La cronaca degli ultimi giorni racconta un aumento preoccupante del numero di aggressioni perpetrate dai genitori nei confronti dei docenti
e, più in generale, del totale disprezzo verso ogni autorità educativa,
siano insegnanti o allenatore di calcio di una squadra giovanile. Il
loro ruolo non viene più riconosciuto e si tenta con ogni strumento di
piegarli nel tentativo di assecondare la prestazione dei propri figli
che hanno sempre ragione e che non possono essere messi in discussione.
Ci
troviamo di fronte a una contrapposizione inedita ma sempre più
diffusa, tra l'autorità educativa e l'autoritarismo genitoriale. Come se
le regole fossero un ostacolo da superare e l'insegnante non fosse un
alleato con cui collaborare in un rapporto di fiducia educativa.
Si
trascura di riconoscere, dunque, due dei principi cardine su cui si
dovrebbe fondare ogni sistema educativo: l'alleanza tra scuola e
famiglia e l'accettazione da parte dei ragazzi del fatto che qualcuno
indichi loro gli errori e, insieme, la capacità di superare gli
impedimenti, riconoscendo i propri limiti.
I genitori che
sostengono in modo arrogante e prevaricatore le ragioni dei propri
figli, dimostrano di non essere capaci di accettare i loro fallimenti
quasi fossero espressione della mancata capacità genitoriale. Una
proiezione totale nei confronti dei ragazzi che devono vivere la loro
vita senza che sia frapposto un ostacolo al normale scorrere degli
eventi che è fatto di successi ma anche di fallimenti.
Sembra che
l'obiettivo principale di questi genitori sia quello di assicurare ai
ragazzi una vita di affermazioni positive e di vittorie senza sudore. E
infatti i successi vengono premiati anche eccessivamente mentre le
sconfitte diventano un incubo per i ragazzi: come si deve essere sentito
il giovane calciatore che non ha potuto proseguire, insieme alla
squadra, la partita a causa delle intemperanze del padre? Se mio figlio
perde è colpa tua. Se mio figlio sbaglia tu non hai alcun diritto di
rimproverarlo. Ma, soprattutto, non posso accettare in alcun modo una
sua sconfitta e tu ne sei responsabile.
Fa bene Recalcati a definire questa aggressività un "oltraggio alla vita collettiva".
Come altro potremmo definire il costante tentativo di mettere in
discussione, dileggiare e mortificare l'autorità educativa, quella che
-proprio insieme alla famiglia- dovrebbe sostenere e guidare il percorso
di crescita dei ragazzi, facendoli diventare cittadini responsabili e
consapevoli dei diritti e dei doveri a cui si ispira, o si dovrebbe
ispirare, ogni relazione educativa?
La cultura, la capacità di
giudizio, l'autonomia di pensiero dei giovani che escono da scuola sono i
fattori che determinano la qualità della nostra democrazia e la
vitalità della società in cui viviamo. Se i genitori si sottraggono al
loro compito che è quello di contribuire a sostenere questo percorso
viene meno un ruolo fondamentale.
Oggi la sfida è quella di
ricondurre le famiglie dentro il patto e ricostruire la fiducia nelle
agenzie educative perché se non contribuiamo a restituire autorevolezza
alle figure di riferimento non genitoriali svuotiamo i processi
educativi della loro forza.
Se le famiglie assenti o disgregate
decidono di superare mancanze, frustrazioni o sensi di colpa sostenendo i
ragazzi nel tentativo (comprensibile a quell'età) di costante di
delegittimazione delle autorità fanno un danno che pagherà un'intera
generazione. Alterare la differenza tra generazioni distrugge il patto
educativo e incrina i valori su cui si fonda la collettività.
Si
possono educare i figli in tanti modi differenti ma una cosa li deve
accomunare tutti: comprendere e tollerare i propri limiti non è un segno
di debolezza ma è un atto etico e di onestà da cui non si può
prescindere.
Riconoscere i propri errori e accettare le
conseguenze è uno strumento con cui si diventa cittadini. Ed è una
competenza che deve durare tutta la vita. Questo è il punto da cui parte
necessariamente ogni avventura educativa. Si impara da ragazzi e si
insegna da genitori.
Vanna Iori (www.huffingtonpost.it - 11 aprile 2018)
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