Fino a tre mesi fa Roberto Formigoni
 si ispirava a un celebre aforisma del poeta Paul Valéry: “Quando non si
 può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore”.
Non appena c’erano domande sulle sue vacanze
 dal valore di molte centinaia di migliaia di euro, pagate da Pierangelo
 Daccò, il governatore accusava la stampa di aver falsificato i verbali.
 Poi è arrivato l’invito a comparire per corruzione. E Formigoni dai poeti è passato ai filosofi.
 Per distogliere l’attenzione dal nocciolo della questione – a Daccò 
sono stati versati 70 milioni di euro da un ospedale privato come 
compenso per i 200 milioni di fondi regionali concessi a quella 
struttura – il Celeste si è aggrappato all’Arte di ottener ragione,
 il trattato di Shopenhauer pubblicato postumo perché il grande 
pensatore si vergognava di avervi minuziosamente elencato “le vie 
traverse e i trucchi di cui si serve la natura umana per celare i suoi 
difetti”.
Stratagemmi del tipo: se si è di fronte a 
un’argomentazione che ci batterà “non dobbiamo consentire che sia 
portata a termine, ma dobbiamo interrompere e sviare”. Regola applicata giovedì sera anche a Porta a Porta quando chi scrive ha tentato di farlo parlare degli scandali della sanità lombarda.
 Con due particolarità però. Formigoni alza sempre di più toni, 
arrivando ormai a urlare. E, per anestetizzare i cittadini, occupa 
costantemente il piccolo schermo.
Perché come spiega questa volta 
uno storico, Tacito: “Il crimine, quando scoperto, non ha altro rifugio 
che la sfrontatezza”. E noi, che siamo semplici cronisti, la 
sfrontatezza la vediamo tutta. Il resto, invece, è solo materia da 
tribunali.
Peter Gomez (Il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2012)
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