Una
cosa che oggi, da vecchio, trovo fastidiosa è l’inconcludenza di quelle
ripetizioni che non portano valore aggiunto.
Me ne accorgo di più nei momenti in cui cerco di indurre un bambino in tenera età a variare la monotematica di un gioco, di un’applicazione; anche se mi rendo conto che per loro, che sperimentano le cose, è una necessità formativa il ripetere le esperienze, per assimilarne le logiche e impadronirsi delle regole sottostanti.
Le necessità di un soggetto maturo per riconoscere un qualcosa, sia essa una melodia, l’osservazione di un’opera d’arte, la concettualizzazione di un discorso, presuppongono invece quantitativi d’informazioni assai minori, lo stesso pertanto dicasi riguardo alla necessità di un’eventuale ripetitività.
In proposito ricordo come da giovane, negli anni settanta, ero gratificato nell’ascolto di un brano musicale che - a quel tempo e nella sola Italia - ebbe un clamoroso successo, scalando pure le classifiche della hit parade di quegli anni: “Neandertal Man”.
La canzone inglese di un certo Mac Devis in verità non diceva nulla di particolare, anzi ripeteva sistematicamente queste semplici parole:
Me ne accorgo di più nei momenti in cui cerco di indurre un bambino in tenera età a variare la monotematica di un gioco, di un’applicazione; anche se mi rendo conto che per loro, che sperimentano le cose, è una necessità formativa il ripetere le esperienze, per assimilarne le logiche e impadronirsi delle regole sottostanti.
Le necessità di un soggetto maturo per riconoscere un qualcosa, sia essa una melodia, l’osservazione di un’opera d’arte, la concettualizzazione di un discorso, presuppongono invece quantitativi d’informazioni assai minori, lo stesso pertanto dicasi riguardo alla necessità di un’eventuale ripetitività.
In proposito ricordo come da giovane, negli anni settanta, ero gratificato nell’ascolto di un brano musicale che - a quel tempo e nella sola Italia - ebbe un clamoroso successo, scalando pure le classifiche della hit parade di quegli anni: “Neandertal Man”.
La canzone inglese di un certo Mac Devis in verità non diceva nulla di particolare, anzi ripeteva sistematicamente queste semplici parole:
I'm a neanderthal man
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
I'm a neanderthal man
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
I'm a neanderthal man
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world
I'm a neanderthal man
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world.
You're a neanderthal girl
Let's make neanderthal love
In this neanderthal world.
A
quel tempo il brano ossessivo piaceva anche a me; ero ragazzino, vestivo
strasandato e portavo i capelli lunghi.
Sarà anche per l’età e le tante esperienze musicali, ma i miei gusti di oggi sono cambiati del tutto. Di recente ho riascoltato quel brano e dopo pochi secondi l’ho pure trovato fastidioso.
Non ci crederete, ma oggi, quando sono associato ad altri in affollati gruppi di Whats App, Messanger o qualsivoglia altra diavoleria, mi sembra essere ripiombato in quella fase “ancestrale”.
Con la differenza che mentre ieri la cosa la connotavo tranquillamente per l’aspetto goliardico non vincolante, oggi l’eventuale abbandono del gruppo può determinare a quelli più suscettibili una irritazione; può perfino innescare all’ideatore dell’invadente aggregazione una vera e propria offesa.
E’ l’ennesima riprova dell’uso e del dosaggio e di come tutte le innovazioni comportano sempre una sapiente e accorta gestione.
Se installi un confort o un qualsiasi marchingegno nel contesto fisico e sociale in cui ti muovi, sarebbe bello chiedersi anche se il suo utilizzo continuo (e nel caso invadente) sia sempre una soluzione gradita.
Aggiunge il mio amico D. nella versione rivisitata pubblicata su "Economia & Finanza Verde": "A pensarci bene è tutt’altra cosa di quello che avviene in fotografia, per la quale hai sì un obbligo, financo paradossale. Quello di cercare sempre, attraverso migliaia di scatti, la diversità dell’angolazione, della prospettiva, del caso che, per una frazione di secondo, ti presenta un’immagine. Non puoi essere assolutamente ripetitivo. Non c’è niente di più esiziale della ripetitività in fotografia."
Buona luce a tutti!
Sarà anche per l’età e le tante esperienze musicali, ma i miei gusti di oggi sono cambiati del tutto. Di recente ho riascoltato quel brano e dopo pochi secondi l’ho pure trovato fastidioso.
Non ci crederete, ma oggi, quando sono associato ad altri in affollati gruppi di Whats App, Messanger o qualsivoglia altra diavoleria, mi sembra essere ripiombato in quella fase “ancestrale”.
Con la differenza che mentre ieri la cosa la connotavo tranquillamente per l’aspetto goliardico non vincolante, oggi l’eventuale abbandono del gruppo può determinare a quelli più suscettibili una irritazione; può perfino innescare all’ideatore dell’invadente aggregazione una vera e propria offesa.
E’ l’ennesima riprova dell’uso e del dosaggio e di come tutte le innovazioni comportano sempre una sapiente e accorta gestione.
Se installi un confort o un qualsiasi marchingegno nel contesto fisico e sociale in cui ti muovi, sarebbe bello chiedersi anche se il suo utilizzo continuo (e nel caso invadente) sia sempre una soluzione gradita.
Aggiunge il mio amico D. nella versione rivisitata pubblicata su "Economia & Finanza Verde": "A pensarci bene è tutt’altra cosa di quello che avviene in fotografia, per la quale hai sì un obbligo, financo paradossale. Quello di cercare sempre, attraverso migliaia di scatti, la diversità dell’angolazione, della prospettiva, del caso che, per una frazione di secondo, ti presenta un’immagine. Non puoi essere assolutamente ripetitivo. Non c’è niente di più esiziale della ripetitività in fotografia."
Buona luce a tutti!
© Essec
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