Capita spesso di avere in testa un’idea creativa e il desiderio di
realizzarla in qualche modo.
La problematica nasce eventualmente sulla metodologia attuativa, dalla scelta che verrà fatta nell'operare.
Non sempre l'approccio teorico razionale aiuta nella trasformazione di un’intuizione in un risultato corrispondente.
Chi incentra la creatività su una base esclusivamente teorica dovrà necessariamente conoscere le tecniche praticabili, dovrà cioè avere di certo cognizioni e una padronanza concettuale tale che gli consenta di modellare le opportunità possibili, che possono essere scelte per il raggiungimento di un risultato prefissato, magari non perfettamente delineato in ogni suo dettaglio ma di certo lucidamente immaginato.
Ricercatori e scienziati costituiscono un facile esempio al riguardo e la tenacia del loro operare molto spesso li premia, ma quanta fatica.
Parallelamente vive e vegeta l'intuizione nel saper leggere più semplicemente la realtà che accade.
Altri, infatti, basano la loro ricerca principalmente sull'osservazione, ponendosi come spettatori attivi e pronti a cogliere accadimenti che risaltano e rispondono a fantasie immaginate, a ipotesi di lavoro che corrispondono a delle loro attese.
Quanto fin qui detto può facilmente connotare l'approccio e il metodo adottato anche in fotografia.
Chi si pone su una posizione, tra virgolette, più professionale in genere si muove su modelli "progettuali" abbastanza rigidi e predefiniti, altri che agiscono in maniera più “leggera” (almeno apparentemente) basano tutto sulla ricerca intuitiva e nell'osservazione.
Il secondo metodo, sicuramente è aperto a molte soluzioni e prefigura una disponibilità assoluta a raccogliere opportunità che, ancorchè in qualche modo prevedibili o pilotabili, rimangono spesso sostanzialmente condizionate dal “caso”.
Still life, ritrattistica e paesaggistica costituiscono un classico esempio della metodologia pragmatico/scientifica, mentre reportage e streetphotography appartengono decisamente alla fascia che si richiama alla "indisciplina" creativa.
In entrambi i casi, le conoscenze tecniche la faranno sempre un po’ da padrone e le scelte di base o le intuizioni operative aiuteranno e condizioneranno fortemente qualunque risultato.
Senza alcun dubbio la strada perseguita si lega all'indole e alla sensibilità di ciascuno.
Ogni pratica potrà essere utile allo scopo, purchè si abbia una piena coscienza e consapevolezza del percorso, con tutti gli annessi e connessi.
Comunque i primi, che si “autoproclamano” professionisti, continueranno a guardare con sufficienza l’attività dei secondi, questi ultimi, a loro volta, vedranno come “fanatici ortodossi” i primi.
La cosa curiosa potrà essere quella di poi scoprire, magari in occasione di un contesto che li accomuna, dei risultati operativi univoci e convergenti; e questo al di là delle teorie preconcette e delle tecniche realizzative adottate.
Dimostrazione pratica di come tutto faccia parte delle contraddizioni dialettiche "aprioristiche", che si dimostrano spesso fumose e solo fini a se stesse.
Disquisendo sull’argomento, l’amico G. mi faceva notare come l’osservazione attraverso il mirino possa condizionare i risultati.
In particolare, a suo dire, come l’occhio dx riversi le informazioni al lobo cerebrale sx e viceversa, con le dovute conseguenze legate alle caratteristiche distinte e le specificità funzionali dei due lobi.
Osservava pure il fatto che in “trance performativa” l’individuo si esprime sempre attraverso uno stato ancestrale, ricorrendo cioè a tutte quelle informazioni culturali accumulate nella corteccia del suo cervello.
In conclusione, quindi, sarei portato a dire, lasciamo a ciascuno piena libertà nell'esprimersi.
Ci sarà sempre qualcuno, che per fare una torta, avrà bisogno di rileggersi passo passo la solita ricetta che conosce a memoria, di pesare i dosaggi, di maneggiare e amalgamare gli elementi con scrupolosa attenzione e anche chi, con pratica e fantasia, riuscirà a realizzarne una altrettanto fragrante, seppur inventandosi un assemblaggio nuovo, con l'utilizzo degli elementi disponibili in quel momento.
La problematica nasce eventualmente sulla metodologia attuativa, dalla scelta che verrà fatta nell'operare.
Non sempre l'approccio teorico razionale aiuta nella trasformazione di un’intuizione in un risultato corrispondente.
Chi incentra la creatività su una base esclusivamente teorica dovrà necessariamente conoscere le tecniche praticabili, dovrà cioè avere di certo cognizioni e una padronanza concettuale tale che gli consenta di modellare le opportunità possibili, che possono essere scelte per il raggiungimento di un risultato prefissato, magari non perfettamente delineato in ogni suo dettaglio ma di certo lucidamente immaginato.
Ricercatori e scienziati costituiscono un facile esempio al riguardo e la tenacia del loro operare molto spesso li premia, ma quanta fatica.
Parallelamente vive e vegeta l'intuizione nel saper leggere più semplicemente la realtà che accade.
Altri, infatti, basano la loro ricerca principalmente sull'osservazione, ponendosi come spettatori attivi e pronti a cogliere accadimenti che risaltano e rispondono a fantasie immaginate, a ipotesi di lavoro che corrispondono a delle loro attese.
Quanto fin qui detto può facilmente connotare l'approccio e il metodo adottato anche in fotografia.
Chi si pone su una posizione, tra virgolette, più professionale in genere si muove su modelli "progettuali" abbastanza rigidi e predefiniti, altri che agiscono in maniera più “leggera” (almeno apparentemente) basano tutto sulla ricerca intuitiva e nell'osservazione.
Il secondo metodo, sicuramente è aperto a molte soluzioni e prefigura una disponibilità assoluta a raccogliere opportunità che, ancorchè in qualche modo prevedibili o pilotabili, rimangono spesso sostanzialmente condizionate dal “caso”.
Still life, ritrattistica e paesaggistica costituiscono un classico esempio della metodologia pragmatico/scientifica, mentre reportage e streetphotography appartengono decisamente alla fascia che si richiama alla "indisciplina" creativa.
In entrambi i casi, le conoscenze tecniche la faranno sempre un po’ da padrone e le scelte di base o le intuizioni operative aiuteranno e condizioneranno fortemente qualunque risultato.
Senza alcun dubbio la strada perseguita si lega all'indole e alla sensibilità di ciascuno.
Ogni pratica potrà essere utile allo scopo, purchè si abbia una piena coscienza e consapevolezza del percorso, con tutti gli annessi e connessi.
Comunque i primi, che si “autoproclamano” professionisti, continueranno a guardare con sufficienza l’attività dei secondi, questi ultimi, a loro volta, vedranno come “fanatici ortodossi” i primi.
La cosa curiosa potrà essere quella di poi scoprire, magari in occasione di un contesto che li accomuna, dei risultati operativi univoci e convergenti; e questo al di là delle teorie preconcette e delle tecniche realizzative adottate.
Dimostrazione pratica di come tutto faccia parte delle contraddizioni dialettiche "aprioristiche", che si dimostrano spesso fumose e solo fini a se stesse.
Disquisendo sull’argomento, l’amico G. mi faceva notare come l’osservazione attraverso il mirino possa condizionare i risultati.
In particolare, a suo dire, come l’occhio dx riversi le informazioni al lobo cerebrale sx e viceversa, con le dovute conseguenze legate alle caratteristiche distinte e le specificità funzionali dei due lobi.
Osservava pure il fatto che in “trance performativa” l’individuo si esprime sempre attraverso uno stato ancestrale, ricorrendo cioè a tutte quelle informazioni culturali accumulate nella corteccia del suo cervello.
In conclusione, quindi, sarei portato a dire, lasciamo a ciascuno piena libertà nell'esprimersi.
Ci sarà sempre qualcuno, che per fare una torta, avrà bisogno di rileggersi passo passo la solita ricetta che conosce a memoria, di pesare i dosaggi, di maneggiare e amalgamare gli elementi con scrupolosa attenzione e anche chi, con pratica e fantasia, riuscirà a realizzarne una altrettanto fragrante, seppur inventandosi un assemblaggio nuovo, con l'utilizzo degli elementi disponibili in quel momento.
Buona luce a tutti!
© Essec
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