"Il mio obiettivo e' di traghettare la Sicilcassa verso approdi sicuri, e farmi da parte". Non e' riuscito a mantenere la promessa Giovanni Ferraro, il presidente della Sicilcassa, arrestato ieri con l' accusa di avere gonfiato i prezzi di acquisto di alcuni immobili utilizzando circa 65 miliardi del Fondo pensioni per un affare manovrato insieme con i due generi del costruttore Gaetano Graci, il cavaliere catanese sotto processo per associazione mafiosa. Dopo le inchieste sul Banco di Sicilia, arriva quest' altra sberla giudiziaria che coinvolge l' istituto con quartier generale in via Liberta' , a Palermo, nel palazzo di vetro dove sembra che stiano girando il replay di "Inferno di cristallo". Tremano in tanti vedendo finire all' Ucciardone Ferraro e agli arresti domiciliari, perche' settantenne, Agostino Mule' , ex direttore generale, da qualche tempo componente del collegio sindacale. Con loro in manette pure Francesco Savagnone, dirigente dell' ufficio provveditorato, e Francesco Cavallaro, il professionista che avrebbe firmato le perizie e le supervalutazioni del piano terra di Palazzo Tezzano, acquisito dal Fondo pensioni per sette miliardi e mezzo, con gran vantaggio per tre personaggi dai nomi poco noti, il costruttore edile Ignazio Barra e i due generi di Graci, fino a ieri sera irreperibili. Il primo, Giovanni Restivo, e' titolare di una gioielleria in corso Italia, nel salotto buono di Catania, e non si capisce perche' compri e venda immobili a un istituto come la Sicilcassa, da anni in attesa di una ricapitalizzazione di 500 miliardi da parte della Regione e recentemente foraggiata dalla Cariplo che e' diventata sua partner versando 300 miliardi. L' altro genero "eccellente" e' Placido Aiello, un faccendiere latitante dal 12 luglio, quando fu denunciato per associazione mafiosa con Graci, convinti come sono i magistrati di convergenze fra questo gruppo economico e l' impero del boss Nitto Santapaola. Forse non a caso Aiello e' stato per anni il manager di primo piano della banca di famiglia, la Banca agricola etnea. L' aspetto piu' singolare e' che entrambi i generi di Graci e Barra risulterebbero come titolari di conti con scoperture elevatissime, ripianate proprio grazie all' acquisto da parte del Fondo pensioni degli immobili da loro comprati e venduti. Adesso la difesa degli imputati forse sosterra' che era un modo per favorire il rientro di crediti altrimenti non esigibili ma l' acrobatica operazione ha piu' di un punto oscuro e richiama un vecchio metodo di gestione. Lo stesso palazzo di vetro di via Liberta' fu acquisito quindici anni fa con un sistema analogo. E allora nell' affare erano coinvolti i fratelli Caltagirone, il costruttore Carmelo Costanzo e gli esattori Salvo, spalleggiati da un mafioso come l' agrigentino Carmelo Colletti. Un corpo appesantito, cieco d' un occhio, viaggi continui fra Roma e Milano per la sua carica di vice presidente dell' Acri, l' associazione nazionale fra le casse di risparmio, Giovanni Ferraro sette mesi fa tento' di correggere i giornali che avevano parlato di una perquisizione della Finanza nell' elegante sede romana dell' istituto, in via del Corso. "Parliamo semmai di "verifica"...". Forse sperava di sistemare le cose, di guadagnare tempo, ma ormai ne aveva poco perche' anche i sostituti procuratori di Palermo Biagio Insacco e Mauro Terranova stavano vagliando con attenzione gli esposti denuncia presentati alla procura di Roma da un dipendente della Cassa, Vincenzo Carfi' , segretario nazionale del coordinamento della Fisac Cgil. Ferraro, nell' ultima intervista rilasciata a un quotidiano locale, aveva tentato di difendersi da ogni accusa, anticipando tuttavia l' intenzione di mollare i suoi incarichi: "Sono stato sottoposto a due rigorose inchieste concluse con una archiviazione. In base a una valutazione del professor Di Mino l' immobile di via Liberta' a Palermo vale oggi oltre cento miliardi, mentre cinque anni fa lo acquistammo per 29 miliardi. I locali di Palazzo Tezzano a Catania erano stati acquistati un anno prima da chi li ha poi rivenduti al Fondo pensioni per 7 miliardi ai quali vanno aggiunti 600 milioni per imposte e spese notarili. A noi furono venduti per 7 miliardi e mezzo, praticamente rimettendoci qualcosa...". Sono le spiegazioni probabilmente riproposte ai magistrati da un uomo che non accetta di passare per un imbroglione, da sempre disponibile per sostenere iniziative culturali come il Premio Pirandello. Ma in procura non gli hanno creduto chiedendo al giudice per le indagini preliminari Gioacchino Scaduto di emettere un provvedimento con cui, comunque, si chiude un' epoca anche per la Sicilcassa.
Cavallaro Felice (Corriere della Sera - 6 ottobre 1994)
Cavallaro Felice (Corriere della Sera - 6 ottobre 1994)
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