Quando voleva esprimersi in modo non ufficiale, Craxi usava lo pseudonimo di Ghino di Tacco: l’idea gli era stata suggerita da un paragone stilato da Eugenio Scalfari nel novembre 1995: “Craxi somiglia a Ghino di Tacco, taglieggiatore e bandito di strada”. Utilizzando il nome del personaggio dantesco, Craxi si esprimeva ufficiosamente; e dietro quello pseudonimo si celava ogni tanto Franco Gerardi, stretto collaboratore del Presidente del Consiglio. Dopo le dimissioni del 27 giugno, Scalfari aveva commentato con una certa soddisfazione: “Oggi la Rocca di Radicofani, dalla quale Ghino di Tacco esercitava i suoi poteri di interdizione, sta per cadere in disuso. Radicofani fu un punto di passaggio obbligato per secoli. Poi un giorno fu costruita l’autostrada e da allora per Radicofani nessuno passa più”. Craxi gli replicò da Caprera: “Ghino di Tacco aveva subito un’ingiustizia …… Lui venne a Roma con 400 armati, si presentò nell’aula del tribunale ov’era in corso un processo presieduto dal giudice che aveva condannato a morte suo padre, e gli tagliò la testa seduta stante … Era uno che andava per le spicce, che non lasciava impunite le ingiustizie: quelle fatte alla sua famiglia e quelle fatte agli altri”. Il “pompiere” Arnaldo Forlani a quel punto si affrettò a precisare che “alla fine il Papa apprezzò Ghino di Tacco e gli concesse un gran beneficio”.
Massimo Pini (tratto da “Craxi – Una vita, un’era politica” – 2006 - Mondadori)
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