Vauro immagina i vignettisti di Charlie 
Hebdo che, appena saliti nel paradiso islamico, si trombano tutte le 
vergini promesse ai kamikaze. A noi piace figurarceli affacciati a una 
nuvoletta mentre sghignazzano rivedendo il raid che li ha portati 
all’altro mondo. Una tragedia che solo la pietà e il politically correct
 ci impediscono di guardare con gli occhi della satira. Una scena a metà
 fra I soliti ignoti con Totò, i film dell’ispettore Clouseau con Peter 
Sellers e quelli di Louis de Funès tipo Tre uomini in fuga, Sei gendarmi
 in fuga e la serie di Fantomas. 
Mentre in Italia i soliti esperti prêt-à-porter di nonsisachè, assisi
 h24 nei talk show con le piaghe da decubito, esaltavano il commando 
“perfettamente addestrato” e “altamente professionale”, il non plus 
ultra dell’efficienza terroristica e della “geometrica potenza”, si 
scopriva che i due macellai di boulevard Richard Lenoir avevano, 
nell’ordine: sbagliato il numero civico dell’obiettivo, perso una scarpa
 durante la fuga e infine lasciato una carta d’identità sull’auto 
abbandonata. Come a dire alla polizia francese: se non ci prendete 
subito siete proprio una civiltà inferiore; o volete pure un selfie? 
I gendarmi, dal canto loro, facevano di tutto per eguagliare e 
persino superare l’imperizia del commando, buono solo a sparare col 
kalashnikov su cittadini inermi (e ci mancherebbe pure), infilando una 
serie di errori da prima elementare del corso di perfetto poliziotto. In
 questo aiutati dagli agenti segreti più fantozziani della storia. 
Nessun servizio di osservazione sul prode Cherif che già nel 2005 
annunciò a France3 l’intenzione di farsi esplodere, poi fu fermato in 
partenza per la Siria con destinazione Iraq, poi fu condannato a 3 anni e
 dopo 18 mesi uscì. Niente camionetta dinanzi al giornale più a rischio 
di Francia. Al primo allarme, l’invio di un agente in bicicletta. Poi la
 scelta di affidare le indagini alla Polizia anziché all’Antiterrorismo.
 Infine la figuraccia mondiale di 88 mila uomini che per un paio di 
giorni non riescono a stanarne due. E così abboccano a un vecchio 
trucco-diversivo da serie tv (vedi Homeland) e lasciano sguarnita 
Parigi, dove il terzo uomo (con fidanzata) uccide una vigilessa e 
completa l’opera indisturbato nel market ebraico. Intanto i servizi 
segreti del geniale Hollande, affidati a Clouseau o all’ispettore 
Dreyfus (quello che si pugnala col tagliacarte e si amputa un dito col 
trinciasigari), danno la colpa alla Cia. Poi ammazzano tutti e morta lì. 
Una collezione di cialtronerie che i 
vignettisti in paradiso staranno immortalando per un numero speciale di 
Charlie Hebdo. Se poi Lassù arrivasse il segnale delle tv italiane, ne 
verrebbe fuori un almanacco extralarge. Il presunto ministro Alfano che 
annuncia “una legge per punire quelli che intendono arruolarsi per 
diventare terroristi” (già al lavoro battaglioni di mentalisti e 
fattucchieri esperti nella lettura del pensiero). Giuliano Ferrara che 
ha la soluzione pronta: “Impiccare quel panzone del califfo e mandare 
2-300 mila uomini a bombardare l’Isis” e, si presume, si offre 
volontario per il primo sgancio. Il noto islamologo Matteo Salvini che 
spiega a Sky come l’estremismo musulmano derivi “da un’errata 
interpretazione della Torah” (il libro sacro degli ebrei che lui 
confonde col Corano, forse per qualche reminiscenza nibelungica del dio 
Thor, figlio di Odino, nel cui culto furono maritati da appositi druidi 
padani il Calderoli e il Castelli). E poi, meraviglia delle meraviglie, 
Pigi Battista che sul Corriere addita Vauro (ma pure Saramago, 
Ellekappa, Chiesa e Ruotolo) come nemico di Charlie Hebdo per aver osato
 criticarne alcune vignette “islamofobe” che “possono provocare reazioni
 violente”. Ergo – ammonisce il Battista – “chi criticò nel 2006 si 
astenga ora dalla virtuosa identificazione con le vittime del massacro”.
 Peccato che nel 2006 anche un giornalista del Corriere invocasse “un 
supplemento di attenzione per scorgere qualcosa di repellente in quelle 
vignette”. Indovinate chi era? Pigi Battista. Il bue che dà del cornuto 
all’asino. Anzi, viceversa. Mentre a Parigi si spara al grido di “Allah 
akbar”, Roma risponde e pie’ fermo: “Annamo ar bar”. 
Marco Travaglio (Jack's Post - Il Fatto Quotidiano - 10 gennaio 2015) 

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