La
 passione per il gioco d'azzardo è diventata ufficialmente una malattia 
degna delle cure del Servizio sanitario nazionale. Adesso si chiama 
ludopatia. E' tipico di questo stato liberale che più liberale non si 
puo' bollare come aberrazioni quasi tutte le passioni umane (anche la 
gelosia, per esempio), salvo lucrare su alcune di esse. Non devi fumare,
 ma le tasse sulle sigarette impinguano le casse dello Stato. Non devi 
bere superalcolici, pero' non li abolisco, li tasso. Lo Stato è il 
tenutario di tutti i Casino' e ai vecchi giochi, il lotto, la schedina 
ne ha aggiunti altri, l'Enalotto, il Superenalotto mentre si inventa 
sempre nuove lotterie.
In
 Italia si è sempre giocato d'azzardo. Non c'è bisogno di leggere Chiara
 o Fenoglio -in provincia si gioca di più- per sapere che c'è gente che 
al tavolo del poker ha perso fortune, case e si è giocata pure la 
moglie. A Milano, ai di', nei retrobottega dei bar si giocava a poker o a
 ramino pokerato. Oppure lo si faceva in casa. In strada si giocava ai 
dadi. Mille erano le bische clandestine, spesso mascherate da austeri 
circoli culturali (al « Circolo Napoli »-mi pare si chiamasse cosi' sono
 passati tanti anni- in Piazza Sant'Alessandro, in pieno centro, 
giocavano il Procuratore generale Carmelo Spagnuolo e molti direttori di
 giornale.
Si
 è sempre giocato d'azzardo. Premesso che ogni individuo adulto ha 
diritto di fare della propria vita cio' che vuole, anche di rovinarla, 
quello che è cambiato è il modo di giocare. Il poker (quello vero con 
cinque carte coperte, non il Texas hold'em, importato come altre 
nefandezze dall'America, con cinque 'vele', una vera perversione) si 
gioca a quattro o a cinque, ci vuole abilità, conoscenza della tecnica 
di base, capacità psicologica, 'presenza al tavolo', coraggio. Anche lo 
chemin de fer, sia pur in modo più limitato e indiretto, è uno scontro 
di caratteri fra i nove giocatori che si avvicendano al tavolo e ci 
vuole tenuta nervosa per non perdersi nella serie dei 'suivi' ' (perchè 
essendo un gioco al raddoppio ci vuole niente per perdere cifre 
colossali). Persino alla roulette, che è azzardo puro, c'è un rapporto 
con le persone che stanno attorno al tavolo verde e con i croupiers.
Sono
 tornato qualche tempo fa al Casino' di Sanremo dove non mettevo piede 
da molti anni. Era diventato una distesa a perdita d'occhio di 
slot-machines, tipo Las Vegas, i tavoli dello chemin e della roulette 
erano ridotti al minimo, marginali.
Quello
 con le slot è un rapporto solipsistico con la macchina dove, 
oltretutto, non ci vuole alcuna abilità. Si infilano delle monete in una
 fessura: tutto qua. Che segnale danno? Quello di un'enorme solitudine e
 di una crescente incapacità di intrecciare rapporti (anche grazie alla 
tecnologia che tende a separarci dagli altri e a estraniarci da noi 
stessi) che permeano l'intera società moderna. E' questa società che è 
profondamente malata. Ed è essa che andrebbe curata prima dei cosidetti 
'ludopatici' che ne sono solamente una proiezione.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2013)
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