Sul Fatto del 15/4 Antonello Caporale fa un divertente
elenco dei transfughi di Forza Italia che lasciano ‘in articulo mortis’
Silvio Berlusconi cercando un approdo più o meno sicuro nella Lega o
dalla Meloni. Fra i più noti ci sono Elisabetta Gardini, Denis Verdini,
Vittorio Sgarbi, Paolo Bonaiuti, seguiti da una serqua di consiglieri
regionali, comunali e altri che hanno incarichi di rilievo in quel
partito. Caporale nota che fra coloro che hanno disertato e che si
vergognano un po’ di questo voltafaccia, l’ipocrita formula di rito è:
“Lascio Forza Italia dopo una lunga e dolorosa riflessione”.
Una menzione speciale fra questi voltagabbana meritano Bonaiuti e Sgarbi. Quando lavoravo al Giorno
negli anni 80, e Silvio Berlusconi non era ancora apparso sulla scena
politica, il collega Bonaiuti era più a sinistra di Satanasso e io, per
lui, naturalmente un “fascista”. Sotto le elezioni del 1996 la
direttrice di Annabella mi chiese di fare un’intervista al
Cavaliere. Gli accordi erano che avrei mandato delle domande scritte
all’Ufficio stampa di Roma e poi mi sarei incontrato ad Arcore con
Berlusconi. “Telefona al capo dell’Ufficio stampa”. Telefonai.
Dall’altro capo del filo mi rispose proprio Paolo Bonaiuti. Ne rimasi un
po’ stupito. “Ah, sei tu?” dissi un po’ sorpreso non avendo ancora
percepito –siamo ancora all’inizio dell’esperienza berlusconiana- la
slavina di trasformisti, di sinistra e di estrema sinistra, che in
seguito sarebbe diventata una vera e propria valanga, che si stava
attaccando alla giacca del Cavaliere. L’intervista poi non si fece
perché Bonaiuti farfugliò su alcune domande che potevano mettere in
imbarazzo il Cavaliere. Ma non fu questo che mi colpì, mi colpì
l’assoluta disinvoltura di Bonaiuti che nemmeno con me, che conoscevo i
suoi precedenti, si vergognava un po’.
Comico è il pretesto preso da Vittorio Sgarbi per filarsela. Del
resto in anni lontani Patrizia Brenner allora sua fidanzata e che lo
conosceva bene mi aveva preavvertito: “Guarda che se Berlusconi dovesse
vacillare di Vittorio si vedrà solo la polvere della sua fuga”. Qual è
il pretesto preso da Sgarbi? Lo “schiaffo di Sutri” (parafrasando lo
storico “schiaffo di Anagni”, noblesse oblige): aver disertato
“per ben due volte” la cerimonia di intitolazione di un giardino alla
madre dello stesso Berlusconi. Di Sutri Sgarbi, che come politico non ha
mai combinato assolutamente nulla, è sindaco per meriti berlusconiani:
l’aver attaccato per vent’anni, dalle tv del Biscione, nei modi più
violenti e giuridicamente sgrammaticati, per star bassi, la
Magistratura. Sutri è una cittadina di 6.000 abitanti. Come si può
pretendere che un uomo di 83 anni, malato, che entra ed esce dagli
ospedali, che ha ancora importanti impegni politici si sobbarchi un
viaggio a Sutri per non offendere la ‘delicatezza’ di Sgarbi?
I transfughi di oggi devono tutto a Silvio Berlusconi, onori,
improbabili carriere, quattrini. A me fanno più ribrezzo di Berlusconi
che nella sua più che ventennale avventura politica ha messo la propria
enorme energia, gli altri sono solo dei parassiti che gli hanno
succhiato il sangue.
Sia chiaro che io non cambio una virgola di ciò che penso di
Berlusconi, che proprio in questi giorni mi ha querelato per una dozzina
di articoli che ho scritto su di lui, querela che se dovesse andare a
buon fine mi ridurrebbe sul lastrico e forse al gabbio. Cosa,
quest’ultima, che non mi dispiacerebbe poi tanto perché in un Paese dove
Berlusconi è a piede libero il solo posto decente per una persona
normalmente perbene è la galera. Ma i topi che lasciano la nave che
affonda mi danno ancora più disgusto. Sto dalla parte di Alessandro
Sallusti che da direttore del Giornale difende l’ultima ridotta
berlusconiana, come i guerriglieri dell’Isis si sono difesi a Baghuz.
Coraggio Alessandro, se si deve cadere, è molto più nobile e coraggioso
cadere in piedi.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano,18 aprile 2019)
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