"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."

Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).

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Fotogazzeggiando: Immagini e Racconti

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venerdì 31 marzo 2023

Studio: parallelismi e convergenze



La street art, quella veramente di strada, annovera, oltre che artisti bravi a disegnare, anche intellettuali che riescono a comunicare attraverso i loro segni dei concetti, rendendoli facilmente comprensibili con un loro linguaggio visivo che spesso li identifica.
Capita, quindi, di riconoscere spesso l’autore di un murales ancor prima di leggerne la firma.
La comunicazione oggi più immediata e efficace è certamente quella fotografica, che è alla portata di tutti e più facile da realizzare grazie a tecnologie (hardware e software) che consentono, anche con semplici cellulari, di generare in un lampo creatività anche originali e quasi impensabili.
Ma in merito a creatività e fantasia non secondario è quanto viene fatto da taluni graffitari che, specie se impegnati nel concettuale, seguono dei filoni ideologici che hanno un impatto immediato, quasi fulminante, per qualsivoglia lettore.
Come spesso capita, ogni progetto articolato per essere efficace necessita di uno studio preventivo e molti artisti (fotografi, pittori, registi e altri performer ancora) si dotano di piccoli taccuini dove annotano idee e abbozzano schizzi su quanto immaginano di andare poi a realizzare. Chi ha praticato una qualsivoglia esperienza artistica conosce bene l’argomento.
Al Maxxi di Roma, in una mostra antologica di un autore italiano affermato, alle innumerevoli foto di grande formato si accompagnavano anche una serie di taccuini dell’artista, aperti proprio nelle pagine afferenti al progetto correlato. L’osservatore poteva così capire, con ogni evidenza pratica, il concepimento dell’elaborazione grafica originale, su come quell’idea era stata ideata, con tutte quante le fasi di studio che, in qualche modo, avevano già fotografato idealmente l’immagine successivamente prodotta con un solo scatto.
È un fenomeno noto, da sempre praticato a tanti livelli e per molte delle discipline che prevedono bozze e approfondimenti per realizzazioni che includono aspetti complessi. Del resto certi studi di Leonardo da Vinci, per esempio, testimoniano l’analisi minuziosa che stava alla base dei suoi tanti capolavori.
Non può, quindi, per nulla meravigliarci se anche certi artisti di street art socialmente impegnati procedano con analoghe prassi nell’ideare le proprie opere. 
A tal riguardo mi piace tornare a segnalare un breve slide show su lavori storici di Nemo’s (https://youtu.be/5aSTTP8VCqc), da me realizzato qualche tempo addietro, utilizzando una serie di immagini rese pubbliche e che a quel tempo risultavano postate dall’autore nella sua pagina web.
La visione delle sequenze che s’incrociano affascina ed è più che sufficiente per capire l’intero processo che spesso accompagna la realizzazione di talune opere artistiche.
Analogie simili sono presenti in tanti autori che spaziano nei vari ambiti creativi e generalmente rari sono i fenomeni collegati a delle estemporaneità che risultano frutto solo del caso.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

giovedì 30 marzo 2023

Nel portfolio fotografico, in ogni caso, tutto è oggetto di dibattito e confronto



Non poteva esserci alcun dubbio. La dottrina associata al garbo, che costituiscono una costante nelle lezioni del Prof Torresani, hanno colpito ancora; lasciando l’ennesimo segno sul come una passione può essere goduta più proficuamente attraverso spensieratezza e allegria.
Un week end che, condensando in un unicum: teoria, pratica, dritte, supervisione e le necessarie modifiche apportate dall’esperto docente, ha in ultimo prodotto una serie di portfolio fotografici centrati e appaganti per tutti.
L’esordio per chi si accingeva a praticare questa branca fotografica, ha pure rivelato delle attitudini naturali prima sconosciute che, per quanto ideato e prodotto, ha costituito una positiva sorpresa.
In ogni caso, il “cum grano salis” che il Prof Giancarlo Torresani ha richiamato più volte, in special modo riguardo al giusto dosaggio delle immagini che sono necessarie a completare un messaggio, hanno sottolineato l’attenzione preminente del mantenere un equilibrio fra linguaggio visivo e idea progettuale sottostante. Dosaggio fondamentale che è stato oggetto di dimostrazione pratica nell'ottimizzare i risultati dei quattordici lavori presentati dai partecipanti, come prova pratica dell'aspetto più proficuo del work shop.
Chi era più addentro all’argomento conosceva bene quelli che sono i rischi più ricorrenti quando ci si avventura a preparare un portfolio. Un’attenzione particolare è stata, quindi, posta sull’editing delle foto che ogni partecipante aveva precedentemente scelto per il proprio lavoro, eliminando - con giustificati motivi condivisi - ripetizioni, ridondanze, o curando cromie, rimodulando la successione delle sequenze.
Il tutto fatto sempre con la partecipazione attiva e il pieno coinvolgimento non solo del proponente ma anche valutando i pareri che venivano espressi dagli altri autori, in qualità di spettatori.
Tutti i partecipanti, incrociandosi nei ruoli, hanno infatti assistito alla revisione di ogni singolo portfolio, potendo sempre interagire con il docente per concordare le soluzioni ritenute più opportune.
Per quanto ovvio, quindi, al temine del terzo giorno tutti sono rimasti ampiamente soddisfatti del lavoro svolto, in base ai percorsi comuni che avevano portato ai singoli risultati.
Per la cronaca, il tema prevalente dei portfolio preparati durante il corso è stato quello documentario, anche perché il più facile da poter realizzare in mezza giornata, ma non è mancata la narrativa tematica e anche, per taluni aspetti, la narrativa artistica.
C’è stato chi ha utilizzato fotografie d’archivio e chi, invece, ha realizzato il proprio portfolio con immagini estemporanee, seguendo l’idea di un progetto o utilizzando i risultati di escursioni fotografiche "aperte", senza avere aprioristicamente un’idea ben precisa.
Le diversificazioni che ne sono derivate hanno pertanto anche offerto moltissimi spunti su come è possibile ideare un portfolio fotografico, curando i molteplici aspetti necessari a rendere fluido un racconto.
Alla fine del work shop ciascuno è rimasto pienamente soddisfatto e contento per gli apprendimenti acquisiti, avendo potuto partecipare dal di dentro a tutte le fasi che identificano una prassi fotografica che oggi va per la maggiore ma che, per ovvi motivi, rimane complessa.
Scuole di pensiero si incrociano sull’argomento portfolio e le continue innovazioni via via introdotte vanno ad allargare sempre più i confini schematici sottostanti, che introducono, oltre a nuove regole, inclusioni di elementi visivi che non sempre si attengono ai canoni classici e specifici tipici di una fotografia.
Ma ci sta, poiché nel campo artistico tutti i paletti non sono mai fissati in modo rigido. Anzi, vengono spesso spostati in relazione alle temporalità e al pensiero culturale prevalente del momento.
Resta importante il poter riconoscere quella creatività che conferisce un senso a tutto ciò che chi realizza e che ci si accinge a proporre.
Nel portfolio fotografico, in ogni caso e in particolar modo, tutto è sempre oggetto di confronto e soggetto ad un eventuale dibattito, per cercare di addivenire a risultati comunque mai assoluti, che lasciano a ognuno la possibilità di un giudizio personale (condivisibile o meno, a questo punto, poco importa).

Buona luce a tutti!

© ESSEC

giovedì 23 marzo 2023

Rosiconi si nasce e non c’è rimedio



Ci sono dei tipi che non sanno godersi tranquillamente le opportunità che offre la vita.
Per gli occhi strabici che si ritrovano, sono sempre portati a guardare gli altri in modo strano, quasi mai rapportandosi in modo diretto e, piuttosto che concentrarsi a contemplare le positività che li circondavano, sprecano il loro tempo a rosicare.
Un gruppo di perenni scontenti, si riconobbero e si ritrovarono ad associarsi, per cercare di eccellere nella comune passione fotografica con un impegno collettivo.
Erano certi del fatto loro e più che convinti che, loro esclusi, la mediocrità e il banale erano le qualità circolanti che andavano per la maggiore.
Nella realtà associativa che avevano appena creato, pur restavano soggetti validi e preparati in funzione degli obiettivi prefissati, per le continue distrazioni verso valutazioni e giudizi non richiesti, rischiavano di alimentare inimicizie e causare insuccessi.
Il continuo rosicare, di fatto, restava una prassi comune che nessuno di loro, purtroppo, smetteva mai di praticare.
Eppure non erano dei giovincelli e le esperienze di vita avrebbero già dovuto da tempo insegnare il sano principio del “vivi e lascia vivere”. Un metodo salutare che implica il distogliersi dal guardare sempre in cagnesco l’opera altrui e, magari, cercando di curare meglio ciò che di positivo era più alla portata.
Ma, purtroppo, la maledetta erba del vicino è quella sempre più verde e, in un mondo in cui spesso l’invidia ci mangia vivi, vedendo solo difetti in ciò che sta attorno, si rischia solo di disperdere il tempo utile disponibile.
Un caro amico mi ricordava sempre che bisogna fare il passo basandosi sulla falcata della propria gamba. Adeguarsi alle proprie caratteristiche e peculiarità, accettando con serenità e coscienza la reale consistenza di talento che madre natura ci ha individualmente concesso.
Del resto l’operare che per i dotati risulta un qualcosa di leggero e naturale, in altri meno talentuosi comporta sempre notevoli sforzi, anche nella sostanziale copiatura, finalizzata a riuscire a raggiungere almeno quello stesso livello: il duello indomito di Salieri per l'odiato e invidiato genio naturale di Mozart.
Scioccamente, in questi casi assai frequenti, non viene mai minimamente preso in considerazione il fatto che potrebbe risultare meno stressante il godere del talento altrui, magari concentrandosi a sviluppare quell’analisi critica volta a valorizzare gli aspetti di eccellenza che non è a nostra portata ma che ci circonda e che esiste indipendentemente da noi.
Ma purtroppo rosiconi è un difetto innato e, anche se molti poverini si concentrano nel camuffare, si tradiscono sempre con l’impegno volto alla continua ricerca di possibili difetti ....... nell’opera altrui ....... recitando al contempo quel monotono mantra - declamante e insopportabile - dell’io,io,io,io.
Ripetendo con costanza la fiaba di Biancaneve e della Strega matrigna, per taluni è quindi un continuo rispecchiarsi sui social, con patologie evidenti: “specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”.
Oggi, anzi, queste opportunità sul web sono la finestra ideale per chi è dedito a pratiche insane, con algoritmi che facilitano affinità, incontri e ulteriori potenziali virtuali amicizie tossiche.
Mentre intanto aumentano follower, like e tanti cuoricini.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

martedì 21 marzo 2023

"Andiamo al cinema" (Slide Show)



Link per lo slide show: "Andiamo al cinema" https://youtu.be/gMQ7uohE9Y8

A Palermo la creatività non ha confini. La street art continua con delle nuove installazioni e le formule adottate sono variegate e continue.
Con questa logica i graffitari e gli artisti di street introducono nei quartieri nuove opere che abbelliscono il territorio, arredandolo con un museo all'aria aperta che si implementa e viene messo a disposizione dei palermitani e dei tanti turisti che ogni giorno affollano la città.
La raccolta proposta in questo slide show sfrutta delle strutture abbandonate inserendo locandine originali di artisti dediti a creare anche delle storie.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

sabato 18 marzo 2023

Anche Enrico Scaglia fin da piccolo aveva in mente di fare il fotografo



Mercoledì scorso al Circolo Fotografico Fincantieri-Wärtsilä di Trieste era in programma un incontro con Enrico Scaglia (fotografo che vive e opera a Trieste da cinque anni e titolare dell'omonima Accademia), intitolato «Una questione di testa: una vita passata a fotografare senza macchina fotografica». All’evento pubblico era possibile accedere anche attraverso collegamento in streaming.

Più volte, durante l’incontro è stato fatto cenno a Francesco Cito e non a caso, anche per il semplice fatto che pure Scaglia nasce fotografo per intenzione determinata fin dalla tenera età. Si rimanda, al riguardo, alla prima puntata di “Photo Chi Scatta” dedicata a Cito che “impara a fotografare scoprendo i grandi fotografi”.

Nel piacevole pomeriggio in cui ha intrattenuto i soci, Il primo concetto posto in risalto come incipit è stato quello di indicare i quattro momenti (intitolati: penso, cerco, vedo, scatto) che costituiscono la base per costruire una fotografia conscia e ordinata.

Il talento poi, che con dosi differenti è presente in ognuno, abbinato alla pratica consente di comprimere i tempi di elaborazione, velocizzando l’attuazione delle singole fasi.
Per meglio esemplificare quest’aspetto ovvero che, l’esercizio permette poi al fotografo di accelerare l’elaborazione attuativa dei quattro aspetti, Scaglia ha portato come paragone calzante ciò che è attinente alla pratica nella guida di un’auto, che viene quasi ad automatizzarsi nel tempo.
Tutti i principianti incontrano, infatti, delle difficoltà nel coordinare le tante azioni (durante l’apprendimento di scuola guida si avranno problemi nel pensare contemporaneamente ad abbassare la frizione, azionare la leva di cambio, stare attenti alla strada, verificare gli specchietti retrovisivi, stare attenti al semaforo e alla segnaletica in genere, essere pronti ad azionare i freni, etc.). È poi la prolungata pratica, come sappiamo tutti, quella che porta ad automatismi quasi inconsci, determinando una assuefazione alla contemporanea gestione del composito insieme combinato.
Un altro esempio è anche stato quello che paragona l’apprendimento dei principi della fotografia alla primordialità della natura umana, con il gattonare e fare i primi passi nel camminare eretti; fasi che rappresentano esperienze indispensabili e necessarie per assicurarsi certezze in quella deambulazione futura dell’età adulta.

Tornando all’attività più strettamente fotografica, prima di procedere per realizzare un’immagine alla base occorre maturare l’idea di ciò che si intende fare. Ne deriva che la fotografia da realizzare deve essere, pertanto, prima pensata ed è dopo aver sviluppato un pensiero che si si viene a mettere in funzione quel “serbatoio personale” (che assomma tecnica, cultura, sentimenti, anima, cuore, pancia) corrispondente alle specifiche peculiarità di ciascuno.

Poiché la foto costituisce un mezzo con il quale raccontarsi o raccontare, anche l’ambientazione è elemento importante per far prevalere la base del pensiero che sta all’origine.
Il linguaggio utilizzato (grammatica e sintassi) è la chiave per inviare consciamente un messaggio, con l’intento di creare e stabilire un parallelismo in un contesto culturale tra chi crea l’immagine, chi l’ha commissionata o con chi è comunque chiamato a leggerla.
Eventuali carenze d’informazione generano l’ignoranza (che può caratterizzare anche una delle singole parti in causa), che però può pure aleggiare anche nei casi di eccessi (d’informazioni per l’appunto) che rischiano di confondere nell’assicurarsi certezze, impedendo sostanzialmente di padroneggiare a pieno tutte le potenziali opzioni disponibili, che rischiano di rimanere solo in teoria accessibili.

Altra affermazione portata avanti da Scaglia, anch’essa importante, è stata quella secondo la quale solo durante la ripresa si vede la foto. La giusta lettura in fase di scatto fa sì che, al fotografo, non occorrerà poi apportare modifiche sostanziali nella successiva fase di post-produzione.

Lo stato d’animo di chi fotografa è anch'esso un elemento fondamentale, così pure l’empatia che il fotografo è chiamato a mettere preventivamente in campo. In funzione di quest’ultimo aspetto è stato posto l’accento sull’utilità di focali diverse nell'uso degli obiettivi; raffigurando l’esempio di come talvolta può tornare anche conveniente ricorrere a un grandangolare - per avvicinarsi al soggetto/scena – per poi utilizzare un teleobiettivo, allo scopo di agire in un “campo già sminato” da eventuali imbarazzi o diffidenze preesistenti da subito notate.

Del tutto non trascurabile e, in caso, occorre porre molta attenzione all’effetto attinente ai neuroni specchio, che il fotografo potrà neutralizzare anche con l’esperienza e la piena conoscenza delle tecniche specifiche dell’hardware di cui dispone.
Lo stesso dicasi, riguardo alle conoscenze e alla cultura fotografica generale, qualora si venga chiamati ad esprimere un giudizio critico su una fotografia - o un insieme di esse – nei casi occasionalmente richiesti.

Scaglia ha anche sostenuto che la fotografia analogica dovrebbe essere posta alla base di ogni didattica, anche per la lunghezza dei tempi di cui la stessa necessita.
Stabilita la sensibilità della pellicola che si intende usare, la formula costante è sempre d x t = E (dove D sta per il diaframma, t corrisponde al tempo, “E” costituisce un risultato costante determinato e indispensabile che deve corrispondere alla quantità di luce necessaria per catturare l’immagine che si intende realizzare).
Peraltro, l’agire e il pensare in analogico favoriscono anche la memoria storica, sia per il lasso dei tempi necessari alle diverse azioni ed elaborazioni mentali che precedono ogni scatto, che per il minore numero di fotogrammi consentiti da una pellicola/rullino.

Per concludere, in questo breve incontro non poteva non essere posto l’accento anche sull’editing fotografico, dove, anche qui, il “serbatoio” personale è chiamato a esercitare un ruolo di sintesi importante (il famoso “serbatoio personale” che si ha in dotazione e che è stato curato nel tempo).
Al riguardo è stato nuovamente tirato in ballo Francesco Cito con la sua tesi della fotografia “ruffiana”, pensata per compiacere sé stessi e assecondare le attese del destinatario finale. Ma questo è un altro aspetto che merita una più ampia argomentazione.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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P.S. Nel suo canale You Tube (Photo chi scatta) Enrico Scaglia, si definisce “un fotografo che ama la fotografia e che vuole condividere e trasferire le proprie esperienze” e chiude dicendo che “se vuoi imparare a fotografare prima devi imparare a guardarti intorno ed a capire come la fotografia si è evoluta.”
Per chi volesse ulteriormente approfondire su Francesco Cito, si rimanda alla sua Lectio svolta a TrapanInPhoto del novembre 2022, con la partecipazione del critico fotografico Maurizio Garofalo.

martedì 14 marzo 2023

“Così è se vi pare” anche in fotografia



Un aspetto frequente in fotografia è il caso in cui un lavoro di portfolio viene ad assume dei canoni prossimi al reportage, con una sequenza prevedibile che non offre spunti diversi da quelli che appalesa l’evidenza logica.
C’è chi sostiene che nella sequenza delle immagini occorre intramezzare degli elementi di discontinuità (quasi rottura) e altri che teorizzano sulle tessere di una composizione che, in un portfolio, non devono mai essere delle fotografie troppo definite.
In entrambi i casi, a loro dire, le immagini proposte devono in qualche modo anche prestarsi ad una certa ambiguità, in modo da risultare duttili e idonee a definire interpretazioni completabili con letture diverse.
La sinossi andrebbe, quindi, solo a costituire l’incipit di una storia ed è al lettore di turno che compete l’onere di sviluppare la narrazione completa; valutando, contestualmente, la coerenza e la valenza della grammatica e della sintassi usata dall’autore proponente, pure evidenziando possibili ridondanze e ripetizioni.
In relazione a ciò, potrebbe quasi risultare indifferente il percorso scelto per alimentare il racconto. Se attraverso specifici scatti realizzati ad hoc, in funzione del progetto immaginato, o l’andare ad attingere alle tante fotografie d’archivio, per scegliere quelle immagini attinenti e funzionali alla storia.
A questo punto sembrerebbe che l’aspetto più importante potrebbe essere la formula di sviluppo da adottare per articolare il portfolio.
Nelle diverse lectio gli esperti ci propongono tante possibili tematiche da poter sviluppare.
Nel libro edito da Postcart nel 2015, che costituisce un documento organico su quanto già teorizzato sul tema portfolio fotografico, Augusto Pieroni fornisce delle precise indicazioni su quelle che sono “costruzione e lettura delle sequenze fotografiche”; con schematizzazioni che aiutano anche ogni autore nel severo percorso di editing delle immagini da selezionare per un progetto.
Di recente Silvano Bicocchi ha anche esposto sei tipologie di portfolio fotografici, distinguendoli secondo una contenutistica:

- documentaria,
- narrativa-tematica,
- narrativa-artistica,
- creativa,
- concettuale,
- post-fotografica.

Per rendere comprensibili le anzidette distinzioni, ha pure mostrato delle esemplificazioni corrispondenti ai progetti sviluppabili secondo ogni specifica tipologia.
Può così capitare che nuove formule di portfolio possano anche rivolgersi oggi più alla grafica, o che si ricorra a forti manipolazioni digitali (con photoshop o ad altri stratagemmi e strumentari compositivi), enfatizzando - magari all’occorrenza e oltremodo - le storie visualizzate nell'intento d’approssimarsi il più possibile alle sinossi scritte. Perfino allontanandosi anche dall’uso standardizzato di quelle che costituivano una volta le peculiarità dei fotogrammi di base.
È anche vero che nella creatività e nell’arte in genere tutti i potenziali vincoli sono relativi e, pertanto, “così è se vi pare” avrebbe appuntato Luigi Pirandello soffermandosi sull'argomento (1), e …. poiché anche nei dibattiti e confronti paritari “ogni testa è tribunale”, in ogni caso ciascuno resterà sempre libero di poter ideare ciò che vuole per cercare di sostenere quella che per lui è la sua ragione.
Nell’occasione evidenzio un aspetto abbastanza comune, che capita di frequente a molti di noi quando ci ritroviamo ad assumere il ruolo di discente.
Capita che nell’assistere alle lezioni, seguendo il chiaro schema logico del docente, al momento tutto ci appare comprensibile e quasi quasi fino al punto che, in relazione a quanto appreso, qualsiasi argomento trattato potrebbe sembrare facilmente accessibile. Nel nostro caso, anche riguardo all’adozione della formula che può apparire più idonea nell’attuazione di un progetto ideato, da realizzare attraverso un portfolio fotografico.
Ma, passato l’attimo legato all’immediato apprendimento, cimentandosi poi all’andare a realizzare l’opera, si scopre che tra la teoria e la pratica permane una bella differenza; sorgono molti dubbi e incertezze, fino a rimanere spesso attoniti e impotenti pur nell'intento di voler proseguire. Per non parlare degli immancabili "bios cognitivi" che possono poi venire a condizionare la formulazione di un nuovo progetto; ma questa è un'altra storia.
Nulla di nuovo sotto il sole quindi, succede un po’ a tutti e costituisce una cosa normale anche l'insuccesso, che deve essere accettato e al quale presto molti di noi si abituano tranquilli.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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(1) L'inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione che può non coincidere con quella degli altri.

lunedì 13 marzo 2023

Letture di portfolio all'ARVIS di Palermo



Uno dei compiti dei Circoli fotografici è anche quello di proporre occasioni per creare opportunità atte a consentire confronti, introducendo novità per allargare conoscenze.
Molti appassionati di fotografia frequentatori di social, specie negli ultimi tempi, avranno avuto sicuramente modo di notare un certo fermento nelle attività e, in quest’ottica l’ARVIS di Palermo sta portando avanti da qualche tempo una serie d’iniziative diverse e nuove rispetto all’attività principale dedita alla formazione didattica, economicamente necessaria per la sussistenza.
In questa dinamica, tante proposizioni di nuovi associati hanno avviato una serie di eventi per una utenza vasta, rivolta anche ai corsisti e allargata, quindi, anche ai non soci.
L’esperienza maturata con l’occasione del 74° Congresso nazionale FIAF 2022 aveva sollevato un certo interesse per la sezione portfolio (branca della fotografia che intende raccontare per immagini delle storie); in relazione a ciò, l’ARVIS, ha quindi voluto generare una prosecuzione volta a offrire ai tanti appassionati una ulteriore occasione.
Nella giornata di domenica 12 u.s. tre lettori (Brigida Lunetta, Michele Di Donato e Gianni Nastasi) si sono quindi prestati a esaminare, durante una intensa mattinata, una serie di proposte presentate da fotoamatori provenienti anche da fuori provincia.
Le letture hanno messo in luce lavori diversificati e l’ambiente ridotto ha consentito a tutti di poter visionare e assistere anche all’esame dei lavori presentati dagli altri.
Quest’ultimo aspetto, unito all’ambiente sereno venutosi spontaneamente a creare, ha favorita la buona riuscita dell’evento. Realizzando i presupposti pensati come ideali, per consentire ai partecipanti di allargare conoscenze e eventualmente apprendere nuovi concetti utili a migliorarsi o a meglio perfezionare l’approntamento dei futuri portfolio fotografici da ideare.
In relazione alla riuscita dell’operazione e stante la presenza stanziale di diversi fotoamatori interessati al settore, Palermo - con l’ARVIS nello specifico - potrebbe certamente proporsi per costituire un nuovo polo fisso adatto a organizzare altri appuntamenti del genere.
L'operazione potrebbe affiancansi alle altre realtà istituzionalizzate che da tempo già operano in Sicilia (a Trapani, nel catanese, nel ragusano e nel siracusano), allargando l'offerta per maggiori sviluppi e ulteriori possibilità di letture.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

giovedì 9 marzo 2023

E ...... vaiiiiiii!



Qualche tempo fa ebbi a scrivere in merito a taluni fotoamatori che, una volta raggiunto un livello di successo per loro soddisfacente, da quel momento s’impigriscono ripetendo produzioni simili, seguendo cliché statici e sostanzialmente quasi uguali. 
Oggi, dialogando con un noto fotografo è venuto fuori questo problema che di frequente latita. 
La questione s’incentrava sulla domanda posta in riferimento a chi oggi potesse suscitare interesse nel panorama fotografico locale.
La risposta categorica enfatizzava la piattezza di una moltitudine di ex belle promesse che, lungi dall’esporsi a novità e sperimentazioni, continuano a proporre solite solfe; al punto tale che, confrontando tante produzioni di un arco ventennale e oltre, le rispettive fotografie prodotte sembrano essere state scattate quasi in un unico momento.
Eppure l’arte si baserebbe sulla continua ricerca creativa e la fotografia, che si annovera fra le forme sperimentali più disponibili, non ha nulla a che vedere con l’idea di non rinnovarsi nel trovare nuovi spunti e modi diversi d’interpretare l’immagine.
Per taluni il successo conseguito induce spesso a congelare come in un ghiacciolo l’attimo fuggente, con un fotogramma stampone unico da ripetere all’infinito, magari con piccole varianti, come si avesse a che fare musicalmente con un motivetto unico gradevole che, una volta riscosso un successo, fosse unicamente da ripetere in loop.
Anche se la solita minestra è molto apprezzata da molti, pure i bravi cuochi amano inventarsi portate nuove, innovandosi e, nel caso, anche ricorrendo all’utilizzo diversamente combinato delle stesse materie prime, seguendo anche le nuove opportunità offerte.
Il timore di rischiare e mettere in dubbio uno standard ormai omologato non può costituire un traguardo fino a indurre inaccettabili prudenze e soffocanti afasie.
In tutto questo i tanti concorsi fotografici e l’ossessione per accaparrarsi stelle e stellette non aiuta di certo.
In conclusione, per chi vanta allori senza proporre rinnovi, sarebbe un po’ come andare a concentrarsi nel tarare “in manuale” il proprio cervello creativo su rigidi canoni. Con una impostazione iperfocale o impostando il tempo di un centoventicinquesimo in caso di pieno sole, con diafframma 16 e ISO 100, con la sola attenzione di riparametrare all’occorrenza i valori di tempo e diaframma - per assicurare la giusta esposizione - in caso di nuvolo o altre varianti e, eventualmente, l’ulteriore aggiunta di una quinta (naturale, architettonica o altro) per assicurarsi una profondità, anch’essa standard, che in genere induce l’osservatore a concentrare verso un unico punto la maggiore attenzione (sezione aurea).
In fondo per chi è portato ad adagiarsi sugli allori ripetendo sempre una omologazione standardizzata di se stesso (senza avere neanche l’estro innovativo di Andy Warhol) è, come si usa dire, un modo per avvalorare il tipico detto “fatti a nomina e va curcati”.
E …….. vaiiiiiii!

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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mercoledì 8 marzo 2023

Silvano Bicocchi - e non solo lui fortunatamente - docet!



Ieri sera ho seguito in streaming ancora una volta Silvano Bicocchi che, invitato dal Circolo fotografico “Il Grandangolo” di Parma per illustrare i fondamentali di ciò che è un portfolio fotografico, ha esposto in maniera esaustiva e apparentemente semplice ciò che in verità semplice non è affatto.
Come mi capita sempre nell’ascoltare altri appassionati capaci di affabulazione didattica (e qui i nomi da citare sarebbero fortunatamente molti: Pippo, Giancarlo, Daniela, Isa, Eletta, Enzo e tanti altri), assistere alla lezione è risultato gradevole, anche perché chi è pienamente padrone della materia - e capace di saper trasmettere cultura - agisce come faceva Paganini, con argomenti differenti, senza ripetersi mai.
Certo i fondamentali sono comunque gli stessi ma le esposizioni hanno sempre delle varianti di partitura e di nuove note e chiavi sonore, tanto da rendere viva l’attenzione in ogni occasione.
Questa premessa vuole anche introdurre alla così detta “capacità creativa” di chi si propone a manifestarsi in una qualsivoglia espressione artistica e la fotografia può anche annoverarsi fra le forme d’arte accessibili.
Per essere attore in qualunque disciplina - e in special modo in campo artistico - occorre avere un’idea da proporre, il desiderio di voler comunicare con una espressione interpretativa che sia conforme alla propria indole (pittura, scultura, installazioni e fotografia anche).
Di certo una certa dose di edonismo ci dovrà essere e pure un pizzico di egocentrismo (però, come si dice quando si dosa il sale nelle pietanze, per quanto basta).
Una pratica prioritaria per ogni artista – o presunto tale - dovrebbe essere quella di saper ascoltare (per poi interpretare) e osservare il più possibile le produzioni altrui; questo sia per trarne nuovi spunti, nel caso da sviluppare personalizzando, che per affinare il proprio linguaggio espressivo, oltre che per cercare di leggere e capire quanto l’altrui opera ha voluto intendere con ciò che propone. E qui non ha alcuna importanza, eventualmente, l’espressione artistica in cui ci si imbatte. Del resto è anche ampiamente risaputo che ciascuno riesce a immaginare, creare, vedere e leggere quello che oggettivamente gli consente il bagaglio culturale e gli strumenti di cui è dotato.
Tornando alla capacità didattica, mi vengono in mente alcuni esempi di esperienze avute assistendo a spettacoli teatrali, dove in relazione alla capacità interpretativa degli attori e dei registi in primis, opere conosciute potevano anche assumere vesti completamente diverse e talvolta più coinvolgenti.
Emblematica l’esperienza di aver visto al teatro Nazionale di Roma i “Sei personaggi in cerca d’autore” dal vivo, recitata in chiave moderna tra gli altri da uno splendido Enrico Maria Salerno che veniva a rendere originalissima, attuale e quasi rivoluzionaria (per ambientazione e costumi moderni) una versione classica tante altre volte riproposta (anche in TV) da Romolo Valli.
Un testo teatrale che, peraltro, ognuno può indubbiamente leggere, a forma di romanzo, in modo autonomo, immaginando da sé le scene e sviluppando a proprio modo di pensare il dramma narrato dal grande Luigi Pirandello.
Tutto questo per dire che anche se nel caso specifico dell’evento del Circolo parmense, pur venendo a trattare del portfolio fotografico con una didattica di fondo sempre uguale, l’interpretazione dialettica di chi si poneva oggi ad esporre costituiva un punto qualificante per riuscire rendere comprensibili i concetti di fondo.
Un altro punto, a mio modo di vedere essenziale, è anche quello che, anche se non tutti possono imporsi o essere riconosciuti come artisti o attori, certamente tutti possono godere delle opere altrui.
Gli spettacoli di ogni genere, gli eventi e i luoghi di cultura offrono oggi - e fortunatamente per noi occidentali - una miriade di opportunità per arricchirsi e assorbire i tanti input culturali che ci vengono – anche in maniera subliminale – trasmessi da interpreti, sceneggiatori e registi sempre diversi.
Certo non tutte le ciambelle possono risultare fragranti o gustose, poiché ogni preparazione dipende dagli ingredienti e il gradimento è collegato anche ai gusti e alle preferenze di ciascuno.
Per chiudere un po’ il cerchio di questa argomentazione assai più complessa che si viene a proporre, forse in modo eccessivamente semplicistica, si potrà comunque dire che, in un mondo affollato da milioni di telefonini e dove tutti i genitori vedono tanti piccoli Cartier-Bresson nei pargoli stressati da molti click, poi ci sarà una selezione naturale (con tanti morti e feriti).
Coloro che non avranno opportunità o modo di esprimere il proprio pensiero e una parte preponderante di quelli che si erano anche proposti come artisti, avranno altre infinite occasioni per apprezzare - come osservatori – le fantasie e il genio creativo degli altri.
In qualche modo l’appagamento potrebbe risultare sostanzialmente uguale e pieno se a base ci sarà la passione (nel caso specifico per la fotografia); mettendo da parte, ovviamente e necessariamente, quel narcisismo (e il noiosissimo mantra auto ripetuto dello “Io,Io,Io”) che infaustamente si nasconde nelle menti di ognuno di noi e che, alimentando un alone di perenne tristezza, si propone e concentra talvolta a ricercare solo possibili difetti in tutto quello che è realizzato dagli “altri”.
Silvano Bicocchi - e non solo lui fortunatamente - docet!

Buona luce a tutti!

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martedì 7 marzo 2023

Attenzione a clausole e condizioni



Nel cercare di trovare qualche foto che potesse raccontare l’evento, negli scorsi giorni, durante una marcia della pace promossa da trentacinque istituzioni scolastiche della provincia, ho incontrato dei fotoreporter freelance in azione.
I freelance sono liberi professionisti che forniscono i loro servizi in base a un contratto oppure per un singolo progetto. Aziende di ogni tipo e dimensione possono assumere freelance per avviare o completare un progetto o un'attività.
Parlando con alcuni di loro ho avuto conferma come i reportage fotografici per i media sono affidati sempre più a soggetti che collaborano, anche contemporaneamente, con svariati committenti, secondo le richieste che necessitano per un servizio.
La domanda che mi è venuta spontanea, tenuto conto che taluni di loro operavano con reflex in dotazione - assegnategli per la circostanza - è stata quella di chiedere se delle immagini che andavano a realizzare conservassero il copyright, ovvero se delle stesse ne mantenessero la piena proprietà per eventuali utilizzi altri, o se invece erano vincolati a cedere tutti i diritti al referente secondo un compenso.
La risposta mi informava che non c’è mai una regola fissa e che il tutto dipende dagli accordi occorsi con il committente.
Ci sono casi in cui l’immagine è realizzata in nome e per conto del richiedente che si configura come un vero e proprio “datore di lavoro” e anche il caso in cui si vanno a riversare le immagini di reportage realizzate secondo criteri che il fotografo ritiene opportuni.
Anche se non ne ho fatto domanda, è evidente che nel primo caso si è di fronte ad una delle variegate forme di prestazioni lavorative subordinate (manifeste o camuffate nel marasma legislativo del job act), magari con un compenso fisso che pure potrebbe essere inclusivo di tutto (vitto, alloggio e viaggio compresi); mentre nel secondo caso il prezzo pattuito sarà certamente più ridotto e magari simile a una prestazione di lavoro autonomo in senso stretto.
In campo fotografico però le differenze non sono tanto trascurabili, specie per i diritti di proprietà sull’immagine.
Magari all’inizio si potrebbe restare lusingati dall’opportunità e ai corrispettivi economici che vengono offerti grazie al proprio talento ma, per i fortunati che potranno raggiungere il successo, non si vede quanto poi il gioco possa avere valso la pena.
Lo sfruttamento commerciale immediato e futuro potrebbero, infatti e in taluni casi, tornare indietro come boomerang negativi, specie quando chi avrà avuto modo di affermare pubblicamente il proprio talento potrebbe poi riscontrare la beffa di essere citato come autore di quella foto importante, per la quale però l’agenzia o chi per essa incassa ogni royality immediata e futura.
Anche quella grossa problematica sui diritti d’autore, distinta fra l’immagine riconosciuta opera d’arte o come semplice documento di cronaca (con differenti durate dei diritti di copyright) è un’altra storia interessante. Anche se afferisce a una questione più fortemente legata alla contingenza politica e al potere delle lobby editoriali e mediatiche che dominano il momento. 

Buona luce a tutti!

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sabato 25 febbraio 2023

Le Bandiere arcobaleno riportano solo la scritta o il simbolo pace



T. Olà G., anche tu qui?
G. Certo. È un evento importante questo di oggi.
T. Indubbiamente, si respira l’aria di una politica pulita.
G. A proposito, vai a votare per le primarie?
T. No di certo, sono lontano da quella disputa.
G. Ma nel caso chi ti piacerebbe di più fra i due?
T. Nel caso avrei optato per la donna, il governatore lo vivo come un novello Mussolini.
G. Ma che dici .....
T. Ricordati che le origini del Duce erano socialiste. Io nascevo di area centrista e ora, come idee, mi ritrovo spesso collocato più a sinistra della sinistra.
G. In effetti io sono stata da sempre militante dell’estrema sinistra.

Il breve dialogo era stato con un’amica fotografa che, incurante della sua veneranda età, volava leggera tra la folla, richiamandomi per certi aspetti quella Luciana Castellina che ha lungamente rappresentato l’attivismo politico sano che ha fortemente caratterizzato una parte della nostra generazione.
Oggi trentacinque istituti del palermitano, aderendo ad una marcia della pace, annoveravano generazioni composite dell’universo scuola, creando un clima che intende infondere, nonostante tutto, positività e speranza. Al corteo partecipano classi che rappresentano simbolicamente l’intero arco del mondo studentesco, dalle elementari all’università.
Anche delle classi di bimbetti di una scuola dell’infanzia, partecipano da dietro il portone di una villa cittadina dove si trova ubicata il loro plesso scolastico, e salutano agitando le loro manine il corteo che transita.
I manifestanti, che marciano lungo un asse di Palermo assai ridotto (che va da Piazza Politeama ai Cantieri Culturali alla Zisa), espongono cartelli fantasiosi e correlati ai rispettivi livelli d'istituto scolastico d’appartenenza, accompagnati da professori e maestre che gestiscono da docenti l’ordinato scorrere del serpentone festoso.
Allegrie e musica si intervallano ai proclami inneggianti alla pace, in dispregio delle guerre.
Bambini di scuole elementari e medie si susseguono nel leggere - con l’uso dell’altoparlante - temi scritti sul tema pace preventivamente vagliati, intervallandosi con dei brani musicali.
Cori cantano, oltre a Bella ciao, note canzoni pacifiste di Bob Dylan, Jhon Lennon ed altri ancora.
Diverse sono le immagini del Mahatma Gandhi sui cartelli o in striscioni, ma non mancano neanche frasi di Nelson Mandela. Completamente assenti sono i partiti politici.
Le Bandiere arcobaleno riportano solo la scritta o il simbolo pace.
Alla marcia sono presenti anche rappresentanze di comunità islamiche, gruppi di colore e d'ordini religiosi impegnati.
Nelle scolaresche si mescolano le diverse etnie grandemente integrate nel tessuto sociale panormita.
Ma anche se mancano bandiere del Che con sfondo rosso, sono tanti gli anziani nostalgici che partecipando alla marcia riassaporano l’ebrezza delle loro adesioni alle manifestazioni di un tempo.
Personalmente credo di avere respirato fra i miei coetanei quello stesso tipo di aria che avevo inalato a Roma, durante un corteo delle Sardine che, partendo da Piazza Repubblica, si erano radunati a Piazza San Giovanni. Anche li serpeggiava con evidenza la voglia di riscatto di tanti che erano avviliti perchè delusi da personaggi e dai rispettivi partiti di riferimento.
Nell’arco di un paio d’ore l’operazione registrava a pieno il suo successo. Raggiunta la meta il corteo veniva a sciogliersi.
Ad ognuno rimanevano le impressioni positive per un profondo ripudio di tutti i manifestanti ad ogni qualsivoglia forma di guerra.

Buona luce a tutti!

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mercoledì 22 febbraio 2023

La Fotografia come gioco e strumento di cultura



Fortunatamente la mente umana ha previsto fra le contorte elaborazioni esistenziali anche il gioco. Un escamotage che consente spesso di sfuggire in qualche modo dalle realtà meno desiderate e che aiuta a distrarsi da preoccupazioni che si presentano anche pesanti.
La fotografia è per molti di noi un trastullo giocoso che consente di cavalcare l’immaginazione, sia ponendosi come soggetti attivi che da osservatori di quanto ciascuno "osa" proporre, noncurante delle considerazioni altrui.
Partendo dal significato stesso della parola gioco, l’enciclopedia dice che corrisponde a “qualsiasi esercizio, singolo o collettivo, cui si dedichino bambini o adulti per passatempo o svago o per ritemprare le energie fisiche e spirituali: giochi all'aperto, infantili, di società”. Ammonisce anche, attraverso proverbi, che “ogni bel gioco dura poco”, così come “ogni scherzo o divertimento, anche piacevole, vien presto a noia.”
Lo stesso dizionario recita anche che si tratta spesso di “competizione fra due o più persone, regolata da norme convenzionali e il cui esito dipende in maggiore o minor misura dall'abilità o dalla fortuna: il gioco dell'oca, dei birilli, della dama, del poker. In senso figurato (dal gergo dei croupiers): il gioco è aperto, i giochi sono chiusi (les jeux sont faits), a proposito dei momenti iniziali o conclusivi di una operazione o competizione specialmente politica.”
Non si può che condividere entrambe le citazioni, soprattutto se si vuol mantenere nei giusti canali l’oggetto e l’intenzione finalizzata al gioco in sé stesso.
La fotografia è uno strumento tecnologico che in breve tempo ha sorpassato l'espressività innovativa introdotta a suo tempo dalla scrittura.
Come tale può essere vissuto come una forma sofisticata di trastullo ma, se mal gestita, può costituire uno strumento pericoloso che può condizionare negativamente il pensiero delle masse.
L’importanza della Fotografia è del resto riconosciuta e, specie in politica, costituisce anche un’arma di propaganda efficace e penetrante. Tanto si è detto e si continua a dire in proposito.
Il linguaggio dell'immagine, ormai collaudato, sta anche alla base del marketing commerciale che, al di là dei contenuti espliciti, condiziona attraverso i così detti "tagli" (specie se escludenti o parziali rispetto al reale), i colori, gli ammiccamenti, le pose evidenti o nascoste e tanto altro ancora.
Consci delle peculiarità e della natura che possono caratterizzare il fenomeno, almeno nella pratica hobbistica della fotografia, sarebbe assai salutare il mantenersi entro i “confini” correlati al gioco, inteso come gioiosità, trastullo, narrazione positiva, competizione culturale, forma di arricchimento con gl’interscambi naturali che con le diversificazioni alimenta.
Tutto il resto lasciamolo fuori, per aiutarci a vivere e a non avvilire ulteriormente un’esistenza egocentrica che crede da tempo d'essere “a immagine e somiglianza”.

Buona luce a tutti!

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P.S. La foto in copertina l'ho intitolata "Maschera". Chissà quanti erano riusciti a vederla (come gioco di ricerca fotografica, quanto meno)

lunedì 20 febbraio 2023

Commento suscitato dall'articolo di Gerardo Coppola pubblicato su Economia & Finanza Verde



"In qualche modo le considerazioni di questo articolo costituiscono quasi un parallelo con le tesi sostenute da Thomas Fazi sulla politica economica nel volume “Una civiltà possibile – La lezione dimenticata di Federico Caffè”, edito da Meltemi.
Fazi, dopo aver fatto un ampio escursus nel substrato formativo dell’economista, pure approdato in Banca d’Italia e fermo sostenitore del pensiero keynesiano, conclude mestamente il suo libro, soffermandosi sulle sovrapposizioni sociali incompatibili ormai venutesi a creare tra la Costituzione italiana e i Trattati europei vigenti, cui il nostro paese aderisce.
Le tante incongruenze tra i diversi principi, portano quasi a manifestare una dicotomia difficilmente conciliabile con quei valori chiari ai padri fondatori della Repubblica italiana.
Una sottolineatura in blu evidenzia, anzi e pone come fondamentale spartiacque, il famoso divorzio fra Tesoro e Banca, che fece venir meno lo strumento di politica economica principale, volto a creare elasticità e temporanei tamponamenti nella gestione ai fabbisogni di tesoreria statale e nelle politiche sociali conseguenti.
Il venir meno di quelle preziose autonomie per far fronte alle esigenze finanziarie del paese, in qualche modo corrisponde oggi al venir meno – stante accentramenti di compiti e funzione alla BCE – di una serie di strumenti usati dalla Banca d’Italia; specie nell’assorbimento di realtà bancarie patologiche e nell’inglobamento delle crisi nascenti nell’universo bancario nazionale più in generale. Principale obiettivo della Banca Centrale era sempre stato quello di assicurare stabilità all’intero sistema. (In funzione di ciò sono stati tanti i sarcofagi di cemento che nel tempo, come per Chernobyl, hanno bloccato diverse centrali nucleari andate fuori controllo).
Come per il sistema Europa palesa già da tempo - e con molta evidenza - anche la politica sociale limitata alle Banche nazionali, ha sconvolto la disponibilità di collaudati strumenti, agili e flessibili, utilizzati a risolvere con immediatezza l’insorgere di crisi.
Il tutto, sempre nell’interesse generale volto alla tutela costituzionale del risparmio e orientato alla “sana e prudente gestione” del credito assurta come un faro.
La complessità di tante culture sociali differenti comporta - però e come sempre – dei compromessi che non sempre trovano logiche nella storia degli specifici e radicati pensieri autoctoni locali.
Per non dilungarsi oltre, il “Bail in” bancario e la guerra in Ucraina d’oggi, ad esempio e a prescindere dal pensiero di ciascuno, costituiscono evidenti vincoli insormontabili (in parte dei veri spartiacque) che limitano le diverse autonomie e condizionano, pur non risultando pienamente aderenti alle democrazie di tutti quanti i paesi consorziati.
Ci sarebbe tanto altro da dire su molte altre cose, ma ci si astiene.
Forse sarebbe opportuno solo tornare a ripensare e riflettere su quanto ci accade e da vicino. Anche perché si mantiene confuso l’orizzonte verso cui si sta velocemente andando." (Commento suscitato dall'articolo di Gerardo Coppola, pubblicato su Economia & Finanza Verde https://www.economiaefinanzaverde.it/2023/02/18/dentro-la-storia-della-vigilanza-di-bankitalia-in-compagnia-di-gianni-toniolo/ )

Buona luce a tutti!

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P.S. La foto in copertina l'ho intitolata "Sei fotografi in cerca d'autore". Ispirandomi a Luigi Pirandello che, come spesso capita con intellettuali e sottili pensatori, era troppo avanti rispetto ai tempi in cui ha vissuto.

giovedì 16 febbraio 2023

"Baaria" preso a pretesto da Ferdinando Scianna e Giuseppe Tornatore per discutere anche di fotografia



L’operazione messa in piedi da Ferdinando Scianna e Giuseppe Tornatore prima dell'uscita nelle sale cinematografiche, prende come pretesto il film Baaria per creare un fitto dialogo/confronto fra i due, incentrato sulle peculiarità di discipline artistiche interconnesse quali Fotografia e Cinematografia.
La comunanza del paese d’origine per entrambi e il dislivello d’età fra loro arricchiscono i contenuti che, in qualche modo, collegano il seminatore Scianna al Tornatore regista che, in qualche modo ne ha anche seguito le tracce.
In più momenti Giuseppe Tornatore richiama, infatti, quelli che per lui sono stati i punti di riferimento giovanili nel coltivare quella sua innata voglia filmografica. Una passione che per necessità intrinseche e propedeutiche alla sua coltivazione, gioco forza, ha visto anche un suo prolungato impegno nella fotografia.
Nel volume edito a suo tempo da Contrasto, dal centrale argomento inerente al film Baaria e alle specificità tecniche richieste - che avevano indotto a ricreare una copia del paese dei ricordi - lentamente porta a leggere una serie di citazioni e domande incrociate fra Scianna e Tornatore, che si infittiscono sempre più, si approfondiscono, si incrociano e quasi si intersecano nel completare un affresco basato sulle memorie di cui entrambi riconoscono perfettamente e lucidamente il disegno.
Nessuno dei due però tende mai voler salire in cattedra e, anzi, la stima reciproca crea e facilita lo sviluppo di visioni, talvolta pure differenti, che si incontrano sempre e, come detto, collegando il filo unico dei racconti con personaggi baarioti che entrambi hanno avuto modo di conoscere direttamente o per dei racconti.
Il legame con Bagheria dei due appare pure accomunato dalla necessità per entrambi di custodirla ermeticamente blindata coi vecchi ricordi.
A uno Scianna che quasi ne scappa alla ricerca d'avventura, a distanza di anni si sovrappone un Tornatore che capisce bene anche lui che per realizzare il suo sogno deve allontanarsi da quel luogo.
Ma per entrambi Baaria resta e resterà indelebile nell'intimo, per tutto quello che quel crogiolo siciliano ha saputo trasmettere, inculcare e insegnare.
Nel dialogo fra i due non può certo mancare Leonardo Sciascia, con i tanti aneddoti citati e le sue lucide analisi concettuali. Ma non mancano neanche Cartier-Bresson, Barthes, Berengo Gardin e tanti altri, tutti utilizzati per richiamare punti importanti nell’interpretazione delle realtà documentate come fotografi e regista.
La lettura delle circa cento pagine risulta così scorrevole e sempre interessante, anche per le abbondanti storie e rievocazioni citate da entrambi.
Nonostante sia stato dato alle stampe nel 2009, il volume mantiene una sua freschezza anche per le tante tematiche sviluppate che, per loro natura, restano spesso centrali e stentano ad invecchiare.
In ultimo, alla luce di quanto viene raccontato, chi ha avuto modo di vedere già il film di Tornatore (anche più volte) troverà di certo curiosità di tornare a rivederlo ...... magari per osservarlo con altri occhi, tenuto anche conto delle tantissime nuove cognizioni apprese.

Buona luce a tutti!

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mercoledì 15 febbraio 2023

Populismo & populisti



Ogni tanto soffermarsi sulle questioni che riguardano più direttamente la società in cui viviamo aiuta a capire meglio la realtà di tutti i giorni.
La politica, oggi tanto vituperata, spesso viene vista da molti come una entità estranea che non li riguarda. È questo il motivo che induce i cittadini dei paesi democratici a non utilizzare al meglio l’opportunità sociale fortunata che si offre loro: quella di poter, in qualche modo, condizionare e decidere a chi delegare la gestione del contesto socio-economico in cui ci si muove.
Ogni contesto sociale ha una cultura propria che costituisce la sintesi di tante esperienze autoctone consolidate. Le diversità presenti nel mondo sono un po' o anche conseguenza parallela dell’evoluzione morfologica della terra, correlata alla stessa millenaria deriva fisica dei continenti.
La scienza ci insegna, infatti, che la specie umana contemporanea viene dalla specializzazione e adattamento dell’Homo sapiens. Il suo lungo processo evolutivo, come specie distinta e la sua diffusione sulla Terra, di conseguenza tratta una serie di materie interdisciplinari connesse, che includono antropologia, fisiologia, primatologia, archeologia, geologia, linguistica e, infine, genetica.
Quest’ampia premessa è ben sufficiente a far comprendere meglio le diversità intrinseche connaturate a razze e culture che affollano il pianeta Terra. Differenze che trovano logiche e origini idonee a giustificare la babele che il globalismo d’oggi ha esaltato, nell’aver più strettamente interconnesso - con una tecnologia per molti aspetti illusoria e sicuramente incompresa da coloro che hanno la facoltà di decidere sul futuro che ci attente – i destini del mondo.
Tralasciando questi aspetti esistenziali primordiali, dei quali rimane solo il prendere atto, volando più basso, può rivelarsi interessante soffermarsi sulla quotidianità contemporanea più vicina a noi che più ci interessa; magari occupandoci solo del piccolo nostro orticello che è l’Italia.
Lasciando perdere gli insegnamenti della storia, l’attualità dei nostri giorni mostra una involuzione socio-politica che appare quasi naturale, causata dall’utilizzo costante e dai diversi fronti, di quelle ellissi grammaticali o retoriche che determinano omissioni di segmenti discorsivi recuperabili – e solo per alcuni più esperti - attraverso l’integrazione di conoscenze esterne.
Di fatto gli attuali uomini politici, orientati a detenere le leve del potere, costituiscono un mondo avulso dal contesto sociale che sono chiamati a gestire e rappresentare e, consciamente o meno, teorizzano nella maggioranza programmi di marketing volti a soddisfare (almeno a parole) desideri delle masse. Ne deriva la classica differenza fra teoria e pratica specie nel caso in cui accade che l’ala che cavalcava la protesta riesce a scalzare il precedente governo del paese. Nell’attualità può quindi accadere - e succede - che un partito di chiara opposizione, impegnato a promettere di voler girare come un calzino l’assetto sociale che non soddisfa, una volta raggiunto il potere, persegua con una certa indifferenza la continuità naturale che deriva dalle interconnessioni incancrenite che vincolano e impediscono una qualsiasi opzione per altre scelte.
Alleanze, comunanze di interessi di oligarchie reali, sono condizioni che ostacolano sempre i vari “Franceschiello” che illudono nel tempo. In Italia, negli ultimi anni, il M5S eveva fatto credere in molti su un vero cambiamento, oggi però anche il partito di Fratelli d’Italia si avvia a ripercorrere in parte lo stesso sentiero.
C’è chi li etichetta tutte le opposizioni come delle forme di populismo – e forse lo sono, in parte - ma non da intendersi in modo spregiativo, bensì come una necessità delle masse che si ritengono non rappresentate dalle oligarchie esistenti le quali, nella loro solita e costante azione parassitaria, invadono tutti i campi sempre adattandosi ai tempi (conservatori, progressisti o di protesta).
Non occorre fare nomi, ciascuno saprà associare figure ai teorici utopisti, agli illuminati, agli opportunisti cialtroni e a quant’altro lo scenario offre. Trovo pertanto interessante soffermarmi sui fenomeni più attuali che riguardano l’astensionismo, il populismo e la protesta in genere che, alternandosi nei ruoli, ha temporaneamente vestito sempre il compito riserato all’opposizione politica. Il così detto populismo del resto c’è sempre stato da che mondo e mondo. Solo la presenza nello scenario politico di personaggi avveduti, poi riconosciuti come “statisti”, ha spesso tenuto ai margini l’ampiezza del fenomeno.
Del resto si sa che la politica costituisce una sintesi e che presuppone compromesso. Il problema nasce, quindi, quando la classe dirigente si allontana vistosamente dalla realtà sociale che è chiamata ad amministrare. Quando cioè la distanza fra problemi reali in campo è talmente marcata da essere percepita come noncuranza da parte di moltitudini significative di cittadini.
Nell’attuale classe politica i “Marchesi del Grillo” abbondano e la loro tracotanza e sicumera non può certo costituire per tutti quanti una figata, specie quando le cose non vanno bene e il cittadino non trae alcun vantaggio diretto come vassallo, valvassore o valvassino del Principe eletto.
La politica d’oggi è coniugata solo al presente, il passato è visto come una noiosità storica, mentre il futuro non interessa tanto specie se riguarderà solamente altri che oggi non votano. In tutto questo l’etica costituisce un optional visto quasi come stupidità in un’agorà politica blindata quasi del tutto e ormai arroccata. Nessuna novità prospettica può costituire pertanto oggetto di politica; storie di guerre e rivoluzioni hanno testimoniato e continuano a testimoniare la relatività che caratterizzano le miopie della specie umana.
Ma il populismo recente merita forse di una maggiore riflessione, nell’analisi almeno, anche perché per le problematiche in campo e le prospettive future, nel breve periodo sarà destinato a ripresentarsi con ciclicità sempre più frequenti. Le sue incarnazioni sono costituite da “fenomeni politici” temporanei di poca durata, proprio per l’insita difficoltà connesse all’attuazione di possibili soluzioni.
Restando in Italia, nato nel 1944 e scioltosi nel 1953, già il “Fronte dell'Uomo Qualunque” (Guglielmo Giannini: 1891-1960) è stato un movimento postfascista e, successivamente, un partito politico che intendeva portare avanti istanze liberal-conservatrici, populiste, anticomuniste e legate all'antipolitica, in polemica sia col fascismo sia con tanti partiti antifascisti del tempo. Il fenomeno raccolse un significativo consenso nazionale con il voto di chi era sfiduciato dal sistema partitocratico e dallo scarso interesse che la politica mostrava verso i reali problemi della gente, dell'uomo qualunque appunto.
In po' allo stesso modo il Movimento 5 Stelle ha inteso perseguire gli stessi intenti ideali. Nato quasi come una provocazione verso la classe politica del nostro tempo, il comico Beppe Grillo e l’informatico Gianroberto Casaleggio, raccogliendo anche loro il malcontento diffuso della gente - e delle nuove generazioni in primis - si sono inventati un movimento (ottobre 2009) che, abilmente veicolato mediaticamente, ebbe a raccogliere risultati eclatanti e ben oltre ogni rosea aspettativa.
Nelle politiche del febbraio 2013 al M5S alla Camera va il 25,55% dei voti e il 23,79% al Senato. L’onda lunga continua e il Movimento 5 stelle risulta il vincitore indiscusso delle elezioni politiche 2018 con il 32% dei voti, mentre il centrodestra conquista la posizione di prima coalizione con il 35%.
Per quanto ovvio, l’impreparazione fattuale a ricevere un consenso di tale portata veniva inevitabilmente a comportare elezioni a parlamentare di candidati estemporanei, rappresentanti delle variegate caratteristiche semantiche dell’italiota. Le dogmatiche regole imposte dai fondatori da un lato ormai fanno parte della storia del movimento e fatto sì che soggetti “ortodossi”, oltre a moltissimi opportunisti, hanno in breve incamerato i tanti privilegi di parlamentare e abbandonato (anche perché talvolta ritrovatisi espulsi) il movimento ormai incanalato a diventare partito.
L’eccezionale risultato politico ha però comportato una trasformazione della natura originaria del movimento che, da partito di pura opposizione (Vaffa), si trovava ora a assumere il difficile ruolo di dirigenza politica del paese.
Per quanto comprensibile e naturale, una cosa è fare opposizione “dura e pura”, altra cosa è ricoprire incarichi ministeriale, assumere la Presidenza del Consiglio nazionale e spesso decisioni impopolari (o spesso pilotate per tali perché contrapposte a Lobby). Nel tempo trascorso ciascuno avrà avuto modo di verificare da sé i fatti, valutando in positivo, in negativo o in maniera equanime ogni scelta, anche in relazione alle vicissitudini sanitarie del paese e all’azione politica condotta a livello internazionale.
Tranne qualche isolata eccezione, che potrebbe solo confermare la regola, è anche storia il fatto che esponenti 5S (non escluso forse o anche perchè ancora giovani nel ruolo) non si sono mai ritrovati coinvolti in truffe, corruzione e reati tipici dei parlamentari più disinvolti, spesso pure imprestati alla politica. Altro aspetto, ampiamente pure riconosciuto anche dalle opposizioni, è anche il fatto che il M5S è riuscito a incanalare il malcontento di molti cittadini, che hanno riversato le loro attese sul movimento per la soluzione dei loro problemi e del paese in genere.
Venendo all’attualità più recente, al grande successo riportato dal partito di Giorgia Meloni si contrappone quasi nell’immediato l’imponente astensionismo nelle elezioni regionali appena concluse. Il suo partito, nonostante gli anni di opposizione presunta e l'essersi preparato a gestire l'annunciato successo, presenta però vistose carenze di organico e qualche eccesso di familismo.
A prescindere dalle diverse problematiche che attanagliano dirigenze di partiti che ormai si contorcono su eterne lotte intestine per leadership spesso di breve durata, l’allontanamento dal voto non può costituire elemento di tranquillità per nessun fronte e ad alcuna appartenenza.
Come il fenomeno dei 5 Stelle ha dimostrato, il voto fluttuante nella realtà italiana è ormai una regola e, per quanto è facile dedurre, se anche nel breve periodo qualcuno fosse in grado dell’alchimia capace di ripetere in altra veste un rinnovato accadimento “populista”, il 60% dell’astensionismo potrebbe facilmente diventare immediatamente una nuova maggioranza nel paese.
Tutto questo nel bene e nel male, come ha avuto modo di dimostrare tristemente a noi italiani la storia del ventennio mussoliniano socialista (??) e come potrebbe accadere per una qualunque altra avventura.
Tutto quello che si presenta fluido spesso può anche costituire una insidia difficile da gestire specie se simile a un magma soggetto a consolidamenti irreversibili.

Buona luce a tutti!

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domenica 12 febbraio 2023

https://www.frankiefotogarage.com/frankie



Tra gli amici virtuali che seguo, spesso la creatività è rappresentata forse in modo stravagante, ma certamente in alcuni l’originalità sta alla base e merita un'attenzione.
L’amico Marco che ogni tanto si riaffaccia nel mio orizzonte con uno dei suoi tanti travestimenti è sostanzialmente un “artista” irrequieto, che non sta mai fermo e che mai si adagia o mostra di deprimersi oltre misura …… lui va avanti, comunque, sempre con nuove trovate, documentando con immagini il suo mondo e così ama intrattenere chi l’osserva, magari cercando d’insinuare una logica ben nascosta nel sano divertimento ironico che staziona dietro la lacrima di un clown impegnato a far ridere.
La sua proposta di fotografo è comunque reale. Il suo sito, riveduto per l’ennesima volta e che non trova pace, è:

https://www.frankiefotogarage.com/frankie

Buona luce a tutti!

© ESSEC

Chi siamo

Su commissione per eventi e locations: Non realizziamo servizi fotografici esaustivi, ma pochi significativi fotogrammi di scene generalmente spontanee, a rappresentare l’evento/location, limitando quanto più possibile l’evidenza della presenza del fotografo nella scena di ripresa.
Sia per eventi e locations che per ritratti, le riprese verranno realizzate esclusivamente outdoor, con la luce che si trova nella scena, senza alcuna aggiunta di fonti luminose né di pannelli riflettenti, con stile documentaristico.
Frankie Foto Garage non ha e non avrà mai uno studio fisico, ed è esclusivamente online (questo sito). Si occupa solo di riprese e fornisce solo file digitali (no stampe né altro di materiale fisico). Le fotografie non sono manipolate in post produzione (se non in rari ed evidenti casi che confermano la regola).

La mia etica per la fotografia di strada

Premessa:
Street photography, ovvero... come é diventata la normalità il fare foto a caso a gente in strada (ossia a persone che stanno lì a fare qualcosa o, più spesso, che non fanno niente); foto che non documentano nulla o che non hanno nessun interesse "estetico" (forme e/o colori).
​ Onde evitare quanto sopra... in strada... togliersi il cappello da fotografo, bisogna sembrare tutto meno che quello! La Street Photography non è per chi vuole atteggiarsi a fotografo durante il suo operare. Ne segue… lasciare a casa apparecchiature voluminose e appariscenti; usarne del tipo che non obbligano a poggiare l’occhio sul mirino, ‘ché talvolta è necessario scattare anche senza inquadrare.
​ Meglio uscire da soli. Se si viene notati, nel migliore dei casi, chi ritratto si metterà in posa, e si perderà la spontaneità; ma si può anche arrivare a rimediare cazziate 😱.
​ Scesi in strada e individuata la scena da riprendere, mettere in opera (nel limite del possibile) quanto conosciuto di composizione, gestione della luce, ecc… sempre che la “situazione” lo consenta; considerare poi che non di rado quanto si propone agli occhi ha la durata di qualche secondo (mettere in conto, quindi, una considerevole dose di fortuna necessaria).

(da Italia che cambia)
"Non ti spaventa il salto da dipendente a freelance, a maggior ragione passando a una disciplina artistica in un paese dove l’arte è considerata un hobby e non una professione?"

Considerando le necessità in famiglia, con Frankie che ha bisogno di assistenza continua e che terminando la scuola non è pensabile che resti a casa da solo a "far niente"… ecco che un’attività freelance in cui Frankie potrà accompagnarmi, se non anche partecipare fattivamente, viene da me immaginata come una soluzione da tentare. Funzionerà? Non lo so. E in considerazione del tipo di fotografia che realizzo, sono convinto che se non incontrerò chi creda nell’idea, e che possa fare qualcosa, la disciplina intrapresa resterà una "scusa" per impegnare il tempo, sia mio che di Francesco.
Ma, citando B.Russel, "gli ingenui non sapevano che l’impresa era impossibile, dunque la fecero”.

Tenere a mente quanto in premessa; la Street Photography non è il banale fotografare gente che cammina per strada, né il fotografare banalità in strada; in un’immagine di Street deve essere presente un protagonista e raccontare un qualcosa di non banale né scontato.

Marco DiDomenico - fotografo freelance
Francesco - modello e accompagnatore (Frankie, il ragazzo che non conosce l'odio)
shot@comic.com 348 ventisette 53024

giovedì 9 febbraio 2023

"The Fabelmans" di Steven Spielberg



Ho visto il film di Steven Spilberg, il suo ultimo, quello autobiografico, per intenderci "The Fabelmans". Un film difficile da descrivere in poche parole, ma sicuramente di bellissima fattezza e per molteplici aspetti.
Fra le recensioni quella di "Anonima Cinefili" appare molto azzeccata ed esaustiva, pertanto non vale la pena perdersi in altre considerazioni di dettaglio.
Al di là della storia che lo riguarda, Spielberrg, con la descrizione degli avvenimenti e degli stati d’animo, le sfumature, nel racconto propone una serie di porte socchiuse ma abbastanza aperte per lasciare intravedere intimità e dove ciascuno spettatore, se vuole, potrà personalizzare a soggetto e, nel caso, rispecchiarsi.
I vari personaggi rappresentati costituiscono, infatti, un caleidoscopio di vita e delle tante anime diverse che alloggiamo nel nostro mondo terreno.
La lettura in chiave americana, pur soffermandosi nel sottolineare specificatamente aspetti antisemiti, in verità addita questioni universali, che possono tranquillamente essere traslate in qualunque altra forma di razzismo o di discriminazione sociale.
Nel film il tutto è presentato in una chiave quasi fiabesca che riesce ad addolcire anche aspetti controversi, complessi, spigolosi, drammatici palesati nei tanti passaggi di scena.
Lo Spilberg maturo d'oggi è riuscito a stendere con grande abilità una patina, che scherma e modula dolcemente le sequenze lungo lo scorrere del filmato; normalizzando fantasmi e rendendo perfino lievi e raffinati anche i traumi e le instabilità raccontate. Esorcizzando esperienze e situazioni che percorrono le infanzie e le adolescenze dei "tanti ognuno" dei personaggi rappresentati.
Uno Spielberg fortemente felliniano che rielabora i suoi ricordi, come stesse parlando di un sogno altrui e che accompagna per mano lo spettatore; in una narrazione della storia che lo ha riguardato e che nel film fa apparire come un qualcosa di distante, come fosse già per lui un racconto ampiamente sedimentato, assilimato, lontano, ma in verità ancora profondamente vivo e presente.
Dopo aver visto il film mi sovviene il ricordo di una poesia d’un tempo, per l'appunto intitolata "Cinema d'autore", pubblicata nel volumetto "Sole nero".
"Valori universali, intense sensazioni, poesie fatte d'immagini, musiche senza stagioni. Sono i bagliori puri che inebriano la mente, genialità di artista che parla con la gente. Sono gli eterni codici privi di ogni barriera che, con battute semplici, illuminano la scena. E dentro te si destano dei sentimenti cheti: mille violenze inutili, molte miserie umane, gli inverni malinconici, le primavere strane. Ed in qualunque campo spuntano sempre dei fiori: la forza della vita c'è sempre in tutti i cuori. Le pagini sublimi di quel tal bel racconto trapassano steccati, colorano lo sfondo di un universo umano tanto diverso e vero, che vede molti ideali brillare nel suo cielo."
La poesia si ispirava a un'altra bellissima opera cinematografica; il film giapponese del 1991, diretto da Akira Kurosawa, con la partecipazione straordinaria di Richard Gere, dal titolo "Rapsodia in Agosto".

Buona luce a tutti!

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martedì 7 febbraio 2023

“Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza”

Wikipedia recita che “il calendario gregoriano è il calendario solare ufficiale di quasi tutti i paesi del mondo. Prende il nome dal papa Gregorio XIII, che lo introdusse il 4 ottobre 1582.” Inoltre riporta che “si tratta di un calendario basato sull'anno solare, cioè sul ciclo delle stagioni, che corregge il vecchio calendario giuliano in vigore dal 46 a.C. al 1582. L'anno è composto da 12 mesi con durate diverse (da 28 a 31 giorni) per un totale di 365 o 366 giorni: l'anno di 366 giorni è detto anno bisestile. Tale ripetizione avviene ogni quattro anni, con alcune eccezioni (si veda sotto per la regola)”.
La tabella riportata di seguito indica la durata del tempo espresso anche in giorni di calendario, includendo, in maniera approssimata, anche i 29 dei mesi di febbraio bisestili e i giorni medi corrispondenti ai nove mesi dal concepimento di ogni essere umano.



Sono dei puri calcoli matematici che di per sé non cambiano lo stato delle cose, se non per l’aspetto psicologico che se ne può trarre: anniversario, decennale, lustro, centennale, millennio, era.
L’osservazione dei numeri per dare un significato spesso però induce a delle riflessioni, che piace condividere.
Considerare l’età per anni è un po’ come soffermarsi sulla propria età nel solo giorno in cui ricorre il nostro compleanno. Un approccio molto positivo e salutare, indubbiamente, che in pratica ci allontana dal prendere piena coscienza dello scorrere del tempo, specialmente in merito alla longevità che ci riguarda.
Già come grandezze matematiche, ad esempio, una cosa è venire dire di avere settanta anni, altra è aver consapevolezza di essere vissuto per 25.981 giorni (comprendendo nel calcolo - e per approssimazione - anche i nove mesi dal concepimento).
Per quanto elementare, seppur il primo conteggio ricorre nel giorno dell’anno corrispondente alla nascita, il secondo si implementa con trascorrere delle ore d’ogni giorno.
L’effetto psicologico che ne deriva è assolutamente diverso; fatto sta che la ricorrenza dell’evento annuale rinnova il rito della festa e, già il giorno dopo l’evento è andato, e non ci si pensa più.
Di regola, per la nostra natura animale, la vita è costituita dal futuro che immaginiamo con noi protagonisti e ciò è una forza.
Ma la mente umana, complessa e immaginifica, con imbrogli filosofici e credenze religiose o presunte tali - che illudono – si è creata i deterrenti per annullare il concetto negativo di tempo, proiettandosi in una “coesistenza procreativa”, rivolta a un futuro sempre migliore, con discendenze attive pronte a trasmettere il concetto dell'eterno custodito in un seme.
In verità la vita è con ogni giorno e accadono di continuo, anche a nostra insaputa, dipartite spesso impreviste; in considerazione sia al tempo di esistenza accumulato che alle probabilità di vita media teorica di ciascuno. Con il naturale alternarsi del giorno e della notte, per dei fenomeni fisici collegati all’enigmatico universo, fatta eccezione per incidenti di percorso imprevedibili, in verità moriamo e rinasciamo ciclicamente con ogni giorno e fino ad al punto in cui il calendario delle nostre cellule mostra inesorabilmente la data di scadenza.
In conclusione hanno sempre ragione le parole di quei saggi che, come Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, nel carnevale del 1490, con la poesia “Canzona di Bacco” è riuscito a fotografare efficacemente in una sola frase la realtà umana che ci riguarda, sentenziando: “chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza”.

Buona luce a tutti!

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sabato 4 febbraio 2023

'U Ciarduni - Mostra fotografica di Michele Di Leonardo e Salvo Valenti - Cantieri Culturali alla Zisa

Link per visionare lo slide show: https://youtu.be/n9V8-tVDdZM

Mostra fotografica di Michele Di Leonardo e Salvo Valenti che segue un ominimo libro dagli spessi pubblicato.
La mostra è stata allestita nei prestigiosi spazi del Centro Internazionale di Fotografia di Letizia Battaglia, ubicato nel cuore dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo.
Un montaggio che racconta della costrizione oggettiva del regime carcerario miscelata al desiderio di evadere ...... un azzardo fotografico che vorrebbe rendere l'idea.

Buona luce a tutti!

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La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)

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Monte Pellegrino visto dalla borgata di Acqua dei Corsari

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