E’ facile, ormai, ironizzare sulle presunte gaffes del ministro Fornero.
 Piena di sé e della propria missione “civilizzatrice”, la responsabile 
del Welfare non perde occasione per esibire un atteggiamento 
professorale che sta logorando la sua immagine, oltre che il nostro 
futuro. Le sue esternazioni sfociano ormai nello psicodramma e diventano
 occasione di una reazione popolare fatta di rabbia e disorientamento. 
Ma nel caso dell’ultima, in ordine cronologico, brutta figura, quel “choosy” rivolto ai giovani che cercano lavoro, colpisce non tanto il disprezzo e l’altezzosità quanto la buona fede del ministro.
Perché
 a Fornero quelle espressioni vengono naturali e rappresentano l’effetto
 genuino della sua estraneità dalla vita reale. Quali giovani frequenta,
 infatti, il ministro per parlare così? Dove sono questi giovani così schizzinosi?
 Tra coloro che, nonostante siano laureati e con un dottorato alle 
spalle, si “accontentano” di fare i camerieri, di lavorare in un call 
center, di fare le supplenze nelle scuole private senza contratto? 
Oppure tra quelli che accettano contratti a tempo determinato che non si
 determinano mai e aprono partite Iva per svolgere un lavoro dipendente?
 Nelle aziende in cui si ripetono all’infinito gli stage di formazione 
che sono prestazioni lavorative a tutti gli effetti? O tra i giovani che
 fuggono dall’Italia e cercano di farsi una vita all’estero?
I 
ministri tecnici, in realtà, sembrano guardare alla vita vera dall’alto 
di un Olimpo immaginario, con la lente dei grafici finanziari oppure con
 il ricordo delle stanze ovattate in cui hanno passato la propria, 
agiata, vita. Quella di qualche fondazione bancaria o di polverosi 
palazzi del centro di Roma, al riparo dalle intemperie, accucciati su un
 ricco conto corrente o accovacciati su una pensione d’oro. Tante nuove 
Maria Antonietta in cerca di moderne brioches da lanciare alla 
malcapitata folla di “schizzinosi”, esodati, precari e lavoratori a 
sbafo.
La classe dirigente italiana, quella della finanza, dell’alta burocrazia, della tekné, vive una propria vita parallela
 ma decide beatamente sulle vite degli altri, nascondendosi dietro a un 
simulacro di democrazia. Ed è forse questa l’anomalia italiana e non 
solo, il tasto dolente del tempo presente. In fondo, i movimenti come 
Occupy negli Usa o gli Indignados in Spagna, hanno parlato proprio di 
questo. “Democrazia reale, ora”, è stato uno slogan profetico perché 
intuitivo della distanza siderale che passa tra coloro che prendono le 
decisioni e coloro che le subiscono. Anche il successo plateale di 
Grillo si spiega così. La democrazia che non c’è è il vero nervo 
scoperto del nostro tempo e la rivoluzione democratica quello che ci 
manca. In fondo, bisogna dire grazie a frasi come quelle di Elsa 
Fornero, perché ci aiutano a vedere le cose come stanno. E magari a 
indignarci davvero.
Salvatore Cannavò (Il Fatto Quotidiano - 23 ottobre 2012)
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