Matteo Renzi, nella vecchia stazione della Leopolda, è ri-partito. Anche se non si è mai fermato, fino ad oggi. Non
 è nel suo stile, nel suo temperamento. Ma ha chiarito meglio a quale 
"partito" guardi. Il PdR, il Partito di Renzi, è, appunto, un 
"ri-partito". Un partito in continua ri-definizione, riguardo a 
obiettivi, parole d'ordine, riferimenti sociali. In continua 
ri-partenza, verso nuove stazioni. È questo il principale messaggio, il 
messaggio dei messaggi, lanciato a Firenze. Il "suo" partito guarda 
avanti. E, per questo, non ha un "popolo" specifico di riferimento. Ma 
sa "contro" chi muovere. Anche perché i suoi "nemici", per primi, hanno 
scelto Renzi, il suo governo e la convention di Firenze come "nemici" 
contro cui mobilitarsi. I "nemici" di Renzi sono quelli che hanno 
sfilato a Roma, contro il Jobs act, contro le politiche sul lavoro del 
governo. "Convocati" dalla Cgil. E, non a caso, "contro" di loro e ciò 
che rappresentano si è rivolto Matteo Renzi, nel suo intervento 
conclusivo alla Leopolda. Li ha "etichettati", politicamente, come 
nostalgici di un passato che è passato. E ha accostato - per molti 
versi, assimilato - la manifestazione della Cgil all'iniziativa delle 
sinistre arcobaleno. Il PdR, invece, guarda altrove. E, per questo, 
insiste sull'articolo 18. Simbolo del passato. Bandiera del Pd e della 
sinistra con la quale Renzi intende tagliare i ponti. Perché "è una 
regola degli anni Settanta che la sinistra allora non aveva nemmeno 
votato, siamo nel 2014". Così la questione, sollevata da Renzi, è 
"capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare
 a cambiare il futuro". Un'alternativa, ovviamente, retorica. Perché, 
come scandisce Renzi "non permetteremo a nessuno di far tornare il Pd al
 25%".
Il PdR, per questo, si definisce "in opposizione all'opposizione". Ai "nemici", che Renzi continua a scegliere con cura, per precisare la sua differenza. Dagli "altri". Per intercettare gli elettorati che hanno sempre guardato la sinistra con sospetto. Sul piano politico: i moderati di centro, già assorbiti. Quelli di centrodestra e di destra, in gran parte collaterali. Dal punto di vista sociale: gli imprenditori, grandi e piccoli, i lavoratori autonomi del Nord. Componenti tradizionalmente ostili e anticomuniste. Renzi li ha "convocati" alla convention di Firenze. Raccolti intorno al premier e "contro" coloro che manifestavano a Roma. Un popolo di operai, certamente non giovani, insieme ai pensionati (oltre a molti lavoratori immigrati). Secondo il premier: il passato. E "contro" la Cgil, in quanto sindacato, con cui, come ha già detto altre volte, non intende "concertare". Si tratta di argomenti e discorsi già sentiti. Renzi li ha espressi, apertamente, altre volte. Ma questa volta li ha raccolti e presentati insieme, alla sua convention, nella sua capitale: Firenze. Ne ha fatto una sorta di manifesto del PdR. Che, tuttavia, solleva alcuni dubbi. Principalmente due.
Il PdR, per questo, si definisce "in opposizione all'opposizione". Ai "nemici", che Renzi continua a scegliere con cura, per precisare la sua differenza. Dagli "altri". Per intercettare gli elettorati che hanno sempre guardato la sinistra con sospetto. Sul piano politico: i moderati di centro, già assorbiti. Quelli di centrodestra e di destra, in gran parte collaterali. Dal punto di vista sociale: gli imprenditori, grandi e piccoli, i lavoratori autonomi del Nord. Componenti tradizionalmente ostili e anticomuniste. Renzi li ha "convocati" alla convention di Firenze. Raccolti intorno al premier e "contro" coloro che manifestavano a Roma. Un popolo di operai, certamente non giovani, insieme ai pensionati (oltre a molti lavoratori immigrati). Secondo il premier: il passato. E "contro" la Cgil, in quanto sindacato, con cui, come ha già detto altre volte, non intende "concertare". Si tratta di argomenti e discorsi già sentiti. Renzi li ha espressi, apertamente, altre volte. Ma questa volta li ha raccolti e presentati insieme, alla sua convention, nella sua capitale: Firenze. Ne ha fatto una sorta di manifesto del PdR. Che, tuttavia, solleva alcuni dubbi. Principalmente due.
Il primo riguarda l'identità del 
partito. Il PdR, o il PdN, il Partito della Nazione, come l'ha 
battezzato Renzi. Tutto proiettato verso il futuro. Alla novità, 
all'innovazione. In contrasto con ogni nostalgia e con ogni richiamo al 
passato. Ebbene, a rischio di condividere i vizi e i vezzi di "un certo 
ceto intellettuale" (anche se mi offenderei: intellettuale a chi?), mi 
riesce difficile immaginare la costruzione del futuro senza coltivare il
 passato. Vanificando i valori e le narrazioni della storia comune e 
condivisa. Della quale, per il centrosinistra, fa parte il riferimento 
agli operai e allo stesso sindacato. 
In secondo luogo, liquidare
 la manifestazione della Cgil come una mobilitazione della Sinistra 
arcobaleno mi pare, a maggior ragione, riduttivo. Fra coloro che hanno 
sfilato contro il governo e contro Renzi vi sono molti elettori del Pd. E
 molti elettori del Pd, comunque, ne condividono la protesta. Possiamo 
tentare, con qualche approssimazione, di stimarne il peso elettorale 
(base: Oss. Elettorale Demos, ottobre 2014) concentrandoci su coloro che
 esprimono molta-moltissima fiducia nella Cgil. Fra gli elettori del Pd 
sono circa il 25%. Cioè, se facciamo riferimento alle elezioni europee 
di maggio, intorno al 10% del voto. Appare, quindi, azzardato trattare 
questa componente come fosse esterna ed estranea. E se è vero che gli 
iscritti al sindacato sono, per la maggior parte, pensionati e 
lavoratori anziani, è altrettanto vero che proprio questi settori, alle 
ultime elezioni (politiche ed europee), hanno costituito lo zoccolo duro
 del voto al Pd. 
Per questo conviene rammentare che, se, 
effettivamente, il Pd, prima di Renzi, si era fermato al 25%, il Pd di 
Renzi ha superato la soglia del 40% non perché abbia "abolito" il 
passato, ma perché, al contrario, lo ha incanalato nel suo progetto. 
Come ho già scritto, Renzi ha sommato i voti del PdR a quelli del 
vecchio Pd. Il suo post-partito e la "ditta". In altri termini, ha 
intercettato i consensi di coloro che hanno votato per Renzi 
"nonostante" il Pd. Ma anche gli elettori che hanno votato per il Pd 
"nonostante" Renzi. 
Per queste ragioni penso
 che Renzi debba guardarsi dalla prospettiva segnalata da Mauro Calise: 
presentarsi come un "anti-partito", raccolto intorno al suo leader. Che 
stigmatizza il passato e la memoria, in nome del "nuovo" ad ogni costo. 
Ma rischia, in questo modo, di perdersi nel presente. 
Ilvo Diamanti (La Repubblica 27 ottobre 2014)
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