Un busto di terracotta di Giuseppe Garibaldi scolpito da Ximenes, comprato da un antiquario di via dei Coronari, ricevuto in regalo da un amico per la festa di compleanno. Un biglietto autografo dell'eroe dei due mondi, omaggio di Giovanni Spadolini, che lo aveva prelevato dalla sua collezione. E poi dipinti di soggetto risorgimentale, lettere, perfino soldatini in camicia rossa acquistati al mercatino di Bollate dal vecchio leader socialista, ancora potente, una domenica mattina di un secolo fa, quando, girando tra i robivecchi, veniva omaggiato come il padrone d'Italia.
Dieci anni dopo la sua morte, il "tesoro" di Bettino Craxi va all'asta. La moglie Anna Moncini e figli Bobo e Stefania si sono messi d'accordo e, per pagare i debiti accumulati dal padre con la giustizia, soprattutto per liquidare i creditori che ancora aspettano il risarcimento stabilito dalla sentenza sulla bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano, hanno deciso di vendere al miglior offerente i 172 pezzi di una collezione unica, composta soprattutto di cimeli garibaldini. Il caso vuole che questo accada proprio quest'anno, nel centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia mentre altri scandali scolorano questo, tanto da far apparire questa raccolta una passione innocente.
Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, lo studio del notaio Alfondo Ajello, ha concluso l'inventario dell'eredità di Craxi, accettata dalla famiglia con beneficio, e si appresta a invitare tutti i creditori che intendono avvalersi della procedura a trasmettere entro il prossimo 15 marzo le loro note di credito. Alla metà di aprile partirà ufficialmente la vera e propria liquidazione, quindi un curatore sarà incaricato di mettere all'asta il patrimonio. Si chiuderà così una vicenda cominciata quattordici anni fa, con il sequestro, nel porto di Livorno, di 250 casse, pronte per essere spedite ad Hammamet.
Una telefonata anonima aveva avvisato che sulla motonave Linda, diretta in Tunisia, quel carico di "lana grezza" era invece un carico di "tesori". Gli scatoloni erano troppo pesanti per contenere della lana, e in effetti, imballati con nastri da pacco, c'erano stampe, libri, quadri, cappelli, divise, camice rosse, oggetti d'arte antica, spade e pistole di epoca risorgimentale. Abbandonata la sua casa di via Foppa a Milano, Craxi, all'epoca già condannato a cinque anni e mezzo per corruzione, deciso a non rientrare in Italia, aveva voluto con sé, nella sua ultima residenza, quello che aveva collezionato per tutta la vita. "Adesso - dice Stefania Craxi - li vendiamo per pagare i debiti e tutti vedranno di che cos'era fatto il tesoro di Craxi". "Quei beni - aggiunge Bobo - dopo aver sollevato tanto scandalo erano stati dissequestrati".
Dieci anni dopo la sua morte, il "tesoro" di Bettino Craxi va all'asta. La moglie Anna Moncini e figli Bobo e Stefania si sono messi d'accordo e, per pagare i debiti accumulati dal padre con la giustizia, soprattutto per liquidare i creditori che ancora aspettano il risarcimento stabilito dalla sentenza sulla bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano, hanno deciso di vendere al miglior offerente i 172 pezzi di una collezione unica, composta soprattutto di cimeli garibaldini. Il caso vuole che questo accada proprio quest'anno, nel centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia mentre altri scandali scolorano questo, tanto da far apparire questa raccolta una passione innocente.
Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, lo studio del notaio Alfondo Ajello, ha concluso l'inventario dell'eredità di Craxi, accettata dalla famiglia con beneficio, e si appresta a invitare tutti i creditori che intendono avvalersi della procedura a trasmettere entro il prossimo 15 marzo le loro note di credito. Alla metà di aprile partirà ufficialmente la vera e propria liquidazione, quindi un curatore sarà incaricato di mettere all'asta il patrimonio. Si chiuderà così una vicenda cominciata quattordici anni fa, con il sequestro, nel porto di Livorno, di 250 casse, pronte per essere spedite ad Hammamet.
Una telefonata anonima aveva avvisato che sulla motonave Linda, diretta in Tunisia, quel carico di "lana grezza" era invece un carico di "tesori". Gli scatoloni erano troppo pesanti per contenere della lana, e in effetti, imballati con nastri da pacco, c'erano stampe, libri, quadri, cappelli, divise, camice rosse, oggetti d'arte antica, spade e pistole di epoca risorgimentale. Abbandonata la sua casa di via Foppa a Milano, Craxi, all'epoca già condannato a cinque anni e mezzo per corruzione, deciso a non rientrare in Italia, aveva voluto con sé, nella sua ultima residenza, quello che aveva collezionato per tutta la vita. "Adesso - dice Stefania Craxi - li vendiamo per pagare i debiti e tutti vedranno di che cos'era fatto il tesoro di Craxi". "Quei beni - aggiunge Bobo - dopo aver sollevato tanto scandalo erano stati dissequestrati".
Cinzia Sasso (La Repubblica - 19 gennaio 2011)
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