"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).
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martedì 25 marzo 2025
Instagram: “virgilio_boydog” (nickname)
L’altro giorno ascoltavo in TV la Mannoia dire che per poter scrivere dei buoni testi di canzoni occorre leggere molto. È un principio che vale per ogni forma d’arte in genere; che sia musica, letteratura o altro poco importa perché più che i suoni o le parole, che rappresentano solo tasselli, quello che si ricicla nella composizione sono le melodie e i concetti che gli autori hanno assimilato nel loro tempo.
Si parla spesso e molto male dei social, ma è innegabile che rappresentano anche un’opportunità che avvicina i tanti modi di pensare, talvolta diversi, magari molto lontani dal comune sentire o inconciliabili; che offrono però anche occasioni per vedere punti di vista “altri” e che comunque inducono ad ascoltare, se recepire o magari riflettere.
In questo l’onestà intellettuale è elemento indispensabile, il valore aggiunto necessario che porta ad analizzare - ed elaborare - le opinioni altrui con la propria testa; partendo dall’immedesimarsi nell’altro per cercare di trovare delle logiche o dettami differenti.
In questo la fotografia costituisce un prezioso documento moderno di sintesi comunicativa, che consente di descrivere e raccontare ciò che uno vede attraverso immagini che vengono proposte a chi, poi leggendole, potrà dedurre conclusioni autonome.
Per questo, anche se il messaggio di chi produce fotografie è unico, le letture spesso risultano diverse, senza mai assumere il valore di verità assolute.
Come noto la fotografia realizzata da ciascuno inquadra e include elementi scelti, dettati magari dal caso, ma che la mente coglie e assembla nello scatto. È in parte anche un qualcosa d’istintivo che induce il fotografo a quello scatto, talvolta col proposito di catturare un’armonia compositiva, ovvero a catturare l’attimo, congelando così un gesto, nell’immagine di una sensazione manifesta. Con componenti forse progettati ma anche occasionali, apparsi per caso e utili alla narrazione.
In questo i social offrono valide opportunità di confronto, favorendo incontri e vicinanze che stimolano le menti.
Su Instagram da qualche tempo seguo “virgilio_boydog”, un fotografo che definirei “randagio” e che a me sembra rappresentare un visionario dell’epoca 2.0.
Con le immagini che posta lui riesce a proporre squarci della normalità che gli sta intorno. Contesti, aspetti urbani, spesso corroborati da tracce artistiche di writer e graffitari che scrivono sui muri o disegnano cose.
Per questo non trovo le sue immagini, che siano esse isolate o proposte in modo sequenziale, mai banali, anzi che siano rappresentative di elementi di un unico racconto realista.
Per lo più sono fotogrammi di periferia, non solo intesa come estremità di logistiche urbane, ma di periferiche esistenze, incluse anche all’interno dello stesso centro di Roma; dove tanti cittadini si muovono in comprensori, coabitano e convivono come fossero delle isole sconnesse.
Non occorre descrivere in dettaglio i contenuti pubblicati nella sua pagina, basta solo andare a visitare per farsi un’idea.
I post continui sembrano la comunicazione di un unico racconto, che si esprime in tante formule e per lui la fotografia, associata a brani musicali del suo tempo, è il mezzo che rende anche trasversali i suoi messaggi.
Buona luce a tutti!
© Essec
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Fotografia,
street art
mercoledì 19 marzo 2025
"Non datemi dell’antisemita" di Francesco Cito
Il detto dice "provare per credere" e nelle realtà difficili, come i contesti che costituiscono palcoscenici di guerre, sono i fotografi che hanno visto con i propri occhi le violenze quelli che si schierano per attenzionare le verità per chi non ha possibilità di parola.
Francesco Cito torna a spendersi per sensibilizzare le coscienze, con l'intento di informare e indurre a riflettere.
Di seguito riporto il testo che ha pubblicato per sottolineare incredibili nefandezze che continuano a manifestarsi nell'indifferenza di pseudo democrazie latenti e in piena crisi.
Buona luce a tutti!
© Essec
--
Non datemi dell’antisemita, anche perché è una terminologia troppo abusata e che nulla significa, in quanto semita è l’appartenenza di gente che discendono dallo stesso ceppo linguistico. Sono semiti gli Ebrei tanto quanto lo sono gli Arabi, tanto quanto lo sono gli Abissini, e lo sono stati gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo-Fenici. È una storia che non voglio ripercorrere, non è il mio compito, e se di qualcosa devo essere accusato, allora si, mi ritengo anti sionista che è altra cosa. Il sionismo è un’ideologia prettamente ebraica, per gli Ebrei, il monte Sion è considerato la dimora terrestre di Dio, il monte da dove proviene la benedizione e il castigo divino, e non importa se Sion fosse già abitata da altro popolo. Oggi dopo l’ennesima strage a Gaza, inferta a una popolazione già allo stremo, sono più di 400 le vittime, di cui 130 sono bambini, non mi si venga a raccontare che sia stata un’azione per liberare gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. I governanti israeliani, sono ad un livello di crudeltà di gran lunga superiore a ciò che fu il nazismo, e ancor di più lo sono i così acclamati paesi occidentali che tanto professano la democrazia, essendo complici di questa mattanza che ha un solo obiettivo, estirpare il popolo palestinese dalla Palestina. Oggi che assistiamo al tragicomico teatrino di Donald Tramp in combutta con il carnefice Vladimir Putin, quest’ultimo cosi definito dai benpensanti governanti di quest’Europa alla deriva, elogiano un ipotetico piano di pace per l’Ucraina di cui non si conoscono i termini, ma silenti, e non muovono un dito contro la politica del sanguinario Netanyahu, che mai sarà processato come i suoi predecessori sugli scranni di quella che fu Norimberga. Netanyahu si è arrogato il diritto di commettere un altro eccidio dopo aver ricevuto il null’osta da Donald Trump, il palazzinaro che su suggerimento di suo genero Jared Kushner, vorrebbe fare di Gaza un resort con grandi alberghi per ricchi vacanzieri. Questo tragico personaggio è il nuovo Yahweh, il Dio degli Ebrei, il quale consentì a che Giosuè, il discepolo di Mosè commettesse uno dei grandi eccidi della storia ebraica. La distruzione di Jerico. – Dal libro di Giosuè 6,20-27 – “…. quando il popolo (ebraico) udì il suono delle trombe lanciò un gran grido, e le mura crollarono. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a sé, e s'impadronirono della città. 21 - Votarono allo sterminio tutto ciò che era nella città, passando a fil di spada uomini, donne, bambini, vecchi, buoi, pecore e asini. 24 - Poi i figli d'Israele diedero fuoco alla città e a tutto quello che conteneva; presero soltanto l'argento, l'oro e gli oggetti di bronzo e di ferro, che misero nel tesoro della casa del Signore”.
F.to Francesco Cito (Fotografo)
https://www.facebook.com/francesco.cito.12
Francesco Cito torna a spendersi per sensibilizzare le coscienze, con l'intento di informare e indurre a riflettere.
Di seguito riporto il testo che ha pubblicato per sottolineare incredibili nefandezze che continuano a manifestarsi nell'indifferenza di pseudo democrazie latenti e in piena crisi.
Buona luce a tutti!
© Essec
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Non datemi dell’antisemita, anche perché è una terminologia troppo abusata e che nulla significa, in quanto semita è l’appartenenza di gente che discendono dallo stesso ceppo linguistico. Sono semiti gli Ebrei tanto quanto lo sono gli Arabi, tanto quanto lo sono gli Abissini, e lo sono stati gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo-Fenici. È una storia che non voglio ripercorrere, non è il mio compito, e se di qualcosa devo essere accusato, allora si, mi ritengo anti sionista che è altra cosa. Il sionismo è un’ideologia prettamente ebraica, per gli Ebrei, il monte Sion è considerato la dimora terrestre di Dio, il monte da dove proviene la benedizione e il castigo divino, e non importa se Sion fosse già abitata da altro popolo. Oggi dopo l’ennesima strage a Gaza, inferta a una popolazione già allo stremo, sono più di 400 le vittime, di cui 130 sono bambini, non mi si venga a raccontare che sia stata un’azione per liberare gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. I governanti israeliani, sono ad un livello di crudeltà di gran lunga superiore a ciò che fu il nazismo, e ancor di più lo sono i così acclamati paesi occidentali che tanto professano la democrazia, essendo complici di questa mattanza che ha un solo obiettivo, estirpare il popolo palestinese dalla Palestina. Oggi che assistiamo al tragicomico teatrino di Donald Tramp in combutta con il carnefice Vladimir Putin, quest’ultimo cosi definito dai benpensanti governanti di quest’Europa alla deriva, elogiano un ipotetico piano di pace per l’Ucraina di cui non si conoscono i termini, ma silenti, e non muovono un dito contro la politica del sanguinario Netanyahu, che mai sarà processato come i suoi predecessori sugli scranni di quella che fu Norimberga. Netanyahu si è arrogato il diritto di commettere un altro eccidio dopo aver ricevuto il null’osta da Donald Trump, il palazzinaro che su suggerimento di suo genero Jared Kushner, vorrebbe fare di Gaza un resort con grandi alberghi per ricchi vacanzieri. Questo tragico personaggio è il nuovo Yahweh, il Dio degli Ebrei, il quale consentì a che Giosuè, il discepolo di Mosè commettesse uno dei grandi eccidi della storia ebraica. La distruzione di Jerico. – Dal libro di Giosuè 6,20-27 – “…. quando il popolo (ebraico) udì il suono delle trombe lanciò un gran grido, e le mura crollarono. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a sé, e s'impadronirono della città. 21 - Votarono allo sterminio tutto ciò che era nella città, passando a fil di spada uomini, donne, bambini, vecchi, buoi, pecore e asini. 24 - Poi i figli d'Israele diedero fuoco alla città e a tutto quello che conteneva; presero soltanto l'argento, l'oro e gli oggetti di bronzo e di ferro, che misero nel tesoro della casa del Signore”.
F.to Francesco Cito (Fotografo)
https://www.facebook.com/francesco.cito.12
lunedì 10 marzo 2025
Giovanni Vettore fotoamatore e il suo “grammelot” composito
Il mondo della fotografia artistica d’oggi prevede quasi sempre programmazioni finalizzate all’attuazione di progetti specifici, magari con il desiderio di riuscire a concettualizzare, attraverso immagini, idee visionarie.
Un significativo percorso evolutivo rispetto a quelli che sono stati i pionieri e i molti maestri di un tempo, che si muovevano e agivano in relazione a opportunità e condizioni contingenti e che in ogni caso hanno fatto storia.
Comunque capita ancora di ritrovare assonanze con produzioni artistiche d’altri che continuano a perseguire il percorso di quel solco antico. Come pure accade di provare poco interesse e, anzi, un certo fastidio verso coloro che, nella convinzione di aver inventato un proprio stile, cominciano a ripetersi, autocelebrandosi nel proporre sempre stesse cose.
Tanti esempi si possono citare sia fra autori noti che fra appassionati di settore.
Patologici risultano, infine, quelli che a qualunque costo vogliono avere riconoscimenti e affermarsi ma, insufficienti o privi di idoneo talento, continuano sostanzialmente a scopiazzare, senza possedere le abilità per differenziarsi nei loro tentativi di copiatura.
Con Giovanni Vettore, che nei social si dichiara di Padova e che afferma di vivere a Bolzano, penso di avere tanti punti in comune. Oltre alla passione per la fotografia, la variegata attenzione alle moltitudini di avvenimenti che quotidianamente ci circondano e coinvolgono.
Le reciproche produzioni non sono per nulla monotematiche ma sempre rivolte alla raccolta dei tanti spunti percepiti; talvolta fotografati in modo asettico, altre a scopo documentaristico, con dettagli, ovvero altre ancora filtrate attraverso una vena ironica ricca di fantasia.
Azzarderei a dire che, con una visione complessiva, le immagini porterebbero a pensare a un “grammelot” fotografico, alla Dario Fo per intenderci; ma non confusionario e incomprensibile bensì spaziante, senza limiti, a volte leggero, a volte attento e profondo, altre volte anche dedito al “puro cazzeggio”, inteso come un ingenuo divertissement giocoso, frivolo, comunque però sempre volto a suscitare emozioni.
Ciascuno di noi è interprete e, a propria volta, viene interpretato, si espone; ma credo che anche a Giovanni, cittadino del mondo, questa questione interessi poco ... ad esempio, in genere, chi tiene una pagina su Instagram accompagna il portale con una frase di sintesi che, qualche modo, si collega alla personalità: nel suo caso non è scritto nulla, anche perché a parlare sono le immediatezze delle foto.
Tagli particolari, geometrie, giochi di luce e ombre, composizioni originali costituiscono la cifra del suo stile, nella continua ricerca sperimentale che, semplicemente interpreta, fotografa, propone e pubblica.
Il suo eventuale banale lo leggerei come punteggiature e pause, o come un’arma puntata a confondere: di distrazione di massa. E devo riconoscere che, a mio parere, anche lui ci riesce assai bene.
Per chi è rimasto incuriosito, può visionare altre sue fotografie: https://www.instagram.com/gianpi57bz/.
Ovvero: https://www.facebook.com/giovanni.vettore.92/photos_by
Buona luce a tutti!
© Essec
sabato 8 marzo 2025
"Palermo 50 anni prima" di Ivano Cavani
Al di là delle peculiarità personali, quando si naviga da tanto tempo in certi ambienti spesso finisce con l’assuefarsi a un tran tran che quasi non riesce più a suscitare emozioni.
Succede nella vita vissuta in generale, nei suoi molteplici aspetti, ma ancor di più nell’ambito artistico e nel campo fotografico forse più che in altri.
Ieri ho avuto la fortuna di partecipare al vernissage della mostra fotografica dell’amico Ivano Cavani e, nel vedere le sue fotografie “pulite” mi sono ripiombati alla mente tempi lontani. Ho rivissuto le immagini che avevo quasi archiviato dalla memoria.
La genuinità della mostra, almeno per uno della mia generazione, è assoluta per la fedeltà e la narrazione che manifesta.
Scene e personaggi riesumano periodi storici che hanno visto anche me partecipante attivo, seppur ancora, come tanti miei coetanei, alla incerta ricerca di un percorso.
Per il formato fotografico il bianco e nero, come si suole dire in questi casi, era la morte sua. Poi con stampe curate da Davide (Printandgo) non si discute.
Dettagli di usi e costumi, automobili dell’epoca, il venditore di sfincionelli nella precaria carrettella, scorci di mercati popolari, venditori ambulanti … anche di santini, giochi di bambini, gente per strada, gente in partenza, scatti rubati, e in ogni immagine dettagli e particolari che raccontano costumi e pagine di storia.
In poche parole, visionare le fotografie in mostra di Ivano viene a costituire una panoramica fotografica di quei tempi andati.
Per chi ha una certa età, potrà anche rivedersi in quelle ricerche innocenti di immagini “veriste”, che si andavano a ricercare ai tempi dei propri approcci con la fotografia.
Per le tante autorevoli firme che accompagnano, con scritti, le immagini esposte, il vernissage si qualifica di certo come un evento di rilievo nell'attività culturale della "Palermo indipendente".
Una mostra da non perdere, anche per chi è appassionato di scoprire il passato prossimo da cui proveniamo.
Nel portale You Tube è pubblicata la presentazione di Fabrizio Micari nel vernissage della mostra: https://youtu.be/nDYGaCMhxLU?si=4IfUrT5HsF1eJChH. Tutte le fotografie in mostra e i contributi scritti visionabili attraverso: https://youtu.be/Je0M0HMezEI?si=LbbzuPJgF_ub37gz.
Buona luce a tutti!
© Essec
venerdì 7 marzo 2025
Slide show 29^ Maratona di Palermo 2024
Per accedere slide show: https://m.youtube.com/watch?v=j-fPGHVuu58
Sarà forse anche per il rilascio di endorfine, un oppioide endogeno coinvolto nei meccanismi che regolano il comportamento e il controllo del dolore, ma la maratona per molti costituisce un momento euforico di felicità da condividere con altri appassionati che vi si cimentano.
In relazione all’età, ci si impegna anche per migliorarsi sempre o cercare di mantenere una performance che per l’accumularsi di tanti anni si rende sempre più difficile.
La Maratona di Palermo per molti siciliani è un appuntamento importantissimo e in relazione ai progetti e programmi ciascuno opta per i 42 km o la mezza.
La manifestazione palermitana offre anche opportunità di percorsi a staffetta che implicano tragitti di circa 10 km per atleta.
La partecipazione straniera è un crescendo che rende spettacolare anche il folklore di culture e manifestazioni di popoli diversi che, con atleti e accompagnatori, si integrano in un evento sportivo finalizzato anche alla coabitazione nel rispetto reciproco di generi e costumi.
Lo slide show che si propone applica una formula collaudata fin dal 2009 che prevede l’utilizzo di immagini di diversi fotoamatori, dislocati lungo il percorso per cercare di raccontare anche i variegati luoghi attraversati.
Per quanto ovvio, le diverse sensibilità individuali portano a fotografare aspetti diversi che contribuiscono a realizzare un racconto che miscela, umanità, sport e cultura.
Nel blog https://maratonadipalermo.blogspot.com/ sono postate le foto conferite dai diversi amici che negli anni hanno aderito all’iniziativa che non ha mai avuto alcun scopo di lucro.
Chi è ritratto ha infatti l’opportunità di scaricare liberamente dal sito le immagini che gli aggradano in formato 800 pxl.
Lo scopo dell’operazione è quello di dare anche lustro alla Città di Palermo per la qualità delle iniziative che, nel caso della Maratona, si riescono a realizzare grazie alla serietà, la passione e l’impegno degli organizzatori tutti.
Foto conferite gratuitamente e inserite nello slide sono di: Maurizio Anselmo, Angelo Battaglia, Gregorio Bertolini, Marianna Chiovari, Toti Clemente, Pippo Consoli, Salvo Cristaudo, Giovanni Cuscinà, Giuseppe Diliberto, Serena Etiopia, Antonio Ferrante, Benny Fontana, Nicola Gullifa, Arianna Imprescia, Rosario La Piana, Ulrike Leemhuis, Gianni Nastasi, Fabio Pisciotta, Marco Raneli, Vincenzo Smriglio, Jessica Tobia.
Selezione e montaggio: Toti Clemente (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/)
Per accedere allo slide show delle immagini: https://m.youtube.com/watch?v=j-fPGHVuu58
Buona luce a tutti!
© Essec
Sarà forse anche per il rilascio di endorfine, un oppioide endogeno coinvolto nei meccanismi che regolano il comportamento e il controllo del dolore, ma la maratona per molti costituisce un momento euforico di felicità da condividere con altri appassionati che vi si cimentano.
In relazione all’età, ci si impegna anche per migliorarsi sempre o cercare di mantenere una performance che per l’accumularsi di tanti anni si rende sempre più difficile.
La Maratona di Palermo per molti siciliani è un appuntamento importantissimo e in relazione ai progetti e programmi ciascuno opta per i 42 km o la mezza.
La manifestazione palermitana offre anche opportunità di percorsi a staffetta che implicano tragitti di circa 10 km per atleta.
La partecipazione straniera è un crescendo che rende spettacolare anche il folklore di culture e manifestazioni di popoli diversi che, con atleti e accompagnatori, si integrano in un evento sportivo finalizzato anche alla coabitazione nel rispetto reciproco di generi e costumi.
Lo slide show che si propone applica una formula collaudata fin dal 2009 che prevede l’utilizzo di immagini di diversi fotoamatori, dislocati lungo il percorso per cercare di raccontare anche i variegati luoghi attraversati.
Per quanto ovvio, le diverse sensibilità individuali portano a fotografare aspetti diversi che contribuiscono a realizzare un racconto che miscela, umanità, sport e cultura.
Nel blog https://maratonadipalermo.blogspot.com/ sono postate le foto conferite dai diversi amici che negli anni hanno aderito all’iniziativa che non ha mai avuto alcun scopo di lucro.
Chi è ritratto ha infatti l’opportunità di scaricare liberamente dal sito le immagini che gli aggradano in formato 800 pxl.
Lo scopo dell’operazione è quello di dare anche lustro alla Città di Palermo per la qualità delle iniziative che, nel caso della Maratona, si riescono a realizzare grazie alla serietà, la passione e l’impegno degli organizzatori tutti.
Foto conferite gratuitamente e inserite nello slide sono di: Maurizio Anselmo, Angelo Battaglia, Gregorio Bertolini, Marianna Chiovari, Toti Clemente, Pippo Consoli, Salvo Cristaudo, Giovanni Cuscinà, Giuseppe Diliberto, Serena Etiopia, Antonio Ferrante, Benny Fontana, Nicola Gullifa, Arianna Imprescia, Rosario La Piana, Ulrike Leemhuis, Gianni Nastasi, Fabio Pisciotta, Marco Raneli, Vincenzo Smriglio, Jessica Tobia.
Selezione e montaggio: Toti Clemente (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/)
Per accedere allo slide show delle immagini: https://m.youtube.com/watch?v=j-fPGHVuu58
Buona luce a tutti!
© Essec
mercoledì 26 febbraio 2025
Gli elettori tedeschi sono concreti e attenti
Nella Germania unificata di oggi, la percentuale dell’oltre ottanta percento di votanti alle ultime elezioni nazionali costituisce esempio di una civiltà democratica, rappresentativa e cosciente, che vede la partecipazione politica attiva dei cittadini elettori.
Il popolo tedesco che ha esercitato il diritto di voto si è dimostrato alquanto attento e consapevole. Forse perchè, ha intravisto rischi destabilizzanti, portati avanti dalla nuova geopolitica che torna a riproporre l’arcaica pratica storica della legge del più forte.
La crisi latente del capitalismo mondiale che si aggrava da troppo tempo richiede di trovare rapide soluzioni.
Al riguardo, le ricerche portate avanti dai rappresentanti politici occidentali posti ai vertici però continuano a non essere rivolte a sperimentare correttivi sociali di spessore popolare, bensì a trovare formule idonee a consentire il congelamento di un generalizzato sistema sociale oligarchico; utile e funzionale al mantenimento dei privilegi di pochi, consolidati e ampliati a una classe semifeudale pseudo moderna, sostanzialmente autoreferenziale e sempre protetta.
Un sistema sociale mantenuto con il progressivo aiuto attivo, forse inconsapevole, di un elettorato sempre più demotivato, disilluso e distratto dal possibile esercizio effettivo della democrazia.
Accade, quindi, che con pochi soggetti votanti, gli eletti possano conseguire i loro obiettivi attraverso percentuali di seggi “dopati” ma sufficienti a garantire chi traffica per preservare interessi (a garanzia di evasori, lobby, mafie incluse, imprenditori spregiudicati e borderline, con una pletora di principi, vassalli, valvassini etc. chiamati a ricoprire cariche amministrative nei tanti livelli burocratici funzionali).
Tornando all’esempio tedesco, l’84% di percentuale dei votanti, per quanto ovvio, riesce a mettere in discussione qualunque equilibrio consolidato e questo per la discesa in campo dell’elettorato volatile che, in un sistema plebiscitario, costituisce sempre il sale che da sapore a ogni democrazia.
L’attuale situazione politica italiana, pertanto, è semplicemente lo specchio del suo 50% d’elettorato votante. Chi diserta le urne e non partecipa al voto, di fatto rifiuta l’opportunità d’indirizzo politico.
Non serve a nulla imprecare, quindi, con “Governo ladro” o convincersi che “tanto sono tutti uguali”, perchè anche il voto volatile (se espresso) può costituire un importante correttivo imprevedibile e spiazzante per i burattinai professionali che gestiscono i traffici; l'esercizio del voto rimane sempre indispensabile per alimentare potenziali speranze e voglie di cambiamenti concreti.
Buona luce a tutti!
© Essec
mercoledì 19 febbraio 2025
"La cattiveria"
Risultano sempre argute, efficaci e molto esplicative le brevi considerazione che, etichettate come “La cattiveria”, giornalmente “Il Fatto Quotidiano” propone in prima pagina ai lettori.
Volendo un po’ seguirne il solco, per chi non si fosse distratto, rimando ad osservare con attenzione l’immagine proposta dai media in questi giorni, che ritrae undici rappresentanti europei (con anche Gran Bretagna) riuniti a Parigi per discutere sulla esclusione dalle trattative di pace fra Ucraina e Russia, oltre che per valutare alternative alle intenzioni annunciate da Tramp in merito alla NATO e ai suoi derivati.
Ciascuno potrà farsi la lettura che vuole, la mia trascende un po’ dai soli connotati estetici.
Sembrerebbe, infatti, che i nostri attuali governanti europei siano precipitati nel panico; impegnati come sono nell'affannosa ricerca di una soluzione che assicuri loro sicurezza e stabilità politica.
Non però intesa questa come mantenimento di un sistema interno rispettoso di democrazia sociale ma, piuttosto, rassicurante (soprattutto per buona parte dei rappresentanti) per quelle che sono le loro rispettive attuali posizioni di potere. Ritenendosi quasi dei paladini insostituibili - nel loro immaginario collettivo - del sistema “terracqueo” che hanno in gestione. Basati sul clima soporifero che avvolge gli elettori di riferimento, anche essi svogliati e distratti, che sembrerebbero quasi rassegnati a non poter prescindere da loro.
Perfino quello che fu a capo del Governo dei Migliori, dopo aver indicato tante coordinate certe, oggi rimane confuso e senza idee o alchimie magiche per una soluzione; e si limita a gridare agli altri correspondabili di fare almeno qualcosa, di immaginare delle formule alternative perchè anche lui avverte il pericolo che la nave affonda.
Ed è questo il motivo per cui la fotografia del summit politico che è stata pubblicata potrebbe anche essere letta come una caricaturale “cupola buscettiana" priva di un vero “padrino”, intenta a tramare in un convivio, per scegliere un referente autorevole e condivisibile, utile a garantire a tutti (forse ad alcuni di loro in primis) longevità politica e una solida “protezione”.
In poche parole ... potrebbe intendersi quasi come la fotografia di un attimo fuggente, che congela lo sguardo smarrito di tanti "cani sciolti", traumatizzati nel ritrovarsi senza più un padrone; o la foto di gruppo di undici "scappati di casa", come è piu' di moda e si usa dire adesso.
Buona luce a tutti!
© Essec
venerdì 14 febbraio 2025
Street Art & ..... per fare un po' il punto. Suggerimenti per qualche libro, video, slide show e altro
Street art. Indipendentemente da come la si pensi o la si intenda, rappresenta un fenomeno ormai consolidato e sempre più diffuso, quasi a macchia d’olio, nel “globo terracqueo”.
Di certo le formule applicate dai vari autori costituiscono il risultato di miscellanee diffuse, essendo ogni opera frutto, oltre che del talento individuale, anche d’influenze sociali correlate alle dislocazioni geografiche e le culture dei luoghi.
Nei nostri tempi moderni, la globalizzazione e il capillare sviluppo dei media hanno contribuito a contaminare il fenomeno, influenzando l’arte dei writer e graffitari di tutti i continenti.
Al di là della tolleranza nelle diverse realtà politiche locali, le varie amministrazioni di prossimità differenziano e influenzano a loro volta la disciplina di settore. Privilegiando in maniera differente i fronti che oggettivamente si ritrovano spesso anche contrapposti. In molte realtà il fenomeno non solo è tollerato, ma è divenuto anche un utile strumento di promozione turistica.
Oggi sono abbondanti le fonti consultabili per poter conoscerne e approfondire la storia dei graffiti: antichi, di medio periodo e moderni (dal paleolitico, al fenomeno messicano d’inizio novecento, ai Tag newyorkesi degli anni settanta fino ad ora). Letture e visualizzazioni social disponibili consentono di acquisire facilmente tante interessanti informazioni al riguardo.
Per citarne uno, ad esempio, il lavoro editoriale “Graffiti – Arte e ordine pubblico”, frutto della collaudata collaborazione tra Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, descrive in modo abbastanza completo l’evoluzione dei graffiti e della street art in generale. Oltre a tracciare un’esaustiva storia del fenomeno, costituisce uno strumento didattico attuale, anche per le molte testimonianze di artisti e critici che sono state raccolte. Che vanno a creare una interessante insieme di pareri e considerazioni che permettono di cogliere le peculiarità dei tanti tasselli concettuali, delle tendenze e scuole di pensiero riguardanti l’arte di strada.
In rete è presente un intervento svoltosi a Pistoia nel 2018 (Arte, potere e innovazione) nel corso del quale i due autori si alternano nel trattare le varie questioni (sociologiche e artistiche), intervallandole con alcune estrapolazioni dal libro in argomento che, nel caso, si presta a una scorrevole lettura.
Un altro volume sulla street art, meritevole d’esser consultato è quello scritto da Valeria Arnaldi, dal titolo “Sulle tracce della street art – Viaggio alla scoperta dei più bei murales italiani”. In questo caso ogni capitolo attiene a uno specifico luogo d’Italia e se ne descrive l’evento artistico di street collegato. Per i diversi luoghi, che interessano quasi tutte le regioni, sono indicate le opere e i relativi artisti coinvolti; nonchè le motivazioni o storie sottostanti alle idee realizzate. In appendice, per ogni capitolo sono pure citati collegamenti web, utili per eventuali approfondimenti e ricerche.
Per chi poi vuol farsi un’idea più precisa sulle logiche creative e magari avere un quadro completo dei personaggi che ogni volta sono coinvolti (punti di vista dei graffitari e delle varie amministrazioni pubbliche preposte ai controlli nell’eventuale rilascio delle autorizzazioni) si suggerisce la visione di una registrazione di oltre un'ora realizzata dall’artista Diavù nel corso di una tavola rotonda svoltasi qualche tempo fa a Roma, postata sulla sua pagina di You Tube. Nel corso dell’incontro viene portato anche ad esempio l’originale intervento proposto e poi realizzato lungo il lungotevere di Roma "Triumphs and Laments" dall’artista sudafricano William Kentridge (volendo, un mio slide show è accessibile attraverso il seguente link: https://youtu.be/zIhlVmsKChk?si=hem_rFQamo7yWSEq)
In conclusione mi piace anche ricordare un progetto sperimentale curato personalmente sul tema street art "DISSERTAZIONI SU STREET ART NE VOGLIAMO PARLARE?" Realizzato con il coinvolgimento di un gruppo di amici, tutti chiamati a esprimere liberamente - e secondo il loro sentire - un loro punto di vista. Un’operazione che è stata accompagnata da fotografie di tante opere di diverso genere (stencil, murales, poster art, etc...), non tutte ancora esistenti, dislocate principalmente tra Roma e Palermo (anche raccolte in uno slide show).
Diversi articoli riguardanti la street art, postati nel mio blog generico, sono accessibili tramite: https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/search/label/street%20art
Buona luce a tutti!
© Essec
Di certo le formule applicate dai vari autori costituiscono il risultato di miscellanee diffuse, essendo ogni opera frutto, oltre che del talento individuale, anche d’influenze sociali correlate alle dislocazioni geografiche e le culture dei luoghi.
Nei nostri tempi moderni, la globalizzazione e il capillare sviluppo dei media hanno contribuito a contaminare il fenomeno, influenzando l’arte dei writer e graffitari di tutti i continenti.
Al di là della tolleranza nelle diverse realtà politiche locali, le varie amministrazioni di prossimità differenziano e influenzano a loro volta la disciplina di settore. Privilegiando in maniera differente i fronti che oggettivamente si ritrovano spesso anche contrapposti. In molte realtà il fenomeno non solo è tollerato, ma è divenuto anche un utile strumento di promozione turistica.
Oggi sono abbondanti le fonti consultabili per poter conoscerne e approfondire la storia dei graffiti: antichi, di medio periodo e moderni (dal paleolitico, al fenomeno messicano d’inizio novecento, ai Tag newyorkesi degli anni settanta fino ad ora). Letture e visualizzazioni social disponibili consentono di acquisire facilmente tante interessanti informazioni al riguardo.
Per citarne uno, ad esempio, il lavoro editoriale “Graffiti – Arte e ordine pubblico”, frutto della collaudata collaborazione tra Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, descrive in modo abbastanza completo l’evoluzione dei graffiti e della street art in generale. Oltre a tracciare un’esaustiva storia del fenomeno, costituisce uno strumento didattico attuale, anche per le molte testimonianze di artisti e critici che sono state raccolte. Che vanno a creare una interessante insieme di pareri e considerazioni che permettono di cogliere le peculiarità dei tanti tasselli concettuali, delle tendenze e scuole di pensiero riguardanti l’arte di strada.
In rete è presente un intervento svoltosi a Pistoia nel 2018 (Arte, potere e innovazione) nel corso del quale i due autori si alternano nel trattare le varie questioni (sociologiche e artistiche), intervallandole con alcune estrapolazioni dal libro in argomento che, nel caso, si presta a una scorrevole lettura.
Un altro volume sulla street art, meritevole d’esser consultato è quello scritto da Valeria Arnaldi, dal titolo “Sulle tracce della street art – Viaggio alla scoperta dei più bei murales italiani”. In questo caso ogni capitolo attiene a uno specifico luogo d’Italia e se ne descrive l’evento artistico di street collegato. Per i diversi luoghi, che interessano quasi tutte le regioni, sono indicate le opere e i relativi artisti coinvolti; nonchè le motivazioni o storie sottostanti alle idee realizzate. In appendice, per ogni capitolo sono pure citati collegamenti web, utili per eventuali approfondimenti e ricerche.
Per chi poi vuol farsi un’idea più precisa sulle logiche creative e magari avere un quadro completo dei personaggi che ogni volta sono coinvolti (punti di vista dei graffitari e delle varie amministrazioni pubbliche preposte ai controlli nell’eventuale rilascio delle autorizzazioni) si suggerisce la visione di una registrazione di oltre un'ora realizzata dall’artista Diavù nel corso di una tavola rotonda svoltasi qualche tempo fa a Roma, postata sulla sua pagina di You Tube. Nel corso dell’incontro viene portato anche ad esempio l’originale intervento proposto e poi realizzato lungo il lungotevere di Roma "Triumphs and Laments" dall’artista sudafricano William Kentridge (volendo, un mio slide show è accessibile attraverso il seguente link: https://youtu.be/zIhlVmsKChk?si=hem_rFQamo7yWSEq)
In conclusione mi piace anche ricordare un progetto sperimentale curato personalmente sul tema street art "DISSERTAZIONI SU STREET ART NE VOGLIAMO PARLARE?" Realizzato con il coinvolgimento di un gruppo di amici, tutti chiamati a esprimere liberamente - e secondo il loro sentire - un loro punto di vista. Un’operazione che è stata accompagnata da fotografie di tante opere di diverso genere (stencil, murales, poster art, etc...), non tutte ancora esistenti, dislocate principalmente tra Roma e Palermo (anche raccolte in uno slide show).
Diversi articoli riguardanti la street art, postati nel mio blog generico, sono accessibili tramite: https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/search/label/street%20art
Buona luce a tutti!
© Essec
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martedì 11 febbraio 2025
Dei lucchetti chiusi e delle porte aperte. Ne vogliamo parlare?
L’analisi della foto proposta può costituire un buon esempio didattico nell’interpretazione di una fotografia.
Questa immagine si presta infatti a diverse letture, una oggettiva per le scelte tecniche utilizzate, altre anche concettuali.
Chi lo vorrà potrà anche intervenire con un suo commento, per addivenire a una analisi più ampia.
Intanto, essendone l‘autore posso confermare l’intento voluto al momento dello scatto, quello cioè di voler enfatizzare un lucchetto chiuso in un occhiello di una porta aperta.
Scegliendo per l’idea, quindi, un diaframma idoneo a renderlo oggetto principale dell’immagine, mettendolo a fuoco rispetto a uno sfondo sfocato che inquadrava un rilievo marmoreo di contenuto religioso.
Le interpretazioni concettuali immaginabili si prestano ad argomentazioni apparentemente diverse, sia esse laiche che spirituali, ma sostanzialmente tutte convergenti.
Volendo, le possibili argomentazioni sulla fotografia potrebbero essere peraltro bidirezionali: dal fuori al dentro e viceversa.
In entrambi i casi persevera il fatto che il lucchetto, privo di chiave, è perfettamente chiuso (seppur per l’occhiello che lo imprigiona apparirebbe potenzialmente svitabile, per il fatto di essere apposto a una porta in legno; quindi asportabile fin quando non resta associato con l’analogo altro occhiello applicato sul telaio o un'altra anta correlata).
Leggendo dal di fuori e rimanendo fermi sul punto di ripresa, quindi, anche se la sfocatura impedisce di distinguere dettagli, associando l’immagine alla affermata sacralità dei luoghi un credente sarà portato ad enfatizzare comunque i contenuti non evidenti e a contemplare il tutto secondo i propri i principi mistici a lui familiari.
Un laico non credente, se si soffermerà a considerare i limiti oggettivi si troverà costretto a elaborare ogni cosa sulla base di una miopia evidente, per l’indistinguibilità degli elementi sfocati. Nessuna enfasi fideistica potrà mai venirgli a supporto, anche se si troverà a far ricorso alle sue cognizioni culturali non riuscirà a pervenire a verosimili certezze.
Il lucchetto chiuso in una porta aperta non impedisce comunque di poter andare oltre e, anche per il secondo, potrebbe non rappresentare una reale invalicabile barriera.
Il lucchetto chiuso in una porta aperta, anche per chi ha curiosità di varcare il limite e voglia osservare in dettaglio, tenderà a simboleggiare comunque la presenza di chiusure, nel caso specifico rappresentate dai dogmi.
Nella lettura dell’immagine dal dentro al fuori, l’evidente appannamento visivo, vuol significare che per allargare panorami e conoscenze si è obbligati a varcare la soglia di ogni porta aperta, con l’accortezza di mantenersi lucidi e con gli occhi aperti.
I lucchetti chiusi, nel caso, pur restando simboli, non potranno mai costituire ostacolo a dissertazioni libere e a pragmatismi.
Per quanto ovvio, ogni risvolto allusivo tornerà sempre utile allo scopo.
Buona luce a tutti!
© Essec
sabato 8 febbraio 2025
SID: "Allegorie su Cartone"
Sid ha di recente realizzato una serie di pitture utilizzando non già delle naturali tele o fogli da disegno ma dei semplici residuati di cartone – o parte di essi – ricavati da package commerciali.
Ne è risultata un’operazione alquanto bella e originale, non solo per l’impiego e riutilizzo di materiali poveri, di scarto, ma anche per le figure e le scene rappresentate sugli stessi.
Anticipi di questa idea avevano già trovato spazio in una mostra allestita a luglio, nell’Ex Carcere, in occasione dell’ultimo “Festino” di Palermo e in una serie di prototipi confezionati – forse come sperimentazione dell’idea - dal creatore di B1 Antonio Curcio.
I due artisti hanno infatti proposto al pubblico un’ampia mostra di opere, tutte aventi come supporto pezzi di cartoni, con esposizioni a Salemi e a Palermo.
Le pitture di Sid estrapolate e scelte per questo articolo enfatizzano particolarmente l’aspetto concettuale del suo costante messaggio creativo. Con tratti prevalentemente minimalisti le sue sono simili a fotografie dai contenuti molto attuali.
Ricalcano i connotati intrinsechi dei suoi graffiti che seguono il solco e, in qualche modo, anche lo stile di altri affermati artisti italiani e internazionali di fine secolo. Fra i tanti ( Blu, Ericailcane, etc..) mi piace segnalare Nemo’s, ideatore di un suo personaggio ormai famoso e facilmente riconoscibile (uno slide show realizzato con le sue creazioni artistiche è accessibile cliccando sopra questo collegamento ipertestuale).
La definizione di arte concettuale nasce intorno agli anni ’60 (Joseph Kosuth) allo scopo di inquadrare tutti quegli artisti che non sublimano l’opera al semplice piacere estetico, per fondare invece la propria pratica sul pensiero.
Il concettuale di Sid, per quanto evidente, supera il risultato percettivo realizzato e induce l’osservatore a riflettere e decodificare le diverse allegorie.
Oltre a rimandare allo slide show delle immagini che è postato su You Tube, come si vede si propongono a corredo di questo scritto le immagi in dettaglio e titolate dallo stesso SID, per consentire all’osservatore una più lenta osservazione e poter così meglio cogliere le evidenti tante allegorie rivenienti dalle letture.
Per il passato musicale la sua sigla artistica SID deriva dalla passione per i Pink Floyd, del cui gruppo Syd Barrett è stato fondatore e leader.
Se si vuole, poi, in questo stesso portale è possibile anche leggere e vedere altri articoli dell’artista in questione:
https://www.economiaefinanzaverde.it/2023/09/29/nascita-di-un-murale/
https://www.economiaefinanzaverde.it/2023/10/23/sid-street-art-e-tanto-altro/
https://youtu.be/CV0X___9tw8?si=cPAWwgPOTZbNXgZQ
Buona luce a tutti!
© Essec
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Ne è risultata un’operazione alquanto bella e originale, non solo per l’impiego e riutilizzo di materiali poveri, di scarto, ma anche per le figure e le scene rappresentate sugli stessi.
Anticipi di questa idea avevano già trovato spazio in una mostra allestita a luglio, nell’Ex Carcere, in occasione dell’ultimo “Festino” di Palermo e in una serie di prototipi confezionati – forse come sperimentazione dell’idea - dal creatore di B1 Antonio Curcio.
I due artisti hanno infatti proposto al pubblico un’ampia mostra di opere, tutte aventi come supporto pezzi di cartoni, con esposizioni a Salemi e a Palermo.
Le pitture di Sid estrapolate e scelte per questo articolo enfatizzano particolarmente l’aspetto concettuale del suo costante messaggio creativo. Con tratti prevalentemente minimalisti le sue sono simili a fotografie dai contenuti molto attuali.
Ricalcano i connotati intrinsechi dei suoi graffiti che seguono il solco e, in qualche modo, anche lo stile di altri affermati artisti italiani e internazionali di fine secolo. Fra i tanti ( Blu, Ericailcane, etc..) mi piace segnalare Nemo’s, ideatore di un suo personaggio ormai famoso e facilmente riconoscibile (uno slide show realizzato con le sue creazioni artistiche è accessibile cliccando sopra questo collegamento ipertestuale).
La definizione di arte concettuale nasce intorno agli anni ’60 (Joseph Kosuth) allo scopo di inquadrare tutti quegli artisti che non sublimano l’opera al semplice piacere estetico, per fondare invece la propria pratica sul pensiero.
Il concettuale di Sid, per quanto evidente, supera il risultato percettivo realizzato e induce l’osservatore a riflettere e decodificare le diverse allegorie.
Oltre a rimandare allo slide show delle immagini che è postato su You Tube, come si vede si propongono a corredo di questo scritto le immagi in dettaglio e titolate dallo stesso SID, per consentire all’osservatore una più lenta osservazione e poter così meglio cogliere le evidenti tante allegorie rivenienti dalle letture.
Per il passato musicale la sua sigla artistica SID deriva dalla passione per i Pink Floyd, del cui gruppo Syd Barrett è stato fondatore e leader.
Se si vuole, poi, in questo stesso portale è possibile anche leggere e vedere altri articoli dell’artista in questione:
https://www.economiaefinanzaverde.it/2023/09/29/nascita-di-un-murale/
https://www.economiaefinanzaverde.it/2023/10/23/sid-street-art-e-tanto-altro/
https://youtu.be/CV0X___9tw8?si=cPAWwgPOTZbNXgZQ
Buona luce a tutti!
© Essec
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lunedì 3 febbraio 2025
Ci sono tanti morti (veri) che affollano le pagine dei social
In un post del gennaio 2018 si venne ad affrontare la questione, con l’intento di focalizzare l’attenzione sulle pagine che rimangono attive sui social nonostante i titolari siano dipartiti ad altra dimensione.
Allo scopo, allora, si andarono a leggere le istruzioni che, ad esempio Facebook, forniva per gestire questi casi. Non so se sono ancora valide le informazioni d'allora per segnalare o eliminare le fattispecie in argomento.
Sicuramente in genere non è una problematica tanto sentita dagli eredi e sono diversi e variegati i comportamenti di questi ultimi.
C’è chi mantiene inalterata la situazione congelandola, c’è chi continua ad aggiornare post sostituendosi nell’attività ordinaria del de cuius, c’è chi avverte con l’ultimo post la dipartita del soggetto per avvertire amici e conoscenti.
Capita quindi che il giorno che corrisponde al compleanno del soggetto, pervengano in automatico segnalazioni ad amici, reali o virtuali, oltre che a conoscenti.
Secondo la regola “lontani dagli occhi, lontani dal cuore”, può anche capitare di non essere aggiornati sullo stato delle cose e, quindi, incorrere in incresciose e involontarie gaffe.
Si leggono in alcuni dei casi risposte di congiunti che intervengono per ringraziare del pensiero avuto o restano silenzi.
Ormai sono tanti i casi di pagine che rimangono attive non ostante i titolari siano anche da tempo morti. Io mi regolo con prudenza, considerando l’età. Specialmente si si tratta di miei coetanei.
Una volta ricevuta dall'algoritmo social la segnalazione della ricorrenza, vado a vedere nella pagina per controllare se è recente la data dell’ultimo post inserito. Se il dubbio rimane intanto non scrivo nulla ..... e magari mi accerto con altri conoscenti.
Da scaramantici, ma allo stesso contempo preveggenti, una cosa però è acclarata ...... ci sono tanti morti (vivi virtuali, quasi immortali) che affollano sempre più le pagine dei social ......
Più che ricorrere alla famosissima frase del Magnifico Lorenzo fiorentino, chiuderei con la parola magica bene augurante che continuava sempre a ripetere il mitico Mike ....... ALLEGRIAAAAA
Buona luce a tutti!
© Essec
giovedì 30 gennaio 2025
A proposito di Meloni
Una porzione è in grado di soddisfare più di un terzo del fabbisogno di vitamina A, importante per il corretto funzionamento della vista e per la buona salute di pelle,
Storia e botanica del melone
Il melone, frutto della pianta rampicante Cucumis melo, rientra nella famiglia delle Cucurbitacee. Le probabili origini sono riconducibili all’Africa, da dove si è diffuso su tutto il bacino del Mediterraneo. In commercio sono presenti tre gruppi varietali: cantalupo, a buccia liscia di colore verde-grigio e polpa arancione, retato, che si differenzia dal cantalupo soprattutto per la buccia reticolata e, infine, da inverno, con buccia liscia di colore giallo o verde scuro e polpa bianca o verde chiara. Sono di stagione da giugno a settembre, compresa la varietà invernale che viene raccolta d’estate e consumata nei periodi invernali quando raggiunge il pieno della maturazione.
Aspetti nutrizionali del melone
Il melone ha un elevato contenuto di acqua e la restante parte è costituita prevalentemente da zuccheri semplici. La fibra è presente in un quantitativo poco considerevole, così come proteine e grassi.
Tra i micronutrienti spicca il contenuto di potassio, al contrario il sodio è molto basso. Preservare un corretto equilibrio tra questi minerali è essenziale per tenere sotto controllo i livelli della pressione sanguigna. Inserire nella dieta alimenti ad alto contenuto di potassio e basso di sodio aiuta a non far pendere la bilancia verso il secondo, uno dei principali errori che si commettono quotidianamente.
Il melone è un’ottima fonte di due importanti vitamine: la vitamina C, o acido ascorbico, e la vitamina A. Quest’ultima è contenuta nell’alimento sotto forma del suo principale precursore, il beta-carotene, che viene poi in parte convertito dal fegato nella vitamina. Una porzione di questo frutto è in grado di soddisfare più di un terzo del fabbisogno di vitamina A, importante per il corretto funzionamento della vista e per la buona salute di pelle, ossa e sistema immunitario.
I semi di melone vengono comunemente scartati quando si taglia il frutto. Si conserva la polpa liberandola dalla buccia e dai semi che si trovano nel cuore del frutto. Questi alimenti di scarto, in realtà, sono ricchi di proprietà nutrititve benefiche per la salute dell'organismo, e possono essere utilizzati in cucina proprio come altri semi maggiormente conosciuti, come quelli di zucca o di girasole.
Il melone (Cucumis melo) appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae (la stessa di zucca e anguria) è uno dei classici frutti estivi. Tanto apprezzato per la dolcezza della sua polpa, ricca di fibre, vitamina K, magnesio e folati, contiene anche semi commestibili, spesso gettati nella spazzatura perché ritenuti "inutili". Forse non tutti sanno che questi semi sono altamente proteici (100 gr di semi di melone contengono oltre 30 gr di proteine) e che presentano un discreto contenuto di acidi grassi e fenoli, che contribuiscono a mantenere in salute il cuore.
I semi del melone hanno uin profilo nutrizionale decisamente interessante. Tutt'altro che scarto alimentare, sono invece ricchi di proteine, principalmente rappresentate da acido glutammico, arginina e triptofano, fattore che li rende un ideale alternativa agli aminoacidi essenziali. Contengono anche acidi fenolici, flavonoidi, tocoferolo, fitoestrogeni, benefici per l'organismo. I semi di melone sono ricchi di vitamine e minerali: vitamine A, C, B3, B6, B9; carotene; sodio; magnesio; potassio; calcio; ferro; zinco; iodio; fosforo; selenio; manganese.
L'acido glutammico in esso contenuti migliora la funzionalità intestinale e il sistema immunitario, mentre l' arginina è un noto alleato degli sportivi e di chi intende rimettersi in forma in quanto contribuisce a ridurre il grasso corporeo e aumentare la massa muscolare. Non solo, tra le proprietà benefiche dei semi di melone troviamo la presenza di acido gallico e l'acido vanillico, che svolgono un'azione antinfiammatoria e antitumorale.
I semi di melone hanno diverse proprietà benefiche per tutto l'organismo. I benefici, includono ad esempio:
• migliorare la funzionalità intestinale
• proteggono il cuore
• alleati contro le malattie cardiovascolari
• rafforzare il sistema immunitario,
• contrastare le adiposità localizzate (azione svolta dall'arginina)
• aumento della massa muscolare.
• azione antinfiammatoria (gli acidi fenolici presenti nei semi di melone come acido gallico e acido vanillico contribuiscono a disinfiammare i tessuti)
• funzione antibatterica, antimicotica e antifungina
• attività antiossidante
• contrastano lo stress ossidativo (i semi di melone contengono reservatolo, alleato contro i radicali liberi)
• azione antitumorale
• favoriscono il sonno,
• abbassano la pressione sanguigna
• riduzione del livello dell'ormone cortisolo, l'ormone dello stress
• In cucina sono diversi gli utilizzi che si possono fare dei semi di melone, come gli utilizzi in cucina dei semi di anguria, del resto. Si possono tostare in padella con olio di oliva e, a piacere, con aggiunta di spezie e sale, da usare quindi come snack salato. Danno una nota crunchy e croccante a diverse preparazioni. In tal senso possono essere validi sostituti dei semi di sesamo nella preparazione di un casalingo gomasio, da tenere sempre in dispensa. Altrimenti, una volta tostati, si possono aggiungere a insalate, panini, pasta, oppure passati al mixer diventano una polvere ricca di nutrienti e sapore, da aggiungere a zuppe e minestre. Possono essere utilizzati anche nella preparazione di barrette energetiche e proteiche da portare comodamente in ufficio come spezza fame o in palestra, aggiungendoli a frutta secca e disidratata.
Da non trascurare, quindi, per concludere, che i meloni hanno anche proprietà rinfrescanti, diuretiche, depurative e lassative e sono indicati in caso di stipsi e/o emorroidi e di dolori reumatici.
(Fonti: Notizie assunte da una ricerca operata su diversi siti web)
Buona luce a tutti!
© Essec
lunedì 27 gennaio 2025
PiP - Scritti vari di Pippo Pappalardo (tratti dalla Pagina ACAF di FaceBook)
Scrivi troppo! Ogni tanto Pippo me lo dice per richiamarmi all’ordine. Arriva puntuale una sua telefonata per correggere imprecisioni che rileva o mi fa notare che molte questioni sollevate sono vecchie come il cucco. Dopo esserci dilungati sul merito del pretesto, dopo poco si deraglia per trattare argomenti diversi. Ci si aggiorna sulle reciproche attualità locali, si scambiano punti di vista. Mi aggiorna sulle tante attività a cui sta lavorando, degli incontri e prefazioni a libri che ha in cantiere; mi racconta aneddoti e di eventi che si svolgono all’ACAF. Segnalandomi Daniele Vita, recente ospite in associazione, parlandomi di un suo commento al riguardo. Sono andato a cercarlo nella pagina web dell'ACAF, senza trovarlo. Ho poi scoperto che si trovava fra i commenti postati nella pagina Facebook dell’ACAF. Di suoi ne ho trovato anche tanti altri, quasi sempre corrispondenti a specifici eventi. Sempre interessanti. I piu' recenti li ho raggruppati di seguito, per rilanciarli e renderli fruibili agli appassionati di fotografia, magari estimatori di Pippo e anche a chi segue i post di questo "zibaldone-blog".
Buona luce a tutti!
© Essec
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Scritti di Pippo Pappalardo (tratti dalla Pagina ACAF di FaceBook)
DANIELE VITA ovvero “RACCOGLIERE LA POESIA”
Con fiuto, curiosità, sagacia e intelligenza, il “nostro” Giuseppe Nastasi va confezionando una collana di eccellenze fotografiche che, poi, convengono presso la nostra sede. Grazie al suo lavoro, il numero degli ospiti che son venuti a trovarci aumenta sempre più, rendendo qualificata e qualificante l’offerta a disposizione dei soci (e continuando, peraltro, nel solco di una consolidata tradizione). Da ultimo, abbiamo avuto la presenza di Daniele Vita. La sua testimonianza, la sua opera e, ancor più, la sua giovinezza (eppure ha 50 anni) e simpatia, ci hanno coinvolto, riportandoci verso la comune passione fotografica, liberandola, almeno per una sera, dalle futili tentazioni, dalle ricerche ambigue se non sbagliate, dalle fumisterie, dalle inutili accademie. Riflettendo sulle sue immagini e sulle sue parole abbiamo compreso tanto della sua e della nostra passione fotografica, nonché le ragioni di uno stile, di una poetica e, conseguentemente, delle sue scelte tematiche; circostanze tutte che, guarda caso, lo hanno fatto apprezzare nel vasto arcipelago della fotografia italiana. Di lui parla bene il mondo foto amatoriale, quello accademico e quello professionale. Ne parla bene per un atteggiamento culturale esemplare: nessun rifiuto di quella fotografia con la quale siamo cresciuti, tanta disponibilità verso una ricerca capace di confrontarsi col nuovo prima ancora che col moderno ed inoltre tanta attenzione verso quel mondo che ti cammina accanto, che ti sta vicino nel rinvenimento, nella formulazione, nell’avventura di una visione fresca e diversa. Conosciamo il suo coraggioso tentativo di riprendere il grande tema della “festa popolare” e la volontà di restituirlo alla “Festa”. Non è stata un’impresa da poco: ha rivisto, infatti, in quelle espressioni, assai spesso accusate di folclorismo se non proprio di fanatismo, il volto degli uomini e delle loro vicende. Ha formulato immagini come domande, interrogativi come meditazioni visive, costruendo percorsi/sequenze fotografiche come proposte documentative e narrative di un nuovo modo di intendere il reportage. “Dove andate? Fermatevi, parliamo?” - chiede il nostro Daniele - “alle immagini incontrate; io sono qua, vi aspetto; manifestatevi”. Ed ecco allora rivelarsi il senso riposto del fotografare del nostro Autore; un senso che affida all’incontro, alla presenza, alla manifestazione dell’altro e dell’altrove, la necessità di postulare immagini e formularle. Il vecchio Benedetto Croce sosteneva: “la fotografia non può comprendere il gesto artistico perché non muove da un’impressione, non “metabolizza” un’emozione, non si risolve in rappresentazione e non cerca la condivisione” (sic!). Il nostro filosofo non aveva guardato i “bagnanti”, le “ntuppatedde” di Daniele. Se li avesse minimamente guardato si sarebbe posto delle domande. E di che genere sarebbero state? E perché, caro Benedetto, ti sarebbero rimaste in mente? forse perché ti intrigavano? ti emozionavano? ti coinvolgevano? magari, ti innamoravano? Il nostro amico ci confida che la qualità, il valore delle sue immagini si rivela dalle domande che ci poniamo su di esse. D’accordo, ed allora? Ecco, allora, il suggerimento di Daniele: raccoglierne la poesia. La raccogliamo anche noi, a dispetto dei luoghi incontrati e del tempo che si consuma per mettere ordine in questa realtà; ma ringraziamo il nostro amico per averci suggerito cosa fare quando ci sveglieremo. (Pippo Pappalardo, 21 gen 2025)
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Pippo Pappalardo - "Mezzi di trasporto"
La fantasia è un mezzo di trasporto? E di cosa esattamente? Invero, bambino mi recavo a scuola “a piedi” (era vicino alla mia casa). E mio padre m’incoraggiava dicendo che stavo adoperando il cavallo di San Francesco. Tra noi bambini, ridendo, parlavamo di un mezzo di trasporto assai particolare e spartano ovvero “a cavaddu de’ causi” Poi sopraggiunse la scuola e, con essa, i libri e cominciammo a capire che i transatlantici come le biciclette, erano solo mezzi e non sogni da turisti o giocattoli di Babbo Natale. A scuola imparammo pure che i mezzi di trasporto ci avevano messo in confidenza con gli animali (con i carri, infatti, c’erano i buoi, i cammelli, gli asini, i muli, i cavalli, gli elefanti, i lama, gli struzzi e altri ancora). Ci avevano spinto a socializzare (omnibus, diligenze, carovane, corriere, pullman, torpedoni, camper, treni, aerei, funivie, metrò, dirigibili ed altro ancora). Ci avevano fatto aguzzare l’ingegno (vele, motori, energia umana e, quindi, risciò, tuk-tuk, monopattini, tandem, ascensori ed altro ancora) o le capacità imprenditoriali (taxi, traghetti, tram). Insomma, l’esperienza del trasporto (spostare per necessità qualcosa o qualcuno da un posto ad un altro) se, da un lato, ha corrisposto ad una evidente necessità, dall’altro, ha sviluppato conoscenze, esperienze che spesso si sono accostate ad espressioni e manifestazioni artistiche che hanno definito la storia e l’identità delle genti del pianeta; pensate agli sci ed alle slitte dei paesi nordici, pensate alle canoe ed alle piroghe degli indiani o degli africani, pensate alle gondole di Venezia, ai bateaux mouches di Parigi, o alle giunche orientali. Quindi i mezzi di trasporto non sono solo realtà fantastiche (come potrebbe esserlo la luna delle fiabe, il tappeto volante di Aladino, la scopa della Befana, la palla del cannone di Munchausen, il fagiolo di Giacomino ed altro ancora). I mezzi di trasporto sono compagni di vita che ci aiutano a prendere confidenza con la terra, con l'acqua e con l’aria facendoci pensare come degli esseri onnipotenti, talvolta angelici. Tutto questo, però, potrebbe sembrarci un inventario se non ci fossero, anche, i bimbi di un scuola bus, i bisognosi di un'autoambulanza, se con ci fosse un corteo dietro un carro funebre: sappiamo benissimo che dietro un mezzo di trasporto ci sta il teatro onesto e sincero della vita. Ed allora dichiariamolo pure: la tematica suggerita parla dell’uomo e della donna, dei loto bisogni e del loro procedere tra le meccaniche e i sentimenti, tra le fatiche per inventare una ruota e la difficoltà a capire l’importanza di una leva. Parla del loro sorriso di là delle loro pantofole, del loro bastone, del loro deambulatore. Perché ci sarà sempre un bambino che, sorridendo, salterà sul suo triciclo e, novello Edipo, proverà a risolvere l’enigma della Sfinge. Ma se proprio non avete bisogno delle mie fantasie pensate pure ai film come “Ladri di biciclette” o “Un maggiolino tutto matto”. E poi, fatevi trasportare dal vento, come le foglie, come le nuvole. (Pippo Pappalardo, 11 gen 2025)
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Pippo Pappalardo - “Namastè” libro di Emanuele Carpenzano
Tempo di Natale. Nel grande Karma dell’universo tante cose nascono e tante si allontanano dalla nostra percezione. Ieri, ad esempio, è nato un libro. E’ venuto alla luce, si è reso manifesto ed ha voluto parteciparci la sua esistenza. Se la nostra vita è una infinita biblioteca, questo libro, adesso, vi si confonde eppure ne è parte costitutiva e fa sentire la sua voce. Questa voce ha un suono che ci assale, ci disorienta, ci invita alla compassione, ci abbraccia e ci purifica. Parlo di “Namaste”, il lavoro concepito dai miei amici, i valorosi Emanuele Carpenzano, fotografo, e Letterio Scopelliti, giornalista. Un libro concepito tanto tempo fa, gestito con passione e diligenza, partorito in questi giorni difficili per il pianeta. Un libro per aiutare il mondo dei bambini e dell’infanzia, per supportare la missione di “save the children”. Per aiutare fondamentalmente la speranza e, quindi, ricondurci al “namaste”. Quindi, condurci a quell’inchino reverenziale fatto di riconoscimento, gratitudine, incontro e confronto. Ieri sera, al Palazzo della Cultura, gli autori hanno confidato ai compagni di sempre, ovvero a quel sodalizio che, in un clima di concreto impegno politico ed esistenziale, fa della cultura fotografica lo strumento privilegiato per comprendere se stessi ed il mondo, le ragioni e le necessità dell’opera realizzata; cosicché abbiamo capito che studiare l’India, la sua storia ed il suo futuro, è fondamentale; pertanto, niente più esotismo, niente più presunzioni di maggiore civiltà da parte del mondo occidentale, niente più atteggiamenti di tipo curatoriale. Abbiamo ancora molto da imparare. Molto ce lo insegna questa antica civiltà, molto nascerà dalla sua conoscenza e dallo scambio spirituale tra le nostre ambizioni ed i loro desideri. I presenti all’evento di ieri sera, adesso, attendono curiosi la mostra (ben duecento immagini fotografiche) che si terrà giorno 20 dicembre alle ore 18,00 sempre al Palazzo della Cultura in Via V. Emanuele, in Catania. Il sottoscritto, che ha collaborato a lungo alla nascita di questo corposo e prezioso volume, vi aspetta con affetto per partecipare qualcosa che ha sperimentato dentro di voi e che conosce da tempo. Ed allora, “namaste”. (P.P., 13 dic 2024)
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Pippo Pappalardo - Dioniso è contento.
Ieri sera, la talentosa Tiziana Sparacino, grazie alle sue immagini fotografiche, ha convocato nella nostra sala, niente poco di meno, che il dio Dioniso in persona per renderci partecipi, tra il dionisiaco e l’apollineo, dell’ebbrezza dell’esperienza costruita tra l’intenso desiderio di libertà (e, quindi, di liberazione), e la volontà di parteciparlo e condividerlo attraverso la (sua) rappresentazione. I vecchi miti, a proposito di Dioniso, ci raccontano di una divinità dalla natura contraddittoria e ambivalente, talvolta bizzarra, assai spesso orgiastica, trasgressiva ma mai invasiva. Dioniso, infatti, ci parla ancora di ebbrezza, di danza, di musica, chiedendoci solo di partecipare al gioco, spogliandoci dai pregiudizi e dai falsi pudori, semmai cercando la “pro-vocazione” per richiamare l’attenzione sulle vicende umane che ci circondano e che, purtroppo, non ci scandalizzano più. Tiziana ha agganciato la sua “performance” ai tempi della nostra giovinezza, allor quando ci sembrò che sarebbe bastata una poesia di Ginsberg o una canzone di Mitchell, o di Baez, per rendere aderenti le nostre aspirazioni ai desideri dei compagni di strada. Ed ha fatto benissimo: l’interesse della serata, infatti, dialetticamente, ha comportato l’affiorare dei ricordi, delle letture dimenticate, delle note musicali scomparse, nonché degli eventi sopraffatti dalla cronaca ormai privata della sua storia. Per le strade di Londra o di New York, ma anche di Catania, può tornare quella libertà da consegnare, poi, agli occhi curiosi e stupiti dei nostri figli? Con curiosità interessata e con responsabilità motivata, Tiziana (e il suo amico Dioniso) ci dicono che è opportuno tentare. E quindi, riprendersi la danza (v. "Le Baccanti”), la musica, i loro colori e il nostro corpo che con essi si confonde per raccogliere e custodire la sincerità del tempo. Questa, a mio personalissimo avviso, la “tematica” sottesa nel lavoro di Tiziana che ha sintetizzato la sua convinta rappresentazione appendendo alle pareti i segni espressivi della sua constatazione. Presentata da un’attenta ricognizione stilistica della nostra Roberta Giuffrida - sempre più padrona del ruolo affidatole - i fotogrammi selezionati si sono manifestati “frammenti di una formidabile cronaca” bisognosa di essere letta di là dei momenti provocanti: c’era, e c’è, nello sguardo della Sparacino, l’attenzione all’età dei protagonisti di questa “anonime rivoluzioni”, c’è l’attenzione alla loro convinzione, all’ambiente che li circonda, alle reazioni scaturite, agli scontri-incontri inevitabili. Quindi, e lo ripetiamo, una formidabile “cronaca” di taglio giornalistico, documentativo, dove “il come, quando, chi, dove e perché” si rendono evidenti per chi guarda e vuole capire. E vi lascio immaginare la difficoltà esecutiva. Concludo: c’è sempre, e senza però, quell’invito a cucire i tempi odierni (con i loro volti e le loro ansie) con quel mondo custodito nel recente passato e che reclama una sua prima genitura. Ieri sera un’amica mi ricordava la sua prima minigonna: mi partecipava la sua anonima, pulita, semplice provocante rivoluzione; senza ricorrenze, senza parate e della quale, con assoluta semplicità, andava orgogliosa, tra l’apollinea bellezza delle sue gambe e il dionisiaco turbamento degli sguardi. (P.P., 27 nov 2024)
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Pippo Pappalardo - Ma, poi, cos’è il Sud?
Una circostanza geografica? Una condizione esistenziale? Una tradizione fedele? Fedele eppure, tanto spesso, illusoria, meramente letteraria, drammatica. Roberto Strano, nel suo ultimo libro, ci confessa (e mai verbo risultò tanto appropriato) che il Sud è sempre un insieme di storie. Storie narrate come una fiaba, raccontate come in una confidenza, rivelate come una scoperta, come un segreto; apprese come una agnizione; tante volte manifestatesi come affabulazioni, coinvolgimenti, partecipazioni, condivisioni. Come nella migliore letteratura americana (vedi Lee Masters nell’Antologia di Spoon River, o Thorton Whilder, in “Piccola Città”) l’autore organizza attorno ad una città, Caltagirone, la sua città natale, ed intorno alla sua gente, una sequenza che ha i contorni della “Baaria” di Tornatore ancorchè depurata dal fatalismo del Premio Oscar. Storie, quindi, da vivere in comunione, in una collettività nella quale riconoscersi e riconoscerci? Certamente sì; nelle quali, però, la circostanza di viverle al Sud ti spinge a mantenere una tua posizione, un tuo punto di vista quasi privilegiato. Da qui, una visione autonoma, personalissima, ossessivamente identitaria. Ma Roberto è fotografo. Ed è un reporter che, per vocazione e per scelta, non ha voluto naufragare nel mare della “tuttologia”; piuttosto, come il pianista di “Novecento” di Alessandro Baricco”, preferisce adoperare il numero limitato e ragionato dei tasti di un pianoforte (e nel caso del suo strumento, l’essenziale incontro tra il diaframma e l’otturatore) per mettere, serenamente e senza affanni intellettuali, una parola chiara nel labirinto dell’esistenza di ognuno di noi. L’impegno è stato arduo? Questo libro lo fa solo trasparire: le sue immagini si accostano alla poesia della cara Maria Attanasio per spiegarci cos’è il senso fotografico dell’ombra, del buio della nostra Terra; ed a Lei si accostano le invenzioni (autentiche “truvature”) di Domenico Seminerio; quindi i richiami filologici di Mimmo Amoroso, o del prezioso Pietro Collini. Tutti compagni di strada, dei quali, in questo libro, leggiamo confortanti incoraggiamenti ed orgogliosi attestati di stima. Sullo sfondo, fa storia a se, la prestigiosa, fraterna, presenza di Ferdinando Scianna. Di cosa parlano, allora, queste immagini? Queste immagini (e queste parole) parlano di “noi”, del nostro genius loci, delle nostre albe e dei nostri tramonti, della nostra giovinezza come della nostra morte. Parlano dei nostri giochi, delle nostre follie, delle nostre preghiere. Parlano dei nostri affanni come, pure, degli attimi di riconosciuta libertà. Parlano dei nostri figli, delle loro aspirazioni, dei loro desideri come dei loro sorrisi. Insomma parlano del Sud perché, l’avete capito benissimo, il Sud siamo noi. (P.P., 8 nov 2024)
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Pippo Pappalardo – “Street of …. Catania”
Nino Martoglio, anima autentica di ogni figlio dell’Etna, nelle composizioni poetiche (v.” Centona”), come nelle commedie (v. “U’ contra”), ci restituisce il senso tutto particolare della “strada” catanese che, come giustamente sottolinea il nostro Barbera non è solo un’arteria necessaria per congiungere due luoghi, ma, anche, il magnifico palcoscenico laddove il tempo dei catanesi si fa mito, passatempo, necessità, specchio; talvolta, anche, preghiera, oblio, fatica, dramma. Un palcoscenico che non è costruito solo con le parole e con i gesti ma anche con i sensi: basta ascoltare, porgere lo sguardo, annusare, toccare, e le labbra si predispongono a ricevere, e baciare tutto un universo di sensazioni che impareremo a riconoscere come parte della nostra storia personale, quella eterna eppur quotidiana. Vivere e camminare sulle “basole laviche” della nostra città è un’esperienza che auguriamo a tutti di provare per comprendere cos’è la raffinata arte di confezionare la sporcizia urbana, l’ironica indifferenza al senso civico, l’assenza di attenzione verso una bellezza tutelata e condivisa. Il cittadino catanese vive la “sua” strada come un “flaneur”: non ha fretta, apprezza le pause, la scoperta delle novità, gli incontri, i rumori improvvisi, le sorprese più bizzarre. E soprattutto fa teatro: se lo inventa, lo vive. È il personaggio; lo è con la sua postura, con i suoi gesti, col suo proporsi. Se lo vedete camminare sul lungomare vedrete un catanese assai diverso da quello seduto ai Giardini Pubblici; se poi lo seguite ai mercati, non riconoscerete nel funambolo che vi sta davanti, il flemmatico vicino di casa. Ed i fidanzati? Beh, quella è una storia a sé. Ma veniamo alla nostra serata. Abbiamo imparato a chiamare “street photography” quella fotografia realizzata “accanto alla nostra porta” (P. Strand); quella fotografia che ha per protagonista la strada che interpretiamo come scena, come prospettiva, come simbolo. Quella strada che si confonde col significato dei nostri giorni, col ritmo dei nostri passi, con gli accidenti incontrati. Quella strada che è di Kerouac come di Fellini, o di Wim Wnders. In tal senso J. Meyerowitz o V. Mayer o Bruce Chatwin, ci hanno insegnato tanto; ma, ieri sera, il nostro talentoso Francesco si è spinto ancora più avanti. Si è compromesso salendo sul palcoscenico, scegliendo, come dichiarato nella sua presentazione, il ruolo del fotografo che “in prospettiva nascosto” (Brodskij), vuol dare una risposta alle sue ombre, alle nostre domande, ai loro sorrisi e alle loro lacrime. Con simpatico pudore, infatti, ha rubato all’anonimo rammentatore nascosto nel buio della buca, l’eco della strada, dei passi, delle ridondanze, degli esasperati contrasti. E le ha regalate, con intelligenza tutta fotografica, allo spettatore che domani con rassegnata leggerezza le trasmetterà al compagno di vita (e di poesia). Qualcuno cantava: “Dal letame nascono i fior”, e qualcun altro gli faceva eco parlando di uno stato di “grazia (Pasolini)” che ci risulta difficile da comprendere prima ancora che da condividere. Ma ho settanta anni e questa Catania l’ho avuta sempre accanto. Ci dice Francesco che è la realtà sociale che più conosce meglio: la conosce meglio tra la rabbia e la benevolenza. Anche noi. Ma, grazie a quella che tu chiami “street photography”, abbiamo fiducia che i nostri contrastanti commenti possano divenire serena cultura, come ai tempi di Martoglio. E comunque una splendida serata. (P.P., 29 ott 2024)
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Pippo Pappalardo - Ancora sul portfolio
Avevo immaginato che un piccolo seminario intorno alla “stato di salute” del cd. “portfolio fotografico” sarebbe tornato utile per coloro che vi si applicano, e per la conoscenza dello stato dell’arte del medesimo. Pertanto, nonostante il disagio per il cambio di destinazione del programma della serata, e per la necessità di allestirla in breve tempo (e con i mitici “fichi secchi”), nutrivo una certa speranza in una maggiore partecipazione e coinvolgimento. Così non è stato; sarà per un’altra volta. L’impegno, comunque, è stato assolto: i temi sono stati affrontati, le problematiche rilevate, le necessità esaminate e fatte emergere. Andiamo con ordine: preliminarmente annotiamo che la padronanza e l’esperienza di taluni momenti della nostra maturazione ed evoluzione fotografica non sono ancora del tutto assimilati e vissuti consapevolmente. Paradossalmente siamo tutti dotati di notevole cultura e disponibilità di informazione ma stentiamo a muoverci dentro i fondamenti della fotografia: concetti essenziali come tematica, poetica, stile sono visti più come risultati da raggiungere quasi accidentalmente piuttosto che aspirazioni costanti e presenti. Ed ancora ho avvertito un interesse fotografico asservito ad un mero passatempo piuttosto che una risposta ad una istanza intima, personale, esistenziale. E pensare, invece, che la nostra associazione annovera persone che hanno speso una vita intorno all’immagine fotografica: dalla loro esperienza dobbiamo muovere per non perdere tempo in accademie intellettualistiche. Per fortuna, con coraggio e determinazione, due fresche proposte sono arrivate dagli amici che mi hanno liberato dalla vischiosità di una esposizione (di cui non ero in vena) riconducendomi ad un interesse pieno di fiducia e di entusiasmo. Intendo parlare dell’ottimo Roberto Oriti che risolutamente è entrato nelle mie riflessioni con una testimonianza fotograficamente efficace quanto drammaticamente percepita e socialmente vissuta, frutto di un percorso ben elaborato e condiviso; al quale è doveroso aggiungere il sorprendente Fabrizio Vinciguerra che ci ha incantato per semplicità espositiva, freschezza compositiva, ed entusiasmo narrativo. Ecco, basta muovere da queste testimonianze per recuperare i momenti di distrazione, o i cali di tensione della comune esperienza visiva. I nostri amici hanno messo, nella loro fotografia, tanto desiderio di parteciparla. Tocca a noi darle eco, risonanza, attenzione e poesia. (P.P., 23 ottobre 2024)
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Pippo Pappalardo - Arrivederci ROMA.
Anno 1957, Renato Rascel insieme a Garinei e Govannini, compone questa bellissima canzone, portandola al successo in tutto il mondo. E’ una cartolina musicale, un fotogramma poetico fatto di note, di parole e di tanta nostalgia. Oggi non ci chiediamo più dove sia via Margutta o Squarciarelli, o chi sia il Pinelli citato nel testo, ma rimaniamo pur sempre incantati dal gioco della vecchia fontana che narra alla solita luna la storia di quell’Inglesina che un giorno partì; ma, prima di partire, buttò la monetina e sospirò. Io avevo cinque anni, una bella vocina e, sulle onde della radio, mi si invitava continuamente a cantare la canzone. Finii per innamorarmi di quella musica e di quelle parole. Mi identificai, addirittura, nella storia raccontata e, divenuto adulto, confesso, senza vergogna, di aver replicato, da turista, le immagini del testo. Invero, Roma è una città importante. Importante nella storia, nell’arte, nella religione, nel costume, nella tradizione, nella nostra identità italiana. Tante volte ho pensato che è grande anche in un aspetto che, penso, non si debba trascurare e cioè il senso di illusione che provoca. Protagonisti, a mio avviso, di questa sensazione, rimangono la Chiesa, la Politica ed il Cinema. Ma questo è un discorso che ci porta lontano dalle proposte fotografiche che ieri sera ci hanno regalato i soci. Preliminarmente annotiamo che le rappresentazioni della Città da loro proposte hanno deliberatamente fatto a meno dei gloriosi risultati di Monti, Berengo, Klein, List, Sammartino, Plossou, Secchiaroli, Erwitt, Pinna, Bechetti, Jodice, Corrivetti e via dicendo. Tutti, spavaldamente (?), non hanno inteso imitare i fotografi famosi. Piuttosto, ed, a mio avviso, intelligentemente, hanno, nobilitato “la vecchia cartolina”. Hanno sfidato l’iconografia classica e tradizionale, recuperandola semmai nel dettaglio, nella restituzione della stagione, nell’annotazione di qualche significativa presenza umana. Pertanto, nessuna digressione verso la Roma di Sordi, di Fellini o di Pasolini; pochi gli omaggi al Tevere ed alle “ciumachelle”; molta attenzione invece alla riconoscibilità del barocco. Ma il barocco è stato visto più come scenografia urbana piuttosto che come emblematicità della città eterna; e troppo spazio è stato accordato alla ricerca prospettica dell’immagine scelta trascurando composizione, significato, proposta visiva. Però, ed occorre riconoscerlo, c’era sotto sotto, un atteggiamento di benevolenza nei confronti della città. Le dobbiamo tutti qualcosa (un riconoscimento, un evento, un ricordo) e le siamo affezionati. Questo affetto era palese, quasi come un innamoramento, come nei vecchi film che riguardano la città, dai più vecchi fino a Verdone e a Moretti. Io dichiaro di essere legato a “Vacanze romane”. Voi siete una diversa generazione e ovviamente guardate al “La grande bellezza” di Sorrentino. Questa considerazione mi dice che la serata ci ha fatto capire quanto sia bello (o era bello?) camminare per Roma: camminare per Roma, e quindi assaporare quel venticello, riconoscere la Magnani in ogni donna, attraversare Campo dei Fiori, assaporare un piatto di fettuccine, sognare di avere accanto “la fioraia del Pincio”, riconoscere il suono di quella campana. Per una sera sono tornato stupido. Le vostre immagini mi hanno convinto che per una volta è lecito diventarlo soprattutto se anche la città fa la stupida. Ed allora riprendo il canto: “Ah dolce vita che te ne vai; sulle terrazze del Corso, l’oro, l’argento, le sale da the, profumo tuo di ……….. Alla prossima città.
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Pippo Pappalardo – Ten Minute
A) La rubrica Ten Minute ci riserva delle sorprese autentiche, tanto più vere quanto più coinvolgenti. Anno 1980, il nostro Cristoforo, per niente canuto ma rigogliosamente provvisto di barba e nero capello, contamina la sua fiera giovinezza con la volontà solidale dei suoi alunni e racconta che nell’anno del Signore 1980, non in commotione domini, era là, a Lioni (Avellino), a “dare una mano”, a suggerire un’applicazione tecnica, a dare concretezza e significato alla parola “aiuto”. Il terremoto dell’Irpinia, invero, ci ha coinvolto tutti quanti e, forse, è stato l’episodio che più ha dato la spinta alla costituzione istituzionale della Protezione Civile. Cristoforo lo racconta con semplicità, senza perdere di vista il dramma, il documento, la testimonianza. Emerge l’entusiasmo giovanile, la responsabilità dell’insegnante, e, nonostante la penuria dei mezzi, traspare il calore delle emozioni di là della neve e del freddo. Le immagini sono poche ma ben delineano il carattere del Nostro: una fotografia che sa farsi documento, che parla delle cose in maniera oggettiva, con un occhio che non vuol farsi prevaricare dall’emozione e rimanere testimone lasciando intatte le emozioni di coloro che “ci sono” senza se e senza ma. Una vera perla di reportage, involontariamente costruito con fotografie istantanee, ricordo di un’amicizia, di un anno di scuola, dove il rapporto con i propri alunni si fa espressione di valori testimoniati e condivisi. Un’autentica magia.
B) Avete conosciuto un Riccardo Lombardo in B/N? Io si; e non mi meraviglia la silloge da lui organizzata per presentarci una magnifica riflessione intorno all’esperienza assolutamente umana della “solitudine”. Non sembri un accostamento contraddittorio affiancare lo strumento fotografico, nato per “l’altro e per l’altrove”, alla “solitudine”. Già la semplice proposta di Riccardo ci ricorda che la solitudine ha probabilmente una sua valenza positiva. E Riccardo ce ne propone alcune visioni: uomini e donne risolutamente raccolti di spalle quasi ad interrompere i contatti, ed ancora, un confronto da pari a pari con la natura; ed infine una chiamata a raccolta delle risorse umane per verificare se davvero da soli ce la facciamo, Qua e là traspare una garbata ironia che ci riporta “all’altro” (vedasi la magnifica esposizione di bucato) ma, probabilmente il nostro fotografo, come nella canzone di Moustakj, “Ma solitude”, intende dichiarare che ci si può innamorare della solitudine, diventarle amica, parteciparla, trasmetterla. L’iconografia della sua rappresentazione, allora, è quella classica (molta natura, linea dell’orizzonte sempre presente, equilibri sempre ben chiari) e qualche effetto retorico ben dosato ed utilizzato. Lombardo è assai propositivo, come sempre, in questo suo lavoro. Sembra dirci di non mettere troppi inutili e banali chilometri davanti ai nostri occhi ma di utilizzare lo sguardo e quel tempo con naturale concretezza: quella degli umani sentimenti.
Quel maledetto 10 ISP, come marchio indelebile
Inevitabilmente, quando capita di incontrare amici in quiescenza con i quali, nonostante tutto, si è riusciti a creare un profondo rapporto di vera amicizia, si discute senza pregiudizi su taluni aspetti critici di quello che era stato il contesto lavorativo. Dissertando liberamente su punti e debolezze che, se fossero stati affrontati in modo saggio, avrebbero probabilmente comportato apporti migliori.
La recente lettura del libro “Banche d’Italia &”, scritto da Francesco Salvio, ebbe a portare al centro della discussione la tematica dei sistemi valutativi a loro tempo adottati nei rispettivi contesti di lavoro. Pienamente consapevoli di venire a trattare di aspetti organizzativi arcaici che nel tempo, con piccole variazioni, si erano sempre più consolidati e che risultano approfonditi nelle pagine del libro prima citato.
Di regola i giudizi annuali rappresentavano la sintesi dell’attività svolta e costituivano elementi probanti di merito in caso di partecipazioni a prove selettive per eventuali sviluppi di carriera. L’argomento era stato già trattato in un articolo intitolato “La valutazione del personale”, postato nel sito web Economia & Finanza nel 2019.
Nell'articolo, in quella circostanza, erano però stati esclusi altri momenti valutativi che assumevano, almeno nel contesto lavorativo che mi aveva interessato, più peso dei giudizi periodali; costituiti dai temutissimi e più pesanti 10 ISP, che sembra rappresentino ancora delle vere e proprie schedature individuali.
Spesso Marcature a vivo capaci d’influenzare fortemente ogni possibilità di carriera futura oltre che di condizionare a vita l’attività lavorativa ordinaria, nell’assegnazione a uffici, compiti e mansioni. (positivamente o negativamente a secondo del caso).
Per intuibili ovvie ragioni le note in questione rappresentavano molto spesso giudizi improbabili, discutibili, talvolta azzardati, per le evidenti scarse basi cognitive dei giudicanti, peraltro guidate da logiche non sempre razionali. Le sintesi di attitudini e capacità potenziali, infatti, essendo incentrate su brevi interviste (occasionali, talvolta pure influenzate da pregiudizi, per nomee o sentito dire), potevano anche essere contaminati da possibili empatie/ostracismi estemporanei, frutto d’incontri/scontri o più semplicemente di cariche cerebrali nel contesto.
I 10 ISP, redatti in occasione d’ispezioni interne, avevano cadenze diradate (all’incirca quinquennale), ma assumevano valori valutativi quasi probanti, che andavano ben oltre le analoghe rilevazioni locali annuali, nel caso forse più attendibili, anche perché più aggiornate e sintetizzanti osservazioni di prestazioni lavorative continuative di un intero anno.
L’argomento, individuato dai tre per l’analisi, veniva a suscitare partecipazione anche per le vicissitudini dirette e diversificate vissute da ciascuno di loro. Non era stato scelto a caso, pure perché li portava a discutere sul ruolo, che a vario titolo e per durate diverse, era stato direttamente esercitato nel corso di rispettivi e differenti incarichi ispettivi.
Nello specifico, pur avendo maturato varie esperienze nel ruolo, tutti e tre erano stati testimoni di vissuti nei diversi fronti (valutati passivamente dai loro superiori in grado e a loro volta giudicanti come parti attive nell’esercizio delle funzioni).
Ci si trovava comunque d’accordo nell’osservare che, in qualche modo, i giudizi valutativi potessero risultare anche tranchant, specie in assenza di veri riscontri oggettivi.
Avrebbero forse potuto avere un certo senso funzionale nei casi di valutazioni complessive settoriali riguardanti istituzioni esterne, magari come elementi di contorno nella valutazione di specifici comparti, nello svolgimento d’indagini di vigilanza, ma al contempo si conveniva che altre considerazioni potevano e dovevano essere assunte in tutti i casi riferibili ad ispezioni interne, ovvero svolte dalla stessa istituzione per la valutazione oggettiva, in funzione organizzativa, dei propri impiegati.
Comunque rimaneva condivisa da tutti e tre i convenuti la potenziale pericolosità funzionale le delle due differenti tipologie di valutazioni.
Nello specifico, come già evidenziato e direttamente sperimentato, i sopravvalutati e più incisivi giudizi simili ai 10 ISP, redatti da ispettori interni, costituivano un vero e proprio casellario, contenenti i dati raccolti in “fascicoli personali” specifici per ogni singolo dipendente.
Costituivano fonti informative di primo livello sui soggetti promuovibili; ogni volta al vaglio di commissione d’esami o negli scrutini di avanzamento in grado (per soli titoli o collegati a prove di merito, non comportava alcuna differenza). Si trattava sempre di strumentari procedurali quasi dogmatici. Tramandati e che costituivano prassi utili a orientare l’agire di ogni commissione, creando intangibili presupposti per sbarramenti e penalizzazioni stagnanti.
Anche se fra i tre interlocutori nessuno era stato componente di commissioni d’esami ne ebbero esperienza (diretta e indiretta) nel corso della loro carriera.
Uno di loro ne aveva avuto prova evidente, con l’accesso agli atti, venendo ad acquisire il suo 10 ISP della sua prima ispezione subita, redatto dopo soli pochi anni d’attività lavorativa, sulla base di risposte spontaanee e genuine, sicuramente sincere e igenue.
La fotocopia del documento evidenziava una sottolineatura palesemente ripetuta di un giudizio “non positivo” che, evidentemente, era stato preso in esame varie volte e certamente ogni qualvolta le varie commissioni ne avevano preso visione in occasioni di avanzamento (di grado e, quindi, economico) o in vista di altri esami di merito.
Quel 10 ISP costituiva una prova inconfutabile di un “carico pendente”; un giudizio che non mostrava possibilità di riscatto anche se ascrivibile a un’epoca giovanile. Più che un giudizio costituiva quasi una sentenza definitiva e senza appello.
Si è sempre trattato – e sembra si tratti ancora – di una pratica laica, avulsa anche da qualunque forma cristiana di riscatto, o riguardo a remissioni d’eventuali peccati (qualora fossero stati commessi e ascrivibili a tali).
Nel raccontare del suo caso, l’interessato ebbe a riconoscere che solo grazie all’onestà intellettuale di un ex dirigente, che componeva la commissione d’esame, che aveva avuto l’occasione di osservarlo sul campo e quindi modo di conoscerlo veramente, gli consentì di trovare una fortunata via d’uscita, bloccando gli altri componenti della commissione nella reiterazione di un’ulteriore fucilazione. Ma la fortuna costituisce sempre un’eccezione e di certo non faceva parte del sistema.
Ciascuno dei tre amici, nel ravvivare ricordi, ebbe a riesumare vari personaggi del tempo; un'affollata pletora sciasciana di: “Uomini, mezz’Uomini, Ominicchi e Quaquaraquà”.
La lettura del libro "Banche d'Italia & ... - Quando la burocrazia è ottusa, stravolge e condiziona" era stato l'incipit che aveva portato a discutere della questione a distanza di anni, per riflettere e meglio valutare; ben consci che ormai tutto quanto costituiva un vintage che non riusciva a suscitare vere emozioni. Azzeccata al riguardo risultava, quindi, la citazione di Erasmo da Rotterdam e riportata da Francesco Salvio sul libro come sottotitolo: "E in definitiva la vita degli uomini nient'altro è che un gioco della pazzia".
Buona luce a tutti!
© Essec
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A comprova dell'aleatorietà dei giudizi, si riportano di seguito due reali valutazioni formalizzate su Mod. 10 ISP per uno stesso soggetto, formulate a distanza di anni, da due differenti gruppi ispettivi:
1) "Elemento un po' polemico, non è del tutto soddisfatto del tipo di lavoro che è chiamato a svolgere e che tuttavia adempie con precisione ed ordine. Il senso del dovere di cui è dotato gli consentirà sempre di non demeritare ma riteniamo che, perdurando nelle sue convinzioni, non sarà possibile chiedergli l'entusiasmo necessario per ulteriormente migliorarsi". (Per quanto superfluo le frase: "Elemento un po' polemico" e "non sarà possibile chiedergli l'entusiasmo necessario" risultavano sottolineate con matita rosso/blu ..... come quelle che una volta si usavano a scuola ..... sottolineature evidentemente operate dai componenti delle varie commissioni d'avanzamento chiamate a valutare il contenuto dei fascicoli personali).
2) "Serio e riflessivo si dedica ai compiti affidatigli con diligenza e senso di responsabilità. Animato dal desiderio di ben figurare , egli mostra un vivo interesse per il lavoro fornendo all'economia complessiva dell'ufficio un apporto senz'altro apprezzabile. Egli affronta con approccio critico e propositivo le problematiche operative ricorrenti contribuendo, anche sulla base di approfondimenti normativi, alla loro soluzione. Trattasi in sostanza di un elemento in possesso di una buona conoscenza professionale del comparto su cui può farsi affidamento".
Due giudizi assolutamente antitetici con i quali, come detto, due Gruppi ispettivi andavano a fotografare lo stesso soggetto. In periodi ovviamente diversi e, soprattutto, con giudizi su quando, allo specifico tempo. era chiamato a svolgere; con mansioni totalmente differenti. Frustranti, ripetitive e alienanti nel primo caso; stimolanti, di contenuto concettuale e variegato nel secondo. Ma i documenti costituivano entrambi elementi probatori come base cognitiva per i periodali confronti di merito.
Altro spazio potrebbero poi meritare i commenti su quegli ulteriori extra bollettini che venivano redatti dai capigruppo sui soggetti in accompagnamento per attività ispettive.
Nella maggior parte dei casi ondivaghi e fortemente dipendenti dal reale livello professionale (indipednentemente dal grado ricoperto), spesso discutibile, di coloro che erano chiamati a formularli.
Queste valutazioni, nel caso e fortunatamente, andavano però ad incidere esclusivamente sulla idoneita' all'espletamento della particolare attività e sull'eventuale potenziale capacità gestionale autonoma del collaboratore sottoposto a giudizio.
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Un'immagine, un racconto

La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)
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