Questi onorevoli... Sono dei veri taccagni. Peggio di quell'Arpagone 
protagonista dell'«Avaro» di Molière. Fargli scucire la manciata di euro
 che dovrebbero versare ogni mese al Popolo della Libertà è sempre più 
difficile. Sarà per le sforbiciatine a stipendi e rimborsi, ma è 
diventato un bel problema. Tanto che il tesoriere del partito, Rocco 
Crimi, ha dovuto richiamare tutti all'ordine: al 31 dicembre 2011 gli 
arretrati dovuti dai parlamentari (800 euro al mese) e dei consiglieri 
regionali (500) ammontavano a oltre 4 milioni 600 mila euro. 
Il suo grido d'allarme è contenuto nel bilancio del Pdl 
pubblicato, insieme a quelli di altri 61 (sessantuno) partiti sulla 
«Gazzetta ufficiale» di martedì. Gli ultimi della storia, senza i 
controlli più severi introdotti la scorsa estate. E quasi tutti venati 
da un sottile rimpianto. Ma per una ragione più prosaica: il taglio dei 
rimborsi elettorali deciso con quella stessa legge che ha inasprito le 
verifiche e mal digerita pressoché ovunque, nelle segreterie. Anche se 
c'è chi, nel bilancio, la rivendica come un proprio successo politico: 
il Partito democratico. Provvedimento andato di traverso, soprattutto, 
per aver stabilito la rinuncia alla tranche di contributi che si 
dovevano incassare lo scorso mese di luglio. Soldi che qualcuno si era 
già fatto anticipare dalle banche. E magari aveva speso.
Come l'Udc di Pier Ferdinando Casini. Che non a caso prevede per 
quest'anno, causa taglio contributi, una «sopravvenienza passiva» di ben
 9 milioni e mezzo, comprendente pure i 2,4 milioni «riferibili alla 
quota parte di credito non incassabile relativa alle elezioni di Camera e
 Senato ceduta a un istituto di credito nel corso dei precedenti 
esercizi». Poco male: al 31 dicembre 2011 l'Udc denunciava un avanzo 
patrimoniale, generato dagli utili degli anni precedenti, di ben 18,6 
milioni. E aveva 5 milioni e mezzo depositati in banca. 
Lo stesso non può dire il Pdl, per cui la rinuncia alla tranche di luglio è stata davvero una brutta botta. Più brutta della scoperta che moltissimi parlamentari non danno al partito i contributi dovuti. Il bilancio pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale» spiega che i rimborsi elettorali «relativi agli anni 2009-2012 sono stati ceduti pro soluto nell'anno 2009 a un istituto bancario». Al quale adesso vanno restituiti i soldi: Quanto? Più di 20 milioni. Immaginiamo i salti di gioia. Tanto più dopo la notizia che Silvio Berlusconi non si ricandiderà per il premierato. Dal problematico bilancio di Forza Italia, formazione politica ancora esistente dal punto di vista contabile (al pari di An, Ds e Margherita) è chiaro che è stato lui a portare il peso finanziario di quell'avventura politica. Negli ultimi cinque anni il partito ha accumulato perdite per circa 149 milioni e debiti per 61 milioni. Il tutto coperto da una sontuosa fideiussione bancaria di 177 milioni prestata «da terzi». Dove «terzi» sta, ovviamente, per il Cavaliere.
Lo stesso non può dire il Pdl, per cui la rinuncia alla tranche di luglio è stata davvero una brutta botta. Più brutta della scoperta che moltissimi parlamentari non danno al partito i contributi dovuti. Il bilancio pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale» spiega che i rimborsi elettorali «relativi agli anni 2009-2012 sono stati ceduti pro soluto nell'anno 2009 a un istituto bancario». Al quale adesso vanno restituiti i soldi: Quanto? Più di 20 milioni. Immaginiamo i salti di gioia. Tanto più dopo la notizia che Silvio Berlusconi non si ricandiderà per il premierato. Dal problematico bilancio di Forza Italia, formazione politica ancora esistente dal punto di vista contabile (al pari di An, Ds e Margherita) è chiaro che è stato lui a portare il peso finanziario di quell'avventura politica. Negli ultimi cinque anni il partito ha accumulato perdite per circa 149 milioni e debiti per 61 milioni. Il tutto coperto da una sontuosa fideiussione bancaria di 177 milioni prestata «da terzi». Dove «terzi» sta, ovviamente, per il Cavaliere.
Succedeva anche questo, negli anni in cui il fiume dei rimborsi 
elettorali scorreva gonfio di denaro alimentando le casse di tutti i 
partiti al centro come in periferia. Al 31 dicembre 2011 l'Italia dei 
Valori di Antonio Di Pietro aveva accumulato un avanzo patrimoniale 
superiore a 35 milioni. E sapete quanto ha incassato nel 2010, l'anno 
delle elezioni regionali, la sola lista della governatrice del Lazio 
Renata Polverini? Quasi 6 milioni di euro. 
Non che non ci sia qualche tesoretto messo da parte, mentre tanti
 piangono miseria. Ce l'hanno a destra, dove An, prima di essere messa 
in liquidazione, ha trasferito il patrimonio immobiliare valutato in 61 
milioni a una Fondazione con un capitale di 10 milioni più un «fondo 
iniziale di gestione» di 45 milioni. Ma ce l'hanno anche a sinistra, con
 le decine di fondazioni costituite dai Democratici di sinistra per 
blindare un numero enorme di immobili provenienti dall'eredità del 
Partito comunista. Nella Margherita, invece, si leccano ancora le ferite
 causate dallo scandalo che ha coinvolto l'ex tesoriere Luigi Lusi. 
Vicenda che merita una puntigliosa ricostruzione nel bilancio 2011. 
Dalle «centinaia di assegni di piccolo taglio» per un totale di 869.793 
euro «emessi dall'ex tesoriere», alle «spese di rappresentanza non 
idoneamente documentate per euro 95.653». Dalle «spese per euro 235.219 
interamente riferibili a viaggi personali dell'ex tesoriere e/o di 
persone a lui riconducibili», a «servizi con conducente resi in 
prevalenza a favore dell'ex tesoriere per euro 167.309». Fino alla 
cruenta stoccata finale: «Allo stato attuale risultano accertate 
operazioni illecite per un valore complessivo di circa 22 milioni di 
euro». Nonostante ciò, sui conti correnti bancari della Margherita al 31
 dicembre 2011 c'erano ancora più di 19 milioni. Nel bilancio della Lega
 Nord la storiaccia che ha portato all'espulsione di Francesco Belsito 
merita invece appena un fugace passaggio: c'è scritto soltanto che l'ex 
tesoriere «ha rassegnato le dimissioni» ed è stato sostituito. Nulla, 
sul perché. Niente di niente.
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