La sinistra italiana non hai mai voluto spiegare Silvio Berlusconi: le è bastato condannarlo. La destra, nemmeno: era troppo occupata ad applaudirlo e a difenderlo. Le notizie recenti richiedono tuttavia uno sforzo d'onestà intellettuale da parte di tutti. Nel giorno in cui il Financial Times - il più influente quotidiano economico-finanziario d'Europa - parla di «una profonda vergogna per l'Italia» non possiamo far finta di niente.
Le accuse sono gravi, lo scenario che dipingono inquietante. Prostituzione minorile. Provate a pensare a Zapatero, a Sarkozy o a Cameron sospettati di qualcosa del genere. Correrebbero a difendersi. Non con videomessaggi, giuramenti e annunci di nuovi amori. In tribunale, invece. Dove tutti potrebbero capire - finalmente - chi sono gli incoscienti: gli accusatori o l'accusato?
Non si tratta più dell'incoerenza pirotecnica tra la vita e i programmi di un leader: questo riguarda le coscienze (e la Chiesa, sempre che le interessino). Non si tratta ancora di un giudizio politico: se ne parlerà al momento del voto. Si tratta invece di accuse pesanti e precise: un'organizzazione finalizzata alla prostituzione, che utilizza il personale, gli immobili, le televisioni e gli apparati di protezione del capo del governo. È un'ipotesi sconvolgente, che va provata o smentita.
Se fosse falsa, i magistrati ne risponderanno: Silvio Berlusconi potrà affermare di essere un perseguitato, e noi gli crederemo. Se fosse vera, invece, ne risponderanno gli imputati e la loro reputazione. Ma qualcuno deve risponderne. L'incertezza, stavolta, è un prezzo che non possiamo permetterci di pagare. Se lo aspettano gli allibiti osservatori stranieri e quelli - altrettanto severi - dentro le nostre case. Ai ragazzi italiani dobbiamo una risposta: cosa ci sta succedendo?
«La settima economia mondiale ha bisogno di riforme» scrive il Financial Times: «Un giovane su quattro è disoccupato, la crescita economica è debole, gli investimenti stranieri declinano, il debito ha raggiunto i 1.800 miliardi di euro, il cancro della criminalità organizzata andrebbe rimosso e la lista potrebbe continuare», osserva il quotidiano britannico. «Ma invece di soluzioni a questi problemi, gli italiani rischiano di assistere a un'altra puntata di Berlusconi-contro-giudici».
Ecco: questo è lo spettacolo da evitare. Lo abbiamo già visto e non ne possiamo più. C'è, in queste ore, un'aria di stanchezza stupefatta che supera le ideologie e gli steccati di partito. Conosciamo i sospetti di parte della destra sui magistrati e le speranze giudiziarie di una certa sinistra impotente. Ma non si può contestare l'arbitro all'infinito; a quel punto, tanto vale rinunciare alla partita. La nostra partita, però, si chiama democrazia: dobbiamo giocarla e vincerla, soprattutto nel 150° anniversario dell'unità nazionale. L'alternativa è trasformare un compleanno in un funerale, ma non sarebbe una buona idea.
Silvio Berlusconi dovrà avere un coraggio gigantesco, perché le accuse lo sono. Ma stavolta non è possibile nascondersi: né per lui né per noi. Per tanti anni è stato il nostro complice: ci ha perdonati e incoraggiati, assolti e giustificati, illusi e rincuorati. Ma tra complicità e imbarazzo corre un confine. E ce n'è un altro, drammatico, tra imbarazzo e disgusto. Il primo è stato superato. Il secondo, in una democrazia, non andrebbe attraversato mai. Perché è umiliante, perché è pericoloso e perché ha ragione il Financial Times: l'Italia merita di meglio.
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