"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).

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venerdì 28 ottobre 2022

Il discorso di Roberto Scarpinato al Senato del 26/10/2022



“Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale. Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita.”

Buona luce a tutti!

© ESSEC

lunedì 24 ottobre 2022

Deleghe in bianco e interessarsi ad altro



Dicono che nelle carceri i malcapitati che non appartengono alla fronda dei rituali delinquenti incalliti rischiano di non passarsela tanto bene.
Le leggi interne non scritte determinano equilibri poco governabili, nonostante siano tutti costretti a vivere accomunati sotto un unico controllo carcerario.
Le recenti risultanze delle elezioni politiche, in qualche modo, sembrano voler andare a estendere pure all’esterno libero le tendenze pseudo gerarchiche anzidette.
Elezioni di soggetti discutibili e apertamente supportati da ex soggetti espulsi o allontanati - a seguito di sentenze passate in giudicato - da ruoli pubblici e dai partiti, patrocinano senza riserve o pudicizie, esternalizzandole di fatto, equilibri oggettivamente assimilabili alle logiche rappresentate nei contesti carcerari.
L’abitudine e l’indifferenza, nella disaffezione al voto, costituiscono un’assuefazione al triste fenomeno strisciante, che vede sempre più prevalere e comunque i desiderata del più forte che, a prescindere e al di la dai mezzi utilizzati, persuasivi, ricattatori o semplicemente violenti, continua a esercitare in pieno il proprio potere.
Con quest’andazzo, almeno al Sud, si viene sempre più a generare un certo parallelismo fra due forme di mafia parallele.
A quella classica infatti non si contrappone ma si affianca quella borghese politica che trova spesso convenienze e connivenze adiacenti e utili a tutti.
In qualche modo a tutto questo possono collegarsi le affermazioni del togato al CSM Nino Di Matteo, quando viene a dire, ad esempio, che condannati e indagati per mafia muovono ''i fili della politica in Sicilia''. In un recente evento pubblico l’ex P.M. ha detto anche che, in tutto questo, “i partiti non escludono dalle liste dei loro candidati questi soggetti, anzi spesso li cercano”.
Ancor peggio è che il fatto che il sistema politico complessivo, nel suo insieme, ha fatto ben poco per apportare innovazioni e regole necessarie e atte a impedire il ripetersi di fatti criminosi analoghi a quelli che hanno caratterizzato gli anni di fine millennio.
Ma credo che ancora una volta l’amministrazione della politica sembra riguardare i soliti ambienti e che la gente comune, sempre più impegnata a cercar di poter procurarsi i mezzi per sopravvivere, preferisca conferire ancora deleghe in bianco e interessarsi ad altro.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

mercoledì 19 ottobre 2022

Giuseppe Ferla. Architetto palermitano



Per chi ritiene che l’età senile costituisce un peso per la società, come si usa spesso dire, l’architetto Giuseppe Ferla rappresenta la tipica eccezione che conferma la regola.
Bighellonando per i Cantieri Culturali alla Zisa con l’amico Salvo, durante una delle periodiche cacce fotografiche ci siamo casualmente imbattuti in Giuseppe Ferla, un affermato e prolifico architetto palermitano che, solitario, aveva appena aperto il suo stand dove erano esposte al pubblico le sue produzioni professionali in campo edilizio. 
Con enorme gentilezza si offrì a parlare del contenuto dei vari pannelli che mettevano in mostra una serie di progetti e disegni che riguardavano edifici di genere variegato. Erano in bella mostra i documenti inerenti a palazzi condominiali, strutture industriali, ville residenziali e tanto altro.
Nell'illustrazione dell’architetto Ferla c’era una esemplificazione dell’ampio raggio della progettazione di opere urbane ed extraurbane, con diversità dettate talvolta dal tipo di mandato ricevuto o dal fine realizzativo che gli era stato commissionato.
Come è noto l’architettura costituisce una forma d’arte a cielo aperto che si identifica con i periodi storici e questo, a prescindere dal genere, dalla destinazione sociale degli edifici realizzati e quant’altro.
Il Partenone, il Colosseo, Abu Simbel, le piramidi egiziane, quelle dei Maia e degli Inkas rappresentano ad esempio la testimonianze di civiltà passate che hanno saputo edificare manufatti monumentali; eccezionali se rapportati anche all'epoca della loro realizzazione.
In tempi più recenti in Italia il quartiere EUR di Roma, spogliandosi dai tanti preconcetti politici e al periodo storico cui lo stesso rimane legato, rappresenta anch'esso un importante complesso progettuale che, in modo completo ed esaustivo, ha costituito l'esaltazione architettonica di una certa idea di contesto residenziale.
In qualche modo, legati al ventennio fascista e ai successivi anni postbellici, si ricollegano pure i prototipi di quei villaggi modello di cui restano ancora diverse tracce nelle campagne siciliane e nell’Italia rurale. Al riguardo, una interessantissima opera editoriale, autoprodotta nel 2021 da alcuni fotoamatori dell'Associazione Le Gru di Valverde col patrocinio Fiaf, dal titolo "1925-1965 Borghi e Villaggi Rurali in Sicilia - Tutto Scorre" documenta e raccoglie una serie di belle immagini in bianco e nero integrate da scritte descrittive anche dei luoghi.
Come accade, purtroppo le esaltazioni e le decadenze culturali e politiche che si susseguono nel tempo condizionano, con pregiudizi che spesso non hanno nulla a che vedere con le soluzioni architettoniche in voga in particolari periodi temporali. Se poi sono legate a scelte di soluzioni esclusive o popolari poco importa, perché in ogni caso hanno corrisposto a visioni sempre identitarie di luoghi e tempi.
Tornando alla ricca esposizione di opere dell’architetto Ferla è da dire che ammirare i tanti disegni predisposti per realizzare molteplici progetti, a noi prossimi e che ci circondano nel nostro quotidiano, veniva a suscitare un certo effetto.
Poter poi interloquire con colui che aveva ideato nel tempo gli edifici è poi stato come dialogare con la storia. Non ultimo, anche per i tanti aneddoti collegati ai singoli progetti, che talvolta aggiungevano narrazioni e raccontavano di personaggi che enfatizzavano maggiormente le originalità di alcuni manufatti.
Dalla raccolta proposta, un particolare aspetto artistico traspariva poi da alcuni schizzi estemporanei che l’architetto Ferla aveva disegnato nelle pagine di diari, che datavano così il concepimento della stessa idea creativa.
Nel volume "Diario di Viaggio" curato da Mariella Nacci, nella prefazione che Leoluca Orlando intitola "Casa" e "Putia", centrando l'essenza dell'attività cinquantennale di Giuseppe Ferla, scrive tra l'altro che nel suo operato c'è la "missione di conciliare creatività e centralità dell'uomo con le strettezze delle normative e la disponibilità della committenza, evitando però di dar vita ad una edilizia massificata".
Per non tediare oltre, invito il lettore ad approfittare di eventuali analoghe opportunità, nel caso gli venisse concessa l’occasione, per poter rivivere il proprio territorio sotto un aspetto che oltrepassa i connotati strettamente tecnici e scolastici destinati solo agli addetti ai lavori.
Per chi volesse conoscere di più sul personaggio casualmente incontrato si rimanda al citato volume, edito nel 2019 da Amici di Plumelia (costo 25 euro), dedicato alla sua ricca attività professionale.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

lunedì 17 ottobre 2022

Il discorso della Senatrice a vita Liliana Segre - Palazzo Madama 13.10.2022

Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori,

rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.
Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato.
Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali. Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore...una follia senza fine.
Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.
Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!
Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.
Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.
Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza. Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso.
È l’essenza della democrazia.
La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.
In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.
E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.
Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli!
Le grandi Nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.
Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo. Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.
Concludo con due auspici.
Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.
Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza. Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.
Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!

venerdì 14 ottobre 2022

Ai tempi del 2.0 ........ Eroe sarebbe .......



La genialità di Vauro che realizza una emblematica vignetta ripresa da Marco Calamari, che viene a parlare di una sua personale iniziativa pro Assange e esprime delle realistiche considerazioni con un lucido articolo pubblicato su Economia & Finanaza Verde, fanno da cappello a quanto vengo a proporre.
Entrambi i presupposti dovrebbero indurre a riflettere sull’opportunismo cui spesso si ricorre nel fare della storia uno strumento sfacciatamente di parte.
Antifascista, fascista, partigiano, eroe, traditore, giuda, audace, coraggioso, pavido, etc. …… tutti termini e aggettivazioni che sempre tornano nell’attualità quotidiana per colorare spesso, con annacquati idealismi, propri punti di vista che sono solo opinioni.
La recente elezione alla presidenza del Senato della Repubblica italiana, al riguardo, può costituire un classico esempio che potrebbe ben associarsi ad alcuni dei termini predetti, magari anche a più di uno o assommarsi ad altri ancora che potrebbero tornare adatti.
Secondo la triste verità il fatto certo e acclarato è che la storia è scritta sempre dai vincitori, che presumono di fare cultura secondo la partigianeria e l’opportunismo del tempo.
Tornando al fenomeno Assange, colpisce l’indifferenza generale su un fatto di una gravità estrema riguardante la possibile estradizione negli USA di un giornalista.
Al di là delle proprie convinzioni che possono essere legate a pragmatismi giuridici più o meno intransigenti e “talibanesimi” vari, occorre mettere in luce come le regole comuni assunte alla coesistenza sociale - morali, giuridiche, costituzionali, religiose e chi più ne ha più ne metta – sono in ogni caso e in modo inconfutabile frutto di compromessi, assunti come utili per la convivenza.
Se viene posto fuorilegge a priori, senza entrare nel merito o sviluppare in modo trasparente il metodo di giudizio e in riferimento a quali leggi, chi svolge una attività giornalistica d’inchiesta che ha delle precise peculiarità in una società evoluta, forse si stanno trascurando le innumerevoli nefandezze che un sistema mediatico opaco - strumentalizzato sia economicamente che politicamente dal potere, quale esso sia - pone di fatto in essere in qualunque angolo civilmente organizzato del pianeta Terra.
Al riguardo, una recente interessantissima installazione (“False Flag” di Voluspa Jarpa) visitabile presso lo ZAC dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, curato da Beatrice Merz, sublima di certo l’argomento.
Nella locandina della mostra si legge che nell’opera d’arte moderna Voluspa Jarpa “ha cercato di capire il modo in cui i governi e le agenzie estere hanno operato al di fuori della legge, ripetutamente, in America Latina durante la Guerra Fredda e un’analisi di una serie di documenti che rivelano l’esistenza di Eserciti Segreti (Stay Behind) implementati dalla CIA e dalla NATO per prevenire l’avanzata della sinistra nell’Europa del dopoguerra, rivelati col nome di Operazione Gladio, all’inizio degli anni ’90 in Italia. I documenti desegretati dalla CIA in quattordici paesi dell’America Latina coprono un periodo dal 1948 al 1993”.
La locandina che accompagna la mostra a Palermo, che accomuna opere di quattro artisti (oltre a Voluspa Jarpa anche Guido Casaretto, Ra Di Martino e Petra Feriancova), riporta, tra l’altro, come: “Molti dei documenti presentano cancellazioni e censure e, proprio per questi segni grafici, non possono più essere considerati solamente testi da leggere ma acquisiscono lo status di immagini da osservare. L’installazione gioca in quello spazio diffuso tra testo e immagine, storia, bugie, censura e disinformazione”.
Quanto è esposto include anche ulteriori testimonianze archivistiche riferite ad altri contesti geopolitici, Italia compresa, inglobabili per analogia e similitudine all’importanza dei media e del giornalismo per calmierare le tante forme di censura diffuse nel sociale, a qualunque livello e in tutte le sfere che presuppongono gerarchie e potere.
Una galleria fotografica e di testate giornalistiche italiane consentono di ripercorrere vicende a noi più vicine e oggetto di denuncia ponendole all’attenzione dell’osservatore.
Per una maggiore completezza dell’intera questione, si rinvia a leggere sia l’accennato articolo di Calamari e, per quanto possibile, visitare l’esposizione intitolata ISOLITUDINE che verrà tenuta fino al 26 febbraio 2023 presso lo Zisa Zona Arti Contemporanee (ZAC) di Palermo, organizzata dalla Fondazione MERZ e che verrà certamente proposta in altri siti museali nazionali.
Altri strumenti a scelta del lettore torneranno pure utili per apprendere, approfondire e consentire di aver maggior contezza delle variegate problematiche sociali che investono, spesso anche in maniera violenta, l'eterno contraddittorio che inevitabilmente è sempre suscitato dalla reale gestione del potere.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

giovedì 6 ottobre 2022

Civitavecchia Palermo ovvero Partenza e Arrivo (Slide show)

Per la visione dello slide show https://youtu.be/RU-bT1Zljm0

In qualche modo, direi che il testo che segue può corrispondere alle immagini dello slide show proposto e viceversa.
Ovvero, nel caso, le parole possono perfettamente coincidere e sostituirsi con i singoli fotogrammi, nel tentare di descrivere le sensazioni che, seppur personali e diverse per ciascuno, ogni volta accompagnano partenze e arrivi.

"Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari. Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo. Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto. Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi. I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie. Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato. Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo. Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso. Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso. In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire." (tratto da https://angolinodelfotoamatore.blogspot.com/2022/10/lalba-di-andromeda-e-concetti-di-limite.html#more)

Fotografie e montaggio: Toti Clemente (https://photoarteraccontarelarteconlafotografia.wordpress.com/)

Musiche: Piero Alicò e Duilio Saito

Buona luce a tutti!

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lunedì 3 ottobre 2022

Street Art in Molise: Civitacampomarano 2022


Per accedere allo Slide Show: https://youtu.be/uIZrdCDu4bM

Ci sono borghi italiani che lottano con tutte le loro forze per non scomparire. Riuscendoci. È proprio il caso di Civitacampomarano, che grazie ai suoi murales negli ultimi anni è diventato un vero e proprio caso in tema di slow tourism.

Buona luce a tutti!

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giovedì 29 settembre 2022

L’alba di Andromeda e concetti di limite e confine



Inizio con queste considerazioni annotate in un post da Elena Tempestini che induce a molte riflessioni, anche tenuto conto dello sbandamento culturale e esistenziale che sta attraversando questa nostra società egoista, confusa e sempre belligerante.
Scrive Elena: “Non è l'alba, ma l'alba di una galassia. Una mattina piena di 1 miliardo di soli, l'alba di Andromeda. Una figura a spirale enorme con nuvole di gas che collassano dove si condensano sistemi planetari, supergiganti luminosi, soli stabili di mezza età, giganti rosse, nane bianche, nebulose planetarie, supernova, stelle di neutroni, pu Isar, buchi neri, e ci sono motivi per pensare che ci siano altri oggetti esotici che non abbiamo ancora scoperto. Da questo mondo, ben al di sopra di Andromeda, sarà chiaro, che siamo fatti di atomi e di stelle. Che il grande e antico cosmo di cui facciamo parte ha forgiato la nostra materia e la nostra forma. Andromeda è l'oggetto più lontano che possiamo vedere ad occhio nudo. La prossima volta che la vedrai 2,5 milioni di anni indietro.” Il post è accompagnato dalla foto di Andromeda sul deserto del Sahara di Jordi Coy (Credit. Cosmos astronomy).



Nel pubblicare ieri su FB la foto che ho scelto di mettere in testa a questo articolo inserivo anche la seguente didascalia: "Sarà pure banale ..... una di quelle foto cartolina che abbiamo fatto e viste tante .... ma il tramonto del sole attrae a qualunque età e, a prescindere da tutto, mantiene sempre un suo fascino, anche come segnale del tempo." che per molti aspetti si collega ai tanti contenuti già posti in premessa di questo scritto. Albe e tramonti .... fisicamente simili ma significativi per simboleggiare stati d'animo e impressioni spesso differenti.

Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari.
Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo.
Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto.
Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi.
I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie.
Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato.
Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo.
Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso.
Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso.
In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire.

Confini è il tema individuato di recente dalla Fiaf per sviluppare progetti fotografici che si ricolleghino all'argomento.
Al riguardo, le tante elaborazioni prodotte, hanno aperto ad idee e visioni variegate che, pur seguendo l’unica traccia, percorrono delle logiche diverse.
Rimane in ogni caso inconfutabile il fatto che se delle scuole di pensiero indirizzano a teorie impregnate di teoriche verità, ogni opinione resta sempre autonoma e opinabile, poiché è solo il tempo che sedimenta verità plausibili.
Ne deriva, quindi, che i confini nelle idee degli uomini sono una esaltazione del possibile o dell’impossibile a secondo dei casi o delle tesi di base che sono poste in campo.
Ciascun essere fin dalla nascita ha un proprio mondo programmato scritto nel DNA, che lo accompagna e che intanto si trasforma aggregando nuovi input; poi interviene la cultura inculcata e, in qualche modo, assorbita (familiare, scolastica, sociale poco importa a voler distinguere).
L’individuo elabora in modo diverso e ciascuno, assecondando l’indole, l’ambiente socio culturale che ha d’intorno, la contemporanea compresenza di genialità possibili, vivendo in assetti socio politici democratici o dittatoriali a secondo della fortuna assegnata dal caso, viene a vivere la propria realtà.

Ritornando alle considerazioni citate nella premessa di Elena Tempestini, quindi, i confini fisici appaiono più netti e percepibili solo in un mondo naturale non normalizzato, dove le individualità restano estranee a canalizzazioni e indottrinamenti, anche se limitate a delle semplici spontanee empatie. Confine, come concetto va in ogni caso e comunque ben oltre agli aspetti più semplici, simili all’equilibrio Taoista rappresentato nel dualismo yin (nero) e yang (bianco), fondamento dell'antica filosofia cinese e che spesso si riflette in aspetti della natura.

Da questi argomenti deriverebbe che confine è tutto ciò che, gradualmente, parte da quella che è la più piccola delle particelle, fino ad arrivare alla complessità inimmaginabile dell’incommensurabile universo.
In altre parole, per concludere, una miscellanea amalgamata di tante singole componenti materiali accorpa simultaneamente e tiene in equilibrio molteplici elementi contornati da confini.
Confine potrebbe definirsi già tutto quello che fisicamente rimane distinto da noi, a cominciare dalla stessa aria che ci circonda; confine è il punto che delimita l’insieme degli esseri viventi che ci accompagnano, animali o vegetali, secondo quanto appartiene ed è visibile al nostro mondo percettibile. Capitolo a parte e ampia dissertazione meriterebbe poi tutto quel mondo complesso collegato alla psiche umana ..... ma qui si corre il rischio di perdersi .....

Le considerazioni rilanciate dalla Tempestini, prendendo spunto dalle albe su Andromeda, inducono già a riflettere sull’essenza dell’essere, i confini e sul possibile significato della relatività assoluta del tempo.

Buona luce a tutti!

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giovedì 15 settembre 2022

Ingerenze nelle campagne elettorali ..... e tante ovvie stupidità diffuse



Dovrà pure arrivare il 25 settembre per trovare pace e, in un modo o nell’altro, infine, addivenire con l'esito della contesa a dei risultati certi.
In un paese da sempre affezionato a dietrologie e a molti retroscena, capita poi a fagiolo che, specie in periodo elettorale, delle fonti - oggi di origine statunitense - ci relazionino su presunti finanziamenti russi tendenti a influenzare l’andamento del voto popolare.
Per un peccato che sa molto di quel vizio acclarato e perpetuato della costante ricerca di un colpevole da blandire verrebbe da invocare quella famosa frase attribuita al Cristo che, davanti alla imminente lapidazione dell’adultera, ebbe a pronunciare: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Il presunto scandalo, addentato subito dai media affamati, come per quei cani che si scannano per quell’unico osso lanciato nel cortile, appare assai ridicolo se rapportato in un contesto dove, ancor prima di influenze di potenze mondiali, il campo politico è ancor più condizionato all’interno di ogni singolo paese; da lobby domestiche e interessi di varia natura che tengono sotto paga e ricatti una moltitudine di presunti leader, partiti e partitini senza anima o ideali, che ambiscono al potere e di partecipare alla spartizione della cosa pubblica in favore proprio e della occasionale fazione.
Quindi, alla fine della fiera, in mancanza di argomenti che abbiano contenuti e validi programmi, ogni pretesto appare buono per adombrare il nulla e confondere le acque, con apparenti scandali e polveroni, per fare solo ammuina.
Tutti alzano la voce invocando presunte intromissioni improprie e tutti si incolpano a vicenza come se fossero puri e privi di peccato e - senza alcuna etica, compresi anche quei tanti cattolici bigotti - si organizzano per accaparrarsi pietre da scagliare al presunto nemico, individuato sempre nell'altro che oggi viene a contrapporsi.
Per il popolo italiota e i vari tifosi di parte è sempre sufficiente stabilire che colpa non è giammai propria ma indiscutibilmente d'altri.

Buona luce a tutti!

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venerdì 9 settembre 2022

Novità: Voto agli under 25 per il Senato



Il Sole 24 ore riporta, nell’articolo di Cristiano Dell’Oste e Valentina Melis del 22 agosto scorso, che “l’abbassamento del limite a 18 anni aprirà i seggi a circa 3,8 milioni di ragazzi. L’incidenza dei nuovi aventi diritto è maggiore nel Meridione, contro una media nazionale dell’8,2%.”
Inoltre: “Il voto degli under 25 per il Senato peserà più al Sud che nelle Regioni del Centro-Nord. Alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre, insieme al taglio dei parlamentari, ci sarà un’altra novità assoluta: l’abbassamento da 25 a 18 anni dell’età necessaria per poter eleggere i senatori. In pratica, il corpo elettorale sarà identico a quello della Camera. L’incidenza dei giovani elettori al Senato, però, non sarà identica in tutta Italia.”
Al riguardo si rimanda all’articolata tabella che riporta in dettaglio il numero e la dislocazione dei nuovi elettori sul territorio nazionale:



Giocoforza le novità porteranno certamente dei grandi mutamenti nell’elezione dei 200 nuovi senatori. Con molta probabilità il fenomeno non sarà stato adeguatamente soppesato dai vari istituti incaricati a svolgere i sondaggi principalmente per i partiti. Anche perché i giovani non sono, in genere, molto propensi a rispondere alle metodologie d’indagine standardizzate dai sondaggisti.
La novità introduce però potenzialità di ampia portata, almeno per l’orientamento probabile dei giovani che si recheranno a votare.
Non è da escludere, pertanto, che piccoli partiti e movimenti che hanno sempre trovato difficoltà, anche a superare le soglie di sbarramento, possano quindi beneficiare di vantaggi al momento inimmaginabili.
In argomento interessante, per una visione complessiva e un'analisi delle caratteristiche demografiche del bacino elettorale, potrà anche risultare la composizione della popolazione italiana per età, sesso e stato civile rilevata nel 2019.
L’atipicità della campagna elettorale condotta da coalizioni e partiti, la riduzione di posti disponibili e l’abbassamento dell’età media dei votanti per il Senato della Repubblica, consegneranno degli eletti che saranno degli outsider nonostante l’adozione del pessimo Rosatellum.
Utilizzando un po’ il nome di uno degli autori dell’articolo, saranno in tanti quelli che scopriranno a breve di aver fatto i conti senza l’oste.

Buona luce a tutti!

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mercoledì 31 agosto 2022

Reminiscenze che ritornano ..... ripensando ai "migliori"



Facendo un percorso all’indietro per ricercare analogie con l’attualità di oggi, ciascuno di noi avrà modo di scoprire tanti fatti accaduti che, in qualche modo, magari somigliano.
Per quanto mi riguarda, anche nella struttura ove ho lungamente lavorato, fortemente imperniata sull’ordine gerarchico, c’erano dei Migliori.
La frammentazione burocratica in una moltitudine di ruoli operativi (dai dirigenti alle maestranze ordinarie che costituivano la massa) tendeva ad agevolare la gestione attraverso l’ordine gerarchico.
Si trattava di un sistema ampiamente collaudato che, specie in presenza di dipendenti mansueti, consentiva anche a funzionari poco esperti di amministrare facilmente le risorse professionali assegnate.
L’avvento di sindacati, sempre più orientati verso obiettivi economici, associato a dirigenze interessate ad avere sempre maggiori autonomie nella gestione del personale, in poco tempo comportarono introduzioni di nuove posizioni d’impiego che, più che differenziarsi in effettive nuove mansioni, andavano a favorire maggiori discrezionalità nell’utilizzo delle risorse.
In breve, migrazioni di ruoli ausiliari di base verso compagini impiegatizie, ebbe a consentire opportunità anche a soggetti meritevoli e capaci, ma più in generale anche di annacquare il livello medio professionale dei comparti operativi. Così come il fatto che corsie preferenziali - già in fase di assunzione - concedevano vantaggi basati su lauree o altre specializzazioni suffragate da meriti teorici da collaudare.
Per quanto poi verificato sul campo, tranne delle rarissime eccezioni, i tipici periodi di esperimento, legati a nuove assunzioni dall’esterno, stante la trasparenza dei processi di selezione e l’indubbio livello dei candidati, non costituivano mai delle valide attestazioni per certificare l’idoneità agli specifici ruoli assegnati.
Nella realtà operativa presa ad oggetto, una miriade di gradi e ruoli venne in breve a confondere i comparti, lasciando ogni libertà gestionale attraverso regolamenti interni generici, che seppur dettagliati, mantenevano vive tante forme di sudditanze e ricatto. Dall’assegnazione a un ufficio all’attribuzione delle valutazioni annuali d’accompagno; con opportunità remunerative anch’esse spesso discrezionali (invio in missione, svolgimento di attività ispettive in accompagno e tanto altro).
Va da sé che l’allocazione sul campo di sostanziali pari grado, venivano a stabilire ulteriori scale di riconoscimenti legittimate dagli stessi regolamenti interni riguardanti la gestione del personale.
La frammentarietà dei gradi e la promiscuità operativa, attraverso possibilità di avanzamenti di carriera (spesso solo teorici, ancorché pilotati a monte da tanti fattori occulti) aderivano agli scopi aziendali orientati ad alimentare competitività interne e aspettative specifiche; con il classico “dividi et impera” da tempo alla base dell’intera organizzazione. Salvo delle dovute classiche eccezioni.
Una regola certa è stata e sempre stata quella che in ogni realtà lavorativa occorre preparazione e competenza, ma è anche acclarato che quasi mai però la meritocrazia è l'elemento posto al vertice o anche ai primi posti fra i valori di riferimento nelle selezioni di avanzamento.
Tutta questa premessa vuole significare che spesso sono tante le concause che determinano certi assetti.
Del resto, nel mondo del lavoro, mentre un’organizzazione privata mira sempre a dei risultati e profitti certi, l’apparato pubblico si muove su altre logiche, spesso scollegate da reali controlli di efficienza e merito.
Nel primo caso l’agilità gestionale costituisce elemento essenziale per la sopravvivenza delle realtà produttive sul mercato di riferimento, nel secondo burocrazie e occupazioni di spazi di potere e condizionamenti sono quelli che governano le realtà lavorative.
Per dare un esempio di come talvolta taluni settorialismi eccessivi possano risultare inefficienti e pure pericolosi, si viene a riportare un evento realmente accaduto e del quale sono stato anche testimone.
Ad un certo momento accadde che il responsabile della Sede doveva essere trasferito a una nuova residenza più importante che, in pratica, veniva a costituire una prestigiosa promozione sul campo.
Poiché l’orientamento fino ad allora tenuto nella gestione dei vari uffici, al di là dei titoli necessari alla copertura dei ruoli, si era essenzialmente orientato sulle empatie, le novità vennero a determinare tante preoccupazioni, specie fra alcuni di quelli che avevano sempre beneficiato di maggiori privilegi e di attenzioni.
Come si usa dire per i topi che lasciano la classica nave che accenna imbarcare acqua, avvenne che ciascuno si premurò di spendere subito i tanti coupon accumulati che, con il cambiamento ormai prossimo e il preannunciato nome del nuovo dirigente, difficilmente avrebbero mantenuto lo stesso valore.
Si conosceva, come detto, il nome del nuovo e i più addentro alle cose avevano già ben chiaro cosa sarebbe potuto anche accadere.
In relazione ai diversi trasferimenti strettamente collegati all’avvenimento, un ufficio in particolare divenne oggetto di una vera decapitazione. Andarono, infatti, via il responsabile della divisione e il suo stretto sostituto, lasciando sostanzialmente acefalo un intero reparto per la particolarità attuata da tempo nella sua gestione.
Chi ha lavorato in certe realtà conosce bene la professionalità necessaria per lo svolgimento dei vari compiti demandati agli uffici. Non è tanto importante l’assegnazione ordinaria degli addetti ai settori, ma è indispensabile il trasferimento più ampio delle conoscenze fra gli impiegati (anche di diverso ruolo e grado) al fine di poter sempre assicurare una costante copertura omogenea e lo svolgimento professionale di ogni possibile compito o funzione.
La realtà di cui si viene a narrare era invece precostituita in settori, che andavano quasi a formare compartimenti stagni, dove i compiti reputati più d’eccellenza restavano esclusivi solo per pochi addetti.
La natura umana è quella che è e, come dice il famoso detto, signori si nasce.
Con la nuova realtà, figlia del nuovo avvento, si vennero a determinare esigenze che – associate a stupide complicità e leggerezze di elementi compiacenti – determinarono il classico esempio dell'ecco a voi "i dilettanti allo sbaraglio”.
La reggenza della Divisione temporaneamente assegnata a un soggetto che era sempre stato volutamente mantenuto escluso da certi compiti, combinata a assenze improvvise che andavano a sospendere la copertura di quelle che erano talune delicate procedure di “eccellenza”, comportarono un’esposizione al ridicolo dell’Istituzione per definizione infallibile.
Questo aneddoto nasce da certe coincidenze di personaggi che, riproponendosi ancora, talvolta tendono a ripetere, anche intersecandosi, strade di coloro che si credono convintamente “Migliori”.
Allo scopo di rendere l’idea, non occorre fare citazioni specifiche o dare altri particolari e men che meno indicare nomi degli interpreti in quei ruoli. Chi conosce l’ambiente o anche chi ha avuto modo di vivere (o vive ancora) in ambienti similari, potrà adattare il racconto alle propri esperienze che, certamente, gli daranno modo di rivivere e rivedere nelle personali avventure le relative figure.
Del resto siamo tutti appartenenti alla razza umana, con pregi e difetti, a prescindere da dove ci si collochi o altri ci allochino.

Buona luce a tutti!

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mercoledì 24 agosto 2022

La politica italiana dei "tengo famiglia"



C’è un modo di dire in uso a Palermo che ha uno specifico significato, lasciando intendere una specie di monopolio assoluto nel gioco del contendere: “a mia ava a iessiri”, per voler chiaramente far intendere: “a me devono necessariamente venire” se vogliono raggiungere il loro scopo.
È un pò l’impressione che si trae dall’ascoltare l'intervento pomposo fatto oggi a Rimini dal "Migliore dei Migliori".
Senza particolari sforzi interpretativi, infatti, si potrà facilmente intravedere nelle parole del “nostro” una sostanziale autocandidatura per il "post elezioni", con una chiara sottintesa allusione all’accennato detto siciliano.
Una performance nella relazione autocelebrativa (alla "Petrolini") del Bene, bravo, bis, con applausi continui su un discorso abbastanza banale, destrorso e nazionalista (che amano sentirsi dire gli italiani tutti) che lascia prefigurare trame - avviate e caldeggiate dai tanti potentati in campo - per mantenere in sella il “provvidenziale unico salvatore della nostra Italia”. In pratica, se si può anche constatare che già siamo messi abbastanza male, neanche il futuro prossimo sembrerebbe promettere cose migliori.
Del resto, nel seguire in questi giorni i vari dibattiti dei supposti leader impegnati nella campagna elettorale ci si imbatte con frequenza in cose paradossali.
Talvolta è come assistere a confronti spesso surreali tra adolescenti di scuola, un po’ mentecatti, specie per le molteplici diatribe di basso profilo innescate, che sviluppano temi costantemente lontani dal vissuto ordinario del mondo dei votanti.
Una situazione che, essendo costretti a scegliere, ripropone l’ormai solita questione su chi fra i candidati potrebbe risultare il male minore e, nella per maggioranza dei casi, il meno peggio.
Astuzie e stupidità inconsce confondono tesi e antitesi che vengono fleshate a raffica. Con tematiche e obiettivi che spuntano e spariscono in un baleno, nelle performance di candidati sostanzialmente gestiti da spin doctor poco originali e un pò copioni.
Tutti i propositi contenuti nei programmi appaiono e scompaiono come succede per giochi di prestigio nei baracconi e nei circhi.
Al pari di un mercatino, capannelli improvvisati e desktop colorati raccolgono altresì le tendenze dei sondaggi e profetizzano percentuali nel gioco del: Carta vince, carta perde, dove sta il re?
Mentre la scadenza si avvicina, affiorano le solite carenze e malattie ataviche che caratterizzano una politica non più vissuta - e da tempo - come gestione della polis ma come esercizio diretto e indiretto del potere.
Con una missione, quindi, coltivata non come aspetto virtuoso nella amministrazione della cosa pubblica, ma come accaparramento di spazi - per sé e gli altri che affollano i carri - al solo scopo di mantenere privilegi personali, di gruppo e andare a gestire dei vantaggi esclusivi più in generale.
Intanto personaggi supponenti e caricaturali inscenano pseudo dibattiti e dirigono tribune elettorali che puntano più sulla fidelizzazione dei cittadini che, per tifo fazioso di appartenenza o puro interesse, tendono ad appoggiare programmi politici – in teoria perseguibili - prospettati come semplici e attuabili, seppur con formule di governo abbastanza indefinite e men che meno chiaramente pubblicizzate.
Le liste dei partiti presentano, come sempre, anche tanti nomi meritevoli, utili alla raccolta, e molti portatori d’acqua, proposti negli elenchi dei potenziali papabili.
Ma in verità il sistema feudale che domina il carrozzone politico italiano, rimane ancora costituito da Re, Principi, Vassalli, Valvassori, Valvassini e sempre servi della gleba. Ci sarà sempre tempo e modo per poi ricompensare chi si sarà ben speso, magari in altre circostanze e ad altri livelli.
Ma il sistema elettorale italiano, il Rosatellum, non è per nulla trasparente e, in un guazzabuglio mantenuto manovrabile che nasconde i trucchi dei veri grandi maestri – portatori di voti o segretari più scaltri – i pochi che contano si metteranno poi in opera per convogliare e imbrogliare i risultati derivanti dal voto secondo i desiderata già prefissati e concordati a monte.
Sotto il manto di una pseudo democrazia manovrata da partiti opachi, i tanti cittadini avranno modo comunque e in ogni modo di essere tutti coerenti, perché avranno la possibilità di proiettare col loro voto l’immagine di se stessi. Riusciranno così a ricostituire - come ogni volta - tante fotografie panoramiche corrispondenti ai gruppi, conformi a quello che è realmente il loro ceto.
In funzione di ciò, ultimato lo spoglio, tutti potranno così felicemente affermare di aver vinto. L’onorevole che ha mantenuto il posto nello scranno, il nuovo arrivato che si è battuto tanto, gli apparati di partito interessati ai posti di sottogoverno e ogni forma aggregativa che si mantiene sempre celata dietro le quinte.
In un suo articolo Claudio Rossi sosteneva nel 2018 che circa 1,3 milioni di italiani vivono di politica e considerevole, viene da aggiungere, è la moltitudine di soggetti che costituiscono l’indotto “industriale" della filiera alla stessa strettamente connessa.
E vuoi anche metterci oggi i tanti piani attuativi dei 200 e passa miliardi del PNRR e tutto quanto ne consegue?

Buona campagna elettorale, buon voto e buona luce a tutti!

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venerdì 19 agosto 2022

Liquidità e credito come opportunità per pochi



In appendice all’articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano della giornata di Ferragosto si legge: “come scrisse Giorgio Meletti sul Fatto del 10 dicembre 2017, “se i banchieri vengono assolti dall’ostacolo alla vigilanza, o Banca d’Italia è stata complice (“Toccami Cecco che mamma non vede”), salvo poi denunciarli a cose fatte per salvarsi (“Mamma, Cecco mi tocca”), o Banca d’Italia non serve a niente”. Qualcuno dovrebbe ricordarlo a Banca d’Italia, anche per conto delle centinaia di migliaia di risparmiatori coinvolti (anche per essersi fidati dei controlli di Vigilanza) nei troppi crack delle banche italiane.” Al riguardo, la lettura del recente articolo di Daniele Corsini, incentrato sulla territorialità del sistema bancario, suscita degli interrogativi in merito al fatto che una delle problematiche legate anche alla distribuzione della ricchezza, deriva dalla politica che risulta nefasta se mantenuta disgiunta dall’azione di una efficace gestione amministrativa e da controlli di garanzia.
Una eccessiva liquidità finanziaria, al di là degli intenti economici, in assenza di adeguate azioni di vigilanza e in presenza di un persistente sistema giudiziario ordinario, lento e sostanzialmente inadeguato, ha consentito sempre più ai soliti noti ogni possibilità di arricchimento incontrollato. Marginalizzando al contempo chi, magari, poteva presentare tutte le prerogative per un merito creditizio finanziabile.
Per quanto risaputo l’accesso al credito è oggi quasi inibito a chi non dispone di conoscenze o autorevoli agganci più che affidabilità creditizia, mentre è via più facilmente accessibile a coloro che non abbisognerebbero talvolta di supporti finanziari. In pratica si è come davanti a un azzeramento del così detto ascensore sociale una volta praticato, nell'ambito creditizio, come espressione di una sana e prudente gestione.
Detta ultima incongruenza, tranne rare eccezioni, ha indotto a trasfigurare concettualmente la stessa natura del principio d’impresa; almeno per come un tempo veniva studiato sui testi di economia politica, traslando e incentivando di fatto il rischio d’intrapresa a esclusivo carico del sistema bancario e della relativa raccolta di risparmio privato che supporta gli impieghi.
Come se non bastasse, l’assoluta assenza di efficaci validi controlli su professionalità e onorabilità degli amministratori componenti i collegi delle istituzioni eroganti, ha sempre più facilitato azioni di lobby e circoli magici (esclusivi e poco indipendenti) propensi a finanziamenti rischiosi – talvolta pure sprovvisti di garanzie - ad aziende di proprietà, direttamente gestite (come amministratori o sindaci) ovvero collegate o ad amici o amici degli amici.
Ma di questo poco si parla e men che meno si enfatizza, stante il coinvolgimento politico, manifestatosi con il periodico annacquamento e depotenziamento nel tempo di vincoli e controlli pubblici, sia per la classificazione delle irregolarità, che per l’irrogazione di sanzioni per eventuali violazioni, formali o sostanziali, e l’attribuzione di potenziali significative ammende economiche.
In risposta a un articolo di qualche tempo fa, riguardo alla sostanziale immunità da sempre assicurata a chi è chiamato alle azioni di vigilanza bancaria un dirigente con il quale ho avuto l'onore e l'opportunità di collaborare mi pose una domanda che non mostrava equivochi: “nella nostra pluriennale esperienza hai mai visto condanne ad esponenti bancari?” Verità inconfutabile e storicamente provata! Così nessuno potrà mai accusare di comportamenti "Fuori legge" se la politica farà da sponda e avrà cura di depenalizzare o propendere per prescrizioni e inserirà adeguamenti delle regole rendendole più permissive, con sempre meno vincoli.
In questo orizzonte un pò liberticida, al di là da come ci si possa schierare sulla materia, la vicenda “Diamanti”, viene in parte riesumata dall’articolo pubblicato a ferragosto dal Fatto Quotidiano – intitolato “Guerre di Potere” – che riallacciandosi a quei fatti costituisce un buon esempio su come vanno talvolta le cose in tema di controlli e azione di vigilanza.
In merito all’ormai famoso "Affair Bertini", assurto alle cronache televisive e che ha recentemente comportato il licenziamento del funzionario di Banca d’Italia, un articolo del 24 luglio scorso a firma di Tobia De Stefano, pubblicato su Verità&Affari, si dice che il giornale ha avuto la possibilità di leggere su una serie di email inviate dallo stesso ispettore dell’istituto di via Nazionale ad alcuni colleghi nell’ottobre 2021, dove - udite, udite - si sarebbe mostrata una certa disponibilità a mettere una pietra sopra a quella vicenda in cambio delle scuse del Governatore e una promozione a dirigente. Che scandalo! Che scoop, che verità!
Strano paese il nostro, se da un lato secreta deposizioni di interesse pubblico oggetto di inchiesta parlamentare, rendendole di fatto inaccessibili anche alla stampa, e dall’altro una qualsiati testata giornalistica può esplicitare, senza far cenno a nomi o fornire dettagli sufficienti a farne prova, comportamenti apparentemente poco lusinghieri; che, a onor del vero, potrebbero anche solamente intendersi come quel “dire a nuora perché suocera intenda”; ovverosia rivolgersi a qualcuno con l'intenzione che altri senta e capisca che quelle parole sono rivolte a lui. Con allusione al tradizionale e proverbiale contrasto tipico e ricorrente fra le due soggetti che, con schermaglie, intanto contendono.
In tutto questo sembra poi paradossalmente irrilevante e sembrerebbe quasi indurre a sorvolare su diverse ben più gravi dichiarazioni e comportamenti di funzionari e dirigenti dell'Istituto. Documentati e tutti registrati, prodotti in diretta durante la trasmissione su RAI 3 di Report; pure sull'affermazione dell'ancora Vice Direttrice in carica che, per quanto è dato a conoscere, non risulta essere mai stata scalfita da particolari richiami o da azioni disciplinari interne per quanto affermato, seppur in forma riservata.
Nell’articolo del Fatto Quotidiano del 15 agosto scorso si dice come la testimonianza di Carlo Bertini offre uno squarcio interno all’attività ispettiva e la gestione dei relativi rapporti: “C’è stato un crescendo, a un certo punto le pressioni subite erano, a mio avviso, fortissime, dopo qualche mese ho dovuto lasciare immediatamente team Mps divisione e poi alla fine mi sono arreso perché ero distrutto”. Aiuta l’ascolto della registrazione, messa in onda da Report, di Alessandra Perrazzelli, membro del Direttivo e vice Direttrice generale di Banca d’Italia, la quale dice a Bertini: “Però vede lei ha capito dei gangli no di questa vicenda, gestire questo tipo di cose richiede una grande libertà. Non mi sembra che sia la modalità ma non solo qui dentro, sa? Tutte le grandi strutture, tutte le grandi organizzazioni si muovono in maniera militare. Allora io le racconto delle cose di me che forse non dovrei condividere ma io nella mia vita professionale mi sono trovata di fronte a delle cose spaventose nei confronti delle quali mi veniva detto che io dovevo essere come una statua di marmo, quindi farmele scivolare addosso no? Come l’acqua... E questa cosa qui mi ha aperto gli occhi sostanzialmente su come, in Italia e mondo, si fa carriera”.
Come è noto l’intera questione è stata oggetto di approfondimento in seno a una Commissione Parlamentare d'inchiesta, seguibile in streaming e in seconda parte secretata, quindi occultata al pubblico in collegamento, per questioni di presunta privacy.
Interessanti potrebbero intendersi qui delle considerazioni avanzate dagli autori dell’articolo del Fatto, quando si vengono a esprimere sostenendo che “Occorre ora una riflessione sulla governance della funzione di Vigilanza. Un primo passo sarebbe quello di istituire la regola della pubblicazione delle risultanze delle relazioni ispettive dopo un adeguato lasso di tempo (ad esempio 12 mesi) perché l’informazione non incida negativamente nell’opera di risanamento. Avere consapevolezza della obbligatorietà della pubblicazione, indurrebbe tutti i soggetti, controllati e controllori, a un’opera di concreto risanamento, senza ritardi e omissioni. Auspichiamo che la pubblica attenzione alla questione possa indurre un pro- cesso riformatore certamente utile alla reputazione della istituzione Banca d’Italia, per molti versi nel tempo avvilita.”
L'ipotesi introdotta potrebbe costituire una importante innovazione di trasparenza.
Ma i problemi dell’Italia ritenuti oggi più urgenti sono ben altri e si ama dimenticare quel vecchio motto siciliano che stigmatizza come in genere “U pisci feti ra testa“? Che letteralmente significa: “Il pesce puzza dalla testa”. Quando si vuol fare intendere che le origini dei comportamenti errati vanno ricercate nelle loro radici. Nel caso, fra teste pensanti e non pensanti, nel gran guazzabuglio dell'acquario senza ricambi e per la grande abbondanza, rimane solo l’imbarazzo della scelta.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

mercoledì 17 agosto 2022

Elisabeth (Lee) Miller Penrose



Quando si dice di essere prevenuti e ci si crede immuni da pregiudizi in verità si manifesta una supposizione di superiorità che non si rivela solo teorica.
Casualmente, leggendo qua e là, ad un certo punto è saltato fuori un libro che avevo pure visto presentare in una trasmissione in tv, ma al quale non avevo dato particolare importanza, devo riconoscere, in funzione dell'autore.
Specie per i personaggi dello spettacolo, quasi automaticamente si associano le loro produzioni al ruolo ricoperto, salvo poi - in molti casi - scoprire lati di quel personaggio che si ritenevano impensabili per preconcetto.
Giorgio Faletti ne è stato un eclatante esempio. Palesatosi a lungo nella televisione berlusconiana come un artista dalla comicità surreale, coi suoi romanzi gialli ebbe a manifestare, in tempi più maturi, una capacità di scrittura e un'abilità di narrazione fino ad allora impensabili.
Il successo ampiamente riconosciuto in breve annullò le peculiarità del suo personaggio artistico, collocandolo in una dimensione più seria, quale può essere il mondo letterario.
Tanti altri personaggi hanno mostrato, in momenti diversi delle loro stagioni di vita, la poliedricità nascosta e solo occasioni o maturità raggiunte hanno fatto affiorare aspetti e capacità fino ad allora inespresse.
Leggendo la storia romanzata scritta da Serena Dandini su Elisabeth (Lee) Miller Penrose ne esce fuori una imprevedibile scrittrice, almeno per me, che con un'abile narrazione - scorrevole e asciutta - riesce a raccontare un personaggio composito e protagonista nella storia che, di per sé, costituisce una sintesi di quello che può raccontarsi di una caleidoscopica figura complessa e impegnativa.
Riconosco che dopo i primi capitoli del romanzo ho abbandonato la Serena Dandini del mondo dello spettacolo a me nota e presente.
Con una scrittura efficace e coinvolgente, infatti, dalla lettura subito traspariva una passione nel racconto intrapreso che immergeva in una interessantissima storia.
Un variegato racconto di un personaggio che manifesta tanti aspetti dell'intimo umano e che si relaziona con artisti di un tempo che affascina molti.
Tra Man Ray e Picasso, in un arco temporale vasto e alquanto travagliato quale può essere la prima metà del novecento sfilano, alternandosi, celebrità e figure umane molto interessanti che fanno da sfondo - e talvolta esaltano - la figura della protagonista, descritta a volte quasi come eroina, vissuta dalla Dandini come modello di riferimento di un femminismo sempre mantenuto represso anche nel mondo occidentale più evoluto.
Con un abile intreccio narrativo e l'essenzialità espositiva l'autrice riesce a mantenere nel racconto un ritmo appassionante che induce il lettore ad andare avanti senza sosta, per vedere cosa saprà ancora mostrare quell'imprevedibile personaggio che, in breve, costituisce il mito su cui si incentra il romanzo.
Accenni alle due guerre, alla depressione economica degli anni trenta e a vicende legate alla seconda guerra mondiale e all'olocausto, contestualizzano i tempi e i luoghi che danno notevole valenza alle vicende vissute dalla protagonista.
Il mondo della fotografia e dell'arte che circondano e traspirano dalle pagine del libro, costituiscono la classica ciliegina sulla torta dell'intero romanzo.
Il libro della Einaudi, ora anche in commercio in edizione economica, si intitola "La vasca del Furer" e consta di circa 250 pagine che scivolano leggere e veloci.
Ogni altra considerazione su di esso appare superflua, non ultimo, per il fatto che sarebbe molto difficile riuscire a condensare la ragguardevole mole di avvenimenti e dei personaggi che racchiude.
Concludo il tutto con un significativo periodo che Serena Dandini riporta nel libro: "Si dice che si dovrebbe scrivere solo di quel che si è sperimentato in prima persona, ma sottovaluterei il fascino delle esistenze che non abbiamo avuto il coraggio di percorrere fino in fondo, accarezzandole da lontano e restando spettatori dei nostri sogni. A volte l’unico modo per trovare un senso nel nostro percorso è rivolgerci alle vite che non ci appartengono: alle brutte ci saremo almeno distratti dalla nostra."
Delle considerazioni che, a mio parere, riescono a concettualizzare a pieno l'essenza di questo bel romanzo che, per i tanti aspetti e non solo letterari, invito vivamente a leggere.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

sabato 13 agosto 2022

Talento & …



Non sempre è facile trovare nuovi spunti che possano intrigare in fotografia. Sull’argomento ormai si discute tanto e scrivono in molti, ma spesso ricalcando percorsi conosciuti, senza apportare delle novità che possano suscitare un reale interesse.
Sempre più di frequente, nella saggistica di oggi, sono più le sfumature accennate quelle che fanno intuire valide alternative rispetto all’ovvio riciclato che, nel tentativo di presentarsi forbito, rimane solo imbellettato in una prosa erudita infarcita di citazioni, aneddoti, personaggi e quant’altro viene genericamente usato per voler apparire colti.
Ne deriva che un lettore che intendesse ricercare stimoli utili alla sua passione, più che soffermarsi sull’ennesimo autore del momento o alla stratificata storia della fotografia, può trovare maggior interesse nelle peculiarità che hanno caratterizzato o riguardino taluni personaggi meno noti, che si sono però rivelati nel tempo degli innovatori.
Al riguardo, in una trasmissione di RAI Cult di qualche giorno addietro, incentrata su quello che vuol intendersi per talento, veniva messa in risalto la figura di Henri-Robert-Marcel Duchamp, considerato fra le più importanti e influenti figure del XX secolo apportatrici del nuovo.
Ne venivano a parlare diversi artisti che, nel descrivere visioni e illustrare alcune delle loro opere palesavano pensieri non confessati da molti, che mettevano in gioco il possibile fallimento dell'idea progettuale da loro stessi pensata e prodotta.
Un modo diverso di collocarsi nell’arte praticata, che, a loro dire, rimane fortemente legata alla dinamica creativa riveniente e condizionata dal puro talento.
Un talento rappresentato come proprietà innata nell'artista; a loro dire, quasi con una assoluta autonomia rispetto all'autore. Una peculiarità quasi aleatoria che non può essere certo oggetto di programmazione a tavolino e men che meno alimentata artificiosamente con trucchi o espedienti.
Ne consegue che quelle che sono delle ripetitività artistiche asettiche, nell’andare a riproporre ad un certo punto solo emulazioni di se stesse, rivelano l’evidente esaurimento del talento. Cosa che può sempre accadere in qualunque momento e che può anche non trovare soluzioni o possibilità per addivenire a sblocchi.
Sono fenomeni e accadimenti abbastanza normali - più di quanto si è portati a pensare - nel panorama artistico e nella vita in genere.
Nel 1980 Ettore Scola mise in scena, nel Film La Terrazza, un personaggio alquanto emblematico per descrivere efficacemente il calo di talento. Nella trama veniva rappresentato (nel ruolo, magistralmente interpretato da Jean-Louis Trintignant) uno sceneggiatore che, a corto d'idee per un copione d'un film commedia commissionatogli ormai da più d'un anno, finisce preda d'un pesantissimo esaurimento nervoso.
Parallelamente fortunatamente sono esistiti e esistono anche soggetti talentuosi che sembrano non aver mai pace. Vuoi per le produzioni artistiche continue e anche per la loro fame di ricerca e di sperimentazione che li porta a variare di continuo gli orizzonti.
Fra gli artisti talentuosi inesauribili, nella trasmissione Rai citata, venivano indicati fra gli altri e dandone maggior risalto: Lucio Fontana per suoi rivoluzionari tagli, Alberto Burri per i neri (prima di ogni altro colore, il buio prima della luce) e la Pop Art di Andy Wharol che, come è stato più volte ribadito “ha voluto mostrarci come nella realtà non c’è ripetizione e che tutto ciò che guardiamo è sempre degno della nostra attenzione”.
Per chiudere il discorso sull'argomento originario, cioè il talento, positivo risulta il fatto che ci vengano ogni tanto in soccorso delle trasmissioni di sottofascia o di seconda serata; di certo magari meno popolari.
Documentari e forme d'intrattenimento che non percorrono i soliti modelli convenzionali destinati alle masse ma che, abbandonando le scorciatoie del pensiero culturale ereditate dal passato, non si orientano a cristallizzare idee preconcette; in genere ritenute più adatte a quello che è presente nello ‘standard mentale’ scolastico medio.
A questo punto ben venga quindi anche quella Rai che, in qualità di divulgatore pubblico, riesce, in qualche modo, a svegliare l'attenzione dello spettatore, immettendo "arditamente" in rete dei format culturali che, a prescindere da come la si pensi, inducono a riflettere.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

martedì 9 agosto 2022

Quanta patologia traspare dal fotografare



Il panorama politico italiano attuale peggiora, quindi, avendolo già trovato come utile diversivo, torno a parlare - cazzeggiando in modo semiserio - di fotografia.
La scoperta della tecnica fotografica ha offerto nuove opportunità, specie a coloro che erano negati nelle realizzazioni di opere pittoriche o nel disegno figurativo più in generale.
L'avvento della fotografia, quindi, ha consentito a tutti quanti i creativi di potersi esprimere artisticamente, grazie all’utilizzo di uno strumento meccanico basato essenzialmente sul fissaggio della lettura della luce.
La complessità del banco ottico e l’onerosità nell’acquisto in origine, come noto, hanno fatto sì che la fotografia rimanesse un’attività esclusiva, riservata solo a pochi.
La fotografia, oltre a costituire un’opportunità commerciale per immortalare i soggetti, comunque è diventata fin da subito anche un mezzo per una più ampia documentazione del sociale e del territorio.
L’ampia produzione, specie in Nord America, ha generato nei primi del novecento ricchissime raccolte finalizzate a specifici scopi che, oltre a testimoniare l’evoluzione degli strumenti e delle tecniche di ripresa, hanno creato archivi di notevole importanza storica, anche per gli aspetti antropologici e geologici collegati alle genti e ai territori immortalati.
In verità l’invenzione della macchina fotografica sostanzialmente segue quelle che sono le logiche funzionali dell’occhio umano. Applicando dei principi tecnici studiati per fissare in modo similare ciò che noi riusciamo a vedere, attraverso la struttura neurologica e fisica fornitaci da madre natura.
Come tutti gli strumenti innovativi creati dall’uomo, in breve, se ne è omologato l’utilizzo e l’esponenziale evoluzione tecnologica, associata alle culture e alle creatività individuale, hanno reso la macchina fotografica una vera e propria protesi, impiegata per realizzare anche le idee artistiche immaginate da varie menti.
In quanto protesi, il marchingegno utilizzato rimane, quindi e sempre, un mero strumento e quanto viene prodotto dallo stesso resta sempre un qualcosa legato all'autore che decide dello scatto.
Al di la delle premesse storiche, oggi sappiamo pure tutti che la fotografia non sempre documenta il vero; anzi, spesso è apertamente menzognera nell'andare a manipolare rappresentazioni di realtà apparenti.
Senza voler troppo addentrarsi sulla cultura vigente nel tempo o sulle influenze politiche che spesso condizionano (individuali o sociali poco importa) autori e critici di fotografia, è ormai assodato che un’immagine, proposta come risultato fotografico, corrisponde almeno alla parte deliberatamente scelta e inclusa nel campo inquadrato; ancorché potenziale frutto anche di eventuali interventi postumi attuati in sede di post produzione.
Fin qui sostanzialmente è tutto risaputo e nulla di nuovo è stato detto.
Forse l’aspetto maggiormente evidente sarebbe quello che oggi la diffusione delle produzioni fotografiche corrisponde all'utilizzo sempre più frequente di cellulari come mezzo di ripresa.
Il telefonino potenziato, divenuto un mini computer con incorporata una macchina fotografica, oltre a consentire elaborazioni immediate, permette a tutti di essere annoverati fra i potenziali fotografi.
La facilità di accesso alla fotografia ha generato una sorta di democrazia; ma, come è per la letteratura o altre branche artistiche, anche se teoricamente quasi tutti dispongono della grammatica e sintassi necessarie, sono pochi coloro che - attraverso l'uso del mezzo - sapranno esprimersi in modo compiuto; così come pure quelli che, cercando di dire cose interessanti, riescono a farsi capire.
Un aspetto molto interessante e che merita sicuramente maggiori approfondimenti sarebbe quello legato all’aspetto psicologico che collega fotografia e autore.
Al riguardo, per chiudere, esordirei con una serie di domande.
La più ovvia e semplice, sarebbe: quanta cultura riveniente dallo studio della storia della fotografia condiziona i nostri scatti?
Cos’è l’etica per ciascun fotografo e quale è, se c’è, il limite che dovrebbe indurre talvolta a fermarsi e a non fotografare?
E poi, quante reminiscenze della nostra infanzia e adolescenza interferiscono e eventualmente filtrano le scene che andiamo a cogliere e veniamo a immortalare?
Quanti fattori e quali sono quelli che condizionano la nostra concezione del bello?
Infine, se guardiamo l'intera produzione artistica di un autore, quanta patologia mentale può esserci e, se nel caso, come è percepibile osservando le riprese fotografiche di ciascuno?
Qui si potrebbe aprire un nutrito dibattito, che porterebbe anche a mettere in luce tanti altri aspetti collegabili alle questioni, atteso che ogni forma d'arte indissolubilmente è legata alla mente di colui che ha immaginato l'opera e l'ha poi creata.
Tutte domande che rappresentano tanti sassolini buttati nello stagno delle curiosità e conoscenza ...... che generano onde concentriche che s'incrociano e testimoniano dell'apporto dinamico del loro movimento.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

domenica 7 agosto 2022

Da non crederci …. tutti rivendicano tutto …. mentre la nave affonda



Capita di sentire il bisogno talvolta di voler interloquire con qualcuno; per cercare di confrontare le proprie opinioni e contrapporre impressioni e differenti punti di vista. Ma mancano ormai i punti di ritrovo e neanche i bar riescono più a sopperire alla scomparsa delle sezioni di partito o delle stesse associazioni ludico-religiose, che almeno consentivano vicinanze fisica fra la gente.
Oggi tutto è virtuale e persino gli stessi algoritmi mediano le posizioni fra i partecipanti ai social; evitando di far incontrare/scontrare – anche virtualmente – individui che presentano idee, politiche e sociali, inconciliabili e radicalmente contrapposte.
Da noi si dice “cu mancia fa muddica” ovvero chi mangia genera sempre molliche. Con ciò per fare intendere che solo chi non fa mai nulla non crea inevitabili resti e indesiderate tracce.
Di certo, come dicono in molti, errori se ne fanno tanti nella vita, ma la sintesi dell’operato di ciascuno è in verità l’essenza reale del proprio costrutto presente.
Gli errori, del resto, in una azione attiva costituiscono elementi essenziali di ogni crescita.
Ciò vale sia nelle esistenze dei singoli che nella gestione di ogni contesto sociale più complesso.
La politica, praticata dal genere umano, non può fare eccezione a queste regole fondamentali che fanno sempre la storia delle civiltà di ogni tempo.
Questa premessa è indispensabile per tentare di capire l’attualità.
Il panorama confuso dalla troppa informazione pilotata e distorta, porta oggi allo spaesamento di tanti che, spesso prevenuti da proprie convinzioni, si trovano portati ad avallare false verità.
In questi giorni accade anche di peggio.
Il bombardamento continuo di dichiarazioni di parte, comportano lo stordimento del cittadino medio, specie se credulone e distratto, che, vuoi per orientamenti fideistici inculcati nel tempo, vuoi per miserabili tornaconti, danno voce e fede alle tante tesi menzognere che gli vengono proposte.
Se vi capita di sentire i leader oggi in competizione – di qualunque parte - in vista della prossima tornata elettorale, avrete modo di riscontrare i furti ideologici perpetui che, senza alcun rossore, vengono proclamati come propri inconfutabili successi.
Capita quindi che un eterno intramontabile, cresciuto e navigato in intrallazzi, rivendichi a sé per il proprio futuro politico il ruolo di vice presidente della Repubblica; perché si crede paladino della libertà (propria soprattutto). In relazione a ciò rinverdisce vecchi slogan e promesse, confidando nella duttilità eterna dell’italiota al seguito, pragmatico e opportunista.
Come pure accade che esponenti di dubbia furbizia vogliano far credere come un loro futuro programma, la promessa di una serie di principi e valori - sintetizzati in 9 punti - che già ieri non hanno avallato, per andare a scongiurare le dimissioni (volontarie ….. subito ma inutilmente refrigerate dal Presidente della Repubblica) di colui che viene ancora venerato da loro come il “Migliore dei migliori” e, se di più, si dice a Palermo all’avventore distratto: “è chiossà …. chi fà u lassamu?”.
Trambusti e poltrone traballanti hanno sollevato un gran polverone che rende impossibile distinguere l’appartenenza e i colori delle maglie indossate dai tanti attori in scena.
Un po’ come succede coi topi nel fuggi fuggi istintivo e di spirito conservativo quando una nave va in fiamme, tutti tentano di trovare salvezza, nel salire in una scialuppa e magari intanto lasciano che affondino quegli stessi “amici di crociera” che si erano fatti convincere ad imbarcarsi con loro, per andare a vivere felici una nuova avventura.
I valori scemano, mentre l’istinto animale è crescente e, tutti quanti consci che nel futuro ormai prossimo i posti sicuri in Camera e Senato saranno proprio pochi, sono molti fra pescicani e sardine.
In questo bailamme, sentire cretini che rivendicano come proprie iniziative politiche di successo di altri (Reddito di cittadinanza, in primis, poi Superbonus, etc…), vengono vissute dai media come cose normali.
Del resto il pesce puzza dalla testa, poiché sono gli stessi media i primi a non essere più credibili, essendo quasi mai indipendenti e spesso al soldo di padroni e d’interessi apertamente di parte.
Tornando all’attualità politica accade che, nella ricerca di una strada che possa confermare lo status di parlamentare, si associno il servilismo dei molti che intravvedono nell’appartenenza l'unica soluzione che accomuni e conforti.
In questo i padroni del mondo sono sempre stati esperti e attenti. Per il popolo che mugugna ci sono sempre le brioches.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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Il mio caro amico da poco in pensione e che ora ha tempo per leggermi meglio, fa delle considerazioni per farmi osservare che: "in un paese normale si parlerebbe di programmi o proposte per cercare di dare una scossa a un paese in continuo declino (sociale, economico, demografico e culturale) da circa trent’anni . E invece dobbiamo assistere, non da ora in verità, a discussioni su nomi (sempre gli stessi) e candidature e su accordi e alleanze che si fanno e si disfano nel giro di poche ore, senza mostrare neppure un minimo di vergogna e di rispetto per gli elettori, oramai da anni disillusi e tristemente abituati a questi comportamenti incoerenti e dannosi per tutti."
Che la lenta trasformazione da popolo italiano in massa di italioti fosse tutto legato alla decadenza frutto dei benefici di aver vissuto settanta anni di pace? Chissà?

lunedì 1 agosto 2022

Tutto il resto è fuffa e bla, bla, bla



Mentre il popolo bue sembra disinteressarsi alle beghe politiche, i politici politicanti appaiono impantanati in ammucchiate complesse e complicate.
Per quasi tutti il problema principale è quello di accaparrarsi candidature certe per le prossime elezioni.
L’applicazione per la prima volta della drastica riduzione dei seggi alle camere, costituisce quasi un terno al lotto e molti di quei politici - che svolgono ormai l’attività come mestiere – sono in ambasce, non avendo altre alternative ad altre fonti di reddito.
La palude di sottogoverno è peraltro satura e i costi della burocrazia sono ormai insostenibili; occorrerebbe inventarsi qualche nuova istituzione per creare nuovi posti di lavoro che possano fare da paracadute ai tanti onorevoli che verranno trombati.
In questo scenario patetiche figure più o meno erudite si autoproclamano statisti e, con presunzione saccente, vaticinano formule che rispondono principalmente ad ammucchiate per il potere, piuttosto che costituire soluzioni socio-politiche finalizzate a meglio amministrare la cosa pubblica.
Scappati di casa, pinocchi, pidocchi, disturbati mentali, godendo dei benefici della Legge Basaglia si confondono con tanti opportunisti che fanno ammuina. Situazione ideale per confondere le acque.
Le colpe sono così - e continueranno sempre a essere - degli altri. Tutti i traditori che si incrociano cercano di convincersi e convincerci che a tradire sono sempre le parti da loro etichettate avverse. Senza una valida ragione che abbia senso logico o un’etica, se non per seguire un percorso che non si allinea al proprio interesse: diretto o indotto poco importa.
Così è tutto più semplice, non ci sono parti avverse ma solo tanti nemici e pseudo amici alleati per contrapporsi e difendersi da nemici comuni. Come per i tempi delle Crociate insomma.
Il tutto è utile per stordire sempre più la gente sana e tornerà ancora più utile per alimentare il disgusto nel cittadino medio che non si identifica con nessuna fazione; fino al punto di indurlo all’indifferenza e, infine, a invogliarlo a non votare.
Non fosse per qualche milionata di italiani che continuano a pensare con la testa propria, cercando di entrare nel merito delle questioni, il gioco sarebbe già bello è fatto. Mancano pochi giorni per poter affermare "Les jeux sont faits rien ne va plus!"
Per gli impresentabili e i voltagabbana la soluzione di spingere all’astensionismo nel voto sarebbe l’arma ottimale, essendo l’unica possibilità vantaggiosa (il non voto) che a loro potrebbe tornare favorevole.
Paradossalmente, per puro metodo matematico, la riduzione della base elettorale che esprime preferenza incide notevolmente nell’innalzare le percentuali dei voti divisi fra i partiti. Del resto il popolo bue non trova interesse a tradurre le percentuale in numeri di preferenze effettive (il 30 per cento di una percentuale di votanti del 50 per cento, sarebbe il 15 per centro dei cittadini con diritto al voto); il popolo bue vuole essere governato da quello che spesso poi etichetta comunque “ladro”.
Saranno comunque sessanta giorni di giostre continue, di teatrini di pupi e di teste di legno. Con media e giornalisti, si fa per dire, a fare da grancassa.
Tutto quanto sarà fuffa e molteplici bla, bla, bla; mentre il vapore naviga con un condottiero al timone, in una melma dal colore scuro.
Fortunatamente il Covid 19 ha azzerato in tanti il percepimento del gusto e degli odori soprattutto.

Buona luce a tutti!

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La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)

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Monte Pellegrino visto dalla borgata di Acqua dei Corsari

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