L’invadenza di Matteo Salvini in ogni campo, fuori dalle sue
funzioni di ministro degli Interni, non solo è intollerabile ma sta
diventando pericolosa e dare giusto fiato a chi teme che sottobanco
l’Italia si trasformi in una dittatura dove al posto di Benito
Mussolini, che almeno uno spessore politico ce l’aveva, c’è questo
bulletto da quattro soldi, più insidioso di Renzi e persino di
Berlusconi.
Il ministro degli Interni non può intervenire in indagini in corso e
nemmeno riferirne, non tanto e non solo perché può danneggiarle come ha
fatto notare il procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro,
ma per quella divisione dei poteri fra ordine giudiziario ed Esecutivo
che anche i bambini dovrebbero conoscere.
Ai rilievi di Spataro Matteo Salvini ha reagito con parole sprezzanti
che sul nostro giornale sono già state riportate da Gianni Barbacetto
ma che vogliamo qui riprendere: “Inaccettabile dire che il ministro
dell’Interno possa danneggiare indagini e compromettere arresti. Gli
attacchi politici e gratuiti lasciamoli fare ai politici che si
candidano alle elezioni. Se il procuratore è stanco, si ritiri dal
lavoro: a Spataro auguro un futuro serenissimo da pensionato”. Da questa
ennesima esternazione si ricava che Matteo Salvini non capisce nulla, o
fa finta di non capir nulla, della fondamentale divisione dei poteri,
sancita nella modernità da Montesquieu e assunta come cardine da tutte
le democrazie liberali. Ma più gravi ancora delle violazioni dello Stato
di diritto perpetrate da Matteo Salvini, a noi paiono le sue parole
rivolte a Spataro, uno dei nostri migliori magistrati che nella sua
lunga carriera si è occupato di sequestri di persona, terrorismo,
criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti, mafia,
‘ndrangheta. Non è certamente un caso che quando Antonio Di Pietro
motore delle indagini di Mani Pulite lasciò quel ruolo, Francesco
Saverio Borrelli chiamò Armando Spataro per sostituirlo.
Io non so come i nostri magistrati, sottoposti ad ogni sorta di
attacchi, impediti nella loro delicatissima funzione da leggi demenziali
che spesso li costringono a girare a vuoto, riescano a mantenere la
saldezza di nervi necessaria per continuare il loro lavoro. Fra le sue
numerose pubblicazioni di carattere scientifico Spataro ha pubblicato
anche una autobiografia professionale col titolo Ne valeva la pena. Io ci aggiungerei un punto interrogativo. No, caro Spataro, non ne valeva proprio la pena.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2018)
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