Nella
 prima conferenza stampa, all'indomani dell'arresto di Claudio Scajola, 
il Procuratore di Reggio Calabria Cafiero De Raho, ha dichiarato: 
«L'aspetto che colpisce è come una persona che ha ricoperto ruoli al 
vertice dello Stato possa curarsi di un'altra persona condannata e 
latitante nella consapevolezza di chi si muove come se essere condannati
 per associazione mafiosa non conti nulla. E' impressionante». Scajola è
 stato ministro dell'Interno cioè colui che dovrebbe contrastare il 
fenomeno mafioso e ogni forma di criminilità. In contemporanea è esploso
 lo scandalo Expo, poi quello degli sperperi milionari e clientelari 
della Sogin e da ultimo il coinvolgimento, sia pur a livello di indagini
 preliminari, di Giovanni Bazoli, ex consigliere di Ubi, banchiere di 
lungo corso, cattolico, finora 'al di sopra di ogni sospetto', in affari
 poco chiari della quinta Banca italiana.
Sì, è impressionante ciò a cui stiamo assistendo in Italia. Adesso Renzi, per l'Expo, ha nominato una task force
 che dovrebbe controllare la legalità delle operazioni. Chiude la stalla
 quando i buoi sono scappati. Ma a parte questo non c'è nessuna certezza
 che fra i controllori ci siano soggetti migliori dei controllati («Qui 
custodiet custodes?»). Perché in Italia il più pulito c'ha la rogna. E' 
un Paese marcio fino al midollo.
L'altro giorno La Stampa
 mi ha intervistato per chiedermi se ci trovavamo di fronte a una nuova 
Tangentopoli. Una domanda finto-ingenua. Tangentopoli non è mai finita. 
Semplicemente, come un virus mutante, la corruzione ha cambiato alcune 
sue modalità. Del resto che cosa ci si poteva attendere di diverso se 
quasi all'indomani di Mani Pulite, con i testimoni del tempo ancora in 
vita, tutta la classe politica e buona parte di quella giornalistica, 
con un gioco delle tre tavolette trasformò i magistrati nei veri 
colpevoli, i ladri in vittime e Antonio Di Pietro, da idolo delle folle,
 divenne l'uomo più odiato d'Italia? Nel frattempo tutti i governi, di 
destra e di sinistra, hanno inzeppato i Codici penali di norme dette 
'garantiste' che rendono quasi impossibile perseguire i reati 
economico-finanziari, quelli di 'lorsignori', e comunque di far fare 
qualche anno di gabbio ai responsabili. 
Ma
 al di là delle sanzioni penali, manca la sanzione sociale. A me colpì 
la vicenda di Luigi Bisignani. Bisignani, già trovato con le mani sul 
tagliere della P2 (uffa, che barba, storia vecchia), nella stagione di 
Mani Pulite fu condannato per reati contro la Pubblica Amministrazione. 
Il cittadino normale si sarebbe aspettato che uno così non avrebbe mai 
potuto mettere più piede in un ufficio pubblico. Ma nel 1996 lo troviamo
 bel bello come principale consigliere di Lorenzo Necci, amministratore 
straordinario delle Ferrovie arrestato in quell'anno. Evidentemente 
esiste una vastissima framassoneria di politici, di ex politici, di 
amministratori, di ex amministratori, di finanzieri, di imprenditori, di
 brasseur d'affaires, uomini che si fiutano, si riconoscono, si 
cooptano, si autotutelano per combinare insieme affari sporchi 
ultramilionari. Il che ha dei riflessi sul cittadino comune che, di 
fronte a questo mulinar di denaro criminale si dice: «Ma proprio io devo
 far la parte del cretino e ostinarmi a rimanere onesto?». Per rimanere 
onesti in Italia bisogna essere dei frati trappisti. Perché una 
differenza con la vecchia Tangentopoli c'è. Allora la gente scese in 
strada colma di indignazione. Oggi non si muove foglia. In parte siamo 
diventati, a nostra volta, dei disonesti, in parte ci siamo 
mitridatizzati e consideriamo la corruzione, anche la più sfacciata e 
macroscopica, un fatto normale, banale, che fa parte nostra vita. 
Pubblica e privata.
Massimo Fini (Il  Gazzettino, 16 maggio 2014)
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