L’aretina Maria Elena Boschi ha confessato in tv 
di preferire il concittadino Fanfani all’icona rossa Berlinguer per 
ragioni territoriali. La motivazione è risibile: come se una milanese di
 sinistra dichiarasse di prediligere Salvini a Che Guevara perché il 
primo è di Milano. Ovviamente Fanfani non è Salvini e la Boschi non è 
milanese: resta da capire se sia di sinistra. Di sicuro è una donna che 
non perde mai il controllo di sé, perciò la battuta non può venire 
relegata nel ghetto delle gaffe. Chi l’ha pronunciata sa benissimo cosa 
rappresenti Berlinguer per la base del suo partito. E anche cosa 
rappresenti Fanfani: l’uomo del referendum contro il divorzio, il poster
 di una Democrazia Cristiana riformista in economia ma fieramente 
conservatrice in tutto il resto.
Nel vuoto attuale delle ideologie, questi giochetti sui padri nobili 
della politica fungono da bussola. La scelta della Boschi conferma 
l’estraneità del clan Renzi alla tradizione cui fa riferimento una parte
 consistente dei suoi elettori: Veltroni, che certo non è un pericoloso 
estremista, ha realizzato un film su Berlinguer, mica sull’inaffondabile
 toscanaccio che Montanelli ribattezzò «Il Rieccolo».
È anche da questi piccoli segnali che traspare la strategia di costruire
 una nuova Balena democristiana: non più bianca, semmai rosé. Una Dc 
moderna, digitale, che rinuncia ai rullini ma non ai Fanfani, e che 
attraverso il giovane erede fiorentino realizza il progetto dei 
democristiani più astuti del passato: svuotare la sinistra tradizionale 
dal di dentro, governando con i suoi voti però non con le sue idee. 
Massimo Gramellini (Jack's Blog - La Stampa - 28 ottobre 2014) 
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