"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).
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sabato 6 settembre 2025
Big Bang culturale in continua espansione
L’immagine proposta, che è stata realizzata dal fotografo Giuseppe Gerbasi, mi ritrae in una disfida d'inquadrature con Ferdinando Scianna, in occasione della preziosa Lectio tenuta dal Maestro presso l’Università di Palermo nel febbraio 2019. Evento integralmente documentato su You Tube e del quale, specie per gli appassionati, se ne consiglia la visione.
La sua venuta a Palermo ebbe anche a coincidere con la sua imponente Mostra antologica allestita alla GAM di Palermo.
Il regalo inviatomi dall’amico Gerbasi costituisce per me un ulteriore spunto per riflettere sull’importanza della fotografia, da molti vista come un lettino per innescare psicanalisi individuali, specie da coloro che la praticano e ne restano coinvolti: autori, critici, lettori o coccasionali osservatori.
Della stessa, del resto, tutti potranno sempre scriverne e leggerne in piena autonomia, ciascuno seguendo un proprio canone, per suscitare (gli uni) o leggere (altri) eventuali emozioni. Perseguendo le logiche riconducibili ai neuroni specchio, in parte anch’essi personalizzati, di cui si ebbe ad accennare in un altro articolo.
La fotografia può essere letta in tanti modi e pertanto significare tante cose. Dal costituire pretesto per poter poi raccontare pagine di vita, ovvero per documentare, fissare momenti e rievocare fatti, persone e personaggi correlati.
In qualche modo può ben corrispondere alle tante pagine che compongono un diario individuale, da aggiornare continuamente, dove annotare incontri, accadimenti, sensazioni, convinzioni, emozioni.
Con ogni immagine, che tende a raccogliere nel tempo elementi che implementano montagne di dettagli che sembrano assopirsi, restando sempre sensibili per riaccendersi e ritornare immediatamente vivi.
È anche un’arte, quindi, che tende a sublimare l'accumulo di ricordi, comunque destinati umanamente a dissolversi.
Così pure un pretesto per poter leggere – nel corso o alla fine - i tanti portfolio di vita che si realizzano con ogni giorno. Album che, pian piano raccolgono le tante tessere realizzate durante un’intera esistenza.
La fotografia è già l’immagine semplice che fin da piccoli ci identifica in un documento, ma anche una magia che rende longeva un’esistenza apparentemente effimera, manifestata anche da un fiore che sboccia per una volta sola.
È una formula complessa che alimenta varie illusioni che ci costruiamo tra tante parentesi e a cui amiamo credere.
La fotografia resta comunque un quadro in cui ogni artista ama disegnare quello che più gli aggrada; per fissare combinazioni reali di un momento o per dipingere un proprio immaginario che potrebbe solo corrispondere a verità inventate o ad eterne utopie.
Diventando arte la fotografia può rivelarsi, altresì, uno specchio che circoscrive un paesaggio indiretto, riflesso, che segue inquadrature variegate e circoscritte, secondo del momento in cui ci si decide ad effettuare lo scatto.
L’argomento si presta a continuare a scrivere, senza sosta, ma per chiudere vengo a proporre riflessioni di altri, come le tante contenute in un interessante articolo trovato casualmente in rete.
Pubblicato nel suo vasto sito web Massimo Cec si cimenta in un accostamento interessante della fotografia con la filosofia, esplorando tanti aspetti e personaggi attinenti all’universo del visivo creativo.
Chi ama la fotografia - e nel caso fotografare o leggerla fa poca differenza - non potrà esimersi dall'andare a intrattenersi su quanto viene a scrivere lo stesso Massimo Cec riguardo alla sua visione e sul concetto di "fotografare".
In conclusione si può affermare che l’arte fotografica rimane ancora un mondo indefinito, in continua evoluzione e che nasconde tanti antri inesplorati.
Accostabile quasi a un Big Bang culturale in veloce espansione e che induce moltissimi appassionati ad esplorare e sperimentare con ampi spazi disponibili e senza necessità di soste.
Ipotesi, teorie, e tesi si sviluppano continuamente in linguaggi nuovi, immediati e diretti, che, in presenza di poche regole e certezze assolute, costituiscono pretesti di studio e di riscritture.
Con la certezza che tanti altri continueranno a trovare spazi e spunti per tentare di confutare, o solo per poter rettificare quanto sostenuto da altri, per ridefinire e continuare a scrivere ancora.
Buona luce a tutti!
© Essec
giovedì 4 settembre 2025
Josè Saramago: "Quando arriverà, o Signore, il giorno in cui verrai a noi per riconoscere i tuoi errori dinanzi agli uomini?"
Pienamente coscienti che l’idealismo socialista non paga, l’esperienza ci insegna come moltissimi ex attivisti, arrivati in età matura, si rendono conto che trovarsi un’allocazione all’ombra può costituire un facile vantaggio, assicurando un riparo da possibili rischi e, facendo scelte oculate, procurare pure delle rendite di posizione.
Voltagabbana, opportunisti, certamente ideologicamente flessibili, ma forse disillusi dalle esperienze ipocrite e utopistiche di democrazie frutto di uomini, corrose da nepotismi e burocrazie ovvero, semplicemente fattisi furbi nell’aver capito che la vita reale necessita di cinismo nel caso si voglia accedere al vero potere.
Gli esempi si sprecano e una attenta lettura della storia e delle biografie di tanti personaggi è in grado di illuminare sulla ragionevolezza dei corsi e ricorsi.
Il Vico sosteneva, al riguardo, secondo una lettura mistica, che alcuni accadimenti si ripetono con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo e ciò avviene non per puro caso ma in base ad un preciso disegno stilato della divina provvidenza. Machiavelli, più tecnocratico, teorizzava un tipo particolare di ciclicità, quello che va dalla rovina alla grandezza, all’ozio, alla debolezza, per poi tornare di nuovo alla rovina; quello che va dall’ordine al disordine per poi tornare all’ordine, dal bene al male e dal male al bene. Il tutto in modo quasi invisibile lungo il lento scorrere del tempo.
Sostanzialmente per corsi e ricorsi storici sono quindi ad intendersi cicli perpetui in cui l'umanità, distinta in una babele di culture diverse e anche contrapposte, progredisce attraverso varie fasi, tornando poi a uno stato primitivo, per poi tornare a ripetersi nel rifiorire, regredire, riemergere.
Come accade spesso in certi incontri e conoscenze, molti addottrinamenti e nuove vedute derivano dal caso, anche a seguito di eventi fortuiti.
In occasione dell'ennesimo compleanno, ad esempio, la fidelizzazione ad una libreria on line mi ha procurato un bonus per un volume a mia scelta, fra quelli della loro “universale economica”.
Non essendo mai stato un divoratore di libri ma avendo scoperto più la lettura in età senile, fra i tanti titoli di diversi autori, non mi è stato facile scegliere il regalo. Le opere letterarie sono molteplici ed i gusti dei lettori pure diversificati e assai differenti.
Alla fine ho optato per “Il Vangelo secondo Gesù Cristo” di Jose’ Saramago e devo confessare che non avrei potuto fare una scelta migliore.
Dell’autore avevo già letto due sue opere di notevole spessore, anche per i contenuti socio politici molto allusivi e sempre attuali. Il titolo dell’opera che venivo ora a scegliere, atteso i precedenti, lasciava immaginare approcci originali di un vangelo assai diverso rispetto a quelli tramandati nella liturgia cristiana. E così è stato.
Le oltre trecento pagine del racconto, con una avvincente narrazione, catturano il lettore per la capacità di renderlo partecipe, quasi a includerlo in una complessa operazione antropologica e mistica.
L’ateismo manifesto di Saramago c’è tutto ed è illuminante, riuscendo peraltro a sviluppare con visione laica un racconto del Gesù di Nazaret fondatore del cattolicesimo. Mettendo in luce aspetti comuni dell’uomo, anche se nato, cresciuto e morto in seno a una cultura ebraica ortodossa.
Il tutto collegato alle eterne logiche filosofiche che hanno da sempre connotato le esistenze, nei secoli e fin dall’origine, estremizzata nella coppia di Adamo ed Eva generatori della razza umana, favoleggiati come i "primati" scacciati dall”Eden per aver disatteso agli ordini di Dio.
La quarta di copertina dell’edizione economica del libro, che riporta: “Quando arriverà, o Signore, il giorno in cui verrai a noi per riconoscere i tuoi errori dinanzi agli uomini?”, lascia immaginare la densità dei contenuti di quest’opera di Saramago.
Una attenta lettura non evidenzierà nulla che possa essere etichettato come blasfemo, bensì metterà in evidenza e sottolineerà i limiti della sacralità diffusa e più nota, oltre a ingenerare dubbi sull’attendibilità fondante dei principi realistici del cristianesimo tutto e del cattolicesimo in particolare.
In ogni caso, a prescindere da come uno la pensi, la lettura di questo "Vangelo" laico sarebbe da consigliare fortemente a tutti, ma a condizione di non approcciarsi in modo prevenuto ovvero filtrando il racconto con l’onestà intellettuale di cui si è dotati e che spesso si preferisce non usare.
La conoscenza non può fare a meno dello studio, per riuscire sentire le sonorità delle tante campane; per affinare le orecchie e cogliere le sottigliezze, utile per riflettere sulle miscellanee tonali nascoste nei rumori percepiti.
Ricerca di comodità e molta pigrizia intellettuale non fa propendere a contraddittori e confronto, specie se mette in pericolo privilegi goduti.
Buona luce a tutti!
© Essec
sabato 30 agosto 2025
Libera nos a malo
Nato come dissertazione univoca, il pezzo è stato proposto e trasformato per sperimentare un articolo scritto a quattro mani, con l’intento di ampliare il campo della discussione e possibilmente introdurre aspetti altri.
Per essere più chiari, l’articolo originario di base corrisponderebbe all’unificazione dei testi attribuiti a “interlocutore 1”, l’idea dell’azione integrativa, lasciata libera anche di eventuali contraddittori, è l’insieme delle considerazioni intervallate e etichettate come “interlocutore 2”.
La formula adottata compatta in un unico post l’articolo e l’eventuale intervento a commento. Di seguito si espone il testo convenuto che ne è venuto fuori.
Interlocutore 1: L’arte, in qualunque forma si manifesti costituisce una psicanalisi individuale che si basa su un talento. Una palestra per chi resta impegnato in continue ricerche, per comunicare un pensiero o un semplice punto di vista. Quindi la domanda è pertinente nel chiedersi quanto inconscio c’è nel concepirla?
Interlocutore 2: Io non generalizzerei, in quanto ritengo che vada fatta una pre-analisi al fine di definire cosa ha spinto l’artista a realizzare la sua opera, sempre prima d’interrogarsi su quanto essa sia stata realizzata consciamente o inconsciamente e frutto di psicanalisi o meno. Ritengo infatti che generalizzare sia molto riduttivo. Ci sono artisti che producono unicamente per scopo commerciale, producendo opere figlie di grande raziocinio, normalmente affascinanti esteticamente (non sempre) e poco concettuali. Poi c’è chi sente il bisogno di comunicare il proprio mondo interiore, per esternalizzare le proprie emozioni, le gioie, le paure, il senso di ingiustizia e tanto altro ancora; per affermare se stessi esprimendo la loro interiorità e le proprie verità. C’è pure chi cercando di quietare la propria anima, al fine di ritrovare il proprio equilibrio emotivo, ha la necessità di esprimere, materializzare ciò che sente e lo fa attraverso il proprio talento, regalando arte. Ecco, io penso che unicamente le opere prodotte da questa ultima tipologia di artisti, tra i citati, possano essere frutto di un connubio tra conscio ed inconscio.
Interlocutore 1: In generale si può affermare che le produzioni di ciascuno inglobano componenti che derivano da esperienze dirette; ma che si vanno ad assommare anche ad altre pregresse, comprese quelle insite nei DNA individuali ricevuti e tramandati nel tempo. Ogni esistenza che assume il suo testimone andrà, quindi, ad annotare vissuti compositi. Facendo sì che diventi un tutt’uno, “modellato” in parte secondo il proprio libero arbitrio che non sempre libero rimane, attese le tante sollecitazioni che tendono a condizionare.
Interlocutore 2: Questa è la vita, è il nostro essere. Noi siamo il risultato nostro vissuto e, fortunatamente, in continua mutazione; cresciuti in comunità e forgiati, nel bene e nel male, sin dall’inizio della nostra esistenza dalle relazioni, dalle sollecitazioni, dalle regole, dai divieti… e dalle emozioni ataviche che influenzano e caratterizzano il nostro vivere; conseguentemente, non ritengo che ciò abbia un’attinenza con il conscio e l’inconscio.
Interlocutore 1: Di certo, ambienti (contesti fisici e condizionamenti sociali) incidono nelle alchimie psico-fisiche dei singoli. Aggregazioni, ricche di compromessi, influenzano le personalità, con scelte di parametri che associate tendono a consolidare quelle che chiamiamo convenzionalmente culture. Col tempo e con le varie sedimentazioni ogni schema teorico incentrato su artifici umani può così assumersi come plausibile, perchè legati a principi, in apparenza logici, ma solo convalidati nelle teorie dominanti del momento storico.
Interlocutore 2: Condivido pienamente il tuo pensiero, che introduce nuovi elementi al contesto, ma ancora non trovo un’attinenza… fammi capire.
Interlocutore 1: In assoluto, paradossalmente, tutto potrebbe anche avere un senso, se basato su ipotesi che supportano tesi definite, assunte da maggioranze dominanti. Ogni individuo così viene a maturare una propria dimensione. Fin da piccolo, fatto convinto di possedere certezze, solamente indossando abiti di comode verità preconfezionate, e, atteso che tutti gli esseri che si alternano sono comunque e sempre diversi, il pensiero unico rimane un’ambizione impossibile, un perseguimento di un’utopia irraggiungibile.
Interlocutore 2: Quindi, il tutto si basa sull’assunto, opinabile, che l’artista in quanto uomo non è né libero né conscio, conseguentemente crea opere, per l’appunto, ricche della sua incoscienza. Comincio a seguire la tua logica, prosegui pure.
Interlocutore 1: L’unica soluzione praticabile rimane il compromesso mediato, variegato e con diversificati approcci sociali, che rendono possibili solo coabitazioni e proseguimenti di segnali a cui rispondere. Allineati tutti secondo comportamenti che da sempre si alimentano nell’alternarsi delle esistenze. Sono pertanto esclusivamente le illusioni che governano i giochi e che, non essendo utopie, consentono di realizzare combinazioni temporanee d’equilibri, generati sempre da contrattazioni labili, che rimangono alla lunga fragili di fronte alla precarietà del tempo. Sono sempre tante le false verità che si appalesano e ciascuno potrà modellarle e farle proprie con idee inserendole nell’organizzazione sociale che è più confacente. In ogni caso, le differenti culture tendono a consolidare tantissimi modelli; e così accade che ogni soggetto che nasce potrà ritrovarsi protagonista o succube a secondo dell’ambiente sociale in cui viene alla luce. Illuminismo, oscurantismo, totalitarismi, democrazie e tanti altri orientamenti si compattano in stati nazione. Nelle varie formule politiche si consolidano e sfaldano, assemblando regole, religioni, e tanto altro d'interconnesso per rinnegarle dopo. Così nulla potrà mai corrisponde a verità assoluta, per poter dare certezza, atteso che ogni essere nasce e muore esaurendo il suo ciclo, navigando nel casuale mare in cui si è ritrovato.
Interlocutore 2: E, secondo la tua logica, illusoriamente cosciente.
Interlocutore 1: In conclusione, alla fine tutto si lega, anche se nessuno potrà mai conoscere dimensioni e i limiti che ci riguardano, dell’universo in cui fluttuiamo inconsci. Pensiamo d’essere al centro dell’esistente .... ma sulla base di cosa non è dato sapere. Si tratta di un pensiero illusorio immaginario e nient’altro. Il limite umano più evidente resta la presunzione di ritenersi convintamente l’unico essere intelligente nel creato. Al punto da disconoscersi perfino atei, al solo scopo di poter avvalorare l’operato di un’intelligenza superiore, dogmatica assunta per vera. Di un Dio di cui restar vassalli per esser stati noi fatti, per convenienza più che per convinzione dimostrabile, ad immagine e somiglianza. Mentre nell’espressione evangelica presente nella preghiera al Padre, nella versione latina della Vulgata, si recita: Libera nos a malo ("liberaci dal male").
Buona luce a tutti!
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sabato 16 agosto 2025
Davide Currao (Pont-Raits). Liberi d’immaginare anche quello che l'artista non ha avuto il tempo di mostrare
Sono Fiera di te!!
Una intelligente voce fuori dal coro.
I tuoi ritratti mi hanno colpito per la loro profondità e intensità: Grazie Davide.
Non ti conoscevo, ma grazie alla tua arte mi sembra di conoscerti. Buon viaggio. Grazie per il patrimonio lasciato.
È una mostra bellissima. Le foto sono così belle che le potrei guardare tutto il giorno.
Ciao! Sono un fotoamatore. Premetto che il ritratto non è il mio genere. Trovo questi ritratti (non tutti) molto interessanti, diversi dai soliti ritratti statici. Bei colori e pose.
Notevolissimo.
Mi muovo in punta di piedi fra i ritratti di Davide: Mi guardano ed è uno sguardo sincero sul realismo della finzione e viceversa. E’ un divincolarsi nel circo del mondo, una presa di coscienza tra l’essere e l’apparire.
Davide … una grande luce.
Immerso nella tua fotografia!! Per un attimo non ho pensato nient’altro che alla capacità di ricreare momenti di vita dietro un obiettivo. Grazie! Ciao Davide.
LA PESANTEZZA DELLE NUVOLE.
Sono alcuni dei pensieri affissi sul muro al secondo giorno della mostra di Davide Currao. Mi piace evidenziare che il quinto messaggio era firmato da una bimba di cinque anni. Sono sicuro che moltissimi altri post it avranno ulteriormente arricchito i commenti dei visitatori e sono anche certo che gli organizzatori li avranno raccolti per farne buon uso.
Di questa mostra, che espone la selezione fra tante immagini di un’ampia produzione, ne hanno parlato in tanti. Anche io ne ho fatto cenno nel blog che curo e creato scrivere commenti sull’arte e principalment sulla fotografia.
Quando le opere esposte in una mostra d’arte colpiscono è utile rinviare la postproduzione. È quello che ho fatto io nel caso in questione. Per quanto mi riguarda, rivedere le stesse fotografie a distanza di tempo ha avvalorato ancora di più i contenuti e la qualità espositiva messa in campo dagli organizzatori.
Il conoscere pochi dei presenti all’inaugurazione mi ha consentito di osservare con maggiore attenzione le opere, anche se mi avevano catturato da subito. La cosa mi ha indotto a tornare, per documentare con una macchina fotografica migliore le foto esposte e poter meglio governare la luce e le dominanti presenti degli ambienti.
Nel procedere al riesame delle immagini si è rafforzata in me l’idea che ogni fotografia andava oltre l’apparenza e che ciascun osservatore poteva vederle a propriomodo.
Le singole opere evidenziavano come fossero frutto di un’unica regia, quella di Davide Currao, volta a catturare ogni volta con uno scatto il semplice risultato estetico, con la filigrana della personalità latente che tendeva a nascondersi davanti all’obiettivo. Catturando in modo preciso l’attimo fuggente attraverso una ipersensibilità intima, comune solo a pochi eletti. Sono anche certo che chi ha avuto modo di vederla di presenza non sarà rimasto indifferente.
Nelle variegate fotografie di Currao c’è di tutto: ironia, allegria, gioia, rabbia (per non fare un elenco si rimanda alle aggettivazioni raccolte nella pagina web Scuolissima che descrivono emozioni, sentimenti e stati d'animo)
Non so se gli organizzatori hanno oggi in mente di riproporre la mostra in altre sedi o, magari, realizzarne un libro. Nel caso potrebbe anche essere una buona idea, per esporre un esempio emblematico di come si può fare fotografia, mantenendosi all’ombra di riflettori. Un ottimo stimolo anche per tanti appassionati dell’arte fotografica interessata a vedere esposte delle belle cose.
Per chiudere, Davide Currao è un altro nome che si aggiunge all’elenco degli artisti che hanno avuto la sventura di morire in giovane età, con ancora molti sospesi e progetti pensati ma ancora indefiniti. Una di quelle morti premature che ci lasciano, ma anche liberi d’immaginare quello che non hanno avuto il tempo di mostrarci attraverso il frutto del loro talento.
Un reportage della Mostra è visionabile su You Tube.
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mercoledì 13 agosto 2025
Sinonimi & negazionismo: vari spunti per scelte consapevoli
Wikipedia indica il negazionismo come “una corrente pseudostorica e pseudoscientifica del revisionismo che consiste in un atteggiamento storico-politico che, a fini ideologici e politici, nega contro ogni evidenza l'accadimento di fenomeni storici accertati, ad esempio guerre, genocidi, pulizie etniche o crimini contro l'umanità.”
Per quanto possa valere, voler ricercare ancora un contraddittorio con il “piccione” citato nell’aneddoto dell’amica Raffaella (commento), ispirato dall’articolo sui cretini.
In tempi di avanzamento dilagante dello sciatto “trampismo”, della profonda crisi del pensiero liberale, delle confusioni nelle ideologie socialiste e di opportunismi centristi, un invito a leggere la serie di sinonimi sotto elencati – e si avrà tempo - prima di andare a riconfermare la propria ultima scelta di voto o, peggio, perpetuare l’assurda opzione astensionista, convinti che sia il risultato di una cosciente analisi politica.
Ipocrita: falso, bugiardo, impostore, insincero, menzognero, dissimulatore, simulatore, infido, conformista, perbenista, convenzionalista, fariseo, filisteo.
Incivile: barbaro, selvaggio, arretrato, primitivo.
Cinico: indifferente, freddo, sprezzante, scettico, impassibile, impudente.
Scorretto: sbagliato, inesatto, impreciso, errato, improprio, sconveniente, maleducato, irrispettoso, indiscreto, scortese, sgarbato, indelicato, incivile, grossolano, cafone, villano, disdicevole, disonesto, falso, sleale, immorale, licenzioso.
Disonesto: criminale, malavitoso, ingiusto, scorretto, sleale, malvagio, perfido, iniquo, canaglia, delinquente, farabutto, furfante, imbroglione, malfattore, malvivente, mascalzone, truffaldino, truffatore, ladro, profittatore.
Imbroglione: disonesto, impostore, truffatore, frodatore, avventuriero, briccone, lestofante.
Falso: bugiardo, ingannatore, commediante, ipocrita, simulatore, fraudolento, inattendibile, infondato, illusorio, ingannevole, non vero, finto, fasullo, contraffatto, falsificato, copiato, imitato, adulterato, sbagliato, errato, inesatto, erroneo, ipocrita, simulato, falsità, falsificazione, bugia, finzione, inganno, imbroglio, menzogna, frode, simulazione, copia, imitazione, contraffazione.
Prepotente: arrogante, autoritario, forte, violento, aggressivo, tirannico, dispotico, incontenibile, irresistibile, urgente, impellente, imperioso, ossessionante, sopraffattore, tiranno, despota, oppressore, dittatore, bruto, autocrate.
Fanatico: settario, fazioso, partigiano, esaltato, invasato, fissato, maniaco, appassionato, entusiasta, sostenitore, tifoso, esagitato, esasperato, eccitato, accanito, delirante, ammiratore.
Eretico: eterodosso, ateo, miscredente, infedele, blasfemo, sacrilego, bestemmiatore, profanatore, contestatore, dissidente, critico, ereticale.
Oscurantista: passatista, reazionario, conservatore, retrivo.
Dittatore: tiranno, despota, autocrate, autoritario, prevaricatore, usurpatore, soverchiatore, prepotente Subdolo: falso, sleale, ipocrita, ingannatore, viscido, doppio, ambiguo, equivoco, infido.
Mafioso: malavitoso, criminale, prepotente, arrogante, prevaricatore, aderente alla mafia, membro di una cosca.
Pezzi di merda: frammenti, scheggie, ritagli, scampoli, resti, avanzi, brandelli, cocci, morso, bocconi, tozzi, esemplari, passi, passaggi, escrementi animali.
Politici: arte del governo, scienza del governo, pratica del governo, pratica dell'amministrazione statale, affari pubblici, ragion di stato, metodo, sistema, approccio, procedimento, abilità, furbizia, astuzia, prudenza, accortezza, avvedutezza, elezioni politiche.
Potere: essere capace, essere in grado, avere la forza, avere la capacità, disporre dei mezzi, disporre della facoltà, reggere, sopportare, avere l'autorizzazione, avere il permesso, essere possibile, essere probabile, essere permesso, essere consentito, essere legale, essere lecito.
Buona luce a tutti!
© Essec
sabato 9 agosto 2025
Destra e Sinistra ..... chi ne ha voglia rifletta su peculiarità e differenze
Un sagace articolo datato di Walter Donegà, pubblicato nell’ottobre 2016, intitolato “Dona 7, 9, 10 euro al mese. Una forma riprovevole di pubblicità”, affrontava la questione in modo pungente.
L’autore riportava: “Ultimamente in televisione c’è una e vera e propria corsa alle raccolte fondi. Dona 7 euro al mese rilanciato da 9 euro al mese fino ai 10 euro al mese. In soldoni si tratta di vere e proprie donazioni in abbonamento, si sa quando si inizia ma non quando si finisce. Le associazioni che pubblicizzano queste campagne in TV sono numerose: Save The Children, Telethon, Sightsavers, eccetera eccetera.”
Aggiungeva: “Il format dello spot è praticamente uguale per tutti, dalle immagini al testo. Viene mostrato un bambino in condizioni precarie e una voce gioca sull’emozionalità dello spettatore invitandolo a donare 9 euro al mese.” Continuando precisava: “Io credo (o meglio voglio credere) che la maggior parte di queste associazioni sia animato da un vero spirito umanitario ma sono molte le domande che mi pongo.”
Per completezza invito a leggere l’intero testo proposto dal trentino Donegà, stabilmente inserito nel suo sito web che tra l’altro dice anche: “Sono stanco di essere visto come un limone da spremere e sono stanco di dovermi sentire in colpa per non cadere nel tranello della colpevolizzazione emozionale mediatica.”
La verità, quella vera, è che viviamo senza alcun dubbio in una società malata.
La confusione regna sovrana e richieste e proposte di solidrietà sociali sono oggi canalizzate e accomunate alle tante formule pubblicitarie consumistiche.
Per non parlare del fatto che queste tipologie di spot anticipano o seguono notiziari o talk che parlano di guerre, di morti di fame, di terzo mondi e di tante ingiustizie che porterebbero a domandarsi (come fa Donegà): “Ma poi in Tv oltre allo spot del povero Keyembe, passa lo spot del bambino italiano povero che non ha soldi per permettersi i giochi come quelli di mio figlio. Allora sarebbe giusto aiutare anche loro…e via così in un tunnel senza fine. Se cominci con uno per coerenza devi continuare.”
Personalmente anche io ebbi a scrivere del fenomeno nel 2018, soffermandomi particolarmente sulle donazioni ad associazioni e fondazioni varie (Finanziamenti alla politica “ancora poco trasparenti”. Con donazioni anonime ai singoli candidati tramite fondazioni).
Premesso, a scanso di equivoci ed evitando ogni qualunquismo, che le campagne di raccolta nascono quasi certamente da intenti benefici nobili e non c’è dubbio che denuncino in modo palese questioni serie, ci sono aspetti generali, inerenti all’etica (per gli aspetti denunciati da Donegà), alla politica e alla gestione delle risorse pubbliche.
Non ultimo, per il fatto che ovunque le tasse e le imposte costituiscono obblighi necessari e fondamentali in uno stato di diritto, atti a garantire l’assetto sociale di ogni comunità nei suoi variegati aspetti. Tra cui anche quelli necessari per assicurare quelle garanzie assistenziali/sanitarie reclamizzate negli spot.
E qui il tema diventa una questione di pura politica, perché entrano in gioco tanti aspetti.
Subentrano, ad esempio, il principio delle tassazioni progressive e quello della sana amministrazione volta anche alla distribuzione equa e proporzionale della ricchezza (ovviamente in rapporto a ruoli e competenze) che dovrebbero costituire i cardini base per qual si voglia tipologia di politica attuata.
A questo punto, il paradosso reale che affiora è forse l’ipocrisia diffusa nelle pseudo democrazie improntate su assetti burocratici oligarchici sempre più complessi, gradualmente corrotti, che mantengono discriminazioni e privilegi sociali spesso senza specifici meriti, se non discendenze o appartemenze a ceti.
Ne viene che la creazione e il mantenimento di paradisi fiscali, multinazionali e trust legalizzati, regole tributarie non trasparenti e una giustizia inefficiente, generano discriminanti di casta che rendono impraticabili efficienze amministrative e garanzie sulle necessità primarie universali.
Un’architettura sociale di neo feudalesimo vede così aggiungere ogni giorno anche pletore di congreghe fideistiche che costituiscono blocchi parassitari, magari esenti o con bonus rispetto ai doveri sociali rispetto ai comuni assoggettamenti ad obbligi e imposte.
Ed in questo s'insinuano anche potentati occulti. Ad esempio? Chi paga gli stipendi ai preti in Italia? Ovvero, Quanto grava annualmente la Chiesa Cattolica sul bilancio della spesa pubblica? Secondo uno studio dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), la cifra ammonterebbe addirittura a sette miliardi di euro l’anno. Inoltre, tornando al mondo laico, da una recente rilevazione del Corriere della Sera si apprende che più della metà dei connazionali non paga tasse e non contribuisce a sostenere i servizi di un Paese dove gli interessi sul debito superano le spese per la scuola. Mentre intanto la politica continua a dare bonus per cercare consensi.
Come si può ben intuire e, in verità, sono tantissime le patologie sociali non affrontate in questo scritto su cui si potrebbe ampiamente disquisire. Che si manifestano subdole con metastasi invasive o veleni insapori e inodori che determinano lente assuefazioni passive in tutti noi esseri intelligenti ormai "intronati".
Di certo in questa torre di Babele di furbetti e d'ingiustizie dove, ad esempio a Milano, basta una Scia per aggirare regole edilizie e trasformare un edificio di due piani in grattacielo, forse non sono gli spot che perseguono "beneficenze in abbonamento" e "lasciti" il nucleo principale delle questioni.
In pochi sembrano ricordarsi - o vogliono ricordare agli altri - che l'esercizio del voto potrebbe ancora rivelarsi un'arma attiva per rimettere nella giusta rotta una navigazione chiaramente sbagliata.
Del resto si può veleggiare di bolina, poppa, o traverso, seguendo le tre principali andature della vela. Sostengono i marinai esperti che un'imbarcazione non può andare contro vento ma adeguarsi allo stato delle cose e, quando vuole risalire il vento, deve procede per bordi, creando un angolo con la direzione dello stesso vento. L'astenzionismo è un lusso o anche segno di stupidità ..... ma non giustifica poi i lamenti.
Buona luce a tutti!
© Essec
giovedì 7 agosto 2025
La vignetta posta in testa all'articolo, l'ho appena ricevuta e la ripropongo, perchè mi sempbra abbastanza adatta al caso.
Sono una infinità le frasi celebri che, come i proverbi, oltre alla ilarità spesso inducono a ripensamenti sui significati sottesi. Tra le tante si trovano molti aforismi sui cretini, che hanno costituito trastulli per gli intellettuali e i letterati più sottili.
L’attualità pone di questi tempi tanti paradossi che si associano moltissimo a molte frasi dedicate.
Ognuno potrà immaginare così tanti parallelismi anche con molti soggetti “scappati di casa” e non che si ritrovano occasionalmente a ricoprire, ahinoi, incarichi sociali o cariche pubbliche anche di tipo politico.
Di seguito ne propongo alcune e indico il link da cui li ho attinti per sollecitare chi legge a continuare da sé il gioco, che tristemente poi tanto gioco non è nel panorama che ci circonda e che, indifferentemente da ideologie e modi di pensare piò o meno liberi, ci condiziona.
“È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia un cretino. [...] e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto, tutte le volte ci assalgono che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l'olio e il vino dei contadini.” (Leonardo Sciascia)
“Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza.” (Arthur Bloch)
“Di fronte agli sciocchi e agli imbecilli esiste un modo solo per rivelare la propria intelligenza: quello di non parlare con loro.” (Arthur Schopenhauer)
“Non c'è niente di più umiliante di vedersi parare un rigore da un portiere così cretino da non capire la finta.” (Giuseppe Meazza)
“Se riesci a stare per più di due minuti in compagnia di un cretino, sei un cretino anche tu.” (Mino Maccari)
"I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.” (Arthur Bloch)
“Un autentico cretino, difficile a trovarsi in questi tempi in cui i cretini si camuffano da intelligenti.” (Andrea Camilleri)
“L'attività del cretino è molto più dannosa dell'ozio dell'intelligente.” (Mino Maccari)
“Purtroppo, anche i cretini hanno un'opinione.” (Silvia.Cervellati)
Come accennato prima, si può continuare a leggerne per cercarne altre altrettanto ironiche o vicine ai propri gusti digitando il link https://www.frasicelebri.it/argomento/cretini/
In relazione al tema non può non trascurarsi quanto è rappresentato da tantissimi personaggi politici che, a prescindere dall’impegno profuso, vuoi per inadeguatezza o vuoi per incapacità intrinseca, si ergono a improvvisare ruoli inadatti per le occasionali cariche ricoperte. La parola chiave è: “Burnout”, termine al quale Angelo Canaletti ha dedicato un interessante scritto.
Citando dall’articolo pubblicato su Skilla, Burnout significa, letteralmente, bruciarsi.
Nel maggio 2019, il burnout è stato inserito nella lista della Classificazione internazionale delle sindromi di natura fisica o psichica elaborata dall’OMS, con queste parole: “il burnout è una sindrome concettualizzata come risultante dello stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo”.
Si legge pure che “Lo stress da lavoro, anche detto lavoro-correlato, è una condizione piuttosto comune oggigiorno. Riguarda lavoratori e lavoratrici che hanno a che fare con grandi carichi di lavoro, responsività, super efficienza. In altri termini, consiste nel dover fare tutto al meglio, sempre, in ogni condizione determinata dalle caratteristiche della mansione e dall’organizzazione di appartenenza.”
Inoltre, per la precisione: “è bene sapere che lo stress lavoro-correlato e il burnout non sono malattie professionali e non vengono quindi riconosciute dall’Inail come tali.”
Mi direte che sarò un po’ fissato. Non so per voi, ma associando gli aforismi citati in premessa alle situazioni legate a quando non si riesce a reggere la tensione ricoprendo e svolgendo incarichi superiori a proprie capacità, immagino l’attuale stato nevrotico della compagine di governo a tutto tondo, dal Primo Ministro agli esponenti dei vari dicasteri.
La vignetta posta in testa all'articolo, l'ho appena ricevuta e la ripropongo, perchè mi sempbra abbastanza adatta al caso.
Buona luce a tutti!
© Essec
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domenica 3 agosto 2025
Una mattina, mi son svegliato, o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
Tutto quanto si tenta di approfondire sempre più spesso appare banale, per il semplice fatto che si rimestano tematiche, per poi pervenire a considerazioni scontate.
È questo il modo del nostro interagire con quanto ci sta intorno, che vorremmo analizzare con argomenti nuovi per potere magari attenzionare e osservare cose ed eventi secondo angolature diverse rispetto al sentire comune che incanala verso il “pensiero unico”.
In modo figurativo però, tentando di accendere fari e spot per evidenziare aspetti particolari, si manifestano anche i paletti che indicano ripetitività e, ovviamente, quelli che sono i nostri limiti. Sempre più difficile è poi trovare argomenti per poter imbattersi in originalità interpretative, con modi di leggere e di pensare diversi.
Per non arrendersi al piattume e mantenere le sinapsi sveglie occorrerà continuare a inventarsi qualcosa e ricercare spunti per avventurarsi in nuove questioni che riescano magari a produrre coinvolgimenti, che intrighino, suscitando anche in altri interesse e riflessioni.
In questa chiave, quindi, si prende oggi spunto da un interessante articolo pubblicato sul numero di Fotoit di giugno, utile a intavolare dei ragionamenti per valorizzare l’importanza che dovrebbe avere la storia.
Prima di iniziare mi piace richiamare l’attenzione sul fatto che l’emancipazione è una condizione acquisita, ma alla quale però non sempre è prestata la giusta attenzione. Nella grammatica italiana corrisponde a un sostantivo che identifica un proprio status, sicuramente correlato a conquiste, a diritti civili e sociali. Un termine che ha anche molto a che fare con altri due, ovvero la riconoscenza e la gratitudine, che non tengono in giusto conto la provenienza delle opportunità ritrovate.
Fatta la dovuta premessa, veniamo al pretesto offerto da Pippo Pappalardo che, con il suo attento articolo, ha voluto mettere in luce ed evidenziare il contributo prestato dalle donne partigiane e, specificatamente, nella resistenza italiana.
L’intento confessato era quello di voler richiamare in origine l’attenzione al libro “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò, poi non poté’ frenare la voglia di allargare il discorso sulle donne della resistenza.
A supporto dell’argomento viene anche fatto cenno anche al volume di Benedetta Tobagi (“La resistenza delle donne”), utile ad allargare le tante considerazioni inerenti al ruolo delle donne assunto nella resistenza, nella liberazione e nel successivo momento di rifondazione sociale sfociato con il plebiscito per l’assetto repubblicano dell’Italia.
In forza di ciò nel 1946, in Italia le donne votarono per la prima volta e parteciparono anche all'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente. Le donne elette diedero un contributo determinante nella stesura della nostra Carta costituzionale entrata in vigore nel 1948.
L’interessante articolo cui si rimanda pone delle riflessioni sia sull’attualità politica che stiamo vivendo che sull’emancipazione cui si è fatto cenno.
Per quanto evidente, la partecipazione fattiva delle donne italiane, sommato alla variegata partecipazione delle diverse ideologie dei tanti attori intervenuti nelle varie fasi costituzionali, ha creato un equilibrio democratico aperto e idonea a creare una serie composita di pesi e contrappesi, frutto anche della cultura millenaria sedimentatasi nel nostro paese.
Atteso che è stato il governo Giolitti a introdurre nel 1912 il suffragio universale maschile per chi avesse compiuto trent'anni (nel 1918 tale diritto fu esteso ai maschi che avessero compiuto 21 anni o che avessero effettuato in servizio militare) e che nel febbraio 1945 venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni ne consegue che:
1) Il voto universale deriva da un provvedimento regio sabaudo.
2) L’estensione del diritto di voto alle donne deriva da un provvedimento giuridico emanato dalla nascente Repubblica italiana postfascista.
Per quanto ovvio durante il fascismo le donne non avevano voce in capitolo nell’ambito della rappresentanza politica e tanto meno nel poter ricoprire incarichi istituzionali di alto rango.
Fortunatamente l’emancipazione sociale contempla progressi, ma non può certamente confutare certe evidenze della storia. In questa chiave appaiono bizzarre e certamente singolari le tante opportunità politiche offerte a partiti di derivazione postfascista, restie a valutare le fortune ereditate attraverso una serie di combinazioni occasionali laiche d'ispirazione anche cristiane e democratiche.
Il pensiero non può, quindi, non andare all’attuale Primo Ministro donna. Quella declamante “Dio, Patria e Famiglia”.
Ritornando alle donne della resistenza, se non fosse stato per quelle partigiane forse oggi non solo non avrebbe ancora possibilità per il diritto di voto, ma avrebbe potuto forse aspirare al solo ruolo di cortigiana di un capo.
Verrebbe da dire: Alla faccia della emancipazione conquistata da chi ha lottato contro il regime fascista” e degli appuntamenti annuali rievocativi di “Acca Larentia”, spesso pure partecipati e mai rinnegati.
Buona luce a tutti!
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venerdì 1 agosto 2025
L’arte può raccontare, per essere poi letta in tanti modi
Un’idea artistica di SID che indubbiamente intriga.
Una installazione comunque poco fortunata, fatiscente, che non ha avuto lunga vita a causa di intemperie climatiche sopravvenute nell’area e che l’hanno ridotta, dopo solo qualche giorno, in brandelli.
Le indicazioni incrociate, non so quanto siano state volutamente o consciamente collegate a simboli reali. Cioè agli avvenimenti di cronaca accaduti in città, ovverossia al contesto urbano dove è venuta cessare la lunghissima latitanza di Matteo Messina Denaro.
Sta di fatto che il risultato posto in essere era venuto a fondere in un univoco: ironia, dubbio e sorpresa.
La figura disegnata da SID risulta infatti fortemente ieratica, termine che può essere “usato anche con intonazione ironica” per l’appunto “allo scopo d’indicare una gravità e solennità ostentata, fortemente caricata e sproporzionata al luogo o alla circostanza”.
In genere, nell’iconografia cattolica, Maria Maddalena è principalmente associata a una delle figure delle ultime scene rappresentate nelle stazioni della Via Crucis, ovvero alla crocifissione e deposizione al Calvario, quindi al massimo della rappresentazione fideistica del simbolo eucaristico di Cristo.
Nella fotografia realizzata dallo stesso autore, Sid la colloca invece in un contesto urbano isolato, sotto una indicazione stradale che, a Palermo, indica la direzione per raggiungere “La Maddalena SpA”, punto di riferimento assoluto e di eccellenza per l'oncologia in Sicilia.
Da qui deriva un’iconoclastia sottile e originale, probabilmente non completamente pensata nei dettagli indicati, che porterebbe a una irriverenza/blasflemia verso i principi e le credenze della fede, comunemente pure associati alla “Maddalena” della storia.
La Maddalena di Sid è l’ennesima dimostrazione di come l’arte concettuale può raccontare, per essere poi letta in tanti modi.
Buona luce a tutti!
© Essec
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venerdì 18 luglio 2025
Fotografie, come lampi narrativi
Accade a tutti gli appassionati di fotografia di volere talvolta costruire un’immagine con l’intenzione di riuscire a suggellare in un solo scatto quella che potrebbe essere la sintesi di un evento.
Il tutto può includere elementi della scena, selezionati in modo da storicizzare anche l’atmosfera, ma non è semplice riuscire a semplificare senza cadere in soluzioni banali, scontate e troppo ovvie.
Nel trittico qui proposto, l’intenzione originaria era abbastanza semplice, ovvero era quella d’immortalare la coppia nell’ambiente che aveva appena accolto la presentazione del libro “Rosalia, oltre la Fede”.
Può, però, anche succedere che, indipendentemente da tutto e dalle stesse intenzioni, qualche volta sono i protagonisti rappresentati in scena a far nascere tanti dettagli di un vero racconto.
Nel caso in questione, dopo il primo click che intendeva generare un’istantanea, nello stesso palcoscenico della rappresentazione, qualcuno venne a declamare ..... bacio, bacio.
Dopo un primo imbarazzo fu lei a venire a rompere gli indugi e a prendere decisamente l’iniziativa, forse per soddisfare il desiderio inconscio di storicizzare a proprio modo quel particolare momento.
Il secondo e il terzo scatto rendevano chiari i sentimenti, grazie alla complicità attenta, ma del tutto inconsapevole, di chi stava fotografando.
Per chi conosce i soggetti in posa e, in particolare, il momento unico che entrambi stavano vivendo nella loro avventura di coppia, il trittico riuscirà’ a dire molto più della semplice dinamica del bacio che era stato rappresentato.
Per chiudere, si potrà sicuramente, quindi, affermare che immagini possono essere anche architettate a monte e che, nell’esempio in questione, sono state in parte indotte, ma il risultato fotografato nel trittico proposto racconta dell’imprevedibile, ovvero del protagonismo spesso messo in campo dai soggetti che, nel caso, hanno consentito di catturare attimi, preziosità di rari miracoli esistenziali, semplicemente espressi con spontaneità e leggerezza.
Anche questo fa parte dell’arte fotografica, che tende a catturare si la luce nelle sue molteplicità ma che riesce a cogliere e congelare anche emozioni ... fuggenti.
Buona luce a tutti!
© Essec
domenica 6 luglio 2025
“Rosalia Oltre la Fede”
Venerdì scorso, a Palazzo Bonocore, ho avuto l’opportunità di partecipare al vernissage della mostra fotografica annessa alla presentazione del libro, efficacemente coordinata da Amelia Crisantino e che ha visto anche la partecipazione del sempre effervescente e acuto Salvo Piparo.
La mostra sarà visitabile fino al 21 luglio con ingresso libero. Ogni giudizio e qualunque considerazione sul libro fotografico “Rosalia Oltre la Fede” (Edizioni: Torri del Vento) di Giacomo Barone e Gianluca Marrone sarebbe del tutto superfluo, per il semplice fatto che occorre essenzialmente sfogliarlo da sé – possibilmente magari più di una volta – per riuscire a farsi una propria idea precisa.
Intanto la mancata indicazione dell’autore di ogni singola opera dimostra l’affiatamento non comune che lega i due fotografi i quali, trascurando l’attribuzione delle rispettive immagini hanno puntato essenzialmente a cercare d’inserire le giuste tessere in un mosaico volto a una narrazione unicivoca, senza frapporre inutili distrazioni.
Questo libro su Santa Rosalia è composito, ricco di dettagli e per questo, a mio parere, forse è rivolto principalmente al palermitano d.o.c..
Rappresenta, infatti, un caleidoscopio che si sofferma a raccontare le tante sfaccettature semantiche incluse nell’annuale evento: sia nelle ricercate estetiche che nelle considerazioni più intime sottese. Mostrate in un tutt’uno nell’attimo sintetizzato da un click.
Gratitudine è un termine a Palermo poco conosciuto, perché i palermitani in media sono “faccioli” e usano vendersi a chi offre di più.
Nel caso, per la storia dell’assunzione di Santa Rosalia a patrona, bastò il supposto miracolo che pose termine alla peste; per rinnegare in un sol colpo sia le patrone preesistenti poste ai Quattro Canti (Agata, Cristina, Ninfa e Orsola) che lo stesso Benedetto il Moro, solo recentemente riscattato da Igor Scalisi Palminteri con un maestoso murales dipinto che domina la piazza centrale dell’Albergheria.
Le attese ogni anno sono tante e per ogni amministrazione il Festino rappresenta un impegno non indifferente. Quindi, il "Viva Palermo e Santa Rosalia", oltre a costituire quasi un grido liberatorio diventa anche un auspicio scaramantico, tipicamente laico, affinché per la sindacatura di turno poi tutto possa andare per il meglio.
Tornando al libro, azzeccate si rivelano la prefazione di Amelia Crisantino - che racconta la storia della santa - contrapposta allo scritto su Nofrio tarantanchiolo di Salvo Piparo posto alla fine e dal quale piace citare una frase: “Arriva la festa di Rosalia, santa vergine amurusa e come ogni anno a lei, in punta di piedi, Nofrio chiede la grazia, lì dove cofanate di babbaluci, fave e coniglio, coppe di lupini e bancali di angurie rosse tagliate a metà, gli fanno da contraltare.”
Un testo che anch’esso costituisce innegabilmente una fotografia, questa volta a colori, rappresentativa del "tipico" palermitano immerso nella unicità della sua profonda “palermitudine”.
Il video della presentazione del libro a Palazzo Bonocore, avvenuta il 4 uglio, é pubblicato su You Tube.
Buona luce a tutti!
© Essec
lunedì 30 giugno 2025
Forme d'arte composite: Incrocio ideale fra un'intallazione artistica e un portfolio fotografico
Una delle esigenze dell’uomo è sempre stata quella di dare un significato alla propria esistenza, non intendendo tanto porsi come obiettivo comprendere il significato della vita in genere, ma proprio legata all’io che è connaturato all’ego incomprimibile che risiede in ciascuno.
Un impegno non indifferente per chi si illude, anche ricorrendo a utopiche religioni - e ne ha fatto oggetto di ricerca o studio filosofico interiore - magari soffermandosi sull’individuazione di un’anima, indispensabile per una qualsivoglia tesi.
In questo, oltre al mistico, il raziocinio della ricerca scientifica ci porta a immaginare per scoprire l’impensabile e anche l’arte, attraverso visioni e illusioni percorre una sua strada d’indagine.
Fabio e Fulvio, sul tema, si sono praticamente impegnati a sviluppare le loro intuizioni utilizzando materiali essenziali in uno spazio suggestivo, intriso di misticismo; installando le loro opere nella cripta della chiesa di via Alloro. Installazioni artistiche simboliche e minimaliste, per sviluppare i concetti di vita e morte.
Invitato a visitare l’operazione mi sono prestato al gioco e di leggerla a modo mio, utilizzando la macchina fotografica per fissare dettagli, senza a priori conoscere nulla sull’intero progetto.
Riporto, ora, il testo composito del critico Massimiliano Reggiani scritto unitamente ai due autori, che hanno convenuto di miscelare impressioni con quello che era l’incipit dichiarato e sotteso alle installazioni complessivamente intese secondo un unico svolgimento.
“Un’installazione site-specific degli artisti palermitani Fabio Ventimiglia e Fulvio Governale, realizzata nella cripta sepolcrale di Santa Maria dell’Itria dei Cocchieri, la piccola chiesa nel capoluogo siciliano che dal tardo cinquecento ad oggi esprime e rappresenta l’attività della Venerabile Confraternita dedita alla cura delle anime, alla moralità dei confrati e ai bisogni di chi abita nello storico quartiere della Kalsa.
‘Ipogeo’ – con il patrocinio di Settimana delle Culture – è un’opera di luce e di materia, di memoria e di suggestione.
Così la presentano i due artisti, entrambi laureati all’Accademia della Città: ‘Ipogeo’ è il lavoro del passaggio, perché la morte è solo un’altra vita. Nel profondo di un luogo sacro e attraverso l’utilizzo di elementi caratterizzanti, l’installazione rappresenta il luogo del travaglio interiore e il lavoro continuo della cura delle anime. La conservazione non ripara la memoria ma è il processo costruttivo di quest’unicum che esprime e concreta l’anima nel mondo.
Il protagonista del film ‘Stalker’ di Andrej Tarkovskij, nel monologo ‘la freschezza dell’esistenza’, afferma che in fondo la passione è attrito tra l’animo e il mondo esterno. Perché non pensare, quindi, alla passione come a ciò che più di ogni altra cosa si avvicina a quest’intima profondità che chiamiamo anima?
Il sale tiene lontano tutto ciò che può alterare; se persino il ferro cede alla sua natura determinata e forte, l’anima ormai è decapitata e pulita come il sale.
Non entrerete in un cantiere silenzioso, già c’è un’anima che ruota e sfila, è sempre la stessa (è sempre lì), ma non trasmette più insieme la trama con l’ordito, sfilare è laborioso come fare un tessuto. Non entrerete in un cantiere silenzioso, se a far rumore è lo strepito di una vita che annaffia le gemme in aprile e le ritira in ottobre”.
A seguito della significativa premessa, intendendola quasi una sinossi, propongo quattordici delle fotografie realizzate in loco che potrebbero rappresentare un portfolio, Composto da immagini accennanti ai passaggi intermedi, alle tappe intercorrenti tra l’inizio e la fina, tra la vita e la morte.
In questa rappresentazione fotografica, delle “grate o feritoie”, che separano i due piani d’ubicazione dei diversi elementi, a mio parere si uniscono anch'esse all’unicum del progetto.
Potrebbero pure intendersi come dei filtri attinenti alle fasi terrene e l’anima (fig. 12) per collegare l’ascetismo cattolico rappresentato dal cristo in croce e in sospensione, dogmatizzato nell’affresco sommitale che lo sovrasta (fig. 13 e 14).
Non so quanto di religioso possa aver ispirato l’idea ai due artisti d'arte moderna, ma non conta. Per rendere comprensibile quanto detto a parole le foto sono state inserite seguendo la logica immaginata.
Buona luce a tutti!
© Essec
Un impegno non indifferente per chi si illude, anche ricorrendo a utopiche religioni - e ne ha fatto oggetto di ricerca o studio filosofico interiore - magari soffermandosi sull’individuazione di un’anima, indispensabile per una qualsivoglia tesi.
In questo, oltre al mistico, il raziocinio della ricerca scientifica ci porta a immaginare per scoprire l’impensabile e anche l’arte, attraverso visioni e illusioni percorre una sua strada d’indagine.
Fabio e Fulvio, sul tema, si sono praticamente impegnati a sviluppare le loro intuizioni utilizzando materiali essenziali in uno spazio suggestivo, intriso di misticismo; installando le loro opere nella cripta della chiesa di via Alloro. Installazioni artistiche simboliche e minimaliste, per sviluppare i concetti di vita e morte.
Invitato a visitare l’operazione mi sono prestato al gioco e di leggerla a modo mio, utilizzando la macchina fotografica per fissare dettagli, senza a priori conoscere nulla sull’intero progetto.
Riporto, ora, il testo composito del critico Massimiliano Reggiani scritto unitamente ai due autori, che hanno convenuto di miscelare impressioni con quello che era l’incipit dichiarato e sotteso alle installazioni complessivamente intese secondo un unico svolgimento.
“Un’installazione site-specific degli artisti palermitani Fabio Ventimiglia e Fulvio Governale, realizzata nella cripta sepolcrale di Santa Maria dell’Itria dei Cocchieri, la piccola chiesa nel capoluogo siciliano che dal tardo cinquecento ad oggi esprime e rappresenta l’attività della Venerabile Confraternita dedita alla cura delle anime, alla moralità dei confrati e ai bisogni di chi abita nello storico quartiere della Kalsa.
‘Ipogeo’ – con il patrocinio di Settimana delle Culture – è un’opera di luce e di materia, di memoria e di suggestione.
Così la presentano i due artisti, entrambi laureati all’Accademia della Città: ‘Ipogeo’ è il lavoro del passaggio, perché la morte è solo un’altra vita. Nel profondo di un luogo sacro e attraverso l’utilizzo di elementi caratterizzanti, l’installazione rappresenta il luogo del travaglio interiore e il lavoro continuo della cura delle anime. La conservazione non ripara la memoria ma è il processo costruttivo di quest’unicum che esprime e concreta l’anima nel mondo.
Il protagonista del film ‘Stalker’ di Andrej Tarkovskij, nel monologo ‘la freschezza dell’esistenza’, afferma che in fondo la passione è attrito tra l’animo e il mondo esterno. Perché non pensare, quindi, alla passione come a ciò che più di ogni altra cosa si avvicina a quest’intima profondità che chiamiamo anima?
Il sale tiene lontano tutto ciò che può alterare; se persino il ferro cede alla sua natura determinata e forte, l’anima ormai è decapitata e pulita come il sale.
Non entrerete in un cantiere silenzioso, già c’è un’anima che ruota e sfila, è sempre la stessa (è sempre lì), ma non trasmette più insieme la trama con l’ordito, sfilare è laborioso come fare un tessuto. Non entrerete in un cantiere silenzioso, se a far rumore è lo strepito di una vita che annaffia le gemme in aprile e le ritira in ottobre”.
A seguito della significativa premessa, intendendola quasi una sinossi, propongo quattordici delle fotografie realizzate in loco che potrebbero rappresentare un portfolio, Composto da immagini accennanti ai passaggi intermedi, alle tappe intercorrenti tra l’inizio e la fina, tra la vita e la morte.
In questa rappresentazione fotografica, delle “grate o feritoie”, che separano i due piani d’ubicazione dei diversi elementi, a mio parere si uniscono anch'esse all’unicum del progetto.
Potrebbero pure intendersi come dei filtri attinenti alle fasi terrene e l’anima (fig. 12) per collegare l’ascetismo cattolico rappresentato dal cristo in croce e in sospensione, dogmatizzato nell’affresco sommitale che lo sovrasta (fig. 13 e 14).
Non so quanto di religioso possa aver ispirato l’idea ai due artisti d'arte moderna, ma non conta. Per rendere comprensibile quanto detto a parole le foto sono state inserite seguendo la logica immaginata.
Buona luce a tutti!
© Essec
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domenica 22 giugno 2025
Palermo Pride 2025
Tra tantissimi scatti, alcune foto della manifestazione palermitana su: https://salvatoreclemente.blogspot.com/2025/06/palermo-pride-2025.html
Buona luce a tutti!
© Essec
sabato 14 giugno 2025
"Il Palpito della terra" di Laila Bohnenbergher all'ARVIS di Palermo
Un’operazione complessa, con un progetto ricco di tecnica creativa e che segue un filo logico … sconfinato.
Sono tanti i messaggi inseriti nell’ambito della mostra, con delle allusioni esplicite, coerenti alla sinossi, e tante simbologie rivolte all’osservatore che potrà leggerle liberamente anche nelle provocazioni concettuali.
Iniziamo con riportare la sinossi dell’autrice:
“IL CORPO IN MOVIMENTO ENTRA IN SINTONIA CON IL MOVIMENTO DELLA TERRA.
Immergersi nella materia, ritornare all’essenza, alla pianta: questo è il desiderio dei corpi femminili che fotografo. L’ambiente si imprime su di loro, la pelle è mimetica con gli elementi che la circondano, la Natura diventa un mantello.
A volte i corpi si sentono al sicuro. Si fondono teneramente con l’arredamento. La forza della Natura e la forza femminile sono in armonia. Entrambi in ascolto, il ciclo femminile si lega al ciclo lunare. La pace regna, la fusione è omogenea.
Ma con una tecnica di sovrapposizione mostro anche che questa Natura si ribella. Diventa incontrollabile, invade gli esseri umani, li imprigiona.
Corpi avvolti, la Natura diventa tela o rete. Congela coloro che l’hanno ferita nel tempo.”
Con le opere esposte Laila Bohnenbergher affronta gli aspetti esistenziali destinati a non trovare mai risposte, se non quelle assolute: ovvero che qualunque forma di vita rimane collegata alla relatività del suo “spazio/tempo”.
Da visitatore della mostra, tenendo anche in giusto conto la sinossi dell’artista, sono portato a osservare che la mostra inizia con un vetro spezzato, con inglobata un’immagine nitida di un autoritratto che esce da una penombra. La prima domanda potrebbe già essere: Il “Narciso” cui si allude e che ne viene fuori parla della stessa autrice o è un netto richiamo al visitatore che si accinge a visionare le opere esposte?
Le concettualizzazioni espresse in sinossi sono abbastanza evidenti nelle fotografie, stampate rigidamente in bianco e nero, che rappresentano attimi di frame congelati in dissolvenze incrociate che, nel fondere figure plasticamente compatibili, mettono a frutto le maturate esperienze cinematografiche dell’autrice. Lei sa certamente distinguere l'immagine in entrata rispetto a quella in uscita, ma è normale che le due direzioni potrebbero non coincidere con chi si pone a osservare le opere.
Appare anche una scelta la sottolineatura della Natura collegata principalmente al mondo femminile, che in qualche modo ricorda velatamente la "Pachamama". Figura semplice e radicata nella filosofia delle tribù andine. Simbolo vivente di una cultura che ha venerato la Terra come fonte di vita e protettrice di tutti gli esseri viventi.
Le diverse forme e formule adottate sviluppano tante grammatiche differenti e, in questo, le immagini perfettamente definite, non miscelate qui in sovraesposizioni, sono proposte attraverso l’uso di gelatine sapientemente apposte su basi d’origine rocciosa (calcarea, sedimentaria, etc…) per sviluppare un discorso altro.
Alcune di esse proposte come installazioni, con l’utilizzo di calze da donna, a mio parere, potrebbero costituire il ricorso a stratagemmi idonei a individuare esposizioni d’immagini consolidate; che potrebbero alludere a una galleria di ritratti, volta alla esaltazione della figura femminile e della sua bellezza estetica.
Immagini preservate, quindi, in una simbolica pinacoteca particolare, che si viene a intramezzare fra le fotografie dell’ideale fusione esistenziale tra due mondi intesi come paralleli (vegetale e umano).
Le altre formule artistiche adottate, forse lasciano presupporre la stabilità delle immagini nel ricordo di noi umani, mentre altre ancora avrebbero lo scopo di far contemplare, con l’invito a riflettere: le isolate rocce non protette da calze, che si intervallano anch’esse nella esposizione delle opere e fotografie di visi non meglio definite poste forse come intercalari di una punteggiatura interiore.
In conclusione, non credo che la sinossi scritta da Laila possa ritenersi esaustiva rispetto all’argomento, anzi vuole essere un punto di partenza.
Le singole opere e l’allestimento ben ideato, inducono a molteplici considerazioni, variabili per le esperienze di ognuno.
Sono, infatti, innumerevoli gli spunti e le domande che suscita l'attenta visione della mostra.
Buona luce a tutti!
© Essec
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Un'immagine, un racconto

La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)
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