Dopo aver celebrato per una settimana la libertà d’espressione senza limiti e senza censure, la Francia
 arresta uno dei suoi comici più contestati per un reato d’opinione, per
 una satira che è stata giudicata irrispettosa. Ieri mattina Dieudonné M’bala M’bal, accusato spesso di antisemitismo, è stato confinato agli arresti domiciliari. Il suo crimine: nei giorni successivi all’attacco terrorista alla sede di Charlie Hebdo ha scritto su Facebook: “Je suis Charlie Coulibaly“,
 mischiando lo slogan universale di solidarietà ai vignettisti uccisi e 
in difesa della libertà di espressione e il cognome del terrorista che 
si è mosso in parallelo ai fratelli Kouachi autori della strage, quell’Amedi Coulibaly che ha ucciso cinque persone prima di essere freddato dalla polizia nel supermercato kosher.
Sempre sulla pagina Facebook di Dieudonné si trova la spiegazione di 
quella battuta che tanto sdegno ha suscitato. E che non era affatto una 
battuta: “Da un anno sono trattato come il nemico pubblico numero uno 
anche se non faccio altro che cercare di far ridere… mi trattano come 
Amedy Coulibaly ma non sono affatto diverso da Charlie”. In effetti 
Dieudonné è stato trattato più come Coulibaly che non come Charlie. E 
per la sua frase, che non voleva celebrare i terroristi ma denunciare le
 ipocrisie della Francia, è stato arrestato proprio perché – nonostante 
gli slogan e la marcia, cui ha partecipato lo stesso Dieudonné – anche 
in Francia la libertà di satira non è affatto senza limiti. “A fianco 
della Francia che ha marciato dicendo Jesuis Charlie, c’è un’altra 
Francia più discreta, che abbiamo visto su Internet e sui social network che rifiuta quella logica e l’unità nazionale e si mette a fianco dei fratelli Kuoachi”, si indigna Cristophe Barbier dal sito del settimanale l’Express e spiegava che l’arresto di Dieudonné è “una cosa buona”.
Nei suoi 46 anni “Dieudo” ha fatto irritare parecchia gente: ha portato sul palco per uno sketch lo storico Robert Faurisson , noto e processato per appartenere al filone negazionista sulla Shoah, ha detto che Osama bin Landen
 è “il personaggio più importante della storia contemporanea”, nel 2003 
ha indignato con un altro sketch dal titolo poco ambiguo, “Isra-Heil”, poi si è inventato il gesto della “quenelle”:
 è una specie di saluto nazista al contrario, col braccio testo verso il
 basso anziché in alto, e l’altra mano piegata all’altezza della spalla.
 È diventato molto popolare anche se il suo significato resta ambiguo, 
lo stesso Dieudonné non lo ha mai chiarito del tutto anche se lo ha 
usato nel 2009 sul manifesto elettorale di una lista anti-sionista in cui si è candidato, assieme a un esponente del partito di destra Front National.
È soltanto una provocazione, un modo per sfidare i tabù di un Paese 
che vuole rimuovere il suo passato di complicità coi nazisti vietando 
opinioni sgradite o è un tentativo di legittimare pregiudizi razziali 
diventati indicibili in pubblico? Dieudonné non risponde, ma la 
giustizia francese sì: il calciatore Nicolas Anelka ad aprile è stato squalificato per cinque match dopo una “quenelle” nel campionato inglese.
Dieudonné è la più celebre delle vittime della reazione francese alla
 strage sul piano delle opinioni: ci sono almeno una cinquantina di 
procedure giudiziarie per apologia di terrorismo, dopo 
l’attacco a Charlie. Ci sono addirittura già cinque condanne: un uomo di
 34 anni ha ricevuto quattro anni di carcere per aver urlato ai 
poliziotti “ci vorrebbero più Kouachi”. Ma va notato che l’apologia di 
terrorismo è arrivata dopo un incidente mentre guidava ubriaco.
Il giornale progressista Le Monde, consapevole della 
stranezza di difendere la libertà di satira mentre si mette ai 
domiciliari un autore satirico per un post su Facebook, dedica un lungo 
approfondimento al tema: “Quali limiti alla libertà di espressione?”, 
firmato da Damien Leloup e Samuel Laurent.
I due autori partono dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo
 del 1789 per giustificare i limiti alla libertà di espressione, 
“comporta dai doveri e delle responsabilità e può essere sottoposta a 
limitazioni”, citano un’altra legge del 1881 e arrivano fino al 
provvedimento anti-terrorismo approvato a novembre: 
l’apologia di terrorismo può essere sanzionata con condanna immediata e 
l’utilizzo di Internet è un’aggravante.
A questo proposito Le Monde offre un’interpretazione curiosa
 , un po’ contraddittoria con i proclami libertari delle piazze 
francesi: il diritto francese si applica anche ai post pubblicati da 
cittadini francesi su Facebook e Twitter, “ma questi 
servizi, essendo gestiti da imprese americane, sono stati concepiti sul 
modello statunitense della libertà di espressione, molto più liberale 
del diritto francese”, perché negli Usa il diritto di dire e scrivere quello che si vuole è più protetto dalla Costituzione.
Per chiudere il cerchio delle contraddizioni, va segnalato anche che 
Dieudonné è stato messo ai domiciliari ma, come annunciato sulla sua 
pagina Facebook ufficiale, ieri sera si è potuto comunque esibire al 
teatro La Main d’Or di Parigi con il suo spettacolo “La bestia immonda”.
Sui social network è partita la campagna Je suis Dieudo, sullo stesso fondo nero e con il medesimo font di Je suis Charlie. Ma avrà molto meno successo dell’originale.
Stefano Feltri (Il Fatto Quotidiano -  15 gennaio 2015)
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