precedenti, perché tutta la strada tracciata dal Governo Berlusconi in questi anni va sempre nella stessa direzione, sia una strada tracciata in favore dell'evasione fiscale e contro la giusta riscossione del fisco. Anche in questo primo anno del Governo Berlusconi abbiamo assistito a una progressiva cancellazione degli strumenti per combattere l'evasione fiscale e degli strumenti per assicurare la riscossione fiscale; l'una è l'altra faccia dell'altra. Mi riferisco, per esempio, al decreto-legge n. 112 del 2008, in cui è stata prevista l'eliminazione dell'elenco dei clienti fornitori, l'eliminazione della tracciabilità dei compensi, l'eliminazione dell'anagrafe dei conti correnti bancari; ma, soprattutto, ci preoccupa l'azione di smantellamento delle strutture deputate alla lotta all'evasione fiscale. È una costante del Governo Berlusconi, lo sta facendo anche con riferimento alla materia della giustizia: si dice che si vuole più sicurezza e una giustizia che funzioni e si tolgono strumenti, fondi, mezzi e strutture alle forze di polizia e alle forze della giustizia per affrontare quello che è il loro compito. In questo caso, e stiamo parlando di fisco, si stanno smantellando le strutture di contrasto all'evasione fiscale, e le faccio alcuni esempi. Mi riferisco all'Agenzia delle entrate: tutti sanno che l'Agenzia delle entrate è il cuore dell'amministrazione finanziaria, perché l'Agenzia delle entrate è quell'Agenzia che si occupa della riscossione. Sono difficili le cosiddette riscossioni spontanee: ci vogliono sempre un po' di riscossioni «spintanee», perché, altrimenti, a pagare sono soltanto i pensionati, i lavoratori dipendenti e qualche onesto qua e là. «Spintaneamente», se c'è l'accertamento e se c'è la sicurezza e la certezza dell'accertamento, prima di evadere, uno ci pensa due volte. Lei sa quanti conducenti italiani e stranieri arrivano alla frontiera svizzera e, se vanno verso la Svizzera, riducono la velocità, e se vengono verso l'Italia, l'aumentano, perché sanno che qui la fanno franca? Così vale anche per la riscossione delle entrate. I funzionari addetti all'attività di controllo dell'Agenzia delle entrate sono poco più di 14 mila; i trattamenti e gli incentivi di carriera sono sempre più inadeguati, anzi vengono messi in atto atteggiamenti e comportamenti del Governo per renderli sempre più inadeguati. È un po' come sta succedendo anche per le forze di polizia, che non hanno più i soldi neanche per comprarsi i pantaloni di ricambio e le munizioni, un po' come sta succedendo per i tribunali, che non hanno i soldi per pagarsi la carta per scrivere, e neanche quella igienica. Il personale dell'Agenzia delle entrate continua ad essere mal distribuito nel territorio, gli strumenti a disposizione sono insufficienti, la preparazione tecnica è insufficiente; perché fare il lavoro di riscossore delle entrate non è come andare a riscuotere una bolletta: vuol dire capire i meccanismi dei bilanci, i mille accorgimenti con cui ogni contribuente italiano che può, che sa, che ha il «consigliore» giusto, cerca di bypassare l'ostacolo della legalità, perché per loro è un ostacolo. Soprattutto al nord vi sono gravi carenze del personale dell'Agenzia delle entrate; non esiste addirittura più una classe di dirigenti nell'Agenzia delle entrate: lo fanno - diciamo così - in via sussidiaria i funzionari reggenti, ma è chiaro che se manca il manico la scopa non scopa! Il meccanismo, poi, che alimenta i fondi per la remunerazione della produttività individuale è incredibile. Sono stati infatti previsti degli incentivi: più scopri evasori fiscali, più cerchi di portare soldi al fisco, e attraverso il fisco allo Stato, più ti do un incentivo perché ci metti buona volontà in più. È stata fatta la norma, ma è stata bloccata; è stata fatta la norma, ma è stata fatta, attraverso l'ultimo provvedimento, cioè la legge n. 133 del 2008, apposta per impedire che questi incentivi possano essere dati, perché infatti non vengono dati. Addirittura il 2 luglio 2009, adesso, sono state stabilite le modalità di restituzione di queste risorse, ma non sono state fatte in alcun modo quantificazioni per quanto riguarda l'entità delle somme, gli anni di riferimento, i tempi di erogazione; insomma, i soldi non vengono dati. Ieri, anche se nessun giornale blasonato lo riporta, davanti al Ministero dell'economia e delle finanze vi era qualche migliaio di dipendenti dell'Agenzia delle entrate che manifestava per invocare il rispetto non solo dei loro diritti, ma della loro qualifica e del loro diritto-dovere a poter svolgere il proprio lavoro - attenzione! - in perfetta autonomia, in sufficiente autonomia rispetto al Governo. Vorrei essere chiaro: l'Agenzia delle entrate, le agenzie fiscali sono lo strumento fondamentale per far funzionare la macchina dello Stato. Devono essere in autonomia gestionale rispetto al Governo di turno. I Governi passano, i politici passano, ma se ogni volta che cambia un Governo si fa il gioco delle tre carte e a queste agenzie si danno direttive diverse - a questo vai a chiedere di pagare il fisco, a questo non lo chiedere, a questa categoria sì, a questa categoria no - capite che le agenzie non hanno più un'autonomia gestionale, e quindi non hanno più quel minimo di indipendenza funzionale per poter fare in modo che la legge sia uguale per tutti. Noi reclamiamo a gran voce che alle agenzie addette alle entrate, alle agenzie fiscali, sia assicurata un'autonomia gestionale per fare in modo che esse possano, qualsiasi sia il Governo, contrastare tutti gli evasori fiscali, che abbiano il colore rosso, il colore bianco, il colore verde, il colore arancione del politico di riferimento. Ecco perché noi affrontiamo questo problema proprio con riferimento agli strumenti fino ad oggi utilizzati: ci riferiamo all'Agenzia delle entrate, alle agenzie fiscali, all'Agenzia del demanio, ma anche alle strutture tecniche di supporto, quali Equitalia, quali la Sogei, tutte dipendenti dal dipartimento delle finanze. Che cosa contestiamo? Contestiamo che l'assoluta mancanza di autonomia gestionale, soprattutto nella individuazione dei dirigenti massimi, del top management di queste strutture (perché sono società per azioni), individuati di volta in volta dalla classe politica, porta ad una differenziazione nella lotta alla criminalità a seconda che a monte vi sia un Governo a cui interessa difendere l'amico o contrastare il nemico. Tanto è vero quel che affermiamo, che vi sono già state diverse audizioni, anche presso le Commissioni competenti di Camera e Senato, per cercare di definire una maggiore efficienza, una maggiore economicità, una maggiore efficacia delle diverse strutture della lotta alla criminalità fiscale. Perché, piaccia o non piaccia, il problema in Italia, per cui le cose non funzionano, è che vi sono centinaia di miliardi all'anno di somme non riscosse dallo Stato. E non c'è niente da fare: se lo Stato non prende i soldi, come fa ad assicurare i servizi ai cittadini, sia per lo sviluppo, sia per la solidarietà, sia per l'assistenza, sia per il welfare, sia per la funzionalità degli uffici? Uno Stato, quindi, un Governo che si rispetti deve mettere al primo posto la certezza che tutti pagano, possono pagare e devono pagare quanto da loro dovuto, e l'unico modo per pagare di meno è pagare tutti. Ed è questo che noi contestiamo a questo Governo: la riduzione dell'efficienza di queste strutture per permettere al fisco di riscuotere, la menomazione della funzionalità di queste strutture. Mi riferisco, per esempio, anche al comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate: cari colleghi, dovete sapere che c'è un comitato che deve controllare e coordinare, ma per metà è composto da dirigenti interni, e per metà da membri esterni. Indovinate chi li nomina! Indovinate con quali caratteristiche li nomina! Indovinate con quale spartizione e lottizzazione li nomina! Indovinate quale indicazione può dare, e quale credibilità può avere in questo modo un comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate! E poi pensate: il comitato può decidere quello che gli pare, ma poi basta il silenzio-rifiuto del Ministro competente per cui quello che ha deciso non serve a niente: basta cioè che il Ministro non parli! Queste sono le regole del gioco: tu fai, fai e fai, tanto poi non serve a niente se non ti dico di «sì»; ma allora, che lo faccio a fare? Ciò premesso e riservandomi in sede di replica di esplicitare ciò che invece io e noi dell'Italia dei Valori pensiamo in riferimento a questa modalità di lotta all'evasione fiscale, e come e perché invece dovrebbe essere fatta, poniamo formalmente tre questioni al Governo. In primo luogo, quali misure intende adottare il Governo per combattere l'evasione fiscale? In verità, quando ho scritto questo quesito (era ormai qualche giorno fa) non lo sapevamo ancora, oggi invece lo sappiamo: è il condono fiscale del 2009! Ci chiediamo allora, hai visto mai che c'è qualche altra misura? Oltre il condono fiscale per il 2010 (quello del 2009 lo approverete infatti già la settimana prossima con il voto di fiducia), ci dite che cosa prevedete? Prevedete, per caso, una maggiore o una migliore funzionalità delle Agenzie? Questo vogliamo sapere e, in particolare, se con riferimento proprio al ripristino delle somme mancanti nell'anno 2008 ai dipendenti dell'amministrazione finanziaria si intenda individuare un sostitutivo meccanismo normativo che sia in grado di correlare direttamente le maggiori risorse erariali introitate rispetto ad una specifica e qualificata prestazione lavorativa. Insomma, gli incentivi devono essere previsti e dati: se vengono previsti ma non vengono dati si tratta di una «furbata», perché fai finta che ci sono mentre in realtà non ci sono. Infine, intendiamo chiedere al Governo come e se intende rilanciare una maggiore coerenza ed omogeneità dell'intera macchina del fisco, quella che attualmente risulta appunto distribuita in tante strutture male organizzate e sottoposte ad una governance che mal le raccorda tra di loro, in modo soprattutto da valorizzare la specificità professionale di ciascun operatore, perché questo è necessario fare: valorizzare le specificità professionali e mettere queste persone nella condizione di essere felici e non di essere depressi di fare il loro lavoro, e non mettere loro nella condizione di non lavorare. Se voi togliete ai poliziotti la benzina, la prima volta ce la mettono loro, ma la seconda volta la benzina gli servirà per portare la moglie a fare la spesa o il figlio all'ospedale! Lo stesso vale per i funzionari dell'Agenzia delle entrate e per tutti coloro che si occupano di far funzionare la macchina statale. Questo chiediamo e chiedevamo al Governo qualche giorno fa; oggi prendiamo atto che vi è un condono fiscale in arrivo, ma nel frattempo - e personalmente ci auguriamo che quanto prima cambi questo Governo - ci accontentiamo di sapere cosa e se vuole fare qualcosa per il Paese.
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