"Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Il presente blog costituisce un almanacco che in origine raccoglie i testi completi dei post parzialmente pubblicati su: http://www.laquartadimensione.blogspot.com, indicandone gli autori, le fonti e le eventuali pagine web (se disponibili).
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venerdì 16 giugno 2023
Interviste ripescate: "Enzo Sellerio"
Capita spesso, parlando del più e del meno, di scoprire come qualcuno conservi come reliquie dei documenti che tornano utili per conoscere meglio certi personaggi. Con Giuseppe, esperto fotografo professionista, è successo proprio questo. Nel confrontarci su famosi fotografi siciliani, ha tirato fuori un vecchio articolo su Enzo Sellerio, pubblicato nella famosa rivista Fotografare (n.4) nell'aprile 1970 che - seppur rapportato ai tempi - risulta molto interessante, per taluni aspetti anche attuale, e che piace riproporre all'attenzione dei molti appassionati di fotografia.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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"ENZO SELLERIO è FOTOGRAFO DA 12 ANNI, VIVE A PALERMO. HA PUBBLICATO MOLTI LIBRI D'ARTE E COLLABORA CON IMPORTANTI RIVISTE DI PRESTIGIO ITALIANE E STRANIERE.
D: Come riesci a conciliare la tua fotografia con la tua permanenza a Palermo che è pursempre una grossa città di provincia?
R: E' relativamente possibile.
D: Ma come fai?
R: Bisogna sapere prendere un aereo, sfiorare Milano e poi puntare su Parigi, Londra, New York.
D: Perchè solo sfiorare Milano?
R: Milano non qualifica.
D: E all'estero?
R: All'estero bisogna dirirgersi subito nei posti giusti. Vogue, Fortune, Daily Telegraph, giornali grossi, importanti.
D: Dunque secondo te è importante sfuggire le mezze misure.
R: Certo, le mezze misure condizionano. Bisogna avere il coraggio di fare il salto.
D: E questo salto è possibile da Palermo che poi in questo settore è come dire Brescia, Padova o, al limite, Firenze?
R: Sì, è possibile purchè si voglia.
D. Quali sono le tecniche per riuscirci?
R: Bisogna essere dei bravi fotografi, questo è essenziale. Poi, in seconda linea, vengono le conoscenze personali. Si tratta sempre di affinità culturali che diventano rapporti di lavoro.
D: Secondo te è importante la cultura in questo mestiere?
R: Come in ogni altro. Qualsiasi lavoro può essere fatto a diversi livelli. La cultura è uno dei fattori che influiscono sul livello della fotografia.
D: Che cosa, secondo te, potrebbe facilitare molto questo mestiere?
R: Una rendita personale che mettesse al di fuori dal rischio di dovere necessariamente rispondere alle esigenze di mercato. Questo diventa indispensabile quando non c'è coincidenza fra il fotografo e le richieste di mercato.
D: Ma se non esiste questa coincidenza vuol dire che il fotografo sta vivendo fuori dal suo tempo e dalla sua società.
R: Può succedere, è successo.
D: Credi di avere avuto la possibilità di esprimerti con la macchina fotografica?
R: Per dare una cifra, anche se approssimativa, posso dire che ho fatto solo il dieci per cento di quanto avrei potuto.
D: Perche? R: Ho subito vari condizionamenti. Quando sono uscito da Palermo ho avuto delle grosse soddisfazioni ma la provincia, senza che lo sospettassi all'inizio, mi ha condizionato. D: Ma allora perchè non ne sei venuto via del tutto?
R: Per una serie di ragioni personali. E poi, per un fotografo non è importante solo la fotografia. Io, per esempio, ho avuto sempre paura che la mia personalità rimanesse annientata dal contatto con la grande città. In provincia ho trovato e trovo degli attimi di freschezza umana e professionale che avrei potuto perdere del tutto in una stretta civiltà consumistica.
D: Ma fare il fotografo in provincia dà una certa possibilità di espandersi professionalmente?
R: In misura molto limitata. In provincia si possono produrre degli "indizi di talento". Tutto qui.
D: Qui a Palermo è apprezzata la foto intelligente, viva, attuale?
R: Se consideriamo la foto intelligente come foto-invenzione, debbo rispondere di no. Questo tipo di foto intelligente qui non ha mercato, non ha richiesta, nessuno ne sente la necessità.
D: Allora quali sono le foto che funzionano?
R: Le foto di buona tecnica. Un buon tecnico qui va bene per le richieste di mercato. La fotografia tecnicamente buona è pagata agli stessi livelli milanesi.
D: Si dice che preferisci non lavorare per i settimanali. E' vero?
R: E' vero, soprattutto per certi settimanali.
D: Perchè?
R: Mi sono accorto di non avere interesse per la cronaca e per questo rifiuto di farla.
D: Che cosa consiglieresti a un fotografo di provincia che fosse interessato alla cronaca?
R: Cosa potrei consigliare? Di farla. Ma in questo caso inevitabilmente dovrà fare anche la partita di calcio e l'incidente stradale. E' assai difficile, se si lavora in provincia, riuscire a vivere facendo solo cronaca importante. Anche se questa provincia è la Sicilia che è sempre stata teatro di cronache interessanti per la stampa di tutto il mondo.
D: Come sei arrivato alla fotografia?
R: Prima è stato un hobby. Frequentavo pittori, giornalisti e fotografi. Così ho cominciato.
ENZO SELLERIO CONOSCE A FONDO LA SICILIA ED HA SAPUTO DOCUMENTARE CON MOLTA EFFICACIA ALCUNI ASPETTI DELL'ISOLA."
domenica 11 giugno 2023
PHOTOGRAPHIES – Viaggi ... di Gregorio Bertolini e Salvatore Clemente
In genere parlare di un’operazione culturale in cui si è direttamente coinvolti non è elegante, anche perchè quanto si è portati a dire rischia di non apparire neutro e di non risultare oggettivo.
Una mostra costituisce sempre un’occasione per proporre idee, con l’intento di sollecitare reazioni.
Seguendo tale logica, impressioni positive o negative hanno pertanto un’importanza relativa, anche nel caso possano risultare funzionali e strettamente legate a un proprio punto di vista: in tali circostanze l’obiettivo principale dei proponenti è sempre quello d’innescare discussioni utili al dialogo e al confronto.
Del resto ogni disputa artistica non ha l’obiettivo di affermare verità, che peraltro restano inaccessibili all’umano, ma quello di illustrare le tante possibili variabili e aiutare l’osservatore a intravvedere, palesandole o solo accennandole, le infinite scale di grigi o i miliardi di colori che, sfumando, delineano formule estetiche di personalissime rappresentazioni visive.
Ogni commento del visitatore, dal semplice mi piace al non mi piace affatto, associato alle tante altre osservazioni liberamente espresse nel dibattito proposto, costituiscono la raccolta di tanti modi di pensare, di tante culture, di sensazioni immaginate o provate, di esperienze sperimentate, di visioni e letture mutabili purchè prive di preconcetti.
Allo scopo di rendere in qualche modo comprensibile ciò che si vorrebbe far intendere, torna utile riportare la presentazione di Daniela Sidari scritta per le due mostre combinate, “Photographies”, sottotitolo “Viaggi ....”, annotando, in successione, le impressioni incrociate formulate dai due fotografi (ciascuno soffermandosi sulla mostra dell’altro).
Seguiranno delle altre sintetiche considerazioni che a vario modo verranno raccolte.
Altri ulteriori commenti potrebbero alimentare un seguito in coda a questo post, per eventualmente ampliare discorsi utili a chiarire, completare o esplicitare i tanti aspetti delle due difformi tipologie di viaggio narrate per immagini dai due autori (con un racconto storico-documentaristico per l’uno, introspettivo e intimistico per l’altro).
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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PHOTOGRAPHIES – Viaggi ...
di Gregorio Bertolini e Salvatore Clemente
We shall not cease from exploration And the end of all our exploring Will be to arrive where we started And know the place for the first time.
Noi non cesseremo l’esplorazione E la fine di tutte le nostre ricerche Sarà di giungere là dove siamo partiti E conoscere il luogo per la prima volta.
(Thomas Stearns Eliot, Quattro quartetti, 1943)
Photographies prevede l'esposizione delle immagini in due sale dedicate ai due differenti percorsi degli autori ma è anche qui che si incrociano i due linguaggi contaminandosi a vicenda in un'esplorazione fisico/intellettuale lasciando emergere complessità di visioni, simboli e filosofie.
I due fotografi ci introducono a due percorsi apparentemente distanti fra loro, due viaggi paralleli di conoscenza profonda di “territori sconosciuti” e dagli aspetti ugualmente caleidoscopici.
Per Salvatore Clemente, il viaggio è in luoghi reali e materiali; il racconto riunisce foto di due viaggi effettuati in Cina, nel 1991 partendo da Pechino alla scoperta della Cina più tradizionale e nel 1995 da Pechino, in Asia centrale fino al Pamir/Karakorum seguendo il percorso carovaniero della Via della Seta. L'essere stato lì dell'autore, testimone di eventi e contesti sociali, lo ha portato a gestire il reportage sulla Cina attraverso un indissolubile legame visivo fra luoghi e persone; ad essere indagato è l'uomo. L'autore raggruppa le immagini per simiglianza di eventi o azioni, non la foto singola ma raggruppamenti di racconti: la vendita, la preghiera, i diversi lavori, gli spostamenti per terra e per acqua ma anche il semplice ritratto alle persone. Le immagini attraverso il colore descrivono ma sono come “cartoline” disposte l'una accanto all'altra che compongono varietà grafiche di ambiti e situazioni, percorsi di creatività personale che permettono all'osservatore una totale immersione nel tema ma lasciano ben visibile l'impronta dell'autore, traccia di una probabile e personale geografia di luoghi, vite e persone.
Per Gregorio Bertolini invece il viaggio è in luoghi interiori ed immateriali; un percorso intimo, oltre che estetico/visivo, che lo ha portato a cercare nel reale modi e segni che potessero in metafora ben rappresentare i moti interiori del suo animo. A differenza dell'altro, questo è un lavoro in bianco e nero costruito secondo mescolanza di opportuni linguaggi e scelte poetiche: il mosso, lo sfocato, la piega, il frammento, l'ombra, le barriere di buona parte delle immagini lasciano trasparire travaglio ed irrequietezza interiore. Non è mai indolore esplorare il proprio inconscio e l'autore scava con coraggio nei chiaro-scuri dell'io interrogandosi sui grandi temi esistenziali alla principale ricerca di sé stesso.
Per entrambi gli autori, un grande pannello riassuntivo del proprio viaggio irrompe garbatamente nella mostra dell'altro, il colore nel bianco e nero ed il bianco e nero nel colore; sullo sfondo di una moltitudine di immagini, campeggiano più grandi, in un pannello, il volto di Mao Tse-tung a simboleggiare lo spirito della Cina magnifica e positiva di quel periodo e, nell'altro, un tunnel buio con in fondo una luce anch'esso simbolo positivo di una personale speranza. La fotografia è stata il giusto mezzo per raccontare le proprie emozioni e con buona probabilità in ogni luogo ed in ogni momento i due autori/viaggiatori hanno sempre, nello scatto, cercato se stessi. Il viaggio è divenuto metafora e ha permesso di raccontare la propria storia e nel profonderla, di liberarsi raggiungendo quel luogo-realtà che per ognuno è propria consapevolezza.
Partire è stato alla fine scoprire di essere giunti là da dove si era partiti e qui riconoscere se stessi come fosse la prima volta, ancora ed ancora.
Daniela Sidari (Docente FIAF)
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Questa mostra fotografica non è un'esposizione di immagini dove l'aspetto estetico ha un valore predominante, quasi fine a sé stessa; qua l'autore vuole esprimere il senso stesso del suo viaggio; la curiosità che lo ha portato tra quelle genti per cercarne lo spirito. E in realtà con la sua sete di conoscenza di una realtà completamente diversa dalla sua, riesce a darci un'idea di quello spirito, proponendoci un caleidoscopio di immagini sapientemente disposte secondo uno schema armonico, oserei dire, vicino ad una partitura musicale, dove il ritmo, lento, è guidato da immagini principali grandi, significative, frapposte, sostenute ed incalzate ad un ritmo più rapido da immagini chiarificatrici. Il tutto si conclude in un grande pannello con una sintesi esemplare di un popolo attivo guidato dal suo leader.
(Scritto da Gregorio Bertolini su “China – 1991-1995”)
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Mi sono sempre chiesto quali possano essere le esperienze che un feto possa acquisire nel lungo percorso della gestazione. Osservando le immagini proposte da Gregorio si alimentano possibili forme di risposta. La sua fotografia introspettiva costituisce una serie sedimentata di esperienze, sogni, interpretazioni che lasciano l’osservatore anche libero di costruirsi un proprio racconto. Il tutto suffragato da bagagli culturali, vissuti, illusioni, visioni. I suoi sono accenni, risvegli. Interpretazioni della sua mente, filtrate dall’occhio fotografico. Composizioni, gradazioni e sfocature sono vocali e consonanti dei dettagli grammaticali della sua sintassi personale, ma sempre adattabile da ciascun osservatore secondo delle proprie letture.
(Scritto da Toti Clemente su “Viaggio intimo")
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Di seguito il trailer di una parte della mostra "Photographies - Viaggi ... "("China - 1991-1995"), inaugurata il 9 giugno u.s.e programmata fino al 23 giugno 2023: https://youtu.be/TvSZGpLtEPE
martedì 6 giugno 2023
Ritorni di fiamma: vecchie reminiscenze d’attività ispettive
In passato ho avuto modo di scrivere più volte sull’argomento che, indipendentemente dal trascorrere degli anni, rimane sempre attuale, perché molto spesso fortemente legato alla presunzione d’infallibilità vissuta da taluni soggetti chiamati a svolgere funzioni di accertamento e controllo.
L’attività ispettiva senza essere prevenuti e l’oggettività pura nell’esercizio della giustizia, ad esempio, comprendendo in ciò tutti i vari compositi ambiti, costituiscono i presupposti essenziali per un’equa applicazione delle regole.
Peraltro le stesse regole debbono essere sempre adeguatamente interpretate e non essere vissute con presupposti coercitivi o repressivi, bensì come soluzioni per un compromesso sociale volto a una convivenza civile basata sulla trasparenza.
Purtroppo, come abbiamo modo di osservare nel quotidiano o apprendiamo dalle notizie di cronaca, le complessità ingenerate dall’evoluzione umana, tendono sempre più a confondere (ad ammuinare, si direbbe a Napoli), facilitando - con l’anonimato e un legiferare spasmodico - ogni possibilità di truffa e mistificazione.
La giurisprudenza oggi, più che facilitare la qualità della convivenza civile, costituisce un’aggrovigliata matassa dove specializzati azzeccagarbugli riescono spesso a fare il bello e il cattivo tempo; con occhi strabici rivolti, con particolare attenzione, alle variabili oligarchie del tempo.
Di certo non si può sempre fare di tutta l’erba un fascio, ci sono di certo anche persone per bene, chi può anche ritrovarsi a sbagliare in buona fede, ma restano differenziati e contrapposti gli onesti rispetto ai ladri malfattori, che approfittano delle opportunità offerte.
I primi si ritrovano, quasi paradossalmente, a vivere sempre più dentro una bolla illusoria, che rimane oltremodo permeabile e che non assicura adeguate difese.
Nihil sub sole novum (anche Nihil sub sole novi), è la frase biblica contenuta nel libro dell’Ecclesiaste (o Qoelet): “Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole”.
La frase è citata, generalmente in italiano (niente di nuovo sotto il sole), quando si vuole affermare l’eterno ripetersi egli eventi nella storia del modo o come forma elegante dell’espressione “nessuna novità” (fonte internet).
Nulla di nuovo sotto il sole si dirà quindi, ma ce sempre rimane latente nella storia dell’umanità il rischio che continuando a tirare la corda ….. alla fine questa è destinata a spezzarsi.
Nel leggere l’articolo “I cambiamenti della pubblicità bancaria”, pubblicato oggi da Pasquale Tribuzio, inerente anche all’attività delle banche in genere, mi sono tornate in mente tantissime esperienze direttamente vissute e che ancora rimangono vivide nei ricordi (anche con nitidi ritratti dei singoli personaggi interessati alle varie vicende).
Per non tediare oltre, elenco di seguito una serie di casistiche emblematiche, che per un verso evidenziano le fantasie creative di chi è portato per natura alla manipolazione e dall’altro una certa stupidità, un’inadeguatezza professionale e talvolta l’impreparazione assoluta di potenziali “sceriffi”, definibili tali solo dalla stella che qualcuno aveva loro inopinatamente apposto sul petto.
Ogni singola linea potrebbe svilupparsi con interessantissimi e ricchi racconti e aneddoti, ma nell’occasione appare sufficiente solo un accenno (come fossero titoli di tanti potenziali capitoli).
Elenco:
- Vecchi crediti occultati nei classici conti di debitori diversi, sconosciuti ai responsabili dei fidi.
- Gestione finanziaria dei depositi con riconoscimenti di tassi d’interesse arbitrari, in relazione alla vicinanza/affinità a vertici aziendali.
- Speculazioni finanziarie e improprie su obbligazioni di terzi assunte a garanzie di affidamenti.
- Algoritmi primordiali occulti nel calcolo e l’applicazione di commissioni di massimo scoperto, funzionali al raggiungimento degli obiettivi di budget aziendali prefissati.
- Manipolazione ad arte nella gestione delle linee di credito eccedenti i limiti di fido, funzionali alle segnalazioni da rendere all’OdV.
- Creazioni di liquidità su depositi artificiose.
- Blocco dei calcoli di interesse su talune posizioni (manomissioni attraverso responsabili del centro elettronico aziendale), ovvero rese infruttifere con tanto di delibera consiliare, accendendo nuove linee di credito ad affidati insolventi.
- Utilizzo abusivo di promotori finanziari non autorizzati.
- Attività finanziaria parallela e occulta interfacciata con conti DD e CC Diversi aziendali.
- Accanimenti terapeutici basati su preconcetti che andavano a pregiudicare le analisi ispettive.
- Commissioni per richiami da Notai di effetti e assegni mai inviati agli stessi. Ovvero mancati addebiti d’assegni insoluti mantenuti sospesi da tempo o, ancora, impropri usi di blocchi di carnet di assegni (così dette “farfalle”).
Probabilmente, ripensandoci meglio, potrebbero affiorare tantissime altre casistiche e fattispecie anomale, in buona parte riportate nei relativi rapporti ispettivi, probabilmente oggi non più in uso e, in ogni caso, afferenti a rilievi e prassi che, per il lasso ti tempo intanto trascorso, sono tutte ampiamente prescritte ovvere rese legali da innovazioni normative che prendono atto di nuove realtà intanto sopraggiunte.
Magari delle raccolte ben pensate e afferenti a tutti i rilievi, rivenienti da accertamenti (di ogni genere), magari differenziati per materia, organismi e quant’altro, potrebbero costituire degli ottimi manuali per rappresentare le vere storie che hanno interessato i mondi interessati. Sarebbe come venire a togliere i veli a quelli che volgarmente vengono definiti “segreti di stato”, consentendo a chi continua a praticare i controlli di capire meglio certi meccanismi e poter possibilmente svolgere meglio il lavoro spesso delicato a cui sono chiamati.
Verrebbero così anche scoperti tanti “Sepolcri imbiancati” che potrebbero svelare retroscena di molti accadimenti, mettendo in luce persone false, ipocrite, che spesso nascondono comportamenti disonesti o comunque riprovevoli ammantandoli di una parvenza di rettitudine irreprensibile.
Dell’attività svolta, che mi ha molto appassionato, mi rimangono le certezze che umiltà, il saper osservare e l'ascoltare per cercare di capire, sono cardini essenziali; con una pratica, quindi, basata non su apparenze ma su certezze ovvero su punti fondamentali che – accompagnati dalla pura onestà intellettuale – consentono di delineare i profili dell’oggetto posto a base di ogni analisi.
Mettendo sempre in conto anche, per quanto ovvio, che l’eventuale fallimento nel non aver centrato l’obiettivo prefissato rientra nelle possibilità, perché non occorre avere come obiettivo principale l’acquisizione di uno scalpo o di una nuova tacca da apporre sulla pistola fumante, quando si ritorna dall'sver svolto un accertamento.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
sabato 3 giugno 2023
"MCN" ovvero: Coerenze, contraddizioni e originalità
Coerenze e contraddizioni sono sempre aspetti da verificare, specie se tendono a coesistere contemporaneamente nell’indole di uno stesso individuo. Resta pertanto sempre valido il proverbio che recita: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, oppure l’altro che suggerisce: “fai quello che ti dico io e non quello che faccio io”.
Capita molto spesso che, anche nell’ambito di una articolata disquisizione, uno stesso soggetto possa fare delle chiare affermazioni e esprimersi poco dopo con considerazioni totalmente contrarie; mostrando come la coerenza spesso possa confondersi a causa di interessi o preconcetti che, prevalendo, adombrano quel minimo di onestà intellettuale; che dovrebbe, secondo logica, sovraintendere in qualsiasi tesi posta in discussione.
Nell'indole umana è costante, pure se talvolta in forma inconscia, la voglia di condizionare chi ci ruota intorno. Vuoi per cercare di convincere a condividere un proprio modo di pensare o un semplice punto di vista, ovvero per l'ego narcisistico eccessivo che caratterizza tanti.
Pur essendo la tolleranza una dote praticata, spesso dedita a cercare compromessi che aiutino ad andare avanti, non sempre può risultare sufficiente per evitare contrasti.
La natura umana purtroppo, anche in soggetti intelligenti, tende sempre a strafare e l'invadenza può, quindi, far insorgere o alimentare l’intolleranza che costringe a reagire.
Spesso questo accadeva, a noi soggetti giovani più portati alla pazienza, scambiati per dei fessacchiotti, di cui poter magari approfittare.
Era così che accadevano le classiche volte in cui, col tirare della corda oltre misura, si provocavano rotture impreviste o reazioni esagerate da entrambe le parti.
"M C N", a Palermo, era una sigla inconfondibile e molto usata negli anni della mia adolescenza. Particolarmente diffusa negli ambienti scolastici delle medie e superiori. In prossimità delle scuole le scritte "M C N", infatti, abbondavano sui muri interni ed esterni.
Ma figurava anche nei diari di noi alunni, annotati nelle pagine di varie giornate, apposti autonomamente dal titolare o annotati di straforo da compagni di classe burloni.
La visione casuale dell'efficace vignetta ricevuta e che fa da copertina a questo articolo, è stata la vanga che ha fatto riesumate da lontani ricordi una delle formule goliardiche emblematiche. Che stavano a segnalare l’assoluta intolleranze a ogni ingerenza, abuso o a qualunque forma di potenziale machismo/bullismo fra giovani studenti, ma non solo.
Anche l'uso diffuso nelle periferie e nei quartieri popolari dell'M C N era un modo sintetico per lanciare un chiaro segnale sociale a chi avesse avuto voglia di travalicare, strafare e invadere il campo.
Nello specifico, volendolo decriptare, letteralmente M C N era l'acronimo di "Minchia Cacata Nienti", rude messaggio corrispondente al non rompere le scatole.
Un avvertimento leggero se espresso unito a un sorriso, con l'intento di frenare a monte una qualsiasi intenzione invasiva solamente accennata; ma poteva però anche costituire un pronunciamento sintomatico per concettualizzare una arrabbiatura latente o manifesta, come chiaro monito rivolto al contendente per avvertirlo che il limite della tolleranza era stato valicato.
L’acronimo potrebbe essere coetaneo al può famoso “800A” di cui si è scritto tanto e che costituisce ormai quasi un argomento anche di dotta letteratura.
Peraltro, tenuto conto che per “M C N” grossomodo ci si rifà agli anni sessanta, si può ben affermarsi che i giovani palermitani forse potrebbero annoverarsi di diritto fra i fondatori della prima street art. Quella fatta delle sole scritte neworkesi sui muri, quantomeno, per quell’ampia diffusione attuata negli ambienti cittadini e in tempi molto antecedenti al manifestarsi dei popolari writers americani.
Tutto quanto detto porta ad affermare, ancora una volta, che sull’origine delle cose è sempre bene documentarsi e approfondire.
Anche perchè - e come spesso accade - c’è sempre qualcuno che ha inventato o pensato quello che noi crediamo possa costituire un’idea unica, nuova e originale.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 2 giugno 2023
Trailer Photographies "China 1991-1995"
Link per visionare il Trailer "Photographies: China 1991-1995" https://youtu.be/TvSZGpLtEPE
Buona luce a tutti!
© ESSEC
venerdì 26 maggio 2023
E che mi chiamo Pasquale io?
Trovare oggi un giornalista che faccia dell'autoironia una potente arma per concettualizzare aspetti sociologici spigolosi è un regalo e una grande opportunità offerta per capire taluni aspetti e soffermarsi sulle peculiarità essenziali dell'antropologia moderna del popolo italiano.
Giocando sul racconto di una presunta psicanalisi a cui si sottopone, nel recente libro “Confessioni di un ex elettore” (sottotitolo: Pensare con la propria testa all’epoca del Governo Meloni”) Antonio Padellaro disquisisce ampiamente ed efficacemente sulla politica e sull’astensionismo, ponendo l’attenzione su diversi personaggi d’attualità appartenenti a tutti quanti gli schieramenti; disegnandone i profili caratteristici e collocando ciascuno nel rispettivo ambito di "coltura".
Ne viene fuori un’attenta disamina che, oltre a storicizzare singoli attori nei relativi coloriti contesti, fotografa la politica italiana ricorrendo all’utilizzo di ottiche macro, quelle cioè che consentono di catturare ogni cromatismo e specifico dettaglio.
Come accennato in premessa, il tutto è sovente sviluppato anche ricorrendo a un'ironia amara che però, più che portare a voler piangersi addosso, attenziona pregi e difetti presenti in tutti quanti i fronti italici schierati.
Nelle ultime pagine del saggio Padellaro fornisce poi un significativo spaccato schematico che, individuando le caratteristiche peculiari dell’elettorato d’oggi, consentono di focalizzare aspetti positivi e negativi abbastanza evidenti di noi cittadini. Emblematico risulta, al riguardo, il testo stralciato (che potremmo intitolare Hobbit, Hooligan e Vulcaniani) che si riporta integralmente di seguito:
“Gli Hobbit. Ne “Il Signore degli Anelli”, gli Hobbit non si curano molto di quello che accade nel mondo esterno. Vogliono soltanto fumare la pipa, curare l’orto e mangiare. Il loro omologo nella società è in Cittadino che non si interessa molto alla politica, ha scarse e confuse opinioni sulle questioni politiche, sa poco di politica e non partecipa. Circa metà dei cittadini statunitensi – in particolare quelli che non vanno a votare – sono Hobbit.
Gli Hooligan. Nel gioco del calcio questi conoscono perfettamente il loro sport, ma sono tribali e faziosi. Per loro, essere tifosi fa parte della loro identità. Gli Hooligan odiano i tifosi delle altre squadre. L’omologo nella società sarebbe un Cittadino che possiede solide convinzioni politiche, odia coloro che sostengono altre idee, ne sa parecchio di politica ma è fortemente prevenuto e legge soltanto le notizie che possono confermare le sue opinioni. L’elettore tipo negli USA è un Hooligan.
I Vulcaniani. In Star Trek i Vulcaniani sono pensatori, scientifici e iper-razionali. L’omologo nella società sarebbe un Cittadino che conosce molto la politica, non fedele per partito preso alle proprie idee ed è disposto a cambiare la propria opinione di fronte a nuovi elementi. Questo è un problema per la democrazia perché, molte teorie su come la democrazia dovrebbe funzionare, presuppongono che gli individui agiscano come Vulcaniani, mentre tutto ciò che abbiamo sono Hobbit e Hooligan.”
Il problema maggiormente focalizzato - e in parte sottinteso - appare anche il fatto che i partiti politici e le rispettive classi dirigenti appaiono concentrati a curarsi di Hobbit e Holigan, trascurando totalmente i Vulcaniani che, se uniti ai delusi e agli indecisi che infoltiscono il 45% circa dell’astensionismo elettorale, rappresentano la vera maggioranza del paese da attenzionare e - nel caso - recuperare al voto.
L'esito della strumentale psicanalisi simulata, è anch'esso un risultato maturato proposto senza veli. Come frutto di una presa di coscienza, suffragata anche dal ritrovarsi convintamente ad appartenere a quel gruppo mondiale aderente alla conferenza afroasiatica di Bandung nato nel 1959. Un gruppo intercontoinentale di contrari alla colonizzazione che, cosciente dei condizionamenti e dei limiti delle regole egemoniche fino ad allora perseguite, ebbe a voler puntare su prospettive diverse, con nuovi equilibri mondiali basati su denominatori differenti dagli imperialismi dominanti (o forse sarebbe meglio aggettivare come deliranti), che da troppo tempo condizionano gli esseri umani viventi sulla terra, che si illudono di governare come fossero i veri padroni del mondo.
Il libro recensito è un piccolo/ricco saggio scritto con sagacia che, pur disquisendo in modo apparentemente leggero sull'attualità politica che c'interessa, invoglia a una lettura che scorre velocemente nel voler subito andare scoprire quel che viene detto nel capitolo successivo ...... alla maniera quasi di quel Pasquale del Totò comico; quello che continuava a ridere pur continuando a prendere dei sonori ceffoni, semplicemente rassicurato dal fatto di non chiamarsi in realtà Pasquale.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
Attenti agli “-ing” - Come proteggersi dalle truffe finanziarie on line
Attenti agli “-ing”
Il suffisso “ing” consente di costruire i tempi progressivi nella lingua inglese, che si usano per indicare una continuità d’azione.
Le truffe in “ing”
Nel nostro caso si tratta di attività di carattere truffaldino che sfruttano le possibilità on line:
– il phishing: si pone in essere con una email che sembra arrivare dalla propria banca o istituto finanziario. Nel messaggio si chiede di cliccare su un link e inserire le credenziali di accesso ai conti on line, ma in realtà si danno queste informazioni ai truffatori. Lo smishing è quando si riceve un SMS che chiede di fare la stessa cosa.
– il Sim swapping: il truffatore convince la compagnia telefonica a disattivare la scheda SIM della vittima e attivare una nuova card. Questo permette di ricevere i codici temporanei (“One Time Password”) per fare transazioni senza che la vittima della frode se ne accorga (quest’ultima comunque vedrà il proprio cellulare perdere il segnale per cui bisogna contattare subito il gestore telefonico, per riuscire a bloccare lo scambio della Sim).
– Il vishing: qualcuno chiama al telefono e si finge il centro di assistenza o antifrode della propria banca. La telefonata tende a mettere pressione, crea un senso di urgenza per carpire dati e codici o per far trasferire somme di denaro su altri conti.
– Lo spoofing: è quando il truffatore fa apparire il proprio numero di telefono come quello della propria banca, per far credere che sia legittimo. Lo SMS spoofing consente di modificare il mittente del messaggio per indurre l’utente a ritenere che la comunicazione provenga da un contatto affidabile.
– Il pharming: è un tipo di truffa tecnicamente sofisticata che comporta l’installazione sul computer di software malevoli che reindirizzano gli inconsapevoli utenti su siti web fraudolenti. Il pharming, è particolarmente insidioso perché non richiede la collaborazione involontaria o errori delle vittime.
– Lo skimming: consiste in un sistema di clonazione delle carte di pagamento: mediante un dispositivo (“skimmer”), inserito illecitamente sui bancomat o Pos, è possibile carpire i codici delle carte. Ci possono essere casi in cui le suddette situazioni fraudolente possono essere attuate nello stesso tentativo truffaldino (ad esempio invio di Sms seguito da telefonata).
Gli orientamenti giurisprudenziali
Se si è vittima di frodi on line bisogna avvisare la propria banca e disconoscere le operazioni.
L’Istituto di pagamento è tenuto a risarcire, a meno che non dimostri la frode dell’utilizzatore o il suo inadempimento, per dolo o colpa grave.
Tuttavia, è importante sapere che se si è vittima di una truffa “tradizionale” online, come il phishing, la condotta potrebbe essere considerata colposa (e l’istituto di pagamento potrebbe non risarcire) se non sono state adottato le precauzioni necessarie per proteggere le credenziali di accesso.
Le modalità di truffa online, che portano a comunicare incautamente le proprie credenziali di accesso, sono ormai considerate largamente note anche agli utenti non esperti di navigazione su Internet, pertanto bisogna agire in modo diligente per evitare conseguenze negative.
In tal senso si sono pronunciati sia la magistratura (si veda da ultimo la sentenza della Corte di Cassazione n. 7214/2023), sia l’Arbitro Bancario Finanziario-ABF.
Nel valutare i casi concreti, gli organi giudicanti considerano in effetti il livello di sofisticazione della truffa; ad esempio, l’invio di SMS fraudolenti (come gli “Sms spoofing”) che possono sembrare veritieri ma in realtà sono fasulli sono valutati ad alto grado di insidia e sofisticazione per l’utente.
Ma attenzione! Anche in questi casi, non viene meno l’esigenza di verificare attentamente la veridicità delle informazioni ricevute, altrimenti il comportamento potrebbe essere considerato colposo e la vittima della truffa potrebbe non ricevere il risarcimento richiesto (da tener presente, ad esempio, che l’ABF considera rilevanti la presenza nel “messaggio civetta” di indici di evidente inattendibilità, quali errori grammaticali o sintattici, oppure elementi di anomalia, quali l’invito a selezionare un link in nessun modo riferibile all’intermediario).
Le regole da seguire
Insomma, per evitare di diventare vittime di truffe online è importante mantenere alta l’attenzione e adottare tutte le precauzioni per proteggere le proprie credenziali di accesso.
Pertanto è necessario:
– ricordare che la propria banca non chiederà mai di fornire le credenziali di accesso; quindi non fornire mai a nessuno e per nessun motivo i codici di accesso ai propri conti, a maggiore ragione se vengono sollecitati dall’esterno con mail (non aprire mai mail sospette), Sms (non cliccare su link non sicuri) o telefonate (interrompere le chiamate di soggetti che richiedono dati sensibili), né tantomeno trasferire denaro su conti sconosciuti;
– fare attenzione se si notano sul sito web a cui si sta per accedere errori di ortografia, un logo anche di poco diverso o con una risoluzione inferiore, colori leggermente differenti da quelli consueti o che variano da una pagina all’altra. Soffermarsi anche sugli indirizzi dei siti Web; nessuna banca/istituto di pagamento ha un indirizzo che inizia solo con “http”, senza la “S“ finale (https);
– rivolgersi immediatamente, in caso di dubbi, il proprio Istituto finanziario per chiedere spiegazioni e assistenza.
Infine, vale sempre la tradizionale regola di controllare con continuiità le registrazioni delle movimentazioni dei conti, utilizzando anche i sistemi di notifica con messaggistica delle transazioni effettuate.
In conclusione, attenti agli “-ing” per non essere dolorosamente e irrimediabilmente ing-annati!
© Pasquale Tribuzio
martedì 23 maggio 2023
(Non) voglio (mica) la luna…basta un selfie!
Ma perché le persone si fanno, spesso in maniera compulsiva, i “selfie” (dall'inglese self-portrait photograph, ovvero "autoritratto fotografico")?
Gran parte di noi, incluso chi scrive, è stata tentata dal selfie, ritraendo il volto in vari contesti e sfondi mozzafiato.
In effetti con l'avvento degli smartphone e dei “selfie” la fotografia ha subito una trasformazione significativa.
Per la prima volta nella storia dell'umanità, dopo intere esistenze pensate a non sapere che aspetto si aveva, oggi vengono “auto-ritratti” quotidianamente milioni e milioni di visi.
La tecnologia degli smartphone ha permesso di scattare foto in modo rapido e facile, rendendo immediatamente disponibili le immagini e ha cambiato il modo in cui le persone concepiscono e praticano la fotografia. Con i selfie si è passati da essere fotografi a essere principalmente soggetti fotografati.
È diventato un fenomeno di massa, uno strumento di auto-espressione, un mezzo condivisione/documentazione della nostra vita, fino a rappresentare uno dei tratti distintivi dello spirito del tempo attuale. Questo ha portato a una sorta di eccesso di foto di noi stessi.
Ha reso possibile documentare la propria presenza in luoghi iconici, non facili da raggiungere, e condividerlo con gli altri tramite la pronta pubblicazione sui social media.
Una sorta di prova della propria esperienza e dei viaggi compiuti e, in ultima analisi, un segno della nostra esistenza.
I selfie rappresentano una sorta di “vessillo" (“la nostra bandiera sulla luna”) che sventoliamo virtualmente per mostrare dove siamo stati e cosa abbiamo fatto.
Una forma di narcisismo diffuso, su cui i social network basano il proprio successo.
In qualche modo essi sono anche la conseguenza dell’aspirazione naturale a lasciare un’impronta della nostra esistenza o, meglio, dell’immagine di noi stessi, la migliore possibile, beneficiando di una cornice affascinante.
Siamo noi i protagonisti della foto, ma è il contesto, almeno nelle intenzioni, a rendere quell’immagine unica.
Che sia un modo per esprimere un desiderio nascosto e praticamente impossibile da realizzare?
Con la diffusione delle nostre immagini digitali speriamo di ricalcare quella evocativa, famosissima e storicamente indelebile della prima impronta umana sul suolo lunare?
Non abbiamo una risposta certa a questa domanda; per ora ci possiamo limitare a osservare da quaggiù l’astro lunare, magari ricordando il quesito leopardiano:
“Che fai tu luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi”… magari immortalando il tutto con un bel selfie!
© Pasquale Tribuzio
Gran parte di noi, incluso chi scrive, è stata tentata dal selfie, ritraendo il volto in vari contesti e sfondi mozzafiato.
In effetti con l'avvento degli smartphone e dei “selfie” la fotografia ha subito una trasformazione significativa.
Per la prima volta nella storia dell'umanità, dopo intere esistenze pensate a non sapere che aspetto si aveva, oggi vengono “auto-ritratti” quotidianamente milioni e milioni di visi.
La tecnologia degli smartphone ha permesso di scattare foto in modo rapido e facile, rendendo immediatamente disponibili le immagini e ha cambiato il modo in cui le persone concepiscono e praticano la fotografia. Con i selfie si è passati da essere fotografi a essere principalmente soggetti fotografati.
È diventato un fenomeno di massa, uno strumento di auto-espressione, un mezzo condivisione/documentazione della nostra vita, fino a rappresentare uno dei tratti distintivi dello spirito del tempo attuale. Questo ha portato a una sorta di eccesso di foto di noi stessi.
Ha reso possibile documentare la propria presenza in luoghi iconici, non facili da raggiungere, e condividerlo con gli altri tramite la pronta pubblicazione sui social media.
Una sorta di prova della propria esperienza e dei viaggi compiuti e, in ultima analisi, un segno della nostra esistenza.
I selfie rappresentano una sorta di “vessillo" (“la nostra bandiera sulla luna”) che sventoliamo virtualmente per mostrare dove siamo stati e cosa abbiamo fatto.
Una forma di narcisismo diffuso, su cui i social network basano il proprio successo.
In qualche modo essi sono anche la conseguenza dell’aspirazione naturale a lasciare un’impronta della nostra esistenza o, meglio, dell’immagine di noi stessi, la migliore possibile, beneficiando di una cornice affascinante.
Siamo noi i protagonisti della foto, ma è il contesto, almeno nelle intenzioni, a rendere quell’immagine unica.
Che sia un modo per esprimere un desiderio nascosto e praticamente impossibile da realizzare?
Con la diffusione delle nostre immagini digitali speriamo di ricalcare quella evocativa, famosissima e storicamente indelebile della prima impronta umana sul suolo lunare?
Non abbiamo una risposta certa a questa domanda; per ora ci possiamo limitare a osservare da quaggiù l’astro lunare, magari ricordando il quesito leopardiano:
“Che fai tu luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi”… magari immortalando il tutto con un bel selfie!
© Pasquale Tribuzio
sabato 20 maggio 2023
“Street Photography” in mostra all’ARVIS di Palermo
La Street Photography ha sempre costituito per tutti l’iniziazione di chi comincia a praticare la fotografia.
Oltre a consentire qualsiasi fantasia sperimentale la street è, infatti, un’ampia palestra che - attraverso i variegati percorsi perseguibili - consente di acquisire da un lato la piena padronanza delle soluzioni tecniche, dall’altro di individuare quello che diventerà poi, eventualmente, il proprio percorso creativo.
Nella proposta “Street Photography”, esposta in questi giorni presso la Galleria Fiaf dell’ARVIS di Palermo, Franco Alloro, Cristian Cacciatore e Salvo Cristaudo hanno scelto questo tema che, anche per le prerogative accennate in premessa, non risulta per nulla mai facile nell’allestimento di una mostra, anche per l’ampiezza tematica che potrebbe facilmente creare scollamenti.
Quanto realizzato dai tre è invece risultato sorprendentemente positivo e per tanti aspetti.
Un primo punto è un’omogeneità d’insieme delle singole immagini che, per tagli e tonalità delle scale dei grigi di ogni foto, porterebbero pure indurre ad attribuire la paternità creativa ad un unico autore.
Un altro aspetto è anche rappresentato dall’equilibrio dispositivo delle opere esposte che, per l’assortimento e la sequenza, sono riuscite a creare un racconto vario e articolato in scene spesso diverse ma, in qualche modo, pure strettamente concatenate.
Tutto quanto, separato da semplici cornici che inducono l’osservatore a prefigurare una serie di scorci visuali, rappresentativi di specifiche parentesi di momenti di vita; come se fossero degli squarci di vedute visibili attraverso tante piccole finestre rivolte all'esterno (corrispondenti a tante giornate), di un unico edificio (soggetto narrante), che con tante visioni differenti raccontano di avventure, rievocando anche ricordi.
Gli autori sono tre, ma le tessere completano un percorso che potrebbe – come detto - anche essere attribuito a un unico autore; per i tanti tasselli legati a un unico filo.
Leggere la sequenza della mostra è come sfogliare le pagine di un album, che mescola foto di famiglia con fotografie di viaggi, reali o onirici poco importa.
Una mostra da vedere, con calma e magari quando c’è poca gente, per lasciarsi trasportare dall’editing affabulante sapientemente proposto.
Aggiungere ulteriori parole appare pertanto inutile e quasi ridondante, rischiando anche il superfluo.
A chi è rimasto incuriosito per l’articolo, rimane solo di andare a vedere per verificare di persona.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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P.S. - La presentazione alla Mostra di Giancarlo Torresani, alla quale si rimanda, accenna ai singoli autori - correlandoli ad alcune delle fotografie esposte - e fornisce le peculiarità intrinseche, nonchè le difficoltà che caratterizzano la fotografia comunemente contrassegnata come Street Photography.
Lo slide Show della mostra è pubblicato su You Tube: https://youtu.be/mRmyBNVN1Ns
Giovanni Avena, prete di frontiera
Durante la recente premiazione delle scolaresche vincitrici del Premio Pina e Libero Grassi 2023, l'organizzatore dell'evento ha raccontato una bellissima storia che, come atto di coraggiosa umanità anche in relazione ai tempi, a mio parere merita di essere conosciuta.
Ho pertanto invitato l'amico Cernigliaro a scriverne un testo, che ora vengo a proporre, che sintetizzasse in maniera efficace quell’esperienza vissuta e oggi riemersa dal suo lontano ricordo.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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Giovanni Avena, prete di frontiera
Una vicenda molto diversa, di cui sono venuto a conoscenza di recente, mi ha riportato alla memoria frammenti di un fatto accaduto a Palermo circa mezzo secolo fa, anno più, anno meno, dimenticato in chissà quale antro del mio cervello. Un unico legame: il protagonista era un prete.
Ero un ragazzino, uno scout del Reparto Palermo 3 di via Lincoln, che aveva sede nei locali adiacenti una chiesa che da tanti anni non c’è più. Ma la vicenda che racconto ebbe per protagonista il parroco della parrocchia di via Pindemonte, si chiamava Giovanni Avena. Lì, aveva sede il Palermo 21 e per questo era ben conosciuto dagli scout palermitani.
Ricordo che, a un certo punto, la Curia aveva disposto l’allontanamento di padre Avena dalla parrocchia e dalla diocesi e trasferito in un paesello sperduto di non so più quale regione.
Contro quel provvedimento – chiaramente punitivo - si mobilitarono in tanti. Anche gli scout. Ho ricordo di aver partecipato al “picchettaggio” della chiesa (cose da pazzi… veri) e alle celebrazioni della messa in un ampio magazzino di via Pindemonte, dove si svolgevano anche assemblee pubbliche per decidere le azioni da intraprendere.
Altri frammenti che mi sono tornati alla mente: che quell’allontanamento da Palermo era nato in conseguenza delle sue denunce sullo stato di cose all’interno del manicomio di via Pindemonte e che la mobilitazione di quei giorni si fermò quando lo stesso Avena chiese di farlo.
Riemerso in questi giorni il ricordo di quella vicenda, ho avuto la curiosità di cercare su internet notizie di quei fatti.
Ho così approfondito le informazioni su Giovanni Avena, il quale non era solo uno che esprimeva un pensiero critico all’interno della chiesa (fu uno dei preti che si era schierato a favore del divorzio). Agiva. E cosa aveva fatto di tanto pericoloso per meritare quel provvedimento? Aveva avuto l’ardire, da parroco, di entrare al manicomio di Palermo, scatenando una lunga battaglia per dare dignità umana a quei “pazzi”, che spesso pazzi non erano. E tra questi “pazzi” c’erano anche tanti bambini. Ma Avena non solo aveva denunciato lo stato delle cose in quel “lager”, inimicandosi il potentato democristiano che lo gestiva, ma cercò di ottenere condizioni migliori per quelle creature non considerate nemmeno esseri umani. Tra le altre cose aveva ottenuto che alcuni malati potessero uscire dal manicomio per partecipare alla messa nella sua parrocchia. E sapete che faceva? Lui rinunciava a cinque minuti della sua omelia per dare la parola proprio a loro.
Allora ero troppo piccolo per rendermi conto di essere testimone di una Storia importante. Una Storia che oggi definiremmo di "antimafia sociale".
Solo ora ho scoperto che tra le personalità che frequentarono le assemblee popolari che nacquero a sostegno di Giovanni Avena c’erano anche un giovanissimo Peppino Impastato e un certo Franco Basaglia: ovvero colui che avrebbe chiuso in Italia i manicomi alcuni anni dopo.
Giovanni Avena, l’ex prete disobbediente, si è spento nel 2021.
© Totò Cernigliaro
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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Giovanni Avena, prete di frontiera
Una vicenda molto diversa, di cui sono venuto a conoscenza di recente, mi ha riportato alla memoria frammenti di un fatto accaduto a Palermo circa mezzo secolo fa, anno più, anno meno, dimenticato in chissà quale antro del mio cervello. Un unico legame: il protagonista era un prete.
Ero un ragazzino, uno scout del Reparto Palermo 3 di via Lincoln, che aveva sede nei locali adiacenti una chiesa che da tanti anni non c’è più. Ma la vicenda che racconto ebbe per protagonista il parroco della parrocchia di via Pindemonte, si chiamava Giovanni Avena. Lì, aveva sede il Palermo 21 e per questo era ben conosciuto dagli scout palermitani.
Ricordo che, a un certo punto, la Curia aveva disposto l’allontanamento di padre Avena dalla parrocchia e dalla diocesi e trasferito in un paesello sperduto di non so più quale regione.
Contro quel provvedimento – chiaramente punitivo - si mobilitarono in tanti. Anche gli scout. Ho ricordo di aver partecipato al “picchettaggio” della chiesa (cose da pazzi… veri) e alle celebrazioni della messa in un ampio magazzino di via Pindemonte, dove si svolgevano anche assemblee pubbliche per decidere le azioni da intraprendere.
Altri frammenti che mi sono tornati alla mente: che quell’allontanamento da Palermo era nato in conseguenza delle sue denunce sullo stato di cose all’interno del manicomio di via Pindemonte e che la mobilitazione di quei giorni si fermò quando lo stesso Avena chiese di farlo.
Riemerso in questi giorni il ricordo di quella vicenda, ho avuto la curiosità di cercare su internet notizie di quei fatti.
Ho così approfondito le informazioni su Giovanni Avena, il quale non era solo uno che esprimeva un pensiero critico all’interno della chiesa (fu uno dei preti che si era schierato a favore del divorzio). Agiva. E cosa aveva fatto di tanto pericoloso per meritare quel provvedimento? Aveva avuto l’ardire, da parroco, di entrare al manicomio di Palermo, scatenando una lunga battaglia per dare dignità umana a quei “pazzi”, che spesso pazzi non erano. E tra questi “pazzi” c’erano anche tanti bambini. Ma Avena non solo aveva denunciato lo stato delle cose in quel “lager”, inimicandosi il potentato democristiano che lo gestiva, ma cercò di ottenere condizioni migliori per quelle creature non considerate nemmeno esseri umani. Tra le altre cose aveva ottenuto che alcuni malati potessero uscire dal manicomio per partecipare alla messa nella sua parrocchia. E sapete che faceva? Lui rinunciava a cinque minuti della sua omelia per dare la parola proprio a loro.
Allora ero troppo piccolo per rendermi conto di essere testimone di una Storia importante. Una Storia che oggi definiremmo di "antimafia sociale".
Solo ora ho scoperto che tra le personalità che frequentarono le assemblee popolari che nacquero a sostegno di Giovanni Avena c’erano anche un giovanissimo Peppino Impastato e un certo Franco Basaglia: ovvero colui che avrebbe chiuso in Italia i manicomi alcuni anni dopo.
Giovanni Avena, l’ex prete disobbediente, si è spento nel 2021.
© Totò Cernigliaro
lunedì 15 maggio 2023
"Mi casa"
Ogni tanto, nel rivisitare vecchi appunti, mi imbatto in scritti abbozzati per ipotesi di articoli.
Spesso trattano di argomenti superati, pertanto ormai inutili, altre volte portano a rivisitare prodotti da cui traevano origine o dai quali erano ispirati.
In questo testo ritrovato, si descriveva la genesi di uno slide show, nato sostanzialmente da una serie di scatti fotografici legati a un “divertissement” tra amici. Lo ripropongo così come l’ho ritrovato.
“Nell’ambito delle sperimentazioni visive si pone lo slide show realizzato con immagini scelte tra le tante foto scattate in un normale contesto familiare, conosciuto solo occasionalmente.
In verità l’operazione nasce da una originaria idea goliardica sorta tra amici e volta a ricercare dei particolari che potessero identificare o raccontare il contesto abitativo che ci ospitava.
Lo spazio operativo era l’appartamento base per un comune soggiorno di una settimana a Madrid.
Tutti noi quattro, appassionati di fotografia, impiegavamo i tempi morti in cui stavamo a casa, a ricercare particolari e dettagli diversi. Una specie di caccia al tesoro, senza però delle regole preventive.
Finita l’escursione in terra spagnola, mi sono poi ritrovato a riguardare i tanti files fissati con la mia mirrorless e fra queste le molteplici fotografie scattate nel contesto abitativo che ci aveva visto ospiti.
Ho pensato di realizzare, quindi, uno slide show che andasse a raccontare un contesto abitativo, ricorrendo a foto di dettagli, che riuscissero a mischiare l’ordinarietà di un ambiente con indizi e tracce di vita vissuta.
La deliberata scelta di utilizzare il bianco e nero sarebbe riuscita certamente a legare i tanti fotogrammi di un’operazione descrittiva, che facesse anche affiorare dei ricordi, rinverdendo passati ormai stratificati nell’ordinario attuale.
Il risultato ha trovato conferma nella reazione degli abituali abitanti di quella dimora, venendo a costituire una rivisitazione del loro film di una vita, rivista in bianco e nero.
Da un gioco leggero - che nasceva da una goliardia - è quindi scaturito un sintetico intenso racconto di vita, di vite, di una madre e una figlia.
Il tutto mi ha gratificato per l’essere riuscito a regalare un momento di pausa, di riflessione, per poter continuare e andare avanti, magari ….. con un legame più rafforzato.”
Al testo ritrovato aggiungo quanto, in qualche modo ho posto a supporto del video postato su You Tube.
Dettagli e particolari di una qualunque dimora. Dove madre e figlia, riconoscendo i luoghi, si sono subito ritrovate nella loro "Mi Casa" piena di testimonianze, simboli e ricordi.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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Slide show
sabato 13 maggio 2023
IA (Intelligenza Artificiale), argomento del giorno che stupisce ..... ma politicamente non sembra
Anche Frontiere, la trasmissione di RAI3, ha dedicato una intera puntata al fenomeno del momento. Gli algoritmi, che dominano l'informatica e condizionano fortemente ogni aspetto della nostra vita quotidiana, continuano a prendere sempre più piede, mettendo - in prospettiva - a rischio indipendenza e autonomia di tutti.
Di certo, anche alla luce delle pericolose potenzialità già manifeste, il fenomeno necessita di attenzioni legislative e di un insieme di regole che riescano a limitare i rischi di un possibile illimitato sviluppo, se non governato e lasciato - senza controlli - libero di espandersi.
Per soddisfare la mia curiosità ho voluto provare nella pratica, procedendo a creare delle immagini sulla base di un descrittivo digitato in lingua italiana. I risultati, seppur ancora grezzi, lasciano intuire che in pochi anni si potranno creare delle immagini perfette.
Ho voluto poi anche provare uno sviluppo testuale. Ho inserito questo input:
"Fantozzi incontra la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare e insieme vanno allo stadio per assistere alla finale di calcio. Fantozzi indossa il solito vestito unto, la contessa indossa un abito lungo e ha con sé un cappello con piume."
Lo sviluppo realizzato dal programma è stupefacente:
"Mostruose. Fantozzi è molto emozionato all'idea di incontrare la contessa, ed è anche un po' preoccupato di fare brutta figura. La contessa invece è molto gentile con lui e lo tratta con grande simpatia. Fantozzi non può credere di essere in compagnia di una donna di così alta classe, e cerca di comportarsi in modo impeccabile.
Arrivati allo stadio, Fantozzi e la contessa si siedono nei posti migliori, vicino al campo. Fantozzi è in estasi, non ha mai assistito a una partita così importante. La contessa sembra interessarsi al calcio più di quanto Fantozzi avrebbe mai pensato. Iniziano a parlare della squadra preferita della contessa, e Fantozzi cerca di mostrare tutto il suo entusiasmo.
Durante la partita, Fantozzi fa molta confusione: applaude quando l'altra squadra segna un gol, si alza in piedi quando tutti restano seduti, urla e fa gesti strani. La contessa lo guarda con un sorriso, e sembra divertita dalla sua goffaggine.
Alla fine la partita finisce con la vittoria della squadra della contessa. Fantozzi è molto contento e si congratula con lei. Lei, a sua volta, gli rivolge parole gentili e lo ringrazia per la sua compagnia. Fantozzi è molto felice e si sente molto gratificato per l'esperienza appena vissuta.
Infine, tornando a casa, Fantozzi cerca di riassumere la sua giornata. Ha conosciuto una contessa, ha visto una finale di calcio, è stato sorpreso dalla gentilezza di lei nei suoi confronti. Fantozzi si sente davvero fortunato e ringrazia il cielo per questa esperienza."
Nessun errore grammaticale, una sintassi impeccabile!
Un prodotto testuale che non necessita di revisioni e pronto per l'uso. Come forse avrebbe detto una volta lo stesso Alessandro Manzoni, un testo perfettamente "risciacquato" nell'Arno!
Appare superfluo aggiungere che, in relazione a quanto reso facilmente accessibile, il futuro del Fake (falso) si prospetta molto pericoloso e necessita, quindi, di interventi d'estrema urgenza per governare un fenomeno altamente sensibile e - specie in un sistema sempre piu' digitalizzato - di portata enorme.
In conclusione, per consentire a chi legge di poter verificare di persona, indico il sito web che ho preso in esame (che non necessita di registrazione) e che invito a utilizzare: https://talkai.info/it/chat/
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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Vite (finanziarie) degli altri: lezione di educazione finanziaria dalla letteratura
“Lei parla continuamente di informazioni. Un giorno dice che non informiamo abbastanza i nostri clienti sull’impegno che stanno prendendo, il giorno dopo che noi, dal canto nostro, non ci informiamo abbastanza sulle loro capacità di rimborso. Ma quello che vogliono i nostri clienti sono i soldi, non informazioni che li dissuadano dal prenderli in prestito. E quello che vogliamo noi è guadagnare prestando soldi, non raccogliere informazioni che ci dissuadano dal prestarne.”
Emmanuel Carrére nel romanzo “Vite che non sono la mia” (Adelphi edizioni, su Amazon €18) evidenzia con chiarezza, facendo pronunciare la suddetta frase a un esponente di un’istituzione finanziaria, i problemi di fondo che caratterizzano le relazioni tra i clienti-consumatori e gli intermediari finanziari.
Si tratta di uno squilibrio di informazioni tra gli intermediari professionali (tra cui vanno incluse le banche) e i clienti; ma se la prima forma di disequilibrio (ben nota come “asimmetria informativa”) ha origine dalla diversa forza contrattuale delle due parti (più forte tecnicamente e patrimonialmente quella dell’intermediario, più debole “fisiologicamente” quella del cliente), la seconda forma nasce dalla “rinuncia” dell’ente creditizio a raccogliere le informazioni necessarie a valutare correttamente la capacità dei clienti di rimborsare i debiti.
L’evoluzione normativa, per lo più di derivazione comunitaria, ha cercato di ovviare a questo disequilibrio, in primo luogo attraverso regole che obbligano gli intermediari a fornire corrette informazioni sui prodotti finanziari offerti alla clientela (un esempio è l’introduzione oramai trentennale della normativa sulla “trasparenza” sulle condizioni sui prodotti bancari).
Più di recente si è cercato di ovviare alla seconda forma di carenza informativa attraverso l’introduzione delle disposizioni sul credito “responsabile”, che in estrema, sintesi obbliga gli istituti di credito a svolgere tutte le analisi necessarie per valutare adeguatamente le capacità di rimborso del cliente onde evitare i rischi di sovra- indebitamento (anche se a prima vista può sembrare strana una regolamentazione ad hoc per obbligare le istituzioni creditizie a svolgere attività che, per definizione, fanno parte del loro mestiere!).
Comunque, alla luce di questa evoluzione delle norme, il rapporto istituzioni – clienti consumatori si svolge ora una su basi più equilibrate?
“L’unica volta che un professore, all’ENM (École nationale de la magistrature), aveva parlato di leggi a tutela del consumatore, lo aveva fatto con sprezzante ironia, come di leggi destinate agli imbecilli, a persone che firmano contratti senza leggerli e a cui è pura demagogia voler prestare assistenza. Il fondamento del diritto civile, si legge nei manuali, è il contratto. E il fondamento del contratto è l’autonomia e l’uguaglianza delle parti. Nessuno si impegna o dovrebbe impegnarsi contro il proprio volere, chi lo fa deve poi accettarne le conseguenze: la prossima volta sarà più cauto.”
Così narra un personaggio (giudice su materie di controversie finanziarie) del romanzo di Carrére, fino ad arrivare alla considerazione secondo cui “ll problema della legge.. è che le finanziarie a cui in teoria dovrebbe imporre delle regole non la rispettano e che i consumatori, a cui dovrebbe garantire delle tutele non la conoscono”.
Al di là delle espressioni talora perentorie e pur tenendo presente che le suddette considerazioni si riferiscono a un specifica realtà (quella francese) di un periodo storico non proprio recente (il romanzo è del 2009), Carrére evidenzia gli elementi che, pur ridimensionati, ancora impediscono di raggiungere un equilibrio pienamente soddisfacente dei rapporti consumatori-istituzioni finanziarie. Questo avviene, da un lato, perché per definizione il cliente rispetto all’intermediario conosce meno la natura del bene o del servizio da acquistare e il contenuto del regolamento contrattuale che lo vincolerà, (aspetto ben noto che ha dato vita alla copiosa normativa di tutela del consumatore). Dall’altro lato, non sempre gli obblighi informativi e di correttezza sono assolti compiutamente; lo dimostrano, ad esempio, il numero e le diverse casistiche dei ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario, organismo di risoluzione stragiudiziale in materia bancaria e finanziaria, le cui decisioni in larga misura continuano a essere favorevoli ai clienti, con conseguenti oneri di restituzione a carico degli intermediari.
Ma probabilmente l’asimmetria più insidiosa non è quella informativa, bensì quella comportamentale. Nel suo romanzo Carrére descrive, infatti, con il suo stile asciutto e nel stesso tempo intenso, anche alcuni casi concreti di clienti (indotti a indebitarsi da comportamenti di spesa poco responsabili e dalla facilità di accesso a forme di finanziamento “agevolati” e all’utilizzo di carte revolving). I casi descritti sono ancora attuali e, purtroppo, non infrequenti.
La descrizione indugia su aspetti “tecnici”, senza naturalmente trascurare di evidenziare le esigenze di tutela del consumatore in quanto (innanzitutto) persona, talora espressione di un’umanità dolente e poco fortunata.
Tutto ciò fa di questa parte del romanzo, con l’efficacia della prosa letteraria, un piccolo manuale di alfabetizzazione finanziaria, almeno per quanto riguarda l’accesso al credito da parte dei consumatori.
In conclusione, si tratta di un romanzo che narra, come chiarisce il titolo, la vita (di altri), comprensiva dei disagi e del dolore; ma raccontando dell’esistenza altrui si racconta e si riconosce la propria. Ciò vale per tutti gli aspetti della vita…compresi quelli finanziari!
© Pasquale Tribuzio
venerdì 12 maggio 2023
“Il tempo dell’attesa” di Lia Pasqualino
Ho assistito alla presentazione di Tomaso Montanari a Villa Zito di Palermo del libro di Lia Pasqualino “Il tempo dell’attesa”, edito da Postcart.
Un libro ben confezionato, il cui titolo concettualizza l’approccio della Pasqualino quando si approssima a scattare dei ritratti.
La tematica del ritratto è quindi stata la chiave usata dal prof. Montanari per accostare la ritrattistica della fotografa a quella che costituisce la sua materia specialistica d’insegnamento, ovvero la storia dell’arte.
Ne è venuta fuori un’ampia e interessante escursione che, associando la fotografia alle arti più tradizionali (scultura e pittura), ha abbracciato opere e procedure attuate nei vari campi creativi e che erano state poste in essere da tanti artisti; a cominciare dal Bernini, Velasquez, Goya, Picasso e tanti altri.
Particolare osservazione è stata pertanto rivolta ai trittici realizzati dalla Pasqualino, raffrontate ad analogie presenti in opere di tanti autori che hanno precorso e anticipato questa stessa tipologia di tecnica espositiva, il tutto con l'intento rivolto a cercare di realizzare l’impresa impossibile di “fotografare” l’intimo (ovvero l'anima) dei personaggi che venivano raffigurati.
Una visione non certo originale, che ha interessato moltissimi scultori e pittori d’ogni tempo ma che, nella presentazione e negli accostamenti del professore ha, come sempre accade in questi casi, suscitato molto interesse; anche per la dimostrazione plastica di esempi che evidenziano come certe ricerche siano perpetue in ogni specifica branca culturale.
Di certo, le foto pubblicate nel libro mostrano l’assoluta coerenza con il titolo che è stato attribuito al volume, non ultimo per la naturalezza che caratterizza i ritratti dei vari personaggi e, non a caso, Montanari ha ritenuto l’intitolazione affascinante oltre che azzeccata.
Parallelamente alla mostra palermitana in questi giorni è in corso a Torino una mostra fotografica che raggruppa in un unico evento immagini di Enzo Sellerio, Letizia Battaglia, Franco Zecchin e Fabio Sgroi, unitamente alla stessa Lia Pasqualino.
Il titolo della mostra è "Palermo Mon Amour", con immagini che vanno a comporre un racconto visivo della storia di Palermo dagli anni ’50 al 1992.
Nel dialogare con degli amici anch'essi presenti alla presentazione del prof. Montanari, inevitabilmente si è parlato di tante cose. Ancor di più, per la sicilialità di certi aspetti che accomunano la Pasqualino ad altri fotografi conterranei, si è anche discusso sui mitici Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia.
Riferendoci poi alla mostra torinese, oltre all’assenza di Ferdinando Scianna si è rilevata anche quella di Melo Minnella che, per il periodo preso in considerazione dgli organizzatori, ha costituito anche lui un personaggio più che autorevole nel panorama fotografico siciliano impegnato a raccontare il territorio, ripreso ad oggetto nella tematica della mostra piemontese.
Certamente, in questi casi, quando cioè si tratta di andare ad accostare tanti autori, può capitare di trascurarne qualcuno. La probabile riproposizione dell’evento torinese anche negli splendidi ambienti dello Zac di Palermo potrebbe anche essere l'occasione per allargare il raggio anche a chi, per riconosciuti meriti, avrebbe pieno diritto di essere incluso nella nobile schiera.
Un suggerimento che, a buon titolo credo, potrebbe anche essere accolto.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
mercoledì 10 maggio 2023
Borgo Parrini
Un piccolo borgo, situato nella periferia del paese di Partinico (PA) che avevo già avuto modo di visitare una ventina di anni fa. Noto nel territorio per i suoi prodotti rinomati, che erano principalmente il pane e la pizza, i quali erano creati con l'uso di materie prime locali e attraverso antichi procedimenti artigianali.
Il centro abitato, è ancora oggi costituito da pochissime case quasi adiacenti a una chiesetta ed il sito è intitolato ai “parrini” (termine siciliano per indicare i preti cattolici) per la proprietà agricole annesse di cui era titolare la curia vescovile o che in qualche modo si riconducevano a soggetti/enti collegati alla classe ecclesiale.
Di recente l’ecletticità e la fantasia di un mecenate locale ha avviato una sorta di lenta trasformazione estetica del borgo, incominciando a realizzare delle stranezze urbanistico/artistiche, fortemente ispirate all’architetto spagnolo di cultura catalana Antoni Gaudì.
L’operazione, in origine assai kitch, ha subito attratto l’attenzione di molti curiosi, provocando altresì emulazioni fra i locali che – coordinandosi sempre più – sono riusciti a inventare un centro pseudo-culturale di crescente attrazione turistica.
L’apporto di menti avvedute e lungimiranti ha intessuto un filo di congiunzione che oggi sta cominciando a legare le originalità urbanistiche con la cultura dei luoghi, senza peraltro tralasciare nuove correnti artistiche che si vengono a mescolare così in un’unica trama.
Spazi arredati in modo museale si vengono a mescolare alla tradizione dell’opera dei pupi; Street art, unitamente a azulejos, abbelliscono pareti nelle due stradine dove laboratori producono ceramiche tipiche e opere pittoriche originali o classicheggianti. Anche un Museo del carretto ha trovato giusta allocazione nella narrazione.
Piccoli camini replicano o richiamano particolari e dettagli del Parco Guell, della Casa Batlo’ e della Pedrera di Bacellona. Colori tipicamente pastellati degli edifici, associati alla intensità delle giornate assolate, impreziosiscono l’insieme, facendolo quasi diventare una specie di Desneyland siciliana.
Borgo Parrini non è ancora inclusa nei classici percorsi dei gruppi turistici della Sicilia occidentale ma sta nascendo un centro che richiamerà certamente tanto turismo. Il passa parola e l’efficace popolarità creata attraverso i social (in particolare con le foto pubblicate su Instagram) sta generando una popolarità sempre più crescente.
Allo stato attuale la contaminazione del borgo non è ancora integrale, ma fra qualche anno il sito andrà certamente a costituire un’attrazione importante, assolutamente da non perdere per chi si troverà a visitare l'isola.
Filippo Grillo, che ci ha accompagnato nel borgo, illustrandoci i vari angoli del borgo e presentandoci alle guide locali, alla fine ci ha mostrato e raccontato la storia del “pizzo” in Sicilia.
Le foto in copertina mostrano per l’appunto cosa è fisicamente il famoso “pizzo” da cui deriva l’azione criminosa (termine largamente abusato nella cronaca giudiziaria per indicare l’estorsione praticata dai malavitosi). In origine a pretenderlo erano i banditi che aspettavano al “passo” i malcapitati carrettieri costretti a subire, che li minacciavano di sabotare il veicolo di trasporto di quei tempi.
Fisicamente il pizzo costituiva in pratica una parte centrale del carretto siciliano sovrapposta al semiasse (abbellita o meno in relazione alle disponibilità economiche del proprietario del carro) e una eventuale rottura avrebbe provocato il collasso dell’asse portante ai cui estremi erano poste le ruote.
Un ricatto non da poco, quindi, a cui difficilmente ci si sarebbe potuto sottrarre, tenuto conto che queste operazioni di ricatto/richiesta erano messe in atto in orari notturni o prossimi all’alba, in zone isolate (da qui il detto “attendere al passo”) e quando i carrettieri avevano i carri strapieni di merce che portavano al mercato ovvero al rientro. Nel secondo caso erano innumerevoli i pertugi orditi nelle più strane fessure o buchi praticati nel carretto per nascondere i denari proventi dalle vendite.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
-- P.S. - Per chi volesse assumere maggiori informazioni riguardo al sito turistico: https://www.triscinamare.it/blog/borgo-parrini.htm
Investimenti ed errori nel Campo dei Miracoli: dalle trappole finanziarie alle trappole mentali.
Con questo primo articolo, Pasquale Tribuzio, esperto della materia, inaugura nel blog la rubrica "Educazione Finanziaria", allo scopo di rendere edotti su rischi economici, finanziari e non solo, che ci circondano ogni giorno con sistemi persuasivi e talvolta subdoli. Il tutto sarà sempre espresso con l'uso di termini e l'esplicazione di concetti semplici, facilmente comprensibili a tutti. Eventuali commenti saranno presi a stimolo per ulteriori chiarimenti/approfondimenti che, nel caso, potrebbero dare vita ad altri articoli.
L'autore ha di recente pubblicato "Musica Per Le Tue Finanze: Come la musica può aiutare a renderci risparmiatori consapevoli", edito da Amazon.
Gli stessi articoli, in genere, seguono analoghe pubblicazioni operate nel portale specialistico web "Economia & Finanza Verde".
Buona lettura!
Recenti cronache ci informano che tra i modi per salvaguardare il denaro rimane ancora oggi in uso quello di seppellirlo, come ha fatto una coppia nel bresciano che ha sotterrato in giardino diversi milioni di euro sottratti al fisco.
Questa vicenda evoca l’episodio del campo dei Miracoli della favola di Pinocchio dove, però, l’interramento delle monete d’oro era finalizzato a ottenere consistenti guadagni, alla stregua del migliore degli investimenti:
“Dunque…” disse la Volpe…“Pensaci bene” “i tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila”.
“Duemila!” Ripetè il Gatto.
“Ma com’è mai possibile che diventino tanti?” domandò Pinocchio restando a bocca aperta per lo stupore…
“È un conto facilissimo” rispose la Volpe […] poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti” .
“Oh che bella cosa!” Gridò Pinocchio, ballando dall’allegrezza.
L’inflazione è tornata dopo decenni a sfiorare le due cifre con tutte le conseguenze negative per i consumi e i risparmi. Selezionare gli investimenti più opportuni è ora compito ancor più difficile. Aumenta le possibilità di offerte di prodotti finanziari che promettono rendimenti particolarmente “vantaggiosi”, ben al di sopra di quelli di mercato; purtroppo la storia è ricca di vicende di risparmiatori alla ricerca di investimenti sicuri e redditizi che sono poi incorsi in dolorose perdite.
Nei siti istituzionali dedicati all’educazione finanziaria (Ministero dell’Economia, Banca d’Italia, Consob) vi sono sezioni dedicate a nozioni di economia comportamentale, con nomi di non immediata comprensibilità (quali, ad esempio, bias cognitivi, euristiche, overconfidence, framing effect).
Sono, in estrema sintesi, ‘trappole mentali” a cui sono esposte le nostre decisioni quando ci si ritrova di fronte a problemi non semplici, come le scelte finanziarie.
In queste situazioni si tende a scegliere lasciandosi guidare da scorciatoie mentali, pregiudizi ed emozioni, che spesso non orientano nella direzione corretta.
Ripercorrendo brevemente alcune vicende della storia della finanza degli ultimi 40 anni, che hanno coinvolto migliaia di risparmiatori – che avevano investito in strumenti finanziari, talora poco conosciuti ma dai rendimenti allettanti -, si può tentare di evidenziare, con qualche approssimazione, quali sono stati gli “errori comportamentali” dei soggetti interessati.
Ferme restando le condotte poco ortodosse, se non in qualche caso addirittura truffaldine, degli intermediari coinvolti.
Negli anni ’80 si diffusero in Italia i cosiddetti “titoli atipici”: i crack e i nomi degli intermediari che avevano collocato quei titoli (Fondo Europrogramme di Orazio Bagnasco, Istituto Fiduciario Lombardo di Vincenzo Cultrera, Otc-Previdenza di Luciano Sgarlata) sono sicuramente rimasti nella memoria dei migliaia di risparmiatori che, allettati da promesse di mirabolanti guadagni, videro i loro risparmi andare, spesso completamente, in fumo.
In quelle circostanze, sicuramente gli sfortunati investitori sono stati orientati da una eccessiva fiducia delle proprie capacità di analisi e competenze (l’overconfidence prima citata) che li ha portati a sottostimare il rischio, nonché dall’effetto inquadramento (il framing effect anch’esso già citato), derivante cioè dal modo in cui il prodotto finanziario è stato presentato. Con ogni probabilità all’epoca si è omesso di valutare la rischiosità derivante dalla definizione di titolo “atipico”, cioè non regolamentato dalla legge, con tutte le conseguenza in termini di tutela degli investitori e di forme di controllo pubblico.
Errori comportamentali analoghi si sono verificati pure in altri casi di risparmio “tradito” dei primi anni del 2000. Quali ad esempio:
– i prodotti a contenuto complesso anch’essi con profili atipici (ad esempio, My way e 4you) distribuiti dal gruppo Monte dei Paschi, la cui accattivante denominazione anglosassone ha sicuramente solleticato ed enfatizzato (non solo per l’analogo inglesismo) l’overconfidence e il framing effect;
– i titoli “argentini”, definiti esoticamente “tango-bond”, forse evocando inconsapevolmente, viste le conseguenze per i sottoscrittori, “un pensiero triste che balla” (una nota definizione del tango argentino); – le obbligazioni “Cirio“ e “Parmalat” dai nomi più familiari, ma anch’esse all’epoca considerate attrattive in quanto spesso presentate, con espressione di sicuro effetto, come titoli “high yield”, senza però ricordare allo stesso modo anche il conseguente “high risk”.
In tempi più recenti, a proposito di framing effect, sicuramente ha giocato un ruolo il modo in cui è stato illustrato il significato di “subordinato” che si accompagnava alle obbligazioni bancarie sottoscritte presso gli sportelli degli enti creditizi posti in liquidazione coatta amministrativa (dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018). C’è da chiedersi se il framing effect si sarebbe avuto lo stesso se fosse stato ben chiaro a che tipo di “subordine” erano vincolati i titoli della specie.
Nello stesso periodo si è verificato il caso della compravendita di diamanti acquistati mediante canali distributivi di alcune banche (che poi sono state oggetto di sanzioni pecuniarie).
Oltre alle distorsione cognitive sopra richiamate, hanno operato con ogni probabilità anche le cosiddette euristiche della “rappresentatività”, ” disponibilità” e “ancoraggio” (cioè le “trappole e scorciatoie mentali” originariamente individuate in un lavoro del 1974 fondamentale per gli studi psicologici e di economia comportamentale di A. Tversky, D. Kahneman, la cui versione italiana è riportata in D. Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori, pagg 569 e segg.).
Nel momento dell’acquisto dei diamanti si illustravano ai clienti grafici dell’andamento di quotazioni della pietra preziosa pubblicati sui principali giornali economici, senza chiarire che si trattava di dati non di fonte terza e di inserzioni pubblicitarie a pagamento (di nuovo ‘l’effetto inquadramento”).
I diamanti nell’immaginario collettivo costituiscono l’elemento più prezioso, uno dei beni rifugio per eccellenza, destinato a rimanere economicamente, oltre che fisicamente, solido nel tempo (“per sempre” recita non a caso una nota pubblicità!). Ciò ha sicuramente fatto scattare le citate “euristiche”: della rappresentatività (ovverosia la scelta si è basata su uno stereotipo legata alla solidità economica futura dell’investimento e non su dati effettivamente rappresentativi di un fenomeno), della disponibilità (probabilmente con i diamanti i ricordi più facilmente evocabili sono positivi e rassicuranti) e dell’ancoraggio (le stime di valore che si effettuano in molte situazioni sono tendenzialmente vicine a quelle dei valori forniti all’inizio della valutazione). Il fatto, poi, che la sottoscrizione sia avvenuta con l’intermediazione delle banche ha ingenerato ampio affidamento nei clienti, indotti così all’acquisto senza la necessità di ulteriori “sforzi e approfondimenti” cognitivi.
Le possibilità di comprare o vendere direttamente utilizzando i dispositivi digitali (“trading on line”) rende oggi ancor più semplice negoziare titoli. Queste modalità consentono, con qualche click, di puntare a “facili” guadagni, operando pure in prodotti finanziari con contenuti finanziari complessi (contratti derivati), che consentono di prendere posizioni “a leva” su titoli sottostanti (ma anche su indici, valute, materie prime, ecc.), come i “Contract for difference” e sono assimilabili a vere e proprie scommesse (come le “opzioni binarie”) oppure su strumenti altamente speculativi e volatili (come le cripto-valute).
Bisogna di nuovo essere consci dei rischi non trascurabili insiti in tali operazioni, come avvertono le Autorità di Vigilanza, per ridurre la possibilità di incorrere in errori comportamentali, a partire dall’overconfidence.
Tutte le vicende sopra descritte si riferiscono a forme di investimento con un tratto comune: si presentano come operazioni altamente redditizie rispetto alle altre opportunità offerte dal mercato e si tende a sottovalutare la regola aurea per cui agli alti rendimenti corrispondono rischi altrettanto elevati. Il ricordo di questa regola avrebbe probabilmente eliminato alla radice o, almeno, attenuato la possibilità di incorrere nei suddetti errori comportamentali e di subirne le nefaste conseguenze.
Eppure, a proposito di ricordi ed emozioni, nella nostra formazione fa parte sin dall’infanzia “Le avventure di Pinocchio”, libro che offre una pluralità di metafore che ben si prestano al variegato mondo degli investimenti a partire dai nomi dei luoghi: dal Paese dei Balocchi alla città di Acchiappa-citrulli fino al Campo dei miracoli.
Sempre a proposito di emozioni e meccanismi mentali che si mettono in moto quando si pone l’attenzione soprattutto a rendimenti (inducendo la persona più incline al rischio), Collodi descrive con efficacia anche il vissuto emotivo che si attiva quando si inizia a pregustare il piacere futuro legato al guadagno connesso con l’operazione. Questo piacere anticipato, porta a sottostimare le possibili conseguenze negative legate alla scelta: “Appena che Pinocchio fu entrato nel letto, si addormentò a colpo e principiò a sognare. E sognando gli pareva di essere in mezzo a un campo, e questo campo era pieno di arboscelli carichi di grappoli, e questi grappoli erano carichi di zecchini d’oro che facevano sin, sin, quasi volessero dire “chi ci vuole venga a prenderci””.
Può essere molto pericoloso e addirittura letale sognare lauti guadagni e non ricordare la regola per cui “più sono alti i rendimenti, più sono elevati i rischi“. Infatti, Pinocchio si affida ai due lestofanti e finisce impiccato a un ramo!
Relazione rischio/rendimento? Alfabetizzazione finanziaria? Errori cognitivi e comportamentali? … se rileggessimo ancora una volta Collodi?
© Pasquale Tribuzio
Recenti cronache ci informano che tra i modi per salvaguardare il denaro rimane ancora oggi in uso quello di seppellirlo, come ha fatto una coppia nel bresciano che ha sotterrato in giardino diversi milioni di euro sottratti al fisco.
Questa vicenda evoca l’episodio del campo dei Miracoli della favola di Pinocchio dove, però, l’interramento delle monete d’oro era finalizzato a ottenere consistenti guadagni, alla stregua del migliore degli investimenti:
“Dunque…” disse la Volpe…“Pensaci bene” “i tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila”.
“Duemila!” Ripetè il Gatto.
“Ma com’è mai possibile che diventino tanti?” domandò Pinocchio restando a bocca aperta per lo stupore…
“È un conto facilissimo” rispose la Volpe […] poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti” .
“Oh che bella cosa!” Gridò Pinocchio, ballando dall’allegrezza.
L’inflazione è tornata dopo decenni a sfiorare le due cifre con tutte le conseguenze negative per i consumi e i risparmi. Selezionare gli investimenti più opportuni è ora compito ancor più difficile. Aumenta le possibilità di offerte di prodotti finanziari che promettono rendimenti particolarmente “vantaggiosi”, ben al di sopra di quelli di mercato; purtroppo la storia è ricca di vicende di risparmiatori alla ricerca di investimenti sicuri e redditizi che sono poi incorsi in dolorose perdite.
Nei siti istituzionali dedicati all’educazione finanziaria (Ministero dell’Economia, Banca d’Italia, Consob) vi sono sezioni dedicate a nozioni di economia comportamentale, con nomi di non immediata comprensibilità (quali, ad esempio, bias cognitivi, euristiche, overconfidence, framing effect).
Sono, in estrema sintesi, ‘trappole mentali” a cui sono esposte le nostre decisioni quando ci si ritrova di fronte a problemi non semplici, come le scelte finanziarie.
In queste situazioni si tende a scegliere lasciandosi guidare da scorciatoie mentali, pregiudizi ed emozioni, che spesso non orientano nella direzione corretta.
Ripercorrendo brevemente alcune vicende della storia della finanza degli ultimi 40 anni, che hanno coinvolto migliaia di risparmiatori – che avevano investito in strumenti finanziari, talora poco conosciuti ma dai rendimenti allettanti -, si può tentare di evidenziare, con qualche approssimazione, quali sono stati gli “errori comportamentali” dei soggetti interessati.
Ferme restando le condotte poco ortodosse, se non in qualche caso addirittura truffaldine, degli intermediari coinvolti.
Negli anni ’80 si diffusero in Italia i cosiddetti “titoli atipici”: i crack e i nomi degli intermediari che avevano collocato quei titoli (Fondo Europrogramme di Orazio Bagnasco, Istituto Fiduciario Lombardo di Vincenzo Cultrera, Otc-Previdenza di Luciano Sgarlata) sono sicuramente rimasti nella memoria dei migliaia di risparmiatori che, allettati da promesse di mirabolanti guadagni, videro i loro risparmi andare, spesso completamente, in fumo.
In quelle circostanze, sicuramente gli sfortunati investitori sono stati orientati da una eccessiva fiducia delle proprie capacità di analisi e competenze (l’overconfidence prima citata) che li ha portati a sottostimare il rischio, nonché dall’effetto inquadramento (il framing effect anch’esso già citato), derivante cioè dal modo in cui il prodotto finanziario è stato presentato. Con ogni probabilità all’epoca si è omesso di valutare la rischiosità derivante dalla definizione di titolo “atipico”, cioè non regolamentato dalla legge, con tutte le conseguenza in termini di tutela degli investitori e di forme di controllo pubblico.
Errori comportamentali analoghi si sono verificati pure in altri casi di risparmio “tradito” dei primi anni del 2000. Quali ad esempio:
– i prodotti a contenuto complesso anch’essi con profili atipici (ad esempio, My way e 4you) distribuiti dal gruppo Monte dei Paschi, la cui accattivante denominazione anglosassone ha sicuramente solleticato ed enfatizzato (non solo per l’analogo inglesismo) l’overconfidence e il framing effect;
– i titoli “argentini”, definiti esoticamente “tango-bond”, forse evocando inconsapevolmente, viste le conseguenze per i sottoscrittori, “un pensiero triste che balla” (una nota definizione del tango argentino); – le obbligazioni “Cirio“ e “Parmalat” dai nomi più familiari, ma anch’esse all’epoca considerate attrattive in quanto spesso presentate, con espressione di sicuro effetto, come titoli “high yield”, senza però ricordare allo stesso modo anche il conseguente “high risk”.
In tempi più recenti, a proposito di framing effect, sicuramente ha giocato un ruolo il modo in cui è stato illustrato il significato di “subordinato” che si accompagnava alle obbligazioni bancarie sottoscritte presso gli sportelli degli enti creditizi posti in liquidazione coatta amministrativa (dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018). C’è da chiedersi se il framing effect si sarebbe avuto lo stesso se fosse stato ben chiaro a che tipo di “subordine” erano vincolati i titoli della specie.
Nello stesso periodo si è verificato il caso della compravendita di diamanti acquistati mediante canali distributivi di alcune banche (che poi sono state oggetto di sanzioni pecuniarie).
Oltre alle distorsione cognitive sopra richiamate, hanno operato con ogni probabilità anche le cosiddette euristiche della “rappresentatività”, ” disponibilità” e “ancoraggio” (cioè le “trappole e scorciatoie mentali” originariamente individuate in un lavoro del 1974 fondamentale per gli studi psicologici e di economia comportamentale di A. Tversky, D. Kahneman, la cui versione italiana è riportata in D. Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori, pagg 569 e segg.).
Nel momento dell’acquisto dei diamanti si illustravano ai clienti grafici dell’andamento di quotazioni della pietra preziosa pubblicati sui principali giornali economici, senza chiarire che si trattava di dati non di fonte terza e di inserzioni pubblicitarie a pagamento (di nuovo ‘l’effetto inquadramento”).
I diamanti nell’immaginario collettivo costituiscono l’elemento più prezioso, uno dei beni rifugio per eccellenza, destinato a rimanere economicamente, oltre che fisicamente, solido nel tempo (“per sempre” recita non a caso una nota pubblicità!). Ciò ha sicuramente fatto scattare le citate “euristiche”: della rappresentatività (ovverosia la scelta si è basata su uno stereotipo legata alla solidità economica futura dell’investimento e non su dati effettivamente rappresentativi di un fenomeno), della disponibilità (probabilmente con i diamanti i ricordi più facilmente evocabili sono positivi e rassicuranti) e dell’ancoraggio (le stime di valore che si effettuano in molte situazioni sono tendenzialmente vicine a quelle dei valori forniti all’inizio della valutazione). Il fatto, poi, che la sottoscrizione sia avvenuta con l’intermediazione delle banche ha ingenerato ampio affidamento nei clienti, indotti così all’acquisto senza la necessità di ulteriori “sforzi e approfondimenti” cognitivi.
Le possibilità di comprare o vendere direttamente utilizzando i dispositivi digitali (“trading on line”) rende oggi ancor più semplice negoziare titoli. Queste modalità consentono, con qualche click, di puntare a “facili” guadagni, operando pure in prodotti finanziari con contenuti finanziari complessi (contratti derivati), che consentono di prendere posizioni “a leva” su titoli sottostanti (ma anche su indici, valute, materie prime, ecc.), come i “Contract for difference” e sono assimilabili a vere e proprie scommesse (come le “opzioni binarie”) oppure su strumenti altamente speculativi e volatili (come le cripto-valute).
Bisogna di nuovo essere consci dei rischi non trascurabili insiti in tali operazioni, come avvertono le Autorità di Vigilanza, per ridurre la possibilità di incorrere in errori comportamentali, a partire dall’overconfidence.
Tutte le vicende sopra descritte si riferiscono a forme di investimento con un tratto comune: si presentano come operazioni altamente redditizie rispetto alle altre opportunità offerte dal mercato e si tende a sottovalutare la regola aurea per cui agli alti rendimenti corrispondono rischi altrettanto elevati. Il ricordo di questa regola avrebbe probabilmente eliminato alla radice o, almeno, attenuato la possibilità di incorrere nei suddetti errori comportamentali e di subirne le nefaste conseguenze.
Eppure, a proposito di ricordi ed emozioni, nella nostra formazione fa parte sin dall’infanzia “Le avventure di Pinocchio”, libro che offre una pluralità di metafore che ben si prestano al variegato mondo degli investimenti a partire dai nomi dei luoghi: dal Paese dei Balocchi alla città di Acchiappa-citrulli fino al Campo dei miracoli.
Sempre a proposito di emozioni e meccanismi mentali che si mettono in moto quando si pone l’attenzione soprattutto a rendimenti (inducendo la persona più incline al rischio), Collodi descrive con efficacia anche il vissuto emotivo che si attiva quando si inizia a pregustare il piacere futuro legato al guadagno connesso con l’operazione. Questo piacere anticipato, porta a sottostimare le possibili conseguenze negative legate alla scelta: “Appena che Pinocchio fu entrato nel letto, si addormentò a colpo e principiò a sognare. E sognando gli pareva di essere in mezzo a un campo, e questo campo era pieno di arboscelli carichi di grappoli, e questi grappoli erano carichi di zecchini d’oro che facevano sin, sin, quasi volessero dire “chi ci vuole venga a prenderci””.
Può essere molto pericoloso e addirittura letale sognare lauti guadagni e non ricordare la regola per cui “più sono alti i rendimenti, più sono elevati i rischi“. Infatti, Pinocchio si affida ai due lestofanti e finisce impiccato a un ramo!
Relazione rischio/rendimento? Alfabetizzazione finanziaria? Errori cognitivi e comportamentali? … se rileggessimo ancora una volta Collodi?
© Pasquale Tribuzio
lunedì 8 maggio 2023
Soffermandosi su contenuti del volume “Contro Barthes” di Joan Fontcuberta
Il nuovo libro di Joan Fontcuberta “Contro Barthes – Saggio visivo sull’indice” edito da Mimesis/Sguardi e Visioni, si compone di 202 pagine, ma di queste sono poche quelle che focalizzano l’argomento Roland Barthes.
I due terzi del volume propongono, infatti, immagini provenienti dall’archivio della rivista “Alerta” acquisite da collezioni private.
Le quasi settanta pagine di solo testo, in massima parte trattano e prendono spunto da queste fotografie per soffermarsi sulla metodologia fotografica che accompagnava la rivista spagnola.
In tutte le foto riprodotte l’indice della mano di un soggetto stava sempre a indicare (con il dito avente la funzione di un “click”) l’oggetto all’interno del campo visivo del soggetto che compie l’azione.
Proponendo, quindi, in forma visiva il punctum barthesiano che veniva sostanzialmente a standardizzare il ripetere di una formula didascalica che assegnava un senso specifico a quanto era ritratto, indirizzando l’osservatore.
Da qui, riguardo a Barthes (facendo cenno anche a coloro che hanno influenzato il suo pensiero), dopo una lunga dissertazione su quanto da questi sviluppato nel libro Camera Chiara, Fontcuberta, pur riconoscendo che le sue teorie sono state utili a sviluppare approfondimenti, sostiene che occorre andare avanti (uccidere il padre per affrancarsi da condizionamenti) e, tenendo in giusto conto le tante novità intervenute, adeguarsi ai tempi.
Dall’analogico si è già passati al digitale (dai sali d’argento ai pixel) e, nell’immediato domani, sara' l’algoritmo ciò che si prospetta come metodo principale nella creazione delle immagini (con annessa evoluzione del software). L’emancipazione dal pensiero di Roland Barthes costituisce quindi, oggi, quasi una necessità.
Al riguardo, se prima la fotografia rimaneva fortemente condizionata dalla didascalia ad essa collegata, la sperimentazione appena avviata con l’intelligenza artificiale sta invertendo le fasi dei ruoli.
Quanto sta accadendo consente, infatti, attraverso un testo descrittivo (didascalia), la realizzazione virtuale di una fotografia basata su opzioni di milioni d’immagini, codificate attraverso database che catalogano abbinamenti possibili del risultato visivo con le infinite combinazioni di parole inserite come input.
La velocità che ha già interessato le trasformazioni accadute ci hanno insegnato che ormai l’inverosimile è destinato a superare ogni fantasia e, anche se oggi l’intelligenza artificiale applicata al mondo della fotografia ancora mostra evidenti limiti applicativi, è certo che le sempre migliori soluzioni che si andranno a trovare saranno in breve tempo delle realtà verosimili; tanto da rendere indistinguibili le immagini riguardo al loro reale iter creativo.
Tornando a Roland Barthes, la foto virtuale basata su intelligenze artificiali e relativi mega database, quindi, andrà ad invertire di fatto la procedura legata all’analisi delle immagini. Dalla fotografia oggi si deduce un testo interpretativo o narrativo, domani sarà un testo preciso che andrà a realizzare un’immagine.
Tutto ciò comporta e introduce, sostiene Fontcuberta, una rivoluzione copernicana per l’intero comparto.
Volendo collegare quanto detto con il pensiero di altri teorici avanguardisti illuminati dei nostri luoghi, in qualche modo la serie di cieli fotografati da Luigi Ghirri (che costituiscono le immagini di chiusura del documentario “Infinito” a lui dedicato, proposto di recente anche in RAI) evidenzia dei concetti abbastanza analoghi in merito alla mutevolezza delle cose.
Fotografando ogni giorno il cielo Ghirri ha dimostrato come siano tante le combinazioni possibili già per quella specifica e limitata tematica; vuoi per la temperatura del colore nelle diverse ore delle giornate, vuoi per l’umidità dell’aria, ma anche per l’eventuale presenza/assenza di nuvole e la relativa configurazione e tanto, tanto altro.
Fontcunerta scrive, in proposito, che lo sviluppo di qualsiasi accadimento umano può essere diverso già in funzione del piede di partenza (primo passo di dx o di sx). Cosa che un po’ si ricollega allo Sliding Doors casuale/occasionale proposto nel bellissimo film del 1998, diretto da Peter Howitt che, a sua volta, prende spunto da idee precedentemente esplorate e sperimentate dal regista polacco Krzysztof Kieślowski.
In fondo l’evoluzione attuale della fotografia rappresenta lo stadio più recente delle tecnologie visive che, iniziate dai graffiti preistorici si sono poi sviluppate in forme d’arti perfezionatesi nel tempo (con la scultura e la pittura principalmente).
Sali d’argento, pixel, nanotecnologie e software sempre più complessi hanno aperto la strada a nuovi sistemi che avanzano, indifferenti alle costanti resistenze di taluni nell’accettare mutamenti a quello che è lo status quo. I terrapiattisti, di ogni epoca, vengono quindi sempre superati dalle evidenze scientifiche quando queste si consolidano, diventando in ultimo inconfutabili.
Rituali operativi che costringevano o ancora costringono ed educano a maggiori riflessioni prima del classico scatto, specie per il limitato numero di pose concesse dal vecchio rullino, condizionano ancora chi ha iniziato a fotografare con la pellicola analogica; perché ciò ancora costituisce un ricordo vivo e, per taluni, un insegnamento di base che è rimasto fortemente condizionante e formativo nell’approccio operativo.
La persistente resistenza di chi rifiuta tuttora di usare il digitale, però, rappresenta quasi un atto di fede, che rimane ancorato a canoni antichi collegati anche a una iconografia ortodossa quasi scomparsa.
Insomma, non si scopre certamente l’acqua calda affermando che la tecnologia contamina sempre di più il progresso e condiziona le varie concezioni e filosofie d’ogni tempo.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
--
P.S. - Volendo sperimentare, vedere come funziona e un po' divertirsi basta accedere a: https://talkai.info/it/image/
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lunedì 1 maggio 2023
I "Vecchi dinosauri" e ..... l'onestà intellettuale
La politica d’oggi dovrebbe forse ricorrere ai ripari e iniziare delle massicce terapie di psicanalisi. In questi giorni si è ripetuto, purtroppo, un ennesimo atto politico che di etica politica, per l’appunto, ha ben poco.
Un minimo sindacale richiesto a chi si approccia in questa vasto e insidioso ambiente paludoso è quello di tener fede agli impegni che pubblicamente si assumono nel ricoprire dei ruoli.
Si sostiene che è segno d’intelligenza la disponibilità a poter cambiare opinioni su tematiche o argomenti, ma è altrettanto vero che c’è un limite a tutto e non bisognerebbe mai virare in modo troppo repentino (il dilagante spregiudicato sliding doors politico italiano) su visioni e opinioni o aspetti fondamentali che caratterizzano i principi ideologici di base per ognuno.
Volendo fare alcuni nomi noti che si sono di recente messi in mostra, non tanto per coerenza disinteressata, segnalo dei cognomi illustri perchè oggetto di cronaca: Chinnici, Cancelleri, Di Maio, Gelmini, Garfagna. Ieri si erano distinti i Casini o Lorenzin, per citarne solo due a caso ad esempio.
Se per alcuni però i nuovi accasamenti avrebbero potuto anche trovare un po’ di coerenza, magari per l’adiacenza o prossimità rispetto alla precedente appartenenza partitica, per altri si sono palesate esibizioni pseudo circensi o di ginnastica artistica a corpo libero, con doppi, tripli (e avvitamenti vari) salti mortali, nel volare da una confortevole poltrona e atterrare in un’altra; per altri ancora, seri dubbi e preoccupazioni nascono per dei forti sospetti patologici psichici assai manifesti.
Premesso che le patologie sono fenomeni naturali che, in quanto tali, non meritano censure, l’accettazione di ogni mutamento non potrà riguardare mai i soggetti camaleontici ma piuttosto gli pseudo supporter che accettano di andare ad alimentare le loro basi elettorali.
Essere berlusconiani, casiniani, cossuttiani, andreottiani, comunisti, liberali, fascisti, monarchici, democristiani o democratici veri ha a che fare con i personaggi di riferimento in quanto tali, le questioni di converso hanno maggiore valore e ci riguardano per l'eventuale riconoscerci in certi simboli ........ che finiamo con l'assumere a modelli d’idea politica che ci aggrada. Indossando la relativa casacca da tifoso con sponsor indicato, in un'accomunata rassicurante appartenenza.
La religione cattolica sostiene che il bene e il male sono possibilità lasciate alla scelta del libero arbitrio e così è anche in politica, dove ogni appartenenza ideologica si lega alle autonome scelte di ciascuno.
Un recente articolo che ho letto mette in evidenza un altro problema circa l'efficienza politica e le funzioni di garanzia che le vengono assegnate. A distanza di tanto tempo dalle ultime elezioni politiche, non risulta ancora costituita - a livello parlamentare - la commissione antimafia. La carenza fa sì che non siano posti al vaglio le candidature dei vari soggetti che si propongono oggi per le diverse elezioni locali.
Un marchio di verginità e purezza viene così assicurata a tutti e una eventuale sifilide manifesta non necessita di spiegazione alcuna.
Vi ricordate quelle caricature della TV delle Ragazze della Dandini e successive trasmissioni che inneggiavano alle "casa della libertà"? Un po' la messa in pratica di quelle teorie sembrano avverarsi.
Per rendere maggiormente comprensivo tutto questo scritto che potrebbe anche apparire uno scriteriato sfogo qualunquista, si conclude riportando uno scambio epistolare realmente accaduto e che ho letto.
- Tizio: Caterina Chinnici passa a Forza Italia un mix tra Edipo Re e sindrome di Stoccolma.
- Caio: Già… non può essere diversamente.
- Tizio: Dimostra peraltro lo spessore etico della politica tutta, indipendentemente dalle appartenenze. Ispirata principalmente a egocentrismo e autoreferenzialità e tanta, tanta m...a.
- Caio: Bei tempi in cui i democristiani erano democristiani, i comunisti erano comunisti e i fascisti, categoria a se, pure. Sarà effetto della società liquida…più che liquido liquame.
- Tizio: E noi che ci illudiamo ancora credendo a dei valori ...... qui conta di più il quantum. Hai materiale sufficiente per scrivere un tuo pezzo ...... pungente.
- Caio: Pure tu…(anche perché ti vedo più arrabbiato di me e anche più veloce a scrivere).
- Tizio: Di Maio, Cancelleri, per il fronte 5 Stelle ...... e poi Gelmini, Garfagna, e tanti altri. Puttane e Gigolò, a paragone, sono professionisti rispettabili che praticano il mestiere con tariffari espliciti senza infingimenti.
- Tizio: Meglio la tua ironia e il tuo sarcasmo. Ti suggerisco il titolo "Quando il mestiere più vecchio del mondo era professione."
- Caio: Ma lo puoi mettere sotto forma di dialogo (l’abbiamo praticamente già scritto, solo eviterei espressioni censurabili).
- Tizio: Stasera ci penso ..... più a freddo!
Non so se poi l’articolo ha visto poi luce, chissà?
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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La fotografia è in genere un documento, la testimonianza di un ricordo che raffigura spesso persone e luoghi, ma talvolta può anche costituire lo spunto per fantasticare un viaggio ovvero per inventare un racconto e leggere con la fantasia l’apparenza visiva. (cliccando sopra la foto è possibile visionare il volume)
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