L’ipocrisia sta assumendo dimensioni grottesche. Beppe Grillo è 
stato messo in croce (oddio, non vorrei che questo suonasse come una 
mancanza di rispetto verso Gesù Cristo) per aver definito i nostri 
uomini politici “autistici”. E’ stata considerata un’offesa gravissima 
nei confronti di chi è affetto da questa patologia. Ma se Grillo o 
chiunque altro avesse detto che i nostri uomini politici sono “sordi e 
ciechi”, i sordi e i ciechi avrebbero dovuto sentirsi offesi? Se 
qualcuno avesse usato nei confronti non dico dei politici ma di 
qualsiasi altra categoria di persone la parabola delle tre scimmiette 
che “non vedono, non parlano, non sentono”, i ciechi, i muti, i sordi 
avrebbero dovuto insorgere a difesa della loro dignità?Questa ipocrisia dilagante per ogni dove parte da lontano.
Gli 
storpi, i ciechi, i sordi non vengono accettati, nel linguaggio, come 
tali, perché tali sono, ma devono essere chiamati “motulesi, non 
vedenti, audiolesi”. Gli handicappati in generale vengono definiti 
“diversamente abili”. Siamo giunti ad un tal punto che manca poco che i 
morti siano definiti “diversamente vivi”. Del resto si sa che la morte, 
quella biologica intendo, è il grande tabù dell’epoca e nei necrologi 
troverete tutti gli eufemismi possibili e immaginabili ma mai 
l’espressione “è morto” che poi, ad onta di tutte le acrobazie verbali, è
 quello che è realmente successo. 
Quello che non si potrebbe dover fare è prendere in giro una persona 
precisa per un suo qualche difetto fisico. Ma anche qui ci sono 
eccezioni. La satira (e la frase di Grillo, sia pur generica, sta in 
questa forma letteraria) e la vignettistica ne hanno fatto sempre, e ne 
fanno, un larghissimo uso. Quante volte Giulio Andreotti è stato 
disegnato con la gobba? Ma il “divo Giulio”, che era un uomo 
intelligente (oddio, non vorrei che adesso la congregazione dei cretini,
 sentendosi offesa, si inalberasse) non se l’è mai presa e anzi ci si 
divertiva. E non se la sono mai presa nemmeno quelli che la gobba ce 
l’hanno davvero (Andreotti era solo un po’ curvo). E se io citassi la 
favoletta del gobbetto che va dalle fatine per farsi togliere la gobba 
ma lo fa in modo così maldestro che gliene appioppano un’altra sul 
petto, i gobbi dovrebbero sentirsi offesi, coprirmi del pubblico 
ludibrio e indicarmi al linciaggio? Se si continua così dovremo 
eliminare dal vocabolario almeno la metà dei suoi lemmi. 
Ma la cosa veramente insopportabile è che questa improvvisa pudicizia
 verbale viene esercitata in un Paese, l’Italia, dove sottobanco e nel 
silenzio generale si compiono le più inaudite violenze, niente affatto 
verbali, sui singoli individui quando son soli e non godono della 
protezione di qualche minoranza o maggioranza organizzata.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2018) 

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